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L'assemblea dell'Onu a Israele: "Stop alla costruzione del muro"
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da repubblica Wednesday October 22, 2003 at 11:12 AM |
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Il voto, non vincolante, espresso a larghissima maggioranza 144 sì e 4 no: ok dall'Unione Europea, contrari Usa e Tel Aviv.
NEW YORK - No al muro alla frontiera con la Cisgiordania. Lo dice a Israele una risoluzione votata a larga maggioranza dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. 144 i voti a favore, tra i quali quelli dell'Unione Europea. 4 i contrari, tra cui Usa e, ovviamente, Israele. 12 le astensioni.
Nella risoluzione approvata si chiede al governo di Tel Aviv di "porre termine alla costruzione del muro nei territori occupati palestinesi", definendo la barriera di sicurezza "contraria" alle leggi internazionali.
Il testo, non vincolante, è il frutto di lunghi negoziati tra i paesi arabi e l'Unione europea. Una prima versione, stilata dal rappresentante palestinese al Palazzo di Vetro, era più dura ed è stata ammorbidita per ottenere l'appoggio dei paesi dell'Unione europea.
Proprio quei paesi che solo pochi giorni fa, il 17 ottobre scorso, avevano preso analoga posizione nella dichiarazione finale del vertice dei capi di stato e di governo di Bruxelles. In essa, infatti, si invitava Arafat e l'Autorità palestinese a "prendere immediatamente misure energiche" per lottare contro il terrorismo, ma al tempo stesso si diceva ad Israele che il muro rendeva "impossibile" la pace con i palestinesi. Sopratutto se la "barriera di sicurezza" si discosterà dalla linea verde di "confine" tra Cisgiordania e Israele, avvertivano i leader dei 25 nel documento finale, altissimo è "il rischio di pregiudicare i futuri negoziati e di rendere materialmente impossibile l'attuazione di una soluzione fondata sulla coesistenza tra due Stati".
All'inizio del mese il governo Sharon ha deciso di aggiungere alla "barriera" un segmento di altri quaranta chilometri al tratto di 150 chilometri già costruito.
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L'Onu a Sharon: stop al muro. L'Italia fa ammorbidire la risoluzione
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dall'unità Wednesday October 22, 2003 at 11:14 AM |
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Centoquarantaquattro sì, quattro no, dodici astensioni. L'Assemblea generale dell'Onu ha votato a larghissima maggioranza una risoluzione in cui si chiede a Israele di bloccare la costruzione del muro in Cisgiordania e di abbattere il tratto di barriera già innalzato. Anche i 15 Paesi dell'Unione europea, hanno votato in favore della risoluzione, dopo aver ottenuto l'ammorbidimento di alcuni pasaggi del testo. In più, i diplomatici del governo italiano hanno preteso e ottenuto che fosse stralciata una seconda bozza in cui si prevedeva il ricorso al Tribunale internazionale dell'Aja nel caso Sharon insista nel costruire il muro.
La risoluzone, s'è detto, è passata con 144 voti favorevoli, quattro contari e 12 astensioni. L'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Dan Gillerman, ha definito il dibattito sulla risoluzione, durato molto oltre il previsto, «una farsa umiliante» e il testo approvato una «iniziativa unilaterale illegittima». Nel suo lungo intervento, ha definito il voto un elemento che rischia di trasformare l'Assemblea generale «in un'arma politica per una delle parti coinvolte nel conflitto e per questo è un precedente pericoloso». «Avrebbe dovuto essere respinto del tutto, non legittimato attraverso un processo negoziale». Nettissima la replica dell'inviato dell'Anp al Palazzo di Vetro, Al-Kidwa: «Quelle di Gillerman di sono intimidazioni e ricatti».
La risoluzione, che condanna ovviamente anche tutti gli attacchi suicidi contro Israele, citando in particolare l'attentato di Haifa dello scorso tre ottobre e la bomba contro il convoglio americano nella Striscia di Gaza, chiede al segretario generale, Kofi Annan, di presentare rapporti periodici sulla situazione, il primo dei quali dovrà arrivare fra un mese. Si chiede inoltre di considerare l'adozione di «ulteriori azioni, nel quadro dell'Onu, se questo sarà necessario».
L'Ue ha deciso di presentare la risoluzione per sottolineare, «la determinazione a lavorare per un progresso verso una pace complessiva giusta e duratura in Medio Oriente, una pace basata sul principio dei due Stati, Israele e lo Stato palestinese, che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza». Gli Stati Uniti, che insieme a Unione europea, Russia e Nazioni Unite, compongono il «quartetto» di mediatori sul medio Oriente, hanno votato contro la risoluzione, pur avendo più volte criticato il progetto del muro e sollecitato Israele ad abbandonarlo (gli altri voti contrari sono stati quelli di Israele, Micronesia e Isole Marshall).
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onu ipocrita come i nazicomunisti
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onu ipocrita come i nazicomunisti Wednesday October 22, 2003 at 11:20 AM |
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La stessa ONU che ha un paese che aiuta il terrorismo come la Siria sul Consiglio di Sicurezza! La stessa ONU che non ha mai detto nulla sul trattamento degli Ebrei nei paesi arabi!
Cari nazicomunisti, se non volete che Israele costruisca il muro, perche' non andate a fare interposizione contro i vostri eroi "combattenti x la pace" (sic!) la prossima volta che tentano di farsi esplodere in mezzo a donne e bambini?
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solite ripetizioni
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banale Wednesday October 22, 2003 at 12:44 PM |
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Dinanzin alla tragedia che si sta consumando i soliti filosharonisti ripetono banalmente le solite cose, meno male che sussiste l'opposizione dell'altra israele che denuncia la folle miopia di questo nuovo ghetto, le trombe di gerico suoneranno ancora oggi come ieri prima che sia troppo tardi, perchè il tempo sta scadendo
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ecco la giustizia di israele
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amira hass Wednesday October 22, 2003 at 12:53 PM |
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Expulsion, little by little
The fears and suspicions, as usual, came true - and very quickly. Hiding behind security rationales and the seemingly neutral bureaucratic language of military orders is the gateway for expulsion. Not massive expulsion, heaven forbid, not on trucks, and not far. Drop by drop, unseen, not so many that it would be noticed internationally and shock public opinion; with the proper measure so the Israelis can continue saying it's justified for security reasons, with the appropriate modesty in the media so the information doesn't reach the consciousness of even those who are dealing with the details of a permanent agreement, with their love of peace, while a wave of anti-Semitism sweeps the world.
A little more than a week has gone by since the Palestinians whose villages are trapped between the separation fence and the State of Israel received new instructions from the army and the Civil Administration for "arranging" their presence on their own land. Civil Administration officers hurried to tell the residents that the permits were ready: permits for "permanent residents," according to a new category of Palestinians, invented by the legal minds in the army for the areas the army declared a closed military zone (though only for Palestinians. It's open to Israelis and Jews). The permits will enable the "permanent residents" to move "out of the area" and back to it. The Israel Defense Forces says it wants those residents who live "next to the fence" to maintain "as normal a fabric of life as possible."
The village of Jabara, south of Tul Karm, is trapped between the Green Line and the fence, which has been adjusted eastward to include the expanding settlement of Salit. Out of the 200 adults in the village, six found out they don't have permits. One served a sentence in an Israeli jail; another has a different address on his ID card. The village of Ras a Tira is trapped in a "salient" created when the fence was drawn to include the frequently expanding settlement of Alfei Menashe. Some 60 out of the few hundreds residents of the village have found out they don't have permits. Those who want "to maintain the fabric of normal life," therefore, must decide between giving up their work in a neighboring city, visiting their family in the village on the other side of the fence, etc., or leaving home and land.
That's the information so far available about two of 15 villages trapped inside the fence area. The more fence that is built, the greater the number of residents whose fates will be determined by anonymous clerks in the Civil Administration: "permanent" or not, allowed to have "a normal life" on their land or not. All those who did not get a permit have a family: they'll have to decide whether to adjust to the new lifestyle, in which the father is in exile on the other side of the fence, and the family is only allowed to see him with permission from the army, or to leave the land.
And another suspicion came true very quickly. Every village will have to decide on its own, separately, about its position regarding the policy of permits and the new status invented for them by the Israeli occupation authorities. Various Palestinian officials condemned the new instructions, as expected. It's a recipe for "depopulation," said Saeb Erekat, recommending that people don't accept the permits.
In Jabara, they decided to reject the permits. Agreeing to accept them would be legitimizing Israel's de facto annexation of the Palestinian land, recognition of the Israeli authority to decide whether or not a Palestinian is allowed to live on their land. If the residents agree to the permits today, they say in Jabara, tomorrow an anonymous Civil Administration officer or a Shin Bet man might prevent the marriage of a person to someone from another village outside the "seam area," or allow or prevent a joint agriculture project with a farmer from another village. Needing a permit from the occupation authorities for the most basic activities that make up a "normal fabric of life" creates an intolerable dependence that is a natural extension of the effort to enlist collaborators. And, in general, they say in Jabara, this is the Palestinian Authority's position.
But, at the beginning of the week, the residents of Ras a Tira said they received the green light from PA representatives to accept the permits, at least for an interim period. After all, without the permits, they can't even think of normal life.
In other words, there is no coordination between the villages, because there's nobody in the PA who is trying to translate "opposition in principle" and "condemnations" to the media into an active effort to establish, along with the main victims of the Israeli policy, a national Palestinian policy and an overall plan to deal with the decrees, while examining the special needs of each village on its merits. Is that a characteristic failure of the Palestinian leadership or just the feeling of helplessness when faced with Israeli determination to implement slogans like "as much territory as possible with as few Arabs as possible?"
http://www.haaretz.com/hasen/spages/352371.html
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ancora amira
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i giusti Wednesday October 22, 2003 at 12:59 PM |
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Il Muro. L'esercito israeliano decide chi è residente Il non-ritorno Creata una nuova categoria giuridica di palestinesi, distinta dagli ebrei che hanno colonizzato o colonizzeranno quelle zone AMIRA HASS * Il percorso del Muro di separazione nelle aree dove è già costruito ed in quelle dove è previsto, prova ancora una volta che l'establishment israeliano della colonial-sicurezza non perde mai l'occasione di sfruttare l'evidente bisogno degli israeliani di sentirsi sicuri nel proprio stato per espropriare enormi tratti di terre palestinesi annettendole di fatto allo stato di Israele. Dato che il percorso non è sulla linea verde, ma si addentra in profondità nelle aree palestinesi, è stata creata una nuova zona tra il muro e lo stato di Israele. È nota come «area di giunzione», un eufemismo che ingentilisce e confonde il palese processo di annessione. Ma resta un piccolo problema che ha la forma di decine di migliaia di palestinesi che vivono e lavorano nell'area che è stata annessa de facto e che sarà annessa de facto in futuro. Alcuni nuovi ordini militari circolati la scorsa settimana nei villaggi dell' «area di giunzione» mostrano che gli avvocati che lavorano al servizio dell'establishment della colonial-sicurezza hanno risolto il problema. Hanno creato una nuova, distinta categoria giuridica di palestinesi, distinta dalla categoria degli ebrei che già hanno colonizzato quelle zone o di quelli che vorranno stabilirvisi in futuro. La nuova categoria distingue i palestinesi che vi rientrano anche dai palestinesi che vivono due metri più ad est, sull'altro lato del percorso. Sostenuti da documenti redatti in un linguaggio generico e neutrale, la nuova categoria viene distinta in virtù di una nuova relazione che si delinea nell'area, tra l'apparato burocratico dell'esercito di occupazione e parte della popolazione occupata. La nuova categoria si chiama «residente a lungo termine» ed è in via di istituzionalizzazione attraverso un nuovo documento chiamato «permesso per residente a lungo termine». Questo deriva specificatamente da un ordine firmato dal general maggiore Moshe Kaplinski, a capo del comando centrale, e da altri tre, firmati da Ilan Paz, capo dell'amministrazione civile. Le istruzioni all'apparenza riguardano solo aggiustamenti per la presenza e gli spostamenti dei palestinesi in quelle specifiche aree, ma un'attenta lettura mostra che danno alle autorità israeliane anche ampi, terrificanti poteri di cacciare palestinesi dalle proprie case, dalle proprie terre e di allontanarli dalle proprie famiglie. Questa è la realtà che emerge da questi nuovi regolamenti: l'area è aperta ad ogni israeliano che vi si voglia stabilire o lavorarci. In base ai nuovi regolamenti, un israeliano è anche chi ha il diritto di esserlo in base alla legge del ritorno - in altre parole ogni ebreo del mondo è autorizzato a stabilirsi in quelle aree, e così altri che possono diventare cittadini in base alla legge del ritorno. L'area è chiusa ai palestinesi che vogliono risiedere, stabilirsi e lavorare nell'area, a parte quelle eccezioni che l'esercito ed i suoi avvocati hanno designato come persone a cui ciò è permesso. Queste eccezioni sono quei palestinesi che già vivono in quelle aree. Sarà loro permesso di restare, se corrispondono a condizioni poste dai comitati militari israeliani e nel caso in cui convincano quei comitati che in effetti risiedono in quelle aree. I comitati militari israeliani determineranno quali palestinesi possono spostarsi e vivere all'interno di quelle aree e quali no. Ufficiali dell'esercito determineranno quali «residenti a lungo termine» avranno il permesso di circolare: di «lasciare» l'area per andare in un villaggio palestinese vicino che si trova oltre il recinto, o in una vicina città palestinese - e tornare; e decideranno anche quando (...): due volte al giorno, o tre volte al mese, per esempio. I comitati militari israeliani saranno autorizzati a decidere a quali palestinesi che non sono «residenti a lungo termine» sarà permesso entrare nelle aree e quando gli sarà permesso. Una persona la cui intera proprietà si trova all'interno dell'area vi potrà accedere per grazia di questi uffici. Lo stesso avviene per camion dei rifiuti, dottori, parenti, amici, insegnanti, tecnici telefonici e lavoratori dell'ente idrico palestinese. Tutti loro e altri ancora dovranno riempire moduli, presentare richieste, fornire prove e documentazione, in un processo che l'esperienza ha già dimostrato richiedere molto tempo nella snervante burocrazia dell'amministrazione civile - solo per avere - o non avere - il permesso di entrare nella zona proibita. I «permessi per residente a lungo termine» vanno rinnovati mensilmente, per un periodo che verrà stabilito dai comandanti militari e dai loro avvocati. I comitati militari hanno facoltà di decidere che una persona non è più adatta ad essere «residente a lungo termine», ovvero sono autorizzati a chiedere a quella persona di lasciare l'area. In altre parole, i comitati determineranno il numero e l'identità delle persone alle quali verrà richiesto di rinunciare al loro «permesso per residente a lungo termine» e di lasciare l'area. Gli ufficiali dell'esercito, come mostra l'esperienza, faranno un mirabile uso di ragioni di sicurezza per giustificare la rimozione di persone dalla propria terra, e i giudici israeliani comprenderanno queste ragioni. E, come mostra l'esperienza, molti israeliani affermeranno che è tutto kasher se consente di prevenire che attentatori suicidi raggiungano Israele. Ma queste persone non dovrebbero dimenticare i fatti: il percorso che è pensato per proteggere lo stato di Israele invade in profondità la Cisgiordania, a causa di richieste dell'establishment della colonial-sicurezza capeggiato dal governo Sharon. Quindi, l'area tra la «barriera e lo stato di Israele», disgraziatamente non è priva di non-ebrei. Ed ora, senza alcuna vergogna, inseriscono strutturalmente condizioni nella legge militare che amareggeranno le vite delle persone nel territorio occupato-annesso, fino a quando non verrà loro chiesto di andarsene o le condizioni consentiranno all'esercito di rimuoverle.
* da Haaretz(traduzione Sveva Haertter)
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Povero sarai tu!
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1 ebreo x squalo Monday December 29, 2003 at 04:56 PM |
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Povero stato lo dici a tua sorella. Noi stiamo da dio... ci prendiamo l'acqua dei palestinesi e le loro terre... coltiviamo i nostri ulivi e aranci e distruggiamo i loro. Abbiamo industrie e la nostra economia andrebbe benissimo, se degli stronzi come te non si mettessero in mezzo a voler pubblicizzare quanti e quali prodotti hanno marchio isreale... con la scusa di sostenerci, poi! Ma la vuoi capire che devi farti gli affari tuoi e che non abbiamo bisogno del tuo sostegno?
Se un drogato come te pubblicizza jaffa i nostri affari vanno a rotoli!
Fai la cortesia.. levati dai piedi.
Tze... povero stato ad una delle economie piu' floride dell'eurasia. Ti mandiamo il mossad la prossima volta.
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