Roma: epidemia di varicella a Rebibbia, muore una detenuta di 21 anni
Castelli: inchiesta amministrativa su epidemia varicella a Rebibbia
Marroni (Garante detenuti): quella donna non doveva essere in carcere
Giachetti (Margherita): quella resa nota oggi è una morte annunciata
Como: detenuti imbarcati sul lago? Cgil protesta, Castelli smentisce
Roma: Ordine Psicologi Lazio; c'è uno psicologo ogni 250 detenuti
Ragusa: 11 medici sotto processo per la morte di una detenuta
Milano: dopo 3 anni di carcere 5 tunisini assolti da accusa terrorismo
Agrigento: tra i sindacati e la direzione ormai è guerra dichiarata
Criminologi si diventa... latitanti e serial killer braccati sul web
Milano: San Vittore, il rock e il cabaret entrano in carcere…
Verona: giustizia malata? Magistrati e legali si confrontano
Roma: "I gatti galeotti" partecipano al progetto "Rifugiati in libreria"
L’Aquila: nel carcere spazio alle "Piccole evasioni"
Rassegna stampa 10 maggio Roma: epidemia di varicella a Rebibbia, muore una detenuta Ansa, 10 maggio 2005 Ha causato una vittima l’epidemia di varicella che ha investito il carcere femminile di Rebibbia. Secondo quanto si è appreso, infatti, una detenuta di 21 anni malata di Aids è morta il mese scorso dopo aver contratto il morbo. Il suo organismo, compromesso e debilitato dall’Aids in forma conclamata, non avrebbe retto all’ulteriore infezione e a nulla è valso il ricovero all’ospedale Spallanzani. Attualmente quattro detenute colpite da varicella sono state ricoverate all’ospedale Sandro Pertini. Il virus, sempre a quanto si è appreso, avrebbe contagiato anche alcuni agenti di polizia penitenziaria. Tutti i permessi per il resto degli agenti sono stati sospesi.
Castelli: inchiesta amministrativa su epidemia varicella a Rebibbia Ansa, 10 maggio 2005 Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, annuncia l’avvio di un’inchiesta amministrativa sul caso dell’epidemia di varicella scoppiata nel carcere di Rebibbia "ma per capire cosa è successo - dice - ci vorrà del tempo". A chi, come i medici penitenziari, sostiene che la detenuta morta di varicella non avrebbe dovuto essere in carcere, Castelli replica che "questo non è competenza del ministero, ma del magistrato di sorveglianza". Alla domanda se i recenti suicidi dietro le sbarre sia il sintomo che l’emergenza carceri sta esplodendo, il ministro ha risposto: "I suicidi sono in diminuzione, basta andare a vedere i numeri, invece del fragore mediatico che la sinistra mette in atto. Sotto Fassino c’erano più suicidi che con il ministro Castelli".
Marroni: quella donna non doveva essere in carcere Comunicato Stampa, 10 maggio 2005 La detenuta di 21 anni morta a causa della varicella contratta all’interno del carcere di Rebibbia Femminile era già stata dichiarata, tempo fa, incompatibile con il regime carcerario a causa delle sue gravi condizioni di salute: era, infatti, affetta da tempo da Aids conclamato. La conferma arriva dall’Ufficio del Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti diretto dall’avvocato Angiolo Marroni. "Quella giovane donna non doveva più essere in carcere da tempo - ha dichiarato il Garante Angiolo Marroni - diversi mesi fa era stata certificata la sua incompatibilità con il carcere a causa delle sue condizioni di salute, ma nulla in questo lasso di tempo è stato fatto. Con la sieropositività ogni contagio può essere letale, soprattutto in un luogo chiuso come il carcere. La responsabilità di questa vicenda è di chi non ha ottemperato velocemente alla disposizione di incompatibilità di questa donna con il regime carcerario".
Giachetti (Margherita): quella resa nota oggi è una morte annunciata Ansa, 10 maggio 2005 "Purtroppo quella resa nota oggi è una morte annunciata. Negli ultimi giorni il garante dei detenuti Marroni e i sindacati avevano lanciato un chiaro allarme sulle disastrose condizioni sanitarie del carcere di Rebibbia". Così Roberto Giachetti, coordinatore della Margherita di Roma, commenta la notizia del decesso di una detenuta a causa dell’epidemia di varicella, nel reparto femminile del penitenziario romano.
Como: detenuti imbarcati sul lago? Cgil protesta, Castelli smentisce Provincia di Como, 10 maggio 2005 Un motoscafo per trasferire via Lario i detenuti a Como e a Lecco. L’idea, pur essendo momentaneamente accantonata, ha messo in allarme la funzione pubblica della Cgil nazionale che ha contestato "lo spreco di uomini e mezzi già carenti in Lombardia di 800 unità". Il sindacato ha messo nel mirino l’iniziativa del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) del ministero della giustizia. Iniziativa che seconda la funzione pubblica della Cgil prevede "la costruzione di una base navale della polizia penitenziaria sul lago di Como e l’assegnazione di una imbarcazione lagunare in fase di allestimento presso un cantiere navale di Lecco". Per Fabrizio Rossetti, responsabile della Cgil, "la scelta risulterebbe motivata dall’esigenza di garantire il corretto svolgimento delle traduzioni dei detenuti dalle due carceri di Como e Lecco. Ma il numero dei detenuti da tradurre tra le due carceri lombarde è di circa uno alla settimana. E comunque l’attuale tempo di percorrenza via terra non supera i trenta minuti". Il trasferimento dei detenuti via lago era stata ipotizzata il 5 giugno 2004 nell’inaugurazione del rinnovato carcere di Pescarenico. Ma solo per riportare a Lecco i detenuti al Bassone. Ora la Cgil usa il sarcasmo per commentare il progetto: "Sono aumentati i suicidi, le evasioni, i debiti e oggi possiamo anche affermare che aumentano le basi navali che sottrarrebbero ulteriore personale nonostante una carenza di 800 persone in Lombardia". Ma per il Dap "non corrisponde al vero la notizia dell’istituzione di una base navale della polizia penitenziaria sul lago di Como". Eppure da qualche parte dovrà pur essere ricoverato il natante in uso agli agenti. "L’ipotesi allo studio del Dap - dicono a Roma - attualmente sospesa in quanto ancora al vaglio degli uffici competenti, riguarderebbe l’invio di un motoscafo lagunare presso il lago di Como, e non l’istituzione di una nuova base navale".
Roma: Ordine Psicologi Lazio; c'è uno psicologo ogni 250 detenuti Help Consumatori, 10 maggio 2005 Lettera dell’Ordine al ministro Castelli: chieda scusa per le affermazioni sugli psicologi definiti in riferimento al caso Izzo "amici di Caino". Solo 1 psicologo su 250 detenuti. Sulla base numeri, l’Ordine degli psicologi del Lazio in una lettera aperta al Ministro della giustizia Roberto Castelli, chiede di dare all’opinione pubblica una corretta informazione sul caso Izzo, evitando fuorvianti generalizzazioni che sembrano puntare a nascondere le responsabilità del ministero relativamente alle limitate risorse messe a disposizione dell’area trattamentale dell’organizzazione penitenziaria per assolvere ai compiti indicati dalle disposizioni normative. L’Ordine degli psicologi del Lazio attraverso il suo Presidente Emanuele Morozzo della Rocca indirizza una lettera aperta al Ministro Castelli in risposta alle dichiarazioni, rilasciate dal guardasigilli a Radio Padania Libera, con le quali giudica gli psicologi, gli assistenti sociali e gli altri operatori penitenziari "amici di Caino che per cultura e mentalità vogliono a tutti i costi avere davanti a loro una persona redenta". Gli psicologi chiedono al Ministro Castelli di smentire le affermazioni riportate dalle agenzie o di porgere ufficialmente le proprie scuse agli psicologi, agli assistenti sociali e ai tanti operatori che lavorano presso le carceri con elevato impegno, spesso a fronte di un limitato riconoscimento economico e normativo. Chiedono inoltre che si metta mano alla implementazione delle risorse necessarie ad intervenire secondo le finalità indicate dalle disposizioni normative sui 56000 detenuti attualmente presenti nei 210 istituti.
Agrigento: tra i sindacati e la direzione ormai è guerra dichiarata La Sicilia, 10 maggio 2005 È "guerra" tra sindacati di categoria e direzione della Casa circondariale di contrada Petrusa. Cgil, Cisl, Uil, Saape, Osapp, Fsa(Cnp-Ugl), Sinappe, Sag, Sialpe e Asia hanno redatto ieri un comunicato stampa con il quale snocciolano i tanti perché hanno spinto le organizzazioni in questione a proclamare lo stato di agitazione del personale in servizio nel carcere del capoluogo. "Situazione lavorativa del personale divenute precaria; mancata tranquillità lavorativa del personale di polizia penitenziaria per l’aggravio dei carichi di lavoro; ipotizzabile mancata sicurezza del personale sul posto di lavoro; mancata applicazione dell’accordo quadro nazionale; mancata continuità di rapporti sindacali con il direttore titolare dell’istituto penitenziario agrigentino". E poi ancora "violazione degli accordi con i sindacati; mancata concessione dei diritti soggettivi riposi -congedo ordinario; vertenze rimaste inevase; mancata programmazione della vita familiare della polizia penitenziaria del carcere". Nella nota diffusa ieri le organizzazioni sindacali parlano anche della "presentazione di un progetto di programmazione delle ferie estive da parte della direzione del carcere progettata sulla previsione ottimistica del rientro in sede del personale attualmente in missione in altre sedi". Detto e scritto tutto ciò, le sigle sindacali hanno dichiarato la cessazione delle trattative con la dirigenza della struttura penitenziaria, dando il via a una nuova stagione di tensione. L’ultima protesta degli agenti di polizia penitenziaria agrigentini risale ad alcuni mesi fa, quando alcuni di loro vennero trasferiti nel nord Italia. F.D.M.
Ragusa: 11 medici sotto processo per la morte di una detenuta La Sicilia, 10 maggio 2005 Gli interrogatori dei periti (due della difesa e uno di parte civile) hanno caratterizzato l’udienza di ieri in tribunale (giudice monocratico Michele Ciarcià, pubblico ministero Emanuele Di Quattro) del processo per la morte a seguito di un ascesso dentario, il primo maggio del 2000, di una giovane detenuta ospite della casa circondariale di contrada "Pendente", la siracusana Giovanna Franzò. Imputati, di omicidio colposo in concorso, sono ben undici medici fra facenti parte dello staff medico del carcere ragusano e appartenenti alla struttura sanitaria dell’ospedale Maria Paternò Arezzo di Ibla dove la detenuta, una volta aggravatesi le sue condizioni di salute, era stata ricoverata. Ieri mattina sono stati ascoltati il dott. Francesco Coco, il dott. Salvatore Castellino e il dott. Vincenzo Cilia. Il primo quale consulente dei parenti della defunta, costituitisi parte civile; il secondo e il terzo quali consulenti della difesa degli imputati. Il dott. Coco in pratica ha sostenuto il nesso di causalità tra l’ascesso dentario e il successivo evento di morte. Il dott. Castellino e il dott. Cilia invece hanno sostenuto tutto il contrario, parlando anche di "complicanza imprevedibile". La Franzò, che stava scontando una pena per reati contro il patrimonio, avrebbe denunciato alle strutture carcerarie dei malesseri generali, e successivamente mal di gola ed incapacità a deglutire, accusando un persishnete mal di denti. La donna in precedenza era stata sottoposta ad un intervento in anestesia locale pe l’estrazione di un molare. A procurare la morte della Franzò sarebbero state le conseguenze di un ascesso che ha invaso i tessuti del cavo orale. Il processo è stato quindi aggiornato al 16 giugno.
Milano: dopo 3 anni di carcere 5 tunisini assolti da accusa terrorismo Newspaper 24, 10 maggio 2005 "Non possiamo condannare l’uomo, ma il fatto. Noi condanniamo i fatti di terrorismo solo se sono provati". Con queste parole il presidente della prima sezione della Corte d’Assiste di Milano, Luigi Cerqua, ha chiarito la sentenza di assoluzione di cinque tunisini accusati di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo. I giudici della prima corte d’Assise di Milano hanno infatti derubricato il reato in associazione a delinquere finalizzata a reati minori con condanne da due anni e sei mesi a 4 anni e sei mesi. Mentre uno degli imputati è stato assolto da tutte le accuse. Finisce dunque con un’assoluzione il primo processo giunto a sentenza in Italia per il reato di associazione eversiva finalizzata al terrorismo internazionale. Reato stabilito dal famigerato articolo 270 bis del codice penale, modificato dopo gli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti, che negli ultimi anni ha portato a numerosi arresti di sospetti guerriglieri di "cellule islamiche" poi sempre giudicati non colpevoli dagli inquirenti. Una delle sentenze che più aveva destato clamore era stata quella del gip milanese Clementina Forleo che aveva prosciolto tre islamici dalle accuse di terrorismo internazionale sostenendo che "le attività violente o di guerriglia", in un contesto bellico, "non possono essere perseguite neppure sul piano del diritto internazionale" e non sono incasellabili in quelle di terrorismo. Sul banco degli imputati stavolta erano finiti cinque tunisini: Nassim Saadi, Hamadi Bouyahia, Said Ben Abdelhakim Cherif, Ben Khalifa Ben Ahmed Rouine Lazher e Lotfi Rihani (latitante), tutti arrestati nell’ottobre 2002 dai Ros nel corso dell’ operazione Bazar, tra Milano, Napoli, Sanremo e Malta. Per loro, il pm Meroni lo scorso aprile aveva chiesto condanne comprese fra i 6 e i 13 anni di reclusione, sostenendo che si trattava "di personaggi molto pericolosi che progettavano attentati in Europa in nome della jihad, la guerra santa, e che hanno continuato la loro attività dopo essersi accorti dell’indagine che li riguardava". Il processo era cominciato nel marzo dell’anno scorso. Secondo l’inchiesta, condotta dai carabinieri del Ros di Milano e coordinata dal pm Meroni e dal suo ex collega Stefano Dambruoso, gli imputati avrebbero costituito, con altre persone non identificate, una cellula con base operativa a Milano "allo scopo di compiere atti di violenza (quali attentati), anche in Stati diversi dall’Italia, con finalità di terrorismo". Dal contenuto di conversazioni intercettate nel settembre di tre anni fa, la Procura temeva "imminente la realizzazione di un atto presuntivamente violento" in uno stato europeo. Il gruppo avrebbe avuto un’attività "finalizzata anche al reclutamento" di militanti "destinati a essere inseriti nel programma" e, tra gli organizzatori, Hamza il libico, in carcere in Inghilterra dal maggio di tre anni fa e considerato un personaggio di "primissimo piano (...) in tutta Europa, certamente in Italia, Olanda e Gran Bretagna". Tra i tunisini arrestati nel corso dell’operazione Bazar c’era anche Imed Ben Mekki Zarkaoui: giudicato con rito abbreviato, nel settembre del 2003 il gup milanese Renato Brichetti lo assolse dall’accusa di terrorismo internazionale e lo condannò a 3 anni di reclusione per il solo reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Adesso, a distanza di due anni, arriva l’assoluzione dal reato di terrorismo anche per gli altri imputati. L’accusa di violazione dell’articolo 270 bis sul terrorismo internazionale non è stata considerata fondata dai giudici della Corte d’Assise: "Questi processi non andrebbero fatti. Non si possono tenere in carcere queste persone e dopo tre anni dire loro che non sono terroristi - ha commentato l’avvocato Sandro Clementi, difensore di Saavi Nassim, uno degli imputati - Questa sentenza ha fatto cadere completamente la natura ideologico-politica dei fatti. Ora vedremo come si pronunceranno i giudici sulla costituzionalità dell’art. 270 bis". Intanto Il pm Massimo Meroni che aveva chiesto pene dai sei ai tredici per i cinque tunisini ha preannunciato una probabile impugnazione dopo aver preso visione delle motivazioni della sentenza.
Criminologi si diventa... latitanti e serial killer braccati sul web Il Mattino, 10 maggio 2005 Reale o virtuale. Il mondo dei serial killer viene passato al microscopio su Internet. Casi di cronaca eclatanti, foto, reportage, siti dedicati e specializzati, forum e newsletter. Anche test per scoprire il serial killer che è in noi. Un "viaggio inquietante" lo definisce serialkiller.it, sito ancora incompleto. Accomuna Emanuela Orlandi, Marta Russo e Angela Celentano tra i casi irrisolti. Tra i portali da ricordare omicidiseriali.it. Ci sono tutte le informazioni sugli assassini seriali dal 1996 a oggi. "Avete voglia di parlare di serial killer e dei loro orrendi delitti? Volete ricevere aggiornamenti, news e informazioni sugli ultimi sviluppi delle indagini e lo studio degli omicidi seriali?" Ci si può iscrivere alla newsletter speciale dell’Ofras (Osservatorio sui Fenomeni di Rilevante Allarme Sociale). Ricco il menù: Serial Killer noti, Probabili S.K. non catturati ed attivi in Italia negli ultimi 25 anni, Grafico numero di S.K. identificati in Italia dal 1975 al 2000, International Serial Killer (http://members.tripod.com/~SerialKillr/ SerialKillersExposed/sknumber.html). Secondo grandinotizie.it sono ancora 30 i serial killer pronti a uccidere di nuovo, dal killer di Asti che ha ucciso quattro prostitute, a quello di Verona che ha massacrato quattro lucciole. Nel sito anche un glossario per capire le parole chiavi usate nelle indagini. Uno studio sui serial killer è pubblicato dal Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità di Firenze (dex1.tsd.unifi.it/altrodir/devianza/massaro/index.htm). E se vedete qualcuno leggermente strabico state attenti perché secondo il sito del Sipre (società italiana di psicoterapia reichiana, http://www.glielmi.it/ita/strabismo_verticale.htm) è una nota comune ai serial killer, come nel caso di Andrei Romanovic Cikatilo, il mostro di Rostov, che in Unione Sovietica uccise e mangiò più di 50 bambini. Su uniroma1.it/brunofras/ofras/serialkiller_noti.htm, il prof. Bruno, ordinario di Psicopatologia, forense al "La Sapienza" di Roma ha tracciato una sintesi delle caratteristiche dei 50 serial killer italiani identificati e di quelli ancora liberi (c’è anche il mostro di Ponticelli). Su museocriminologico.it/correggio c’è la storia di Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio, mentre su http://digilander.libero.it/JackLoSquartatore666/donnekiller.htm c’è una pagina dedicata alle serial killer donne. Su http://www.members.tripod.com/~SerialKillr/SerialKillersExposed/nicknames.html sono presenti i soprannomi dei più celebri serial killer mondiali. Spazio anche al cinema. La tana di Lecter è sul sito lectersden.it dedicato ad Anhtony Hopkins e al suo Hannibal Lecter del Silenzio degli Innocenti. Su http://www.forumfree net/?t= 3216213&view=getlastpost c’è un "giochino per verificare l’aggressività: c’è un serial killer dentro di te?". Cliccare e vedere.
Milano: San Vittore, il rock e il cabaret entrano in carcere… Ansa, 10 maggio 2005 Partirà il 23 maggio, dal carcere di San Vittore, l’iniziativa "San Vittore Sing Sing 2005", spettacolo itinerante all’interno dei carceri. Cabaret, concerti rock e sonorità balcaniche, arabe e africane per venire incontro ai gusti dei reclusi fra i quali molti extracomunitari. Si esibiranno, fra i tanti, anche Elio e le Storie Tese, gli Unza, band balcanica, il marocchino El Omari, Margherita Ant1onelli di Colorado Caffè. Gli artisti non hanno voluto compensi.
Verona: giustizia malata? Magistrati e legali si confrontano L’Arena di Verona, 10 maggio 2005 Avvocati e magistrati a confronto, portatrici di problematiche ed esigenze che, seppur agendo su piani diversi, rientrano nell’unico e ampio mondo della Giustizia. Si confronteranno venerdì pomeriggio a partire dalle 15.30 nel corso dell’incontro "Giustizia malata? Diagnosi e terapie" organizzato dal Gruppo di iniziativa forense (con il contributo e il patrocinio dell’ordine degli avvocati) all’hotel Leopardi di corso Milano. Dopo i saluti del presidente del Gif Luca venturini e del presidente dell’ordine degli avvocati Aldo Bulgarelli, a presiedere e introdurre i lavori sarà Mario Sannite, presidente della sezione Penale del tribunale di Verona. In programma le relazioni dell’avvocato Carlo Taormina (Proposte di riforma ed esigenze del mondo dell’avvocatura), del presidente della sezione veronese dell’associazione nazionale magistrati Ernesto D’Amico (Proposte ed esigenze di riforma della magistratura) e dell’avvocato Claudio Carceri de Prati (Verso una nuova geografia giudiziaria per il Veneto?). Sono previsti tra l’altro gli interventi del procuratore della Repubblica, dottor Guido Papalia, e del segretario Unione triveneta dei consigli dell’ordine degli avvocati Antonio Rosa.
Roma: "I gatti galeotti" partecipano al progetto "Rifugiati in libreria" Redattore Sociale, 10 maggio 2005 "I gatti galeotti", marchio della cooperativa Ecolab che opera nel carcere milanese di San Vittore per la formazione professionale e il lavoro dei detenuti, ha realizzato 20mila "borse etiche": saranno vendute nelle librerie Feltrinelli al costo di 5 euro, di cui 1 servirà per ampliare il progetto di Ics-Consorzio della solidarietà "Rifugiati in libreria" per l’apertura di ulteriori biblioteche multimediali in altre città italiane. L’iniziativa è stata presentata questa mattina presso "la Feltrinelli" della Galleria Alberto Sordi. Anche i clienti delle librerie, quindi, parteciperanno al progetto, al 100% con destinazione sociale: i 4 euro restanti dalla vendita delle borse stopper in cotone andranno a coprire le spese per i materiali e il lavoro dei "Gatti galeotti", che hanno prodotto una linea di shopping bags, zainetti e magliette, in vendita nel circuito Feltrinelli. Il logo raffigura un gatto dietro le sbarre. "Le nostre librerie sono radicate nel territorio e partecipi degli aspetti culturali e sociali del nostro paese; molte hanno rapporti diretti con le carceri locali, nelle quali si sono recati molti librai per formare gli addetti alle biblioteche interne", ha detto Luca Domenicani, responsabile del canale Librerie Feltrinelli, riferendo che alcuni detenuti lavorano all’interno delle librerie e che i "Gatti galeotti" operano sia all’interno di San Vittore che all’esterno del penitenziario milanese. Coloro che lavorano al progetto sottolineano "l’importanza della lettura e della solidarietà come scelta di libertà espressa e riconosciuta dalla cultura, anche dove la libertà personale non è riconosciuta". Costituita nel settembre 2000, la cooperativa sociale Ecolab ha l’obiettivo di perseguire la formazione professionale e la creazione di posti di lavoro a uso specifico di detenuti presso la Casa circondariale di San Vittore. L’attività del marchio "I gatti galeotti", prodotto e distribuito, viene svolta sia nel laboratorio interno al carcere (di circa 220 metri quadrati), sia in quello di via Candiani (440 mq); le persone coinvolte sono 25. La produzione (borse, portafogli, cartelle e accessori di pelletteria) sono tutti eco-compatibili, realizzati con pellami certificati conciati al vegetale e tessuti naturali (cotone e canapa). Tra i clienti della cooperativa - oltre alla Feltrinelli -, Armani Jeans, Coop Italia, Inter F.C., Cgil e Cisl.
L’Aquila: nel carcere spazio alle "Piccole evasioni" Il Tempo, 10 maggio 2005 La manifestazione "Piccole evasioni", organizzata dall’area pedagogica del penitenziario aquilano, torna per il secondo anno consecutivo coinvolgendo due scuole medie, la Mazzini e la Patini. Il progetto punta sul fatto di "provocare" una maggiore attenzione da parte della città nei confronti delle dinamiche legate al reinserimento sociale dei detenuti. Inoltre l’idea è anche quella di avvicinare gli aspetti positivi del carcere alle esigenze didattico-formative della scuola ed a quelle artistico espressive del teatro. Infatti una parte importante verrà svolta dall’Uovo, teatro stabile d’innovazione, che proporrà il 13 maggio, in occasione della visita nella casa circondariale, lo spettacolo "Alla tavola del Cappellaio matto", per la regia di Maria Cristina Giambruno. Però anche gli stessi studenti saliranno sul palco del carcere, il 3 giugno prossimo, con lo spettacolo "L’opale dei sogni", preparato da loro con la regia di Rosanna Narducci. "Naturalmente - ha spiegato il responsabile dell’area pedagogica, Antonio De Rossi - i ragazzi sono stati appositamente preparati attraverso lezioni tenute nei mesi scorsi a scuola. Adesso sono pronti ed anche le loro famiglie hanno accolto con entusiasmo l’iniziativa". Sono stati scelti gli alunni che frequentano il primo anno di scuola media così da prevedere un percorso triennale in tal senso. Il tutto è stato animato dalla speranza che i detenuti capiscano di non essere stati abbandonati a loro stessi, ma c’è la volontà di aiutarli nel ritorno in società.
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