Replica di "Vis-à-Vis" alla pseudo smentita di "Panorama"
Si inoltra copia della replica che "Vis-à-Vis" ha inoltrato all'ineffabile Rossella, direttore di "Panorama", a seguito di una pseudo-smentita tanto furbesca quanto ipocrita, pubblicata sull'ultimo fascicolo del citato rotocalco (vedi allegato in calce), appena entrato in distribuzione, in merito alla campagna di autentico terrorismo mediatico lanciata dallo stesso, nel numero della scorsa settimana. A fronte della marea di critiche assai "vivaci" da cui è stato sommerso, a seguito di tale campagna di criminalizzazione nei confronti della libertà di espressione, comunicazione e informazione, il periodico arkoriano ha ritenuto di rispondere con una sorta di truffaldino "gioco di prestigio" in cui si finge di smentire, per pararsi le terga sul piano legale, ma in realtà si rilancia la posta, sia pur con stile più subdolo, confermando l'intento di criminalizzare la libera informazione, il dissenso e il conflitto sociale, in ogni loro espressione.
Qui non si tratta più soltanto di "segnali inquietanti", come la Confederazione Cobas giustamente e non da sola già denunciò tempo fa: ormai sta delineandosi a rapidi passi un "clima da regime", di fronte a cui, in occasione delle scadenze di lotta del prossimo autunno, si dovranno esercitare il massimo della "vigilanza" (come si diceva una volta) ed il il massimo sforzo di denuncia e demistificazione possibili !
La Redazione di
Vis-à-Vis
Quaderni per l'autonomia di classe
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RACCOMANDATA A.R.
Al Direttore di "Panorama"
Per sua stessa ammissione sommerso dalle proteste (contro l'articolo "C'è posta per le BR", pubblicato sul trascorso fascicolo n. 34, a firma di Giacomo Amadori e Gianluca Ferraris), "Panorama", il rotocalco da Lei diretto, nel nuovo fascicolo (il n. 35) in distribuzione dal 23 agosto, replica con uno scritto di tal G.A. (probabilmente da intendersi come Giacomo Amadori), intitolato Guerrilla sì, ma di parole e riportante alcune considerazioni che ci obbligano, ovviamente, ad un secondo intervento.
Nel "pezzo" citato, per un verso, si è costretti ad ammettere, di fatto, che sul sito di "Vis-à-Vis" NON ESISTE traccia alcuna della frase che - nel precedente articolo del n. 34 -, si pretendeva avervi rinvenuto. Per un altro verso, si ricorre ad uno stile a dir poco "circonvoluto", per evitare di formulare la doverosa esplicita "smentita" della menzogna precedentemente formulata, come da noi formalmente e tempestivamente richiesto, ai sensi delle vigenti leggi sulla stampa (vedasi la nostra raccomandata A.R., del 17 u.s., alla S.V. indirizzata). Con banale artificio "retorico", si tenta infatti di "cavarsi d'impaccio", concedendo che <<è doveroso segnalare due smentite>> (la nostra e quella di "InformationGuerrilla"), facendo intendere però che esse vanno attribuite esclusivamente ai diretti interessati, dai quali provengono ab origine, e non coinvolgono affatto l'estensore dell'articolo, il quale, dal suo canto, si limita "magnanimamente" a darne mera comunicazione ai lettori, pur esplicitamente ammettendo, nel nostro caso, di averci effettivamente attribuito la frase da noi contestata, peraltro senza poterne ora suffragare in alcun modo l'origine (da intendersi quindi esperibile soltanto nella sua fervida fantasia!).
E ciò si conferma in modo tanto più inoppugnabile, in forza dell'"acidula" conclusione di "G.A.", in cui si crede di poter impunemente affermare: <<Ecco fatto. Rettifica publicata. Ma, né l'impaginazione né il testo dell'articolo [del n. 34] accusava i siti in questione di alcunchè>> SIC !?!
Qui siamo veramente in presenza di un'improntitudine che, in altro contesto, risulterebbe addirittura esilarante. Ma al contrario, nello specifico, la sensazione che se ne ricava è di un'autentica e sgradevolissima presa in giro, offensivamente indebita; sensazione ancor più accentuata dalle successive parole dell'articolista, in cui si pretende sostenere che l'intento da cui egli sarebbe stato mosso, nella sua precedente <<inchiesta>> (che tutto poteva sembrare tranne che tale, se per "inchiesta" si intende un'indagine eseguita nel rispetto di alcuni inderogabili principi di esaustività, precisione e correttezza, che afferiscono alla deontologia giornalistica), era quello "nobilissimo" di mettere in guardia <<i gestori dei siti>>, nei confronti del <<pericolo di essere usati per fini criminali>>. Laddove, semmai, l'unico risultato effettivamente perseguito è stato, invece, quello di criminalizzare gli stessi, in modo assolutamente non argomentato . e, nel caso nostro, addirittura tramite l'esplicita attribuzione di parole mai scritte né "ospitate", sul sito di "Vis-à-Vis", né tanto meno sui suoi voluminosi fascicoli annuali, sin qui pubblicati in "forma cartacea": altro che la lamentata <<gogna telematica>> cui "Panorama" sarebbe stato sottoposto!
Dopo tale indubitabile esito, dunque, suona quanto meno velata di una certa ipocrisia la "tardiva" domanda, riportata come "sottotitolo" dell'articolo in oggetto: <<qual è la responsabilità di chi gestisce siti di informazione militante, che possono però venire usati da altri per fini illegali?>>.
Ecco che - guarda caso -, in questa replica, le originarie spavalde "certezze" si stemperano e si coniugano in forma "candidamente" interrogativa, giungendo a ipotizzare soltanto la mera eventuale possibilità che <<altri>> possano subdolamente "infiltrare" i siti di chi, incolpevolmente ignaro di cotanto rischio, concede i propri spazi "virtuali" come strumento di libera circolazione di informazione, comunicazione, dibattito.
Quesìto legittimo, figuriamoci! Ma, allora, se il "dubbio" che ora tanto assilla l'articolista inopinatamente spogliatosi delle precedenti certezze, è quello di un ipotetico uso strumentale dei <<siti di informazione militante>>, perché non gli vien da pensare che tale "rischio" può riguardare di fatto ogni e qualsivoglia organo di informazione? Se per la televisione si potrebbero immaginare segnali convenzionali trasmessi magari da qualche "spettatore pagante", al passaggio della telecamera, per la carta stampata ci sono sempre stati gli "annunci", ad assere idonei per tale funzione di circolazione clandestina di notizie. Per la "rete", infine, dovrebbe essere addirittura superfluo ricordare che non c'è forum, chat o mailing list che possa considerarsi "immune" da contaminazioni, grazie alla specificità dei propri interessi privilegiati: anche un consesso virtuale di massaie amanti dell'uncinetto può diventare, per chiunque, un utile "luogo" di appuntamento, un convettore di informazioni criptate. E allora?!
Allora no! Evidentemente il punto è un altro! Il vero nocciolo del problema, che riguarda tutti coloro che sono malauguratamente diventati oggetto (vittime?!) della "inchiesta" svolta dai Suoi articolisti, egregio Direttore, è la malsana idea che va ultimamente sempre più sfrontatamente esplicitandosi, in seno all'attuale compagine governativa e ai suoi "pasdaran". In ciò rimarcando uno scarto "qualitativo" di valenza nefasta, rispetto a tutta la pregressa esperienza dei governi della repubblica (e lo diciamo con un senso di reale sgomento, visto quello che "Vis-à-Vis" va argomentando da quando è nata - 1993 - contro "la politica di Palazzo" in ogni sua "salsa").
Si tratta, in buona sostanza, di una sorta di assiomatico "aut aut": "o si è con noi o si è ... TERRORISTI"! Una sorta di "scontro di civiltà" o di "eticità". Da una parte "IL BENE", il Governo e gli amici dell'"Unto dal Signore", e dall'altra "IL MALE", la nebulosa che comprende, in pratica, il resto . del pianeta: dai Talebani a Cofferati, da Santoro ai Kamikaze di Hallah, dai clandestini agli orchi pedofili ecc.ecc. Insomma, una "visione medievale" del mondo, che ha accomunato fra l'altro - ci piace notarlo en passant - tanto i proclami di Mr. Bush Jr., quanto quelli speculari del suo supposto nemico Bin Laden ...
E in tale orizzonte è sin troppo ovvio che la comunicazione acquista una valenza assolutamente paradigmatica (come ben sa il Suo editore e aveva ancor meglio compreso Goebbels, ai suoi tempi), soprattutto ora che alcuni grossi "nodi stanno avvicinandosi al pettine" e la dialettica sociale stà riattivandosi, riavocando a sé quel diritto di parola che, per decenni, era stato monopolizzato da rappresentanze politico-istituzionali evidentemente cointeressate alla sua afasia, al suo atomistico immobilismo. Non si può pretendere di criminalizzare/ingabbiare il conflitto di classe, senza mettere la musaruola alla stessa libertà di espressione, di comunicazione/informazione: è per questo che vogliamo riconfermarLe quanto il Suo articolista "A.G." ha invece miratamente stralciato (pur evidenziandolo correttamente, con tanto di "puntini di sospensione") dalla frase che ha voluto riprendere dalla nostra precedente, disattesa lettera di diffida: <<Le uniche armi di cui "Vis-à-Vis" ha da sempre ostinatamente perorato l'uso, sono quelle della critica, che di per sé diventano strumenti operanti di modificazione reale dell'esistente, quando si trovano ad essere "brandite" nella pratica/teorica di massa di un sociale, infine riscopertosi soggetto autonomo e conflittuale, rispetto all'ordine storicamente dato>>.
Come recentemente ha avuto modo di ricordare Paolo Flores d'Arcais, in un'aulica e dotta schermaglia col Presidente del Senato, i principi del liberalismo democratico prevedono due "luoghi" specifici su cui si fonda ed esprime quella "sovranità popolare", da cui il Suo editore si dichiara "plebiscitato" e di cui si pretende garante, quando ad esempio denuncia una "giustizia partigiana", e tali "luoghi" sono l'"urna elettorale" e la "piazza", intesa com'Ella certo ben saprà, nel senso di "agorà", luogo pubblico d'incontro, di discussione, di proposta, di democrazia diretta. Ecco, con buona pace del nostro vecchio amico Flores, della S.V. e del Suo editore, le nostre armi (della critica!) non mirano tanto a penetrare nel segreto individualistico dell'urna (o di una qualsiasi altra "istanza" comunque "separata", "privata", in sé circoscritta), quanto nella dimensione pubblica, aperta, collettiva, appunto, della "piazza", del corpo sociale colto cioè nella sua materialità quotidiana, nella sua diretta espressione di sé in quanto "soggetto" portatore di bisogni e interessi specifici (se non temessimo di ferire la Sua sensibilità, diremmo "di classe"!). Solo lì, dentro quell'immensa maggioranza di individui riscopertisi omogenei e coesi, quelle "armi" potranno dismettere la forma di <<parole>> (di cui al titolo, invero "furbettino", dell'articolo oggetto della presente) e diventare così concreto strumento collettivo di modificazione della realtà.
Salut.
Addì, 23 Agosto 2002.
La Redazione di "Vis-à-Vis"
P.S.: Tranquillizzi il Suo solerte articolista: come Le abbiamo già scritto, <<le sette elitarie di esperti di balistica>> sono da sempre un bersaglio non irrilevante della nostra critica, d'altronde sarebbe bastato che "il di cui sopra A.G." avesse minimamente "sfogliato le pagine" del nostro sito, e si sarebbe potuto accorgere - anche lui - che per noi la critica dell'autonomia della politica trova il suo inevitabile complemento nella critica dell'autonomia del militare (ma anche questo avevamo già fatto presente alla Sua cortese attenzione).
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Da "Panorama" - 29 agosto 2002 - ANNO XL - N. 35 (1898):
ATTUALITÀ - TERRORISMO
POLEMICHE MONDO NO GLOBAL, TERRORISMO E INTERNET
GUERRILLA SI', MA DI PAROLE
http://www.mondadori.com/panorama/area_2/area_2_10969.htm
Un articolo di "Panorama" scatena insulti e minacce. E apre un caso: qual è la responsabilità di chi gestisce siti di informazione militante, che possono però venire usati da altri per fini illegali?
23/8/2002
È stato un Ferragosto in trincea per i no global del Web: decine di email, forum, chat per indignarsi contro l'inchiesta pubblicata da Panorama (n. 34) sull'eversione online, dal titolo "C'è posta per le Br". L'Unità online ha riassunto così la questione: "Un po' più che una diffamazione, veri e propri insulti, insomma. L'obiettivo, neanche troppo nascosto? Far fuori chi nella "libera repubblica del web" resta fuori dal coro. Questa volta è toccato a diversi siti di informazione indipendente, da Indymedia a Informationguerrilla". Nientemeno: Panorama all'attacco delle uniche voci libere della Rete. C'è chi è andato giù persino più duro, come don Vitaliano Della Sala: "Certi giornali sono a caccia di violenza. Se non c'è, la cercano per riempire le pagine, ma è un modo squallido di fare giornalismo". Don Vitaliano, sia detto tra parentesi, è indagato per istigazione a delinquere e incendio, a seguito dei fatti del G8.
A scatenare la reazione del mondo antagonista sono state soprattutto cinque righe a metà articolo, dove si parlava dei black block, dei no global "duri", pronti a scendere in piazza per l'autunno caldo: "Le comunicazioni più innocue viaggiano su indirizzi noti e già da tempo monitorati dalle forze dell'ordine, come italy.indymedia.org, informationguerrilla.org, infoshop.org". Di fatto, Panorama si è limitato a registrare una realtà, confermata dalle forze di polizia e dai servizi segreti: ai forum e alle chat di questi siti partecipano tutte le anime del movimento antiglobalizzazione. Nessuno ovviamente può impedire di discutere online alle centinaia di violenti che a Genova si sono mescolati alle migliaia di pacifisti che hanno manifestato contro il G8. Neppure Indymedia sarebbe in grado di selezionare una platea di gandhiani doc, sempre che volesse farlo. Così come non è responsabile delle email, queste sì insultanti e talvolta minacciose, inviate in difesa dell'agenzia (posta già consegnata alla Digos di Milano che la sta esaminando).
Una gogna telematica in cui Panorama è finito per accuse dunque infondate. Ma è doveroso segnalare due smentite. La prima, quella dell'associazione Vis-à-vis, che addirittura lancia una caccia al tesoro all'interno del proprio sito per ritrovare l'invito alla "classe salariata a prendere le armi" attribuitole da Panorama: "Le uniche armi di cui abbiamo sempre ostinatamente perorato l'uso sono quelle della critica (...) coerentemente radicale nei confronti di quello stato presente delle cose alla cui indispensabile abolizione riteniamo infatti di offrire il nostro contributo". La seconda, da parte di Roberto Vignoli e Alessandro Grazioli di Informationguerrilla: "Vi invitiamo a rettificare l'accostamento creato con l'impaginazione che presenta la home page del nostro sito come prima, tra le altre, sopra titoli quali "C'è posta per le Br" (...) e immagini riferite all'omicidio di Marco Biagi: avvicinamenti equivoci e dannosi per la nostra immagine".
Ecco fatto. Rettifica pubblicata. Ma, né l'impaginazione né il testo dell'articolo accusava i siti in questione di alcunché. Semmai veniva rilevato il pericolo di essere usati per fini criminali, cosa che non sembra indignare più di tanto i gestori dei siti medesimi. Resta così solo una piccola curiosità, o forse un suggerimento disinteressato. Perché i responsabili di questi indirizzi non si arrabbiano, preventivamente e pubblicamente, anche con quelli che fraintendono il loro gusto per la metafora nella scelta del nome e magari la "guerrilla" vogliono farla per davvero? (G.A.)
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