Bologna si riscopre rossa, resistente e antirazzista
Di seguito due articoli pubblicati su "il Manifesto" e "Umanita' Nova"
che descrivono al meglio l'esperienza del festival appena concluso.
Grande successo per il festival delle culture antifasciste. Insieme centri sociali e Anpi. Un esperimento da ripetere
di Giusi Marcante - BOLOGNA
Bologna si riscopre rossa, resistente e antirazzista
Chiude oggi a Bologna il Festival sociale delle culture antifasciste e in giro per il parco delle Caserme Rosse, il lager della città che funzionò come centro di smistamento e deportazione verso la Germania tra il '43 e il '44, c'è già chi parla della prima edizione pensando ad un futuro per questa cinque giorni che ha tentato (e il risultato è decisamente lusinghiero) più di un esperimento. Il primo è stato quello di allargare il concetto di antifascismo a partire dalla convinzione che il fascismo del nostro tempo si declina in modi diversi. Come nel razzismo delle leggi contro gli immigrati o in quel conformismo già biasimato da Pier Paolo Pasolini nel 1962: «L'Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è ora il fascismo». C'è questa frase alla base dell'appello lanciato da un gruppo di persone trasversali ai centri sociali della città che hanno preferito fare un passo indietro rispetto alle identità degli spazi per presentarsi come rete informale.
E qui arriva l'altro esperimento: nella Bologna medaglia rossa della Resistenza l'Anpi e i centri sociali si sono sempre guardati a distanza ma dal 2006, quando è stata data la possibilità di iscriversi all'associazione anche a chi non ha fatto la lotta partigiana, molti giovani si sono iscritti. Nel quartiere della Bolognina il presidente della sezione Anpi si chiama Armando Sarti, anche lui non è stato un partigiano ma il suo lavoro di ricerca sulle Caserme Rosse ha contribuito a svelare una storia ancora poco conosciuta su quel luogo. Sarti ha accettato il confronto e la proposta dei centri sociali e il festival ha preso vita con un lunghissimo programma che in cinque giorni ha proposto più di 90 eventi tra dibattiti, presentazioni di libri, spettacoli e concerti. Uno su tutti il concerto delle "bande partigiane" ( dalla Banda Roncati di Bologna agli Ottoni a scoppio di Milano ai Fiati Sprecati di Firenze) che ieri pomeriggio ha attraversato assieme a 200 persone il centro della città fino al sacrario dei caduti della Resistenza. E se al presidente provinciale dell'Anpi William Michelini, che pure ha dato il patrocinio, non piace sentir parlare di centri sociali, sono stati diversi gli ex partigiani e gli ex deportati che hanno partecipato alle iniziative. Insomma una dialettica normale anche in un'associazione come quella degli ex partigiani. Il festival è stato totalmente autogestito e autofinanziato, nel parco ha funzionato un campeggio e una cucina che ha distribuito centinaia di pasti. Questa mattina nell'assemblea conclusiva si deciderà quale percorso dare all'esperienza del Festival sociale delle culture antifasciste che potrebbe diventare una scadenza annuale. Il percorso è stato in parte tracciato in questi giorni e tutte le iniziative e le persone che sono state coinvolte costituiscono la prima parte della scatola degli attrezzi per affrontare il fascismo dei nostri tempi.
http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/argomenti/numero/20090602/pagina/...
Non vi è dubbio che il festival sociale delle culture antifasciste in corso a Bologna fino al 2 giugno sia la dimostrazione che autorganizzarsi è possibile, efficace e coinvolgente.
Non era certo una scommessa da poco allestire una cinque giorni di incontri, dibattiti, presentazioni di libri, workshop, tavole rotonde, rassegne di fumetti, mostre fotografiche, concerti, video, poesia, spettacoli teatrali per ricollocare l'antifascismo al centro del nostro presente sempre più inquietante e autoritario. Senza contare poi il bar, la libreria, il media center, il ristorante, il campeggio. Già verso le 11 di sabato sera, nelle cucine era sensibile l'entusiasmo per aver fronteggiato 7-800 persone mettendole tutte a tavola con un menù ottimo, vario e a buon mercato.
Ciò è stato reso possibile dalla collaborazione e dalla solidarietà di tutte le realtà sociali bolognesi, senza sigle, senza sciocche autorappresentazioni, persone tra persone: "una rete informale di uomini e donne, singoli, gruppi, associazioni e movimenti che si riconoscono nei valori dell'antifascismo". E il principio dell'autorganizzazione ha portato anche a sperimentare pratiche nuove come il "servizio di tranquillità", non solo per autodifesa di fronte a eventuali provocazioni, ma soprattutto per rendere evidente la natura antisessista e non omo/lesbo/transfobica del festival attraverso un lavoro comunicativo fatto di striscioni, volantini, cartelli, messaggi ironici e stranianti appesi ovunque: uno spazio pubblico diverso e opposto rispetto a quello sessista e omofobo della pedagogia televisiva e pubblicitaria.
Tra pioggia e sole, dentro questi spazi si è andata dispiegando una complessa trama di saperi, esperienze, testimonianze e prospettive di lotta, per legare il passato al presente, la memoria storica del totalitarismo fascista e la lotta contro l'attuale democrazia autoritaria, razzista, sessista. Non è davvero facile riassumere la molteplicità dei dibattiti e delle analisi, anche per il metodo organizzativo decentrato e aperto che ha coinvolto quanti si riconoscono nella cultura e nei valori dell'antifascismo, entro un calendario ricchissimo di eventi e iniziative. Quel che risulta certo è che oggi l'antifascismo non costituisce affatto un residuo logoro del passato, ma un campo vivo di pratiche e di resistenze diverse ai processi di disciplinamento sociale, nella scuola, sul lavoro, nel privato, nella famiglia, nella società. Si tratta di sperimentare l'antifascismo del XXI secolo.
In vari dibattiti tendevano ad emergere due ipotesi differenti di pratica antifascista: un antifascismo democratico – articolato sul rigore storiografico, sulla controinformazione, sulla denuncia delle collusioni attuali tra neofascisti e destra istituzionale, sui valori costituzionali – e un antifascismo sociale – che mette in primo piano invece il vissuto, lo sfruttamento, le lotte di resistenza alle diverse forme di autoritarismo, la contrapposizione concreta, corporea all'avanzare di un regime sempre più oppressivo. Oggi il festival delle culture antifasciste ha dimostrato che questi due orientamenti possono dialogare e arricchirsi l'un l'altro, estendendo la rete delle solidarietà, diffondendo l'urgenza di mobilitarci dinanzi ai progetti reazionari e "nostalgici" del capitale e del patriarcato, coinvolgendo chi è discriminato, oppresso e sfruttato in un nuovo sogno di liberazione.
http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2009/un22/art5946.html