Il contratto unico… precario by Boeri & C.

La riforma del Welfare targata Boeri, che piace tanto alla pseudosinistra

Da cinque anni a questa parte l’insicurezza di reddito è diventata di moda. Il tabù di un tempo, guai a parlare di precarietà, è diventato trendy ed è tutto un fiorire di libri, articoli, film, opere teatrali che trattano dell’argomento.
Finchè si tratta di operazioni commerciali non meritano risposte. Troppo il disgusto per chi traveste il marketing di ipocriti ‘scopi sociali’. Ma quando la paura del futuro e la competizione per il reddito, riguarda milioni di persone e a scriverne sono economisti del calibro del professor Tito Boeri, una risposta è d’obbligo.
Non fosse altro perché l’esimio docente della Bocconi, nonché editorialista della Repubblica, coordinatore del sito www.lavoce.info, è tenuto in grande considerazione da tutti quei soggetti politici e sindacali che ancora si sforzano di definirsi ‘riformisti’ o addirittura di ‘sinistra’. Le sue proposte trovano estimatori nella segreteria nazionale Cgil.
Il maggior pregio di ‘Un nuovo contratto per tutti’ di Boeri e Garibaldi, edito nel 2008 da Chiarelettere editore, è quello di svelare quali siano le idee di riforma del lavoro di un’ampia area delle elites italiane che puntualmente si tramutano in leggi, contratti e scelte di politica economica.

Chi paga la riforma?
Partendo da una descrizione del mercato del lavoro, che purtroppo non rispetta più l’attualità (la disoccupazione oggi non è più ai livelli del 2007/2008) supportata da un buon riepilogo storico dal 1964 ad oggi, gli autori lanciano la proposta di un contratto di lavoro unico, a tempo indeterminato senza limitazioni di tempo. Basta con lo ‘psicodramma’ (la definizione è dell’autore) dell’apposizione di un termine al contratto! Boeri parla di un mercato duale in cui gli atipici sono la parte emarginata. Per superare le differenze propone la creazione di un salario minimo orario, di un reddito minimo di sussistenza, indennità di disoccupazione uguale per tutti, e una serie di diritti minimi inderogabili validi universalmente. Dopo 3 anni, durante i quali il licenziamento è concesso previo indennizzo economico, il contratto diventa a tempo indeterminato, simile a quelli che ancora conosciamo oggi. I soldi per finanziare un riforma così totale del lavoro? Ci sono, dice il professore, basta eliminare gli attuali sussidi (cassa integrazione, mobilità, contratti di solidarietà, indennità di disoccupazione), unificare il fondo INPS a quello della gestione separata dei Co.co.pro. e aumentare i contributi pensionistici dei ‘precari’ fino ad arrivare al 33%. Aliquota oggi prevista da contratti a tempo indeterminato e determinato.

Boeri nel paese delle meraviglie
L’esperienza degli ultimi 2 anni, però, avrebbe dovuto mettere in guardia un economista esperto sulla validità di ricette tanto teoriche. Lontane non solo dal drammatico vissuto quotidiano di lavoratori in nero, partite iva a unico committente, interinali e contratti a progetto, ma anche dalla presunta verità scientifica. In realtà tali proposte rappresentano un pericolo per tutti i lavoratori, senza differenza di contratto. Infatti, è proprio in scritti come quello di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, che gran parte delle classi dirigenti trovano la giustificazione tecnica per scelte che negli ultimi 20 anni, e non ci vuole un PhD alla New York University per capirlo, non sono andate a favore della maggioranza dei cittadini italiani.

Performance contro i fannulloni: i nuovi dogma dei tecnocrati
Per rendersene conto basti osservare che non solo le idee ma alcuni dei termini utilizzati in varie parti del libro, come merito, produttività e performance, siano i caposaldi di tutte le ultime leggi promulgate dal governo: dall’accordo del 22 gennaio 2009 sulla riforma contrattuale, al Decreto legge Brunetta, passando per il rinnovo dei contratti del Commercio, il Decreto legge su conciliazione e arbitrato, il contratto nazionale dei Chimici fino ai nuovi contratti in discussione in questi mesi. Non tralasciando l’intesa di fondo con la proposta di legge che prevede l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, presentata da un altro professore, Pietro Ichino del P.d., l’ideatore dell’insulto diventato un ritornello, rivolto ai dipendenti di ministeri ed enti pubblici: ‘fannulloni’.
Fantasia al posto della giusta causa
Pensare di cambiare la situazione esistente con una legge, per quanto ambiziosa, è puro esercizio di fantasia. Manca tutta la parte relativa ai controlli, impossibili senza una seria riforma degli ispettorati del lavoro. Riformare per aggiungere, migliorare, investire e non per togliere la cassa integrazione, rimasta l’unico argine alla crisi dilagante.
E quale sarebbe la forza capace di costringere imprenditori e multinazionali, studi di commercialisti e case editrici, fabbriche e aziende agricole a pagare il 33% dei contributi a tutti, visto che impiegano centinaia di migliaia di lavoratori in nero (0% di contributi) co.co.pro (24% ma 1/3 lo paga il lavoratore) partite iva a unico committente (0% e scaricabili negli studi di settore), apprendisti (contributi ridotti a seconda del contratto)? Boeri non ce lo dice. Secondo lui un buon parametro di controllo potrebbe essere il calcolo del reddito tramite l’I.S.E.E., un’autocertificazione oggi usata per accedere ai servizi sociali, alle case popolari, agli asili nido. Complimenti. Ottima soluzione l’autocertificazione, in un paese dove 1/3 dell’economia è sommersa, il nero diffusissimo e l’evasione fiscale è recentemente stata condonata per legge.

I risultati delle riforme
Il risultato, come si è visto dopo l’introduzione dei contratti formazione lavoro, della liberalizzazione del part-time, del lavoro interinale, sarebbe privare anche quelle persone che oggi riescono a farsi assumere a tempo indeterminato per 3 anni delle tutele loro garantite dalla legge. Se Boeri e Garibaldi avessero mai svolto lavori precari ‘veri’ inoltre, saprebbero bene che la loro visione dell’azienda che non licenzia il precario: ‘perché dopo tre anni il prezzo da pagare per le imprese che hanno investito così tanto in capitale umano sarebbe troppo alto’ è vera solo in minima parte.

Un silenzio assordante
Il libro inoltre, parlando degli anni che vanno dall’esplosione incontrollata dei co.co.co. alla legalizzazione del caporalato (la Legge Treu sul lavoro interinale) fino alla precarizzazione di massa degli ultimi mesi, li definisce una ‘Rivoluzione silenziosa’. Secondo l’autore i cambiamenti sarebbero avvenuti in silenzio, senza che nessuno quasi se ne accorgesse.
Che faccia tosta! Ma silenziosa per chi?
Non certo per i precari e per chi da anni cerca, inascoltato, di gridare ai quattro venti le follie di un mondo del lavoro diventato un incubo. Cercando di urlare al conducente: Ohh! Ma dove cazzo stai andando! O detto più educatamente: di avvertire dei pericoli che la discontinuità di reddito avrebbe provocato e che oggi sono sotto gli occhi di tutti.

Le lacrime di coccodrillo-Treu
Da leggere il curioso siparietto condito da smisurati elogi all’ex ministro del lavoro Tiziano Treu e attuale responsabile lavoro del P.D. (quello che ha legalizzato l’intermediazione di manodopera, un tempo conosciuta sotto il nome di caporalato). In una intervista del 2005 ha onestamente ammesso, bontà sua, che è normale che le aziende assumano interinali o contratti a progetto visto i costi minimi sia in termini di diritti che economici. Grande, ci ha messo 8 anni ad ammettere e capire che la sua riforma oltre a far emergere lavoro nero (forse) ha legalizzato una condizione lavorativa di forte inferiorità. E non basta a placare il risentimento di intere generazioni di condannati al precariato, sapere che quelle norme furono sottoscritte da tutti i partiti presenti in parlamento dal 1993 ad oggi, comunisti inclusi, come fa cinicamente notare Boeri, che è anche consulente del Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.).
Fermare le cause di lavoro
Nel libro manca tutta l’analisi politica: cioè chi sono le forze che possono promuovere un vero allargamento dei diritti. Purtroppo e la riforma della legge sugli infortuni del lavoro è lì a dimostrarlo, sono molti i gruppi imprenditoriali e politici che spingono affinché nemmeno gli incidenti sul lavoro siano puniti con maggior severità. Se nemmeno 3 morti al giorno riescono a convincere le imprese della necessità di controlli, come è possibile che vengano costrette a pagare il 33% di contributi? A meno che, ma questo Boeri non ce lo dice, da una certa data in avanti tutti i contratti diventassero unici, ovvero con la possibilità dietro corrispettivo di essere sempre licenziati. E senza che i giudici o gli avvocati possano metterci il becco. E si, perché come ci spiega il prof. Boeri: ‘In Italia è davvero difficile licenziare e il livello di discrezionalità dei giudici del lavoro è troppo alto’.

Predica bene ma razzola…
Facciamo una controproposta all’esimio. Se invece di predicare nuove regole per tutti Boeri iniziasse da casa sua, cioè dalla prestigiosa e costosa Università Bocconi? Faccia un giro negli uffici di via Sarfatti, troverebbe diversi precari (assunti a progetto) che in realtà sono dipendenti a tutti gli effetti. Alcuni di loro si sono affidati a San Precario e uno ha pure avuto il coraggio di far causa all’Università. Ha ottenuto il riconoscimento di quanto gli spettava: un bel contratto a tempo indeterminato. Grazie alla sentenza di un giudice del lavoro del Tribunale di Milano.

Un nuovo compromesso sociale
Le trasformazioni del lavoro rendono urgente un nuovo compromesso tra lavoro e impresa, capace di superare gli enormi squilibri esistenti. La Repubblica non può continuare a lasciar fare, o peggio, legalizzare situazioni lavorative di precari a tutti gli effetti dipendenti nascosti dietro a paraventi di cooperative, finte partite Iva, co.co.pro., contratti interinali. Il costo sociale, di questa giungla nel lungo periodo diventerà insostenibile, provocando la paralisi del sistema pensionistico, delle indennità, della cassa integrazione, e di tutte le forme di assistenza pubblica oggi esistenti. Una distruzione voluta che sta avanzando pericolosamente.
Le imprese non riescono o non vogliono più pagare i contributi, lo Stato centrale vuole fare lo stesso con le pensioni e la liquidazione: è di questo che stiamo parlando. Non è più possibile garantire lavori a tempo indeterminato, ci ripetono tutti. Quindi è indispensabile dare un reddito ai cittadini nei periodi di inattività lavorativa. Ma non è mettendo contro i lavoratori, indeterminati contro precari, che si otterrà maggiore giustizia.
E’ necessario recuperare risorse dalle voragini della nostra società, buchi neri che potrebbero da soli finanziare un nuovo sistema di sicurezza sociale accessibile a tutti i cittadini. Evasione fiscale, transazioni finanziarie, patrimoni immobiliari, concessioni demaniali, soppressione delle Province, certificazione delle e-mail, scannerizzazione degli archivi della Pubblica Amministrazione. L’investimento su uno solo di questi settori, insieme al potenziamento e l’ammodernamento degli Ispettorati del Lavoro, oggi ridotti alla deriva, è strettamente legato a una qualsiasi ipotesi di riforma. Senza controlli e sanzioni severe, la barca dello stato assistenziale tanto bombardata, finirà per affondare. Trascinando la maggioranza a fondo.

Il dovere dell’azione
I precari, i lavoratori in nero, le partite Iva a 1000 euro al mese, hanno poco da sperare nelle promesse di riforma oggi in discussione. Più che la fede in qualche economista illuminato o in un miracoloso ravvedimento di politici/manager causa della crisi, è necessaria l’azione. Svelare il ricatto del reddito, premere sul riconoscimento delle istanze della maggioranza, informare; azioni che non possono più essere vissute come una scelta. Sono un dovere civile, unico motore che possa portare al riconoscimento di diritti e dignità per intere generazioni presenti e future.

Stefano Mansi

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