Fra repressioni e solidarietà

Se l’Onda ha smesso di infran­gersi con­tro le sco­gliere del sistema, sono oggi i resti dalla risacca lasciati sulla spiag­gia a ferire, a far male e a dimo­strarsi più peri­co­losi della stessa marea.

A fronte dello sce­mare delle mobi­li­ta­zioni e, soprat­tutto, dello scom­porsi di quei legami di soli­da­rietà e di vici­nanza stret­tisi durante cor­tei e occu­pa­zioni, viene ora pre­sen­tato il conto per l’aver ten­tato di costruire cam­bia­mento e di opporre resi­stenza agli attac­chi per­pe­trati al mondo del lavoro e dell’istruzione, all’ambiente, alla pace e ai diritti dei migranti.
Nelle ultime set­ti­mane sono scat­tate in varie parti d’Italia una serie di misure cau­te­lari con­tro com­pa­gni attivi nelle lotte di que­sto inverno che non ave­vano smesso di tener alta l’attenzione  e la capa­cità d’azione. Da Roma a Firenze, da Torino a Padova in decine hanno subito denunce, per­qui­si­zioni e misure cau­te­lari giu­sti­fi­cate con rife­ri­mento a fatti (o pre­sunti tali) di qual­che mese fa.
Senza tar­dare troppo rispetto al resto del paese, anche a Bolo­gna sono scat­tati ulte­riori prov­ve­di­menti restrit­tivi che si vanno ad aggiun­gere alle pesan­tis­sime con­se­guenza della cosid­detta ope­ra­zione “outlaw” dell’aprile scorso: ricor­diamo che a più di due mesi dagli arre­sti cin­que com­pa­gni sono ancora in car­cere, a fronte di accuse labi­lis­sime (vedi . Arre­sti e per­qui­si­zioni. La poli­zia vuole ter­ro­riz­zare in UN n. 13)
Appa­rente moti­va­zione per quest’ultima stretta repres­siva “in salsa bolo­gnese” sca­te­nata nei con­fronti di cin­que com­pa­gni è stata quella di aver allon­ta­nato una mac­china della DIGOS che sta­zio­nava nei pressi di Piazza dell’Unità durante i festeg­gia­menti del 1°maggio. A qual­che ora dallo scam­bio di bat­tute i cin­que sono stati fer­mati su un auto­bus che li ripor­tava in città, fatti scen­dere e suc­ces­si­va­mente por­tati in que­stura, dove sono stati sche­dati. Prima del rila­scio è stato loro adde­bi­tata una denun­cia per vio­lenza e minac­cia a pub­blico uffi­ciale ed oltrag­gio, cui è stato aggiunto il dan­neg­gia­mento aggra­vato e la resi­stenza, reati per i quali non sono stati segna­lati ele­menti pro­vanti spe­ci­fici.
A due dei denun­ciati è stato inol­tre noti­fi­cato un foglio di via da parte della DIGOS di Bolo­gna, che si è pre­sen­tata nelle loro case il 23 mag­gio sera, men­tre ad un terzo è stata pre­sen­tata una noti­fi­ca­zione ver­bale, invito cioè ad un cam­bio di com­por­ta­mento con la minac­cia di una pos­si­bile ese­cu­zione di misure cau­te­lari. È impor­tante sot­to­li­neare il fatto che i com­pa­gni oggetto di que­sta stretta repres­siva ave­vano par­te­ci­pato atti­va­mente all’occupazione di Scienze Poli­ti­che, realtà già ampia­mente presa di mira da infa­manti cam­pa­gne di stampa dopo il 14 dicem­bre e dopo gli arre­sti di aprile.
Il foglio di via, ere­dità del regime fasci­sta, non è una novità nel pano­rama bolo­gnese: essendo una misura cau­te­lare eser­ci­ta­bile con cele­rità e con la sola appro­va­zione del que­store, nell’arco degli anni più volte ha col­pito que­gli atti­vi­sti e mili­tanti, soprat­tutto stu­den­te­schi, che non ave­vano resi­denza in città.

Il dato poli­tico che ci tro­viamo costretti a segna­lare è che ancora una volta  cit­ta­di­nanza bolo­gnese ed i movi­menti tar­dano a dare una rispo­sta col­let­tiva alla repres­sione, fati­cando a pren­dere coscienza del peri­colo che si annida die­tro que­sti attac­chi indi­vi­duali ten­denti a divi­dere e ad iso­lare il sin­golo dal movi­mento, usando la pos­si­bile ripro­va­zione nei con­fronti dell’azione messa sotto accusa.
Ma se «alle com­pa­gne ai com­pa­gni spetta di restare al pro­prio posto con luci­dità e fer­mezza, con­ti­nuando l’attività di anar­chici inse­riti nelle lotte sociali […] ai demo­cra­tici spet­te­rebbe di avere, almeno, un sus­sulto in cuor loro […]. Sul ter­reno della lotta alla repres­sione è indi­spen­sa­bile allar­gare il coin­vol­gi­mento, l’inclusione, la par­te­ci­pa­zione anche a quella “società civile” che non neces­sa­ria­mente (sia per con­di­zioni ogget­tive che sog­get­tive) par­te­cipa ai movi­menti di lotta oggetto della repres­sione. Per far que­sto, in una pro­spet­tiva plu­rale e soli­dale, è neces­sa­rio dare vita e/o raf­for­zare le asso­cia­zioni, le reti, i patti di “mutuo soc­corso”; reti che abbiano mezzi e stru­menti di con­tra­sto alla repres­sione (anche nel campo giu­ri­dico) ma che siano prin­ci­pal­mente il luogo della soli­da­rietà comune, il con­te­sto nel quale si scon­figge l’isolamento, il mezzo per con­tra­stare l’annientamento che una poli­tica della nor­ma­liz­za­zione vuole imporre.»

Que­sto, tra l’altro, hanno scritto gli anar­chici e le anar­chi­che del Cir­colo Ber­neri in un loro docu­mento dal titolo “Repres­sione, soli­da­rietà, vio­lenza” in distri­bu­zione e sca­ri­ca­bile qui: http://circoloberneri.indivia.net/approfondimenti/repressione-solidarieta-violenza

Jacopo Frey

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