Per un altro punto di vista sul corteo del 12-11-2005 a Bergamo
Sappiamo tutti cosa è successo, dalle cinque alle sei e mezza circa di sabato scorso a Bergamo; purtroppo però le informazioni che sono girate anche sui canali più “alternativi” sono state solo quelle dei giornali (articoli che aprioristicamente partivano dal presupposto “questi sono solo dei vandali” ) o dei pochi comunicati di solidarietà, incentrati però, giustamente, più sull’esagerata repressione che ha seguito i fatti che non sul corteo in sè. E su questo, dal mio punto di vista, per i compagni e non, bisogna fare chiarezza. Io ho partecipato a quel corteo, mi sento quindi in diritto, ed in dovere, di raccontare cosa è successo, visto da dentro. Il corteo non era stato autorizzato, per scelta politica degli organizzatori, su cui si può essere o meno d’accordo. Alla partenza, dopo un ora dall’appuntamento preciso, quando ormai nel piazzale eravamo più di un centinaio, e si aveva intenzione di partire, la polizia e la digos schierate di fronte a noi hanno chiesto, col megafono, le nostre intenzioni, invitandoci a scoprire il volto, e a dichiarare il percorso. Uno degli organizzatori, a viso completamente scoperto, ha risposto loro, anche lui col megafono, in modo da essere ben sentito da tutti, che le nostre intenzioni erano pacifiche, che volevamo arrivare al carcere per farci sentire dai detenuti portando la nostra solidarietà ( cosa tra l’altro assolutamente riuscita), e che nessuno di noi avrebbe lanciato provocazioni alla polizia, ritenendole (di comune avviso) quanto mai sterili e inutili. Niente, siamo partiti, la polizia di fronte a noi, alla volta del carcere di via Gleno. Il corteo era unito. Eravamo in pochi, ma si sentiva altissima la partecipazione, la rabbia, l’attenzione, grazie anche alla mancanza del camioncino con la musica che troppo spesso costituisce un motivo di passività. Siamo arrivati, benissimo, all’angolo del carcere. Lì il capo della polizia, schierata ad impedirci il passaggio nella via che costeggiava l’edificio, ci ha intimato di spostarci nella via a sinistra. Gli organizzatori, con i rappresentanti di tutte le città che erano presenti, si sono consultati a riguardo, decidendo che era impossibile e masochista sfondare la polizia, e dunque che ci saremmo messi dietro lo striscione, sulla sinistra, fermandoci un po’ e poi indietreggiando lentamente. Ormai era buio, quando ci siamo spostati; qualcuno ha lanciato un fumogeno ad un telecameramen che ci filmava da un giardino. Lì si è scatenato il panico. Dei “compagni” che stavano nelle ultime fila si sono messi a correre spaventati, stupidamente, da un pericolo che ancora non c’era. Qualcuno, dal centro, per aggravare le cose, ha acceso le torce ed ha iniziato a lanciare petardi. Nonostante le numerose grida, degli organizzatori, e di alcuni compagni, di stare fermi, rimanere compatti, piantarla di lanciare oggetti, che tra l’altro colpivano spesso i compagni stessi, la situazione è degenerata velocemente. Vedendo la gente correre, la polizia (all’inizio assolutamente indecisa, senza intenzione di caricare ) non ci ha pensato due volte a sfruttare l’occasione di poter bloccare la gente presa singolarmente o a piccoli gruppi, ed ha iniziato a correre, armata ( manganelli, molti dei quali allungabili, scudi, e non solo, alcuni compagni si sono visti puntare addosso le pistole), lanciando lacrimogeni. Da lì poi si è perso ogni tipo di controllo, tutti scappavano, a piccoli gruppi o soli, cercando di correre più dei poliziotti e delle volanti. Molti di noi sono stati pestati, umiliati. Ognuno cercava di mettersi in salvo per conto suo. Chi è stato arrestato lo è stato o perché preso direttamente dalla polizia dopo essere stato picchiato, o perché sconvolto, perso, camminava con altri sui vialoni, e poiché da quelle parti non c’erano passanti “normali”, chiunque veniva visto era affiancato dalla polizia ed arrestato. Questo è quanto è successo al corteo. Eventuali giudizi, opinioni, critiche, all’accaduto, stanno a che legge e a chi ha partecipato. Io mi fermo qui.
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