Amianto. Una storia operaia. Il nostro invito alla lettura

Per evadere dall’ondata di caldo di agosto vi consigliamo questo libro di Alberto Prunetti, edito da Alegre e che potete trovare Qui. Non è un inedito e non avrà l’effetto di un bagno rinfrescante ma rimane pur sempre un’ottima “lettura di classe sotto all’ombrellone”.

Amianto.
Una storia operaia

Questo il titolo, ma leggendo questo libro, che scivola via pagina dopo pagina, si scopre che Amianto è molto di più.
È la storia di Renato, operaio saldatore tubista, una vita di lavoro come trasfertista tra petrolchimici e raffinerie in tutta Italia; raccontata dal figlio con sapiente equilibrio tra emozioni e aneddoti, tutto insaporito dall’ironia livornese.
Ed al contempo è una storia di “pane e veleno”, di un’intera generazione di operai morti di lavoro.

Viaggiando con Renato da Casale Monferrato a Scarlino, da Castellanza a Priolo, fino all’Ilva di Taranto, si delinea una lucida analisi sul capitalismo italiano, che ha fatto i suoi profitti sulla pelle dei lavoratori, devastando la loro salute e inquinando irrimediabilmente l’ambiente; sul ruolo delle organizzazioni di massa, nelle quali vi era un tacito consenso sul fatto che la salute (non solo degli operai) fosse il prezzo da pagare per lo sviluppo industriale del paese; sul ricatto occupazionale che intere generazioni hanno subito, dovendo lottare con forza per affermare che il diritto al lavoro e il diritto alla salute non prescindono l’uno dall’altro; sul ruolo del partito comunista e dei sindacati confederali nel depotenziare le lotte operaie dell’autunno caldo, nel contenere le istanze rivoluzionarie del movimento operaio.

Quello narrato in Amianto è il capitalismo messo a nudo nel suo essere, inevitabilmente, capitalismo di rapina, sviluppato grazie all’azzeramento dei costi ambientali e di salute: i padroni sapevano già allora quali erano gli effetti dell’amianto sulla vita delle persone; sapevano già quali erano i rischi delle produzioni petrolchimiche, delle raffinerie; ma la salute dei lavoratori, la loro vita, le risorse naturali e il territorio erano parte fondamentale del profitto.
In tante storie, come quella di Renato, i lavoratori non conoscevano i pericoli del loro lavoro; non sapevano che una fibra di amianto che ti entra nei polmoni ti ammazza di tumore. La maturazione della coscienza che la salute era parte dello sfruttamento si è sviluppata nel tempo.

Nel momento più alto del movimento operaio, le lotte imposero che fosse sancito nello Statuto dei lavoratori il diritto ad esercitare un controllo diretto sulle condizioni ambientali in fabbrica, rifiutando ogni forma di monetizzazione dei rischi per la salute sul luogo di lavoro.

Ma non era abbastanza.

Nel nostro paese sono tante le storie di un capitalismo scellerato che ha lasciato in eredità migliaia di vittime: Marghera, Casale, Piombino, Manfredonia, Bagnoli, ci si perde a contare le comunità massacrate.
Il contrasto tra lavoro e salute, tra lavoro e ambiente, è ancora oggi uno degli argomenti più potenti e oppressivi per impedire la costruzione di un’alternativa radicale ad un sistema economico che perpetra uno sfruttamento devastante. Pensiamo a Taranto, a Gela, o alle raffinerie della Sardegna.

Senza una alternativa, il ricatto occupazionale continua a mordere; e si continua a morire.

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