il babau è un mostro bianco
per chi di vivere è ormai stanco
il babau è un mostro nero
finisci dritto al cimitero
il babau è tutto rosso
corri corri a più non posso
il babau è tutto giallo
tocca pure al maresciallo
il babau è anche blu
occhio il prossimo sei tu
il babau è di tutti i color
se lo incontri sicuro muori
Roma
20 Marzo 2009
Ore 16.30 presso l’ex Volturno
Via Volturno
INDIPENDENCE DAYS – 18, 19, 20 e 21 Marzo 09
“La paura è una marea torna indietro a chi la crea”
Governo della crisi e politiche autoritarie: pratiche di cospirazione e attivazione dal basso
Le trasformazioni del sistema produttivo, il ridimensionamento e la chiusura di grandi imprese transnazionali, le privatizzazioni dei beni e dei servizi pubblici, l’implosione del mercato bancario e finanziario investono i 4 angoli del pianeta e stanno, da anni, nutrendo questo processo di crisi economica globale. Che il modello neoliberista fosse infatti destinato a esplodere era già chiaro dopo il crack in Argentina, come dopo la riapertura della guerra infinita per il petrolio in Medio-oriente.
Questo processo di crisi economica ha già investito l’Europa, portando anche paesi di più recente arricchimento, come Islanda e Grecia, a dichiarare bancarotta, in un domino partito dal crollo dei colossi bancari multinazionali.
In Italia coinvolge già da anni decine di migliaia di persone, che stanno pagando caro e pagheranno per i prossimi anni, il prezzo della crisi.
Eppure, anche di fronte a questa crisi sistemica devastante, i governi globali e locali, con poche eccezioni, continuano a promuovere, con interventi di stato ad hoc, aiuti e sostegni alle imprese e ai grandi capitali,e falsi interventi di welfare, scaricando il prezzo della crisi sulle fasce più deboli della cittadinanza. Precarietà del posto di lavoro e dell’alloggio, disoccupazione, caro-vita, svendita dei beni collettivi mettono seriamente in discussione il nostro futuro. Leggi il resto
Sabato 15 marzo a Firenze, nel quartiere dei casermoni popolari, del cemento e della noia. Un po’ di foto dall’iniziativa contro la paura, contro il razzismo e il fascismo. Con Dax nel cuore e nella testa.
Stanchi di avere paura
Torniamo per le strade con la testa e con i piedi
Le ossessive campagne sulla sicurezza, agitate da anni da destra e da sinistra, si nutrono di immagini stereotipate e demagogiche semplificazioni della realtà. Immigrati criminali, drogati, giovani facinorosi, clandestini da rimpatriare, ecc.. Se la paura non nasce spontanea occorre costruirla, organizzarla, suscitarla con ogni mezzo necessario a costo di rovesciare la realtà e le statistiche, a costo di nascondere o dissimulare i fatti scomodi.
[Firenze]
Giovedì 13 marzo
Chiostro di Piazza Brunelleschi – Facoltà di Lettere e Filosofia “Corpi di sicurezza: violenza sui corpi e politiche securitarie”
ore 15.00 performance teatrale gruppo “TIde”
ore 16.00 incontro dibattito con attivist* di Facciamo Breccia, Azione Gay e Lesbica, Maschile Plurale, Libere tutte.
***
Sabato 15 Marzo
Alle Minime, nella piazza di fronte alle case popolari di Via Rocca Tedalda
15/03/09 – Via Rocca Tedalda “La sola sicurezza è libertà e diritti per tutt*” In memoria di Dax
Dalle ore 11.30 Writing_HipHop_Bar in strada
ore 13.00 pranzo all’aperto
ore 16.00 concerto Hip Hop con Bassi Alti e BroinBlack
ore 18.00 incontro dibattito su “Politiche securitarie e nuove destre”
Lanzichenecchi – 22 febbraio 2009 di Giuseppe Faso
Prologo
Nonostante le arie signorili e l’abito firmato (o proprio per questo, direbbe Proust, che di signorilità si intendeva), Corrado Augias è uno di bocca buona, e di maschio e rude parlare. Alcune sue prestazioni, in questo campo, sono memorabili, e in molti le proponiamo nelle analisi e nelle esercitazioni sulla performatività del razzismo perbene.
Un articolo di qualche mese fa piuttosto interessante che riassume alcuni concetti del libro Paura liquida, di Zygmunt Bauman.
Tratto dall’Unita’
Bauman : ‘La paura è un reality show, lo vince sempre chi è al potere’
Sabato, 27 settembre 2008
«Le nostre paure sono liquide, si attaccano e si staccano a seconda di chi le vende: politica ed economia». È Zygmunt Bauman che al World social summit spiega la paura. Viviamo in un realty ad eliminazione. Se perdi è colpa tua e paghi. È un racconto, una storia, un excursus. La paura che va e che viene. Che si compra e si vende. E coincide con la lotta millenaria fra libertà e sicurezza.
Il pendolo si sposta ora verso l’una ora verso l’altra, entrambe esigenze primarie dell’uomo. La storia, il racconto, lo fa Zygmunt Bauman, nella sua lectio magistralis al World social summit di Roma. «È la storia delle paure viste dall’Europa – dall’altra parte dell’Atlantico il punto di vista è diverso», sottolinea il sociologo.
È la lunga storia che va dalle paure sociali dei secoli scorsi, dalla lotta tra sicurezza e libertà, dunque, alle paure del XXI secolo per cui si accetta anche l’umiliazione, il liberticidio pur di avere quella fantomatica sicurezza.
«Fantomatica perché non risolve il problema. Le nostre paure, infatti, – dice Bauman – sono liquide, non sono descrivibili, si attaccano a tutto, si staccano da tutto, sono facilmente alimentabili, ma difficilmente descrivibili». Eppure eccola spiegata in pochi minuti l’incertezza del secolo.
«Quella che non è più umana e sociale ma animale e individuale e che viene proprio da quella libertà, o meglio liberismo. Quello che non ci da più reti, protezioni sociali o tutele. Dobbiamo accettare il rischio, la vita dipende da noi. O ce la facciamo, o siamo esclusi».
Ma la paura che questa responsabilità illimitata genera non dipende solo dalla possibilità di essere esclusi, ma soprattutto dalla «frustrazione di doverci dire che non abbiamo saputo cogliere appieno ciò che la vita ci ha offerto, di non essere stati abbastanza abili.
Questa nuova paura si chiama inadeguatezza – continua Bauman. Viene da tutti gli angoli della società. Potrebbe sparire la società per cui lavoriamo, potrebbero non servire più le nostre competenze».
Ecco che per Bauman ci troviamo «in un reality». «Potremmo essere buttati fuori come succede per la legge della sopravvivenza. La nostra paura quotidiana viene generata dalla domanda conseguente e la domanda è: A chi toccherà essere fuori la prossima volta? Chi dovrà confessare il perché non è stato in grado di sfruttare tutte le possibilità per vincere».
Insomma, continua Bauman – abbiamo sempre paura di non essere in linea con gli standard e di non meritare il nostro destino fino a dover ammettere che la colpa è solo nostra.
Ed è qui che il mercato e la politica ci comprano – suggerisce il sociologo. «La paura è un guadagno perenne per i politici che sembrano accollarsi il compito di porre rimedio alla paura. Stessa cosa vale per le società commerciali che ci offrono un’auto blindata o una casa – fortezza. Entrambi i poteri sarebbero riluttanti a risolvere le nostre paure perché ogni paura genera nuovo reddito.
Ora si cercano protezioni contro i clandestini – entra nel vivo dell’attualità Bauman – contro potenziali terroristi e gli attentati kamikaze. Far passare lo stato come quello che sa riconoscere un kamikaze è una grande opportunità per ristabilire la sua credibilità e ripristinare la disciplina.
Questo ci dimostra che la paura è un capitale», conclude il sociologo della Modernità liquida.
La paura è una marea torna indietro a chi la crea.
La paura è un sentimento molto facile da evocare. Gli umani sono esseri
tremendamente vulnerabili, per loro stessa natura timorosi. Un giorno
arriva un re e dice che i barbari d’Oriente mettono in pericolo la vita di
tutto il regno: verranno, deprederanno villaggi, uccideranno vecchi e
bambini. Bisognerà conquistarli e ucciderli tutti perché ciò non
avvenga.
Un altro giorno arriva un vescovo e dice che gli infedeli mettono in
pericolo la vita di tutta la comunità: per colpa delle loro bestemmie e
della loro dissolutezza rischieremo di bruciare tutti all’inferno.
Bisognerà torturarli e bruciarli tutti perché ciò non avvenga.
Un altro giorno ancora arrivano dei generali americani e dicono che l’asse
del male mette in pericolo la vita della democrazia: verranno,
annulleranno benessere e progresso, porteranno angoscia e disperazione.
Bisognerà costruire bombe atomiche e ucciderli tutti perché ciò non
avvenga.
Ogni guerra è figlia della paura, ogni paura serve a mantenere controllo e
potere.
Agli amministratori pubblici in questi anni è rimasto ben poco da
redistribuire ai sudditi. La torta è stata divisa tra grandi aziende,
banche, enti poco benefici, associazioni mafiose, imprenditori e massoni.
In fondo alla teglia da garantire sono rimaste solo le paure. Se a Firenze
un affitto costa metà di uno stipendio, le fabbriche chiudono una dopo
l’altra, gli spazi verdi e di socialità vengono ingoiati da cemento e
amianto, si dovrà agitare un anonimo mostro chiamato degrado, darsi un
gran da fare per neutralizzare pericolosissimi lavavetri, discutere del
terribile problema dei marciapiedi invasi dai mendicanti, proclamarsi
difensori del decoro e di altri vaghi concetti rispolverati per
l’occasione. Se i giornali dovessero parlare delle paure che rabbuiano il
nostro futuro, parlerebbero di un costo della vita sempre più alto, di
giornate passate a lavorare rischiando di morire per portare a casa due
lire di stipendio, di banche che ci rubano ogni mese un chilo di ossigeno,
del caporalato delle agenzie interinali, di una terra avvelenata da
multinazionali e grandi opere. Ma i giornali devono parlare di mostri, di
barbari, di streghe e del babau, altrimenti nessuno li comprerebbe.
La paura è un sentimento molto facile da evocare, dicevamo. Ma è
altrettanto facile che sfugga di mano all’apprendista stregone che l’ha
creato. Insegnare la paura del diverso non è una magia semplice da
controllare. Puoi ritrovarti con annoiati ragazzini che bruciano immigrati,
impiegati bancari ridotti a moderni taxi driver, pensionati lacerati dalla
paranoia, ometti di periferia organizzati in ronde fasciste. Probabilmente
nessuno farà più molto caso a tangenti, appalti truccati e nomine
garantite. Una società così, però, è una società sull’orlo di una
crisi di nervi e quando ne saranno rimaste solo le macerie voltarsi
indietro a guardare il mostro che si è costruito sarà davvero ormai
inutile.
Noi che non abbiamo da spaventare nessuno
non vogliamo piu’ convivere con la paura
che ci stringe con i suoi tentacoli quotidiani.
Non aspettiamo re, vescovi e generali che ci difendano
da ciò che loro stessi creano.
Non abbiamo paura degli alieni e dei mostri,
affrontiamo paure e ansie vivendo le nostre città
e ricostruendo il nostro futuro.
Il fazzoletto rosso è un codice, un segnale d'allarme, uno sguardo d'intesa, un aiuto insperato nel momento del pericolo.
Il fazzoletto rosso non è la testimonianza simbolica della tua avversione al razzismo dilagante. Ovvero, non è - tanto per intenderci - una di quelle centinaia di migliaia di "bandiere della pace" appese ai balconi contro la guerra, che la guerra non l'hanno minimamente disturbata, che nessuno hanno salvato dai bombardamenti.
Il fazzoletto rosso indica una retata in corso nei paraggi, e allo stesso tempo la tua disponibilità ad aiutare gli stranieri senza permesso di soggiorno a non essere fermati, controllati, arrestati,
rinchiusi in un Centro per essere identificati e infine espulsi.
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