Libero dal Fosco (fin del secolo morente)

Aggiun­giamo un po’ della nostra sto­ria. Que­sta volta ricor­dando Alfonso Fan­taz­zini dai più cono­sciuto come Libero. Que­sto nomi­gnolo1 lo col­lega al movi­mento anar­chico degli inizi del nove­cento. Libero dal Fosco richiama il noto “Inno della rivolta” di Luigi Moli­nari dove il «fosco fin del secolo morente» è l’epoca delle can­no­nate di Bava Bec­ca­ris con­tro il moti per il pane a Milano nel 1898 e dell’insurrezione della Luni­giana del 1894.
Libero è l’elemento di con­giun­zione, assieme a Vin­dice Rabitti, tra quel movi­mento che tentò la rivo­lu­zione nel primo nove­cento, pas­sando per la Resi­stenza, e il movi­mento dell’assalto al cielo negli anni 60 e 70 del nove­cento.
Del “cas­sero”, lo sto­rico edi­fi­cio che ospita il cir­colo anar­chico Camillo Ber­neri di Bolo­gna, è l’artefice. E’ alla sua ini­zia­tiva che si deve il “rico­no­sci­mento” da parte del comune di Bolo­gna di quell’impegno che le forze anti­fa­sci­ste ave­vano preso nel fuoco della resi­stenza affin­ché agli anti­fa­sci­sti fosse resti­tuito ciò che la dit­ta­tura aveva con­fi­scato o distrutto.
Per i “gio­vani” degli anni ’70, Fantà come veniva ami­che­vol­mente chia­mato, è la tra­di­zione. Attivo mili­tante della FAI (assieme a Gino Fab­bri e Mario Bar­bani, fra gli altri) rie­sce ad essere ele­mento impor­tante del “movi­mento” che anche allora è carat­te­riz­zato prin­ci­pal­mente da gruppi e col­let­tivi “non-federati” che nascono e fini­scono nel vol­gere delle diverse sta­gioni di lotta.
La sua casa, nella quale con­vive con Maria Zazzi2, è una delle tante sedi del movi­mento ed anche una delle tante “case comuni” dove molti fuori-sede tro­vano ospi­ta­lità.
Ma i suoi posti pub­blici sono i cir­coli anar­chici: prima il cir­co­lino di via Mira­sole; poi il cir­colo “Cafiero” di via Paglietta 5; infine il “Ber­neri” dove Libero si spende nella ristrut­tu­ra­zione dei locali (prima adi­biti a bagni pub­blici) per farne una sede atta ad ospi­tare le atti­vità del movi­mento (assem­blee, una pic­cola tipo­gra­fia, gli spazi per le reda­zioni dei gior­nali locali, di set­tore ed anche per rivi­ste “nazio­nali”, uno spa­zio per la radio). Ed ancora le strade e le piazze, non­ché le “torri”: lo ricor­diamo ancora ad occu­pare la torre degli “Asi­nelli” (assieme al “libraio” anar­chico Elio) per pro­te­stare con­tro la deten­zione di Gio­vanni Marini. La cam­pa­gna per la libe­ra­zione di Gio­vanni Marini tra il ’72 e il ’73 (un com­pa­gno saler­ni­tano arre­stato per essersi difesa da un’aggressione fasci­sta nella quale perse la vita uno degli aggres­sori, Fal­vella) vide Libero in prima fila, sia a Bolo­gna che a Salerno dove si distinse (alla sua vene­randa età) per l’azione di auto­di­fesa delle mani­fe­sta­zioni e delle assem­blee con­tro i rei­te­rati attac­chi dei fasci­sti.
A Bolo­gna, i “vec­chi”, si ricor­dano ancora i suoi mani­fe­sti (spesso fir­mati con il nome di bat­ta­glia “Libero dal Fosco”) affissi a 3 metri da terra affin­ché fosse dif­fi­col­tosa la disaf­fis­sione e le sue lun­ghe pole­mi­che con il diret­tore de “il Resto del Car­lino”, l’allora Giro­lamo Mode­sti, che indi­cava negli anar­chici dei peri­co­losi nemici della “quiete pub­blica” imba­stendo cam­pa­gne di cri­mi­na­liz­za­zione. E i mani­fe­sti di Libero ini­zia­vano, imman­ca­bil­mente, così: «E’ cosa nota. Gli anar­chici abor­rono la vio­lenza … » para­fra­sando un libro di Luigi Gal­leani da cui spesso ripren­deva anche il noto motto «Con­tro la guerra, con­tro la pace, per la rivo­lu­zione sociale».
L’attacchinaggio di mani­fe­sti per Libero era un’arte: pen­nel­lessa; scala di legno da 3 metri; sec­chio della colla; rotolo; il tutto mon­tato sul ’48 e via. Quando qual­che fascio cer­cava di infa­sti­dirlo durante i suoi “giri di pro­pa­ganda” doveva desi­stere. E non solo i fasci gli “gira­vano alla larga” ma anche gli sbirri e gli sta­li­ni­sti. Ricordo un rac­conto di Gino Fab­bri a pro­po­sito della neces­sità di difen­dere le con­fe­renze pub­bli­che degli anar­chici dagli attac­chi degli sta­li­ni­sti, nel periodo ’50-’58, anche con le pistole in tasca.
Sì, per­ché, Libero sapeva essere anche duro e riso­luto. A volte incu­teva un certo timore anche a noi “gio­vani di allora”.
Libero era poi noto anche per le vicende del figlio Horst, il “ban­dito cor­tese”. Si trac­cia un ritratto arci­gno di Libero nel libro (e soprat­tutto nella rico­stru­zione cine­ma­to­gra­fica) “Ormai è fatta”; in realtà, Libero, pur cri­ti­cando aper­ta­mente alcune scelte e stili di vita di Horst, non gli fece mai man­care la sua soli­da­rietà umana e di com­pa­gno, sup­por­tando e anche par­te­ci­pando atti­va­mente a diversi ten­ta­tivi di eva­sione del figlio.
A pre­sto una scheda più com­pleta sul sito del “Berneri”.

WS

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  1. Per tutte le note bio­gra­fi­che: Dizio­na­rio bio­gra­fico degli anar­chici ita­liani, BFS edi­trice. Vo1 1 (A-G) nota redatta da Tomaso Mara­bini, Roberto Zani (24 aprile 2003)

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