Milano, la città delle grandi opportunità. Per chi?

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Comincia qui un percorso in tre puntate che ci porterà alla scoperta di cosa si celi realmente sotto il patinato successo di Milano, celebrato dai maggiori quotidiani internazionali e ripetuto come un mantra da analisti e giornalisti nostrani. Dalla “Milano da bere” degli anni ottanta alla “Milano di Expo” del 2015 un lungo filo rosso unisce la recente storia della “Capitale del nord”: de-industrializzazione, crescita dei servizi, promozione di grandi eventi, concentrazione della ricchezza in poche mani, e torbido intreccio tra politica ed imprenditoria. Ovvero, tutto l’omesso dalla narrazione dominante.

In questi ultimi anni, abbiamo spesso sentito parlare di Milano (anche da parte di giornali come il Financial Times e il New York Times) come esempio di città virtuosa e all’avanguardia. La giunta Pisapia ha investito molto nell’organizzazione di Expo,  nella costruzione e nell’ampliamento delle linee metropolitane,  valorizzando l’idea (portata avanti dall’attuale giunta Sala) che Milano sia pronta per competere con le grandi capitali europee. Il dibattito sullo spostamento del Salone del Libro da Torino a Milano, l’idea di valorizzare gli spazi utilizzati nel 2015 per Expo (idea che nei fatti si sta dimostrando molto difficile da realizzare), la disponibilità da parte del Sindaco Sala per l’organizzazione delle Olimpiadi nel 2028 in città, vanno lette in questo senso. Dal punto di vista lavorativo, è la città italiana che offre più possibilità e dove gli stipendi sono più alti. Milano (considerando anche le province di Lodi e Monza) risulta essere la quarta area economica in Europa in termini di PIL dopo Parigi, Londra e Madrid. Sempre più multinazionali estere decidono di aprire sedi in città (un terzo delle multinazionali estere con sedi in Italia sono in questa zona). Ad esempio Google si trasferirà nel 2017 dalla provincia alla città. Anche a livello turistico, è diventata la città con maggiore afflusso (7,5 milioni di visitatori nell’anno di Expo, numeri simili previsti alla fine del 2016). Spesso “il modello” Milano è stata contrapposto a Roma, ritenuta invece una città invivibile, piena di corruzione e sprechi. Stiamo quindi parlando di una città che sembra essere un piccolo gioiello da esportazione. Ma è davvero così?

L’operazione Expo e lo Human Technopole

Il motivo principale per cui verrà ricordata la giunta Pisapia è senza dubbio la gestione dell’evento Expo. Milano superò le concorrenti ai tempi della giunta di centrodestra Moratti. Le forze di sinistra allora denunciarono quali pericoli si nascondevano dietro l’organizzazione di tale evento: corruzione, sprechi, devastazione del territorio, per un’opera costosa e utile solamente ad arricchire chi non ne aveva bisogno, senza portare reali benefici alle fasce socialmente più deboli. Con la vittoria del centrosinistra nel 2011, una parte di quelle stesse forze che si era opposta ad Expo, cambia posizione, appoggiando di fatto le tesi della precedente giunta, cercando però di presentare una idea di Expo “più sociale e inclusiva”. Nella primavera del 2014 avvengono i primi arresti: colpiti i vertici di Infrastrutture Lombarde, che gestivano una parte dei lavori di Expo.  Viene poi scoperta quella che fu definita la “Cupola Expo”: chi come l’imprenditore veneto Maltauro, versando 600mila euro aveva ottenuto l’appalto da 67 milioni delle Architetture di Servizi, chi come Paris (responsabile acquisti di Expo) insieme a Frigerio si occupava di pilotare l’appalto per le Vie d’Acqua, chi come Greganti si occupava dei lavori per i parcheggi. Poco dopo sarà la volta di Acerbo, responsabile del Padiglione Italia. Ma la giunta Pisapia non si scompone. A chi propone di fermare il carrozzone Expo, lo stesso Sindaco risponde che una decisione del genere minerebbe l’immagine di Milano.  Come se non bastasse, vengono arrestate persone legate alla mafia e alla ‘ndrangheta, coinvolte nella costruzione di alcuni padiglioni (Francia, Guinea, Kuwait, Birra Poretti).  Passano i mesi e, come previsto, Expo si svolge tra il maggio e l’ottobre del 2015. Nonostante le difficoltà iniziali si grida al grande successo, e la giunta si appunta la medaglia in vista delle elezioni amministrative. Ci saranno poi altri arresti di persone legate alla ‘ndrangheta, che avevano ottenuto subappalti per la costruzione di altri padiglioni (Ecuador, Cina e Italia), gente coinvolta anche nei lavori per il collegamento ferroviario tra il terminal 1 e il terminal 2 all’aeroporto di Malpensa. Membri del clan Aquilino – Coluccio, pronti anche ai lavori di smantellamento del sito. A finire sotto inchiesta è anche la costruzione della Piastra di Expo, di fatto l’opera principale: nel mirino l’assegnazione dei lavori per l’infrastruttura al gruppo Mantovani con un ribasso del  42% (165 milioni su una base d’asta di partenza di 272). I tempi però sono stretti, e bisogna fare in modo che l’evento possa partire. Recentemente è stato inserito nel registro degli indagati l’ex commissario Expo, nonché attuale Sindaco di Milano Giuseppe Sala. Il compito di Sala era quello di verificare la correttezza e la trasparenza delle operazioni di assegnazioni degli appalti. Ed è proprio in questa occasione che, secondo il rapporto degli investigatori della GdF, il comportamento di Sala non è stato “irreprensibile e lineare”. L’accusa al Sindaco è di aver ritenuto fattibile l’opera a una cifra così bassa. Nella logica di una guerra contro l’altra cordata legata all’ex Presidente di Regione Lombardia Formigoni. Ma la piastra andava costruita, i lavori andavano fatti. A qualunque costo, in tempo per poter abbagliare gli occhi della città con un’opera inutile. E arricchire le tasche dei proprietari delle aziende coinvolte.

Sarebbe però riduttivo parlare esclusivamente delle infilitrazioni criminali nell’operazione. Il tema lavoro è stato infatti un altro dei cavalli di battaglia dei sostenitori di Expo. “Sarà l’occasione per tanti giovani di farsi un’esperienza lavorativa”, “Dopo Expo, i curricula saranno più ricchi”: abbiamo sentito spesso frasi di questo tipo. Si è discusso molto negli anni scorsi a proposito dell’irregolarità dei contratti sottoscritti, o della questione dei volontari Expo. Un altro aspetto interessante da sottolineare è quello legato all’occupazione: ad aprile del 2016 (dopo oltre cinque mesi dalla fine di Expo), solamente il 20% (su una platea di circa 7000 lavoratori) aveva trovato un impiego. E la stragrande maggioranza grazie alle proprie forze, secondo la CGIL. Anche la promessa ricollocazione si è rivelata infondata.

A oltre un anno dalla fine della manifestazione, si sta ancora discutendo del futuro dello spazio. Non è ancora stato smontato nulla, né si è deciso come riutilizzare le strutture. Né sono stati sbloccati i fondi promessi dal governo. L’unica certezza è la costruzione dello Human Technopole. Nel centro di ricerca lavoreranno circa 1500 studiosi delle cosiddette scienze della vita. Verranno coinvolte anche le Università milanesi. Alcuni mesi fa Renzi ha dichiarato di voler investire un miliardo e mezzo in dieci anni. Anziché aprire un bando, il governo ha deciso con un decreto legge di assegnare il progetto all’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova, il quale ha ricevuto 80 milioni per la stesura dello stesso. L’Iit fu fondato nel 2003 dal governo Berlusconi ed è un istituto pubblico di diritto privato, dipendente dal ministero dell’Economia e da quello dell’Istruzione. Nel Consiglio siedono manager di banche e assicurazioni, società farmaceutiche e di telecomunicazioni (Finmeccanica, Vodafone, Enel, per citarne alcuni). Un istituto pubblico gestito da privati, che ogni anno, secondo la senatrice Elena Cattaneo, riceve dallo stato circa 100 milioni di euro. A fronte invece di 30 milioni in tre anni stanziati per la ricerca italiana di base. Inoltre, nel 2014 è stato accantonato dall’Iit quasi mezzo miliardo di euro: soldi inutilizzati mai restituiti al Ministero.

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