Né con la Chiesa, né con i cartomanti. Appunti su informazione mainstream e bufale

1. Si considerano le conseguenze delle bufale. Non si considerano le bufale come conseguenze. Nella vulgata comune, le bufale creerebbero sfiducia. Creerebbero sfiducia nei media tradizionali e perfino nelle convinzioni scientifiche consolidate. Esse nascono invece sulla base di una sfiducia e la raccolgono indirizzandola a modo loro. Se il punto è non farsi trascinare dalle bufale, lo è altrettanto non farsi trascinare da una crociata che vorrebbe ristabilire la sacra credibilità dell’ “informazione ufficiale”, magari in salsa tecnocratica (parla solo “l’esperto”).

2. Perchè mai le bufale dovrebbero essere più convincenti delle notizie dei media tradizionali?

Perchè mai un link falso virale dovrebbe avere più condivisioni di un articolo postato da siti mainstream come il Corriere o Repubblica? Sono fatte meglio? Sono più accattivanti? Perchè forse i grandi media non pagano (o sottopagano) grafici e professionisti della viralità?

3. Posta in questi termini, la questione ha una sola risposta: il “volgo” è bue e crede a tutto. Si sprecano così gli studi sull’analfabetismo, funzionale o di ritorno. Fiorisce così una controcultura alle bufale intrisa di un atteggiamento snob e aristocratico. Il “popolo” è ignorante, dunque. Ma la cosa incredibile è che questa affermazione avviene da fior fior di studiosi i quali a tutto pensano tranne che a mettere sul banco degli imputati 30 anni di distruzione dell’istruzione pubblica.

4. Sia detto di sfuggita: quando il movimento studentesco iniziò a citare gli studi sull’analfabetismo di ritorno, lo faceva non per mettere sotto accusa la gente comune ma per dimostrare quanto lontani si fosse dall’istruzione realmente di massa e di qualità per tutti.

5. Il fatto, banale e semplice, è che le bufale non creano sfiducia, semmai la raccolgono. Se qualcuno ritiene più credibile un qualsiasi link su un social, di una intera testata giornalistica, questo può avvenire solo per la caduta verticale di credibilità di quella stessa testata giornalistica. Le bufale sono virali e come ogni virus devono trovare condizioni favorevoli al proprio diffondersi e l’assenza di anticorpi adeguati. Esse sono la risposta sbagliata a una sfiducia corretta. Sfiducia nel cosiddetto “establishment”, nel sistema, nei media tradizionali.

6. Il punto quindi non è concentrarsi sugli effetti delle bufale, ma sulla loro causa primaria. Se esse esistono è perché questa sfiducia non viene raccolta e indirizzata verso un’alternativa scientifica. Il “volgo” non si fida delle Banche. Vi sembra stupido non fidarsi di una Banca? Per gli economisti ufficiali non fidarsi delle Banche è un atteggiamento “volgare” e “dozzinale”. Ma proprio questi economisti sono dal punto di vista storico gli ignoranti più grossolani sulla faccia della terra. Essi non sono ignoranti in quanto privi di nozioni. Lo sono in quanto ignorano la realtà a favore di false nozioni. Immaginate per un attimo che non esistesse il marxismo. A cosa si ridurrebbe la critica alle Banche? A una serie di concezioni utopistiche, reazionarie e anacronistiche. L’esistenza di queste concezioni, tuttavia, non ci autorizzerebbe comunque a parteggiare per gli economisti tradizionali borghesi.

7. Il punto, semplice e banale, è che l’esistenza delle bufale svela la nostra attuale incapacità di indirizzare verso un’alternativa scientifica e di classe la diffusa sfiducia nel sistema. Ma criticare le bufale prendendo parte per Repubblica.it o con le stesse argomentazioni del Pd, non solo non risolve il problema. Lo aggrava. E lo aggrava prima di tutto perché assegna ai media tradizionali un attestato di “credibilità” che non hanno e non meritano. Nella vita e in politica è necessario mantenere un senso delle proporzioni. Il primo più grande sistema di falsità organizzato e ramificato, in grado di influenzare milioni di persone, rimane quello dei media ufficiali in mano al grande capitale.

8. Il rapporto tra i media tradizionali e le bufale è lo stesso che passa tra la Chiesa cattolica e i cartomanti o le piccole sette religiose. La Chiesa, si sa, è rispettabile. E’ semplicemente un pozzo senza fondo di irrazionalità, attraversata da pedofilia e scandali di grandi portata. Si basa su credenze medievali. Essa però non tollera che le sia tolto il monopolio dell’irrazionalità e della falsità. Essa le smercia con tutte le carte in regola. Quindi, condanna senza appello gli stregoni e i cartomanti. I cartomanti e i truffatori alla Wanna Marchi hanno tutto il nostro disprezzo. Non c’è nemmeno da dirlo. Questo non significa che possiamo dedicare il 99% del nostro fuoco polemico ai cartomanti mentre magari lecchiamo l’ultimo centimetro dello stivale del Papa re.

9. Come già detto i media tradizionali sono una fucina di falsità. Sono bufalari della peggior specie. La violenza sessuale sul treno partito da Porta Genova? Non c’è mai stata. Gli stupri di massa dell’ultimo dell’anno a Colonia? Mai esistiti. L’infermiera che praticava eutanasia a Piombino? Probabilmente notizia finta o comunque da confermare. E sono “pura propaganda” la stragrande maggioranza delle notizie in campo economico, sociale, politico. Ci si stupisce che con un sistema mediatico basato sulla falsità, il “volgo” non abbia anticorpi contro la falsità stessa? Pur tuttavia testate come la Repubblica sono arruolate nella campagna contro le bufale. Nessuno turbi il loro monopolio della falsità. Capiamo che perdere il monopolio della falsità sia un grave problema per loro. Il nostro problema, al contrario, non è scegliere tra un regime di falsità liberalizzate e diffuse o tra uno di falsità centralizzate in regime di monopolio.

10. Prendiamo la Nazione, ad esempio, nel periodo tra il 1919 e il 1921. Era un mirabile concentrato di bufale. Di ogni tipo. Gli abitanti di Empoli – le donne in particolare – il primo marzo 1921 avrebbero assaltato e mangiato dei poveri marinai. Falso, ma il mito del cannibalismo del 1921 ad Empoli si è rincorso per parecchio tempo. La testata giocò un ruolo importante nel fomentare la mentalità di massa su cui attecchì il fascismo. E infatti passò indenne tutto il periodo fascista senza essere mai né assaltata né occupata.

11. Quindi? Quindi non si spegne il fuoco con la benzina. L’indipendenza  di classe non consiste tanto o almeno non solo nella presentazione di una lista di candidati alternativa in qualche elezione. E’ un metodo che ti accompagna in ogni aspetto della vita, a partire  dall’interpretazione dell’informazione. Per cui siamo contro le bufale ma non ci arruoliamo nella campagna dei grandi media. Una campagna pronta a bollare come “complottismo” qualsiasi inchiesta militante o chiunque si approcci alla politica con un approccio materialista e di classe. Lenin diceva di chiedersi sempre “a chi giova” una determinata misura politica. Forse si trattava di complottismo?

12. Il complottismo, sia chiaro, è di destra. E’ di estrema destra. E’ di destra perché attribuisce le cause delle contraddizioni del sistema non al sistema stesso ma a “cause esterne”. In questo modo il complottismo prepara sempre le basi per riportare il consenso all’ovile della classe dominante, chiedendo di fare fronte comune con “il nemico esterno”. Per i nazisti il complotto era internazionale, massonico e ebraico. Ed in nome di questa minaccia esterna il proletariato tedesco fu soggiogato al carro del proprio capitale. Oggi questa stessa tesi è coniugata con diverse declinazioni: Soros, piano Kalergi, scie chimiche ecc. Tuttavia se il complottismo attecchisce è per la sensazione diffusa tra le persone comuni che sopra di loro esista un’altra verità, un nemico altro da attaccare. Tale nemico si chiama capitalismo e l’ideologia dominante è la finta verità da cui siamo quotidianamente circondati. Questo è. E nulla ha a che fare con il complottismo.

13. Anche su questo terreno, quindi, teniamo fermo il nostro approccio di classe. La lotta alle bufale non avviene abbracciando i media tradizionali, così come quella al fascismo non avviene abbracciando la borghesia liberale. Perchè in fondo il fascismo è il portato della decomposizione del capitalismo “liberale” tanto quanto le bufale sono il portato del livello di marciume a cui è giunta l’informazione dominante.

14. E se è scandaloso che un settore di militanti di sinistra condivida links e siti bufalari (e spesso fascisti) senza alcun spirito critico, è altrettanto dannoso il fatto che un intero ambiente di sinistra radical beva le campagne governative senza alcun spirito critico. E, ricordiamolo per quel senso delle proporzioni che non guasta mai, in fondo il Governo rimane quel modesto e umile comitato esecutivo della borghesia. Non sappiamo quanti “mi piace” ha la sua pagina facebook, ma sappiamo quanti celerini può scagliarti contro all’occorrenza.

15. Il mondo dei social risulta abbastanza complesso. Non è obbligatorio – e spesso non è nemmeno proficuo – usarli come veicolo di informazione o come campo di lotta per l’egemonia. Ma se lo si fa, sarebbe bene farlo con solido approccio di classe. Altrimenti, meglio postare la foto della pizza mangiata ieri sera, del tramonto, della gita fuori porta. “Tutto molto interessante” direbbe il poeta della viralità. Ma sicuramente molto meno nocivo.

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