Bologna - Ordigno incendiario a sede Ibm

Dal quotidiano "Il Resto del Carlino" datato 27 marzo 2011 un articolo riguardo i fatti accaduti presso una sede Ibm qualche notte prima...


IL RITORNO DELLE PENTOLE ESPLOSIVE, ATTACCO ALL'IBM.
ORDIGNO INCENDIARIO IN UN SOTOSCALA DELLA SEDE BOLOGNESE DELLA MULTINAZIONALE, C'è LA FIRMA DEGLI ECO-TERRORISTI

C’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico, nell’attentato che l’altra notte ha colpito la sede bolognese dell’Ibm in via Martin Luther King 38, a Borgo Panigale. Per il raid è stata infatti utilizzata una pentola a pressione esplosiva, tecnica che ha accompagnato le fasi più roventi del terrorismo di matrice anarco-insurrezionalista sotto le Due Torri nell’ultimo decennio.
Era una pentola esplosiva quella neutralizzata in via dei Terribilia, a due passi dalla Questura, il 18 luglio 2001. erano due le pentole-bomba quelle collocate nei cassonetti di Strada Maggiore, a due passi dalla casa di Romano Prodi, il 21 dicembre del 2003. e, fra questi episodi, fu proprio la sede della multinazionale americana l’obiettivo di un fallito attentato del 31 marzo del 2003, quasi nella stessa data: anche allora fu utilizzata una pentola, che però non scoppiò. Per i fuochi di quegli anni la giustizia, che pure aveva indicato come presunti responsabili alcuni attivisti del gruppo Crocenera, non ha mai raggiunto un verdetto di colpevolezza. E l’utilizzo ricorrente di una tecnica simile non basta a dire che si tratti della stessa mano, perché i manuali di istruzioni per i sabotatori sono ampiamente diffusi nell’ambiente. Certo è che i carabinieri, che indagano sull’episodio coordinati dal pm del pool antiterrorismo Enrico Cieri, hanno preso molto sul serio l’accaduto, tanto da centellinare le informazioni divulgate. L’inchiesta è aperta per danneggiamento a seguito di incendio. L’ordigno è stato collocato in un sottoscala al piano interrato dell’edificio che ospita l’Ibm, al livello dei garage, in prossimità di un quadro elettrico. Nello stesso complesso ha sede il comando dei Nas, ma gli uffici di notte sono chiusi. L’area in teoria è accessibile solo a persone dotate di chiavi o telecomando ma gli attentatori potrebbero semplicemente avere approfittato dell’uscita di una macchina per introdursi nel sotterraneo, per poi volatilizzarsi attraverso una porta antipanico. La vampata è stata verso le 2.30, ed è scattato il teleallarme in una centrale operativa di Milano. La segnalazione è stata subito girata all’istituto di vigilanza La Patria, che ha inviato una propria pattuglia. Le guardie giurate hanno trovato i locali saturi di fumo e hanno avvisato vigili del fuoco e carabinieri. Quando la coltre si è diradata tutto è apparso evidente. Su una parete gli attentatori hanno lasciato una firma con vernice verde “Elf”. Gli investigatori ritengono si tratti dell’acronimo di Earth Liberation Front, un noto movimento ecoterrorista radicale internazionale, ma non è stato specificato se siano stati lasciati altri riferimenti.
L’ipotesi principale è che l’azione rientri nella campagna per la liberazione di tre anarchici detenuti in Svizzera. Il 15 aprile sarà infatti trascorso un anno esatto dall’arresto: Luca Bernasconi, Costantino Ragusa e Silvia Guerini, secondo gli inquirenti elvetici, stavano preparando proprio un attacco all’Ibm ed erano in possesso di materiale propagandistico siglato Elf. Sono stati già “dedicati” a loro gli attacchi incendiari del 6 ottobre e 12 dicembre contro un ripetitore per cellulari e il ristorante Roadhouse Grill. In questi giorni, però, ricorre un altro anniversario che la galassia anarcoide ricorda con particolare devozione. All’alba del 28 marzo 1998 fu trovato impiccato nella sua cella al carcere delle Vallette lo squatter Edoardo Massari detto Baleno, sospettato di atti terroristici contro l’alta velocità ferroviaria. Un’altra storia di un passato che torna sempre.


NELLA SEDE. "SOLO CORTO CIRCUITO"

L’allba del giorno dopo, nella sede dell’Ibm di via Martin Luther King, porta con sé poca voglia di parlare. Nonostante sia sabato, all’interno c’è qualcuno che lavora e si affaccia alla porta: “Noi non sappiamo nulla e comunque non possiamo dire nulla”, è la premessa. La parola “attentato” non viene presa in considerazione: “A noi non risulta ci sia stato solo un corto circuito di un pannello elettrico”. Ma all’esterno sono disseminati i segni dei rilievi scientifici compiuti poche ore prima dai carabinieri e stracci anneriti utilizzati per ripulire i locali dove si è sviluppato l’incendio doloso.
Gli investigatori no hanno trovato segni di effrazione su cancelli o porte di accesso al piano interrato ma entrare non deve essere stato particolarmente difficile. Le rampe di accesso per i mezzi si aprono su più lati e anche una porta anti-panico lasciata aperta strategicamente in previsione dell’attacco sarebbe stata sufficiente. Prima di passare all’azione, però, gli attentatori devono aver e studiato bene il luogo.

Mar, 29/03/2011 – 20:09
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