Sull'individualismo... di Gabriel Pombo

18 luglio 2008

Sull'Individualismo ed altre cose...

Con che velocità cadono "l'anatema" e le diverse "condanne" di "individualista" e/o "insurrezionalista" quando alcuni anarchici vengono fermati ed arrestati per le loro attività espropriatrici o dinamitarde!!!

E non si creda che coloro che più ci attaccano e "insultano"/"crticano" siano i nostri nemici naturali e tutto l'elenco di lacché pagati che compongono e sostengono questo sistema...

No, le condanne più "energiche" e le argomentazioni più peregrine le dobbiamo leggere ed ascoltare da quei "seguaci della quantità" che sperano e sperano (non si sa molto bene cosa o chi... ) e durano e durano come le pile alcaline sostenendo gli antiquati e sempiterni discorsi: "l'esproprio deve essere collettivo", "la violenza rivoluzionaria solo quando saremo pronti ad assaltare il cielo" e/o "la rivoluzione sarà sociale o non sarà", ecc., ecc...

Le rivoluzioni come le ribellioni insorgono quando la separazione e la tensione tra governanti e governati si rendono insopportabili, quando gli interessi di classe si scontrano frontalmente... La differenza tra rivoluzione e ribellione è solo una questione quantitativa e qualitativa, ma i mezzi ed i fini sono gli stessi: libertà, dignità, autogestione delle risorse, ecc., ecc...

Considerando che tutte le risorse, i mezzi di comunicazione, gli spazi, le cose, ecc., appartengono ai pochi (gli stessi di sempre, e che il tutto proviene da eredità o da conquiste, da furti e da crimini), mentre gli altri si vedono costretti (per la forza della ragione o la ragione della forza) a mendicare o a vendersi per delle briciole; mentre i proprietari si ingrassano e s'ingozzano come "maiali" a spese degli altri in forma parassitaria; e giuristi, legulei e politici favoriscono con Leggi e Decreti tale stato di cose; ed affinché il tutto resti così, per i secoli dei secoli, contano sull'appoggio armato di poliziotti, militari e carcerieri, mi domando io cosa dobbiamo fare noi anarchici rivoluzionari ed altri proletari del mondo intero... Cogestire la miseria? Incitare gli altri a lottare e credere negli ideali e nei valori ma senza comprometterci personalmente nella lotta? Conquiste economiche? O "Diritti" che costantemente vengono alterati e revocati come fossero dei Decreti?

Se essere considerato "individualista", "espropriatore" o "insurrezionalista" è qualcosa che rende nervosi i governanti ed i pacificatori, allora mi sento onorato quando mi "insultano" con termini simili, ed inoltre mi dichiaro colpevole di tali accuse...

Un individuo è, insomma, un essere indivisibile, una unità della comunità umana che può volere, rifiutare o sognare una società (insieme di soci) diversa da quella in cui vive... nessuno di questi individui è costretto (dalla forza, dal diritto. dalla nazionalità o da qualsiasi altro artificio) ad essere socio di una "società"/"sistema" che disprezza e considera illegittima.

Ogni società è il prodotto di un sistema (perlomeno prima che l'economia e le tecnologie creassero queste masse atomizzate ed uniformi in nome del "progresso" e della Ragione... ), lo stesso vale per ogni individuo che è il prodotto di un insieme di circostanze esistenziali che gli danno forma su tutti gli aspetti...

Perciò esser definiti individuo/individualista non è un insulto, ma è la realtà che interessa e definisce ognuno di noi...

Vi è poi il quesito se l'individuo sia un proletario, un borghese, un incluso, un escluso, ecc.; e continuando con gli aggettivi/qualificativi/concetti e definizioni politiche e teoriche possiamo trascorrere la vita "filosofeggiando".

E' erroneo credere che possa esistere una società senza individui, così come supporre che qualsiasi istituzione, sindacato, stato, gruppo, partito, ecc. (indipendetemente dalla quantità di affiliati che abbia) sia gestito, diretto e controllato da "entità astratte" che non siano anch'essi individui e personaggi molto concreti e specifici (con nomi e cognomi che provengono dal "sociale"... ).

Quelli che rappresentano i gruppi politici, economici, mediatici e istituzionali si sono arrogati il diritto e la forza di imporci i loro interessi e bisogni, la qualcosa non accettiamo né consideriamo legittima per il nostro amore per la libertà.

E' anche erroneo credere/considerare l'egoismo sinonimo dell'individualismo, così come vediamo le stesse cose da un punto di vista uguale o simile per essere provenienti da una stessa regione o per condividere la stessa idea politica... o tacciare di "individualista" chi a suo rischio e pericolo decide di agire senza attendere la maggioranza... Qual è la percentuale del sociale di cui si ha bisogno per non essere considerati individualisti? Quale la percentuale del movimento per non essere additati come "impazienti"? Da chi dobbiamo attendere il visto per riappropriarci della nostra vita e dei mezzi/spazi di cui abbiamo bisogno per godere ed esser liberi, per colpire e lanciare il grido di guerra?

Non è il disprezzo verso la maggioranza (come scrive qualche altro imbecille) che spinge alcune individualità e/o gruppi anarchici ad agire (ieri, oggi e sempre), bensì le nostre ferree convinzioni rivoluzionarie... siamo spinti dal nostro amore smisurato per tutte le libertà e per la vita degna... il nostro impegno è quello di venir fuori dalla routine, dalla mediocrità, dall'ipocrisia e sperimentare altre forme di organizzarsi, relazionarsi, lottare e vivere; e rompere i vecchi schemi di pensiero/azione dei "classici" e le nostalgie operaiste del passato (senza per questo negare l'esperienza della lotta di classe ed i movimenti/rivoluzioni del proletariato mondiale) perché molte son le cose che sono cambiate negli ultimi cento anni...

Gli amanti della teoria ci rimproverano che noi non abbiamo una teoria solida e che non abbiamo risolto la questione del "soggetto rivoluzionario" ed una "utopia" di costruzioni per il "dopo"... che il nostro è un attivismo senza prospettive a breve, medio e lungo raggio...

I nostri desideri non sembrano essere sufficientemente validi, né le nostre teorie sufficientemente solide... a tal punto varrebbe la pena restare all'angolo a leccarci le ferite e a piangere i nostri caduti nelle carceri... E delle passate e recenti esperienze continuare a filosofeggiare su internet...

Non basta, dunque, una dichiarazione d'intenti e dichiarare la guerra al sistema capitalista... sia esso lo stato capitalista o il capitalismo di stato... nemmeno l'agitazione armata o la propaganda del fatto (come si chiamava in passato)... Cosa facciamo allora?

Espropriare, o meglio, appropriarsi delle risorse di cui abbiamo bisogno per vivere, per organizzarci, per lottare, ecc., non è forse una necessità ed un'urgenza dell'oggi? Attaccare, colpire, distruggere tutto ciò che ci violenta, minaccia e distrugge non è qualcosa in più che scrivere dei bei testi teorici?

Il fatto di appropriarci di un'abitazione, di un terreno, della plusvalenza che si accumula in una banca quando ci mancano gli spazi in cui sviluppare i nostri progetti (o per vivere) o quando ci attanaglia la miseria economica con la quale accedere a cose basiche ci converte in "terroristi" e/o "delinquenti"?

Chiamiamo le cose con il loro nome ed iniziamo una volta per tutte a metterle in chiaro... Ognuno di noi sa chi sono i terroristi e in cosa consiste il terrore, il resto è propaganda, spazzatura...

L'ideale sarrebbe costituito da molte cose, ma la realtà è quella che abbiamo davanti ai nostri occhi... Ci sono molti tipi di violenza (e di esercitarla) al punto che è assurdo fare un decalogo su di essa...

Sappiamo che qualsiasi azione genera una reazione e che ogni parte assume e giustifica la sua violenza... quindi, di cosa stiamo parlando?

La violenza rivoluzionaria del proletariato, anche se offensiva non è mai indiscriminata perché persegue fini ed obiettivi molto concreti che sono una minaccia reale per l'umanità intera. Il risultato e l'obiettivo di ogni azione "violenta" sono ciò che possono determinare se essa sia legittima o meno... non le condanne a priori sulla violenza rivoluzionaria.

Quanto alla rivoluzione sociale, è un qualcosa che come qualsiasi anarchico possiamo sognare, ma osservando la realtà (socio-politico-economica) che ci circonda non possiamo né vogliamo attenderla...

Sperare significa disperare, e disperare siginifica smettere di credere nelle nostre possibilità, nei nostri ideali... Possiamo mantenere vive le nostre speranze solo nella misura in cui viviamo e sperimentiamo, agendo o intergendo nella guerra sociale in corso che noi non abbiamo scelto, ma che c'è stata imposta...

... E da qui invio un forte abbraccio rivoluzionario ed internazionalista ai nostri fratelli e sorelle insurrezionalisti che, il 4 giugno, in un secondo incontro informale si sono riuniti in qualche parte del Cile...

Per l'anarchia!

Gabriel

Centro di sterminio Aachen, Germania


18 de julio 2008

Sobre Individualismo y otras cosas …

Qué rapido cae el «anatema» y las diversas «condenas» de «individualista» o/y «insureccionalista» cuandi un@ o vari@s anarquic@s son detenid@s y encarcelad@s por sus actividades expropriadoras o dinamiteras!!!

Y no creais que quienes más nos atacan e «insultan» / «critican» son nuestr@s enemig@s naturales y todo el elenco de lacay@s a sueldo que componen y sostienen este sistema…

No, las condenas más «enérgicas» y las argumentaciones más peregrinas debemos leerlas y oirlas de es@s «cuantitivistas» que esperan y esperan (no se sabe muy bien qué o a quienes …) y duran y duran como las pilas alcalinas sosteniendo el rancio y sempiterno discurso que dice: «La expropriación deberá ser colectiva»; «La violencia revolucionaria cuando estemos list@s para asaltar el cielo», y/o «La revolución será social o no será» etc, etc …

Las revoluciones como las revueltas insurgen cuando la separación y tension entre gobernantes y gobernad@s se hacen insoportables, cuando los intereses de clase chocan frontalmente … La diferencia entre revolución y revuelta es solo una cuestión cuantitativa y cualitativa, pero los medios y los fines son los mismos: libertad, dignidad, autogestión de los recursos, etc, etc …

Teniendo en consideración que todos los recursos, medios, espacios, cosas, etc, son propriedad de un@s poc@s (l@s mism@s de siempre, y que ésto les viene de herencia y conquista, de rapina y crímen) mientras la gran mayoría se ve obligada (por la fuerza de la razón o la razón de la fuerza) a mendigar o venderse por unas migajas, mientras l@s proprietari@s engordan y se ceban como «chanchos» a costa de tod@s l@s demás de forma parasitaria; y jurístas, leguleyos, polític@s favorecen con sus Leyes y Derechos este estado de cosas; y para que ésto permanezca así, por los siglos de los siglos, cuentan con el apoyo armado de policías, militares y carceleros, me pregunto yo qué debemos hacer l@s anarquistas revolucionari@s y demás proletari@s del mundo entero … Cogestionar la miseria? Empujar a l@s demás a que luchen y crean en los ideales y valores pero sin comprometernos personalmente a luchar? Conquistas económicas? Tal vez «Derechos» que se alteran y revocan constantemente como si fuesen Decretos?

Si ser considerado «individualista», «expropriador» o «insureccionalista» es algo que pone nervios@s a gobernantes y pacificador@s, me siento honrado cuando me «insultan» con estos adjectivos, y además me declaro culpable de todos los cargos …

Un individuo es en suma, un ser indivisible; una unidad de la comunidad humana que puede querer, rechazar o soñar una sociedad (conjunto de socios) distinta a la que vive … ninguno de estos individuos está obligado (ni por la fuerza, el derecho, la nacionalidad,o cualquier otro artificio) a ser socio de una «sociedad»/ «sistema» que desprecia y considera ilegítima.

Cada sociedad es producto de un sistema (o al menos antes de que la economía y las tecnologías creasen estas masas atomizadas y uniformes en nombre del «progreso» y la Razón …) lo mismo que cada individuo es producto del cúmulo de circunstancias existenciales que lo constituyen y van formando en todos los ordenes …

Asi que ser llamado individuo/individualista no es un insulto sino la realidad que nos afecta y define a cada de nosotr@s …

Luego está la cuestión de si el individuo es un proletario, burgués, incluido, excluido, etc, etc; y siguiendo con esto de los adjectivos/calificativos/conceptos y definiciones politicas y teoricas podemos pasarnos toda la visa «filosofando» al respecto sobre estas cosas.

Es erróneo creer que puede existir una sociedad sin individuos como suponer que toda institución, gremio, estado, grupo, partido, sindicato, etc (independientemente de la cantidad de adeptos que tenga) es gestionado, dirigido, controlado, etc, por «entidades abstractas» que no sean también individuos y personajes muy concretos y específicos (con nombres y apellidos de «lo social» …

Quienes representan los estamentos políticos, económicos, mediáticos e instituciones varias se han arrogado el derecho y la fuerza de imponernos al resto aquello que son sus intereses y necesidades, lo que no aceptamos ni consideramos legítimo desde nuestro amor a la libertad.

Erróneo es también creer/considerar sinónimos egoísmo con individualísmo como lo es suponer que artifícios como «paisano» o definiciones ideológicas nos hacen ver las cosas desde un punto de vista igual o similar por ser de una misma región o compartir una misma idea política. … o tachar de «individualista» a quien por su cuenta y riesgo decide actuar sin esperar a las mayorías … Cuánto tanto por ciento se necesita del social para no ser considerado un individualista? Y cuánto por ciento del movimiento para no ser tachado de «impaciente»? De quiénes debemos esperar el visto bueno para reapropiarnos de nuestra vida y los medios/espacios que necesitamos para disfrutar y ser libres, para golpear y lanzar el grito de guerra?

No es desprecio a las mayorías (como algún que otro imbécil escribe) lo que nos mueve a actuar (ayer, hoy y siempre) a ciertas individualidades y/o grupos anarquistas sino nuestras férreas convinciones revolucionarias … nos mueve nuestro amor desmesurado por las libertades todas y la vida digna … nuestro empeño por salir de la rutina, la mediocridad, la hipocresia y experimentar otras formas de organizarnos, relacionarnos, luchar y vivir; y romper viejos esquemas de pensamiento/actuación de «los clasicos» y las nostalgias obreristas del pasado (sin por ello negar las experiencias de la lucha de clases y los movimientos/revoluciones del proletariado mundial) porque muchas son las cosas que han cambiado en los ultimos cien años …

Los amantes de la teoría nos echan a la cara el que nosotr@s no tenemos una teoría solida, y tampoco hemos resuelto la cuestión del «sujeto revolucionario» y una «utopia» de construccion para «el después» …que es un activismo sin perspectivas a corto, medio y largo plazo …

Nuestros «deseos» no parecen ser suficientemente válidos, nuestras teorías tampoco lo suficientemente solidas … asi que, quizás, estaría bien el que nos fuesemos a una esquina a lamer nuestras heridas y llorar a nuestros caidos en las cárceles …. Y de las pasadas y recientes experiencias a seguir filosofando por internet …

No basta pues una declaración de intenciones y declararle la guerra al sistema capitalista … sea éste el estado capitalista o el capitalismo de estado … tampoco la agitación armada o la propaganda por los hechos (como se llamaba entonces) … Entonces qué hacemos?

Expropriar, o mejor dicho, apropriarse los recursos que nos hacen falta para vivir, para organizarnos, para luchar, etc, no es hoy acaso una necesidad y urgencia? Atacar, golpear, destruir, todo cuanto nos violenta, amenaza y destruye no es algo más que escribir hermosos textos teóricos?

Que nos apropiemos de una viviendo, o unos terrenos, o la plusvalía que se acumula en un banco cuando nos faltan los espacios donde desarrollar nestro proyecto (o para vivir) o cuando nos atenaza la miseria económica con la que adquirir cosas básicas nos convierte «solo» en expropriadores? Ejecutar a canallas que torturan y explotan nos convierte en «terroristas» y/o «delincuentes»?

Llamemos las cosas por su nombre y empecemos de una vez a decir las cosas claras …. Cada un@ de nosotr@s sabe quienes son los terroristas y en que consiste el terror, y el resto es propaganda y basura …

Lo ideal serían muchas cosas, pero lo real es aquello que está ante nuestros ojos … Hay muchos tipos de violencia (y de ejercer ésta) asi que es absurdo hacer un decálogo sobre ésta …

Nostr@s sabemos que toda acción genera una reacción y que cada parte asume y justifica su propia violencia … asi pues, de qué estamos hablando?

La violencia revolucionaria del proletariado, aún cuando es ofensiva jamás es indiscriminada pues persigue fines y objectivos muy concretos que son una amenaza real para la humanidad entera. El resultado y objectivo de cada acción «violenta» es lo que puede determinar si es legítima o no … y no las condenas a priori sobre la violencia revolucionaria.

En cuanto a la revolución social es algo que como cualquier anarquista podemos soñar pero viendo la realidad (social-política-económica) que nos circunda no podemos ni queremos esperarla …

Esperar sinifica desesperar, y desesperar sinifica dejar de creer en nuestras posibilidades, en nuestros ideales … Solo podemos mantener vivas nuestras esperanzas en la medida que vivimos y experimentamos, actuando o inter actuando en la guerra social en curso que nosotr@s no hemos elegido sino que nos ha sido impuesta …

… Y desde aqui mando un fuerte abrazo revolucionario e internacionalista a nuestr@s herman@s insureccionalistas que, el 4 de Junio, en su segundo encuentro informal se reunieron en alguna parte de Chile …

Por la anarquia!

Centro de exterminio Aachen, Alemania

Lun, 04/08/2008 – 21:27
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