L'accordo storico tra estrema destra e la 'ndrangheta. L'inquietante ombra della P2. I campi di addestramento paramilitare. L'inquietante scenario che fa da cornice alla rivolta di Reggio Calabria negli anni '70 e capeggiata dall'estrema destra.
Il patto storico tra la ‘ndrangheta, l’eversione nera e la massoneria deviata. Fatti e personaggi degli anni della tensione. I summit e quelle tante strane coincidenze
Calabria sotto il segno della P2
Il misterioso incontro alla villa “La Spagnola” di Parghelia
ANNI ’60-’70. Gli anni del
terrore, quando tutto era
politica. Quando anche la
“mala” aveva chiare connotazioni
politiche. Erano gli
anni in cui la ‘ndrangheta
prendeva parte, per interesse,
ma anche per ideologia.
Gli anni dei “camerati” della
famiglia De Stefano, una
delle consorterie che storicamente
è stata capace di
imporre il proprio dominio
in Calabria, o del “compagno
comunista”, patriarca
del grande clan di Limbadi,
Ciccio Mancuso. La ‘ndrangheta,
all’epoca, non agiva
solo per interesse, ma anche
seguendo un’idea, una
filosofia. A destra trovava
così terreno fertile l’azione
della massoneria deviata,
quella della P2 di Licio Gelli
e di altre logge coperte collegate,
ma soprattutto il
piano sovversivo di Avanguardia
nazionale e di Ordine
nuovo.
Ci fu un accordo storico,
tra ‘ndrangheta, massoneria
e eversione nera. E’
quanto è stato possibile accertare
grazie soprattutto
alle dichiarazioni dei pentiti.
Ma dove? Quando? E, soprattutto,
chi erano i protagonisti?
I faldoni delle inchieste
che la magistratura
avviò sugli anni della strategia
della tensione, quelli
dell’operazione Olimpia e
gli atti della commissione
parlamentare d’inchiesta,
rappresentano una fonte
importante di notizie. Un
primo interessante particolare
emerge dall’incontro
che il 26 ottobre 1969 si sarebbe
svolto a Montalto, ai
piedi dell’Aspromonte, tra i
capi delle famiglie della
‘ndrangheta calabrese. Il
giorno prima, il 25 ottobre,
Junio Valerio Borghese, che
da circa un anno, abbandonato
il Movimento sociale,
aveva fondato il Fronte nazionale,
avrebbe dovuto tenere
un comizio a Reggio
Calabria. Un comizio la cui
autorizzazione fu revocata.
Era consuetudine delle “famiglie”
tenere il summit annualmente
fra la fine del
mese di luglio e i primi giorni
di settembre. E allora,
perché la riunione nel 1969
fu rimandata ad ottobre, il
giorno dopo l’arrivo di Borghese
a Reggio? Solo una
coincidenza o si attendeva
proprio il principe “nero”?
In ogni caso i magistrati
impegnati nell’operazione
Olimpia sostennero che durante
quella riunione si sarebbe
preventivata un’azione
"antistatalista" e "terroristica"
che non rientrava negli
schemi tipici della malavita
calabrese. Pertanto l’attentato
dinamitardo alla
Questura di Reggio Calabria
tra il 7 e l’8 dicembre
del 1969, durante il quale
rimase gravemente ferito
un agente di polizia, poteva
anche essere considerato,
sempre secondo gli inquirenti,
come la prima azione
consequenziale al summit
del 26 ottobre. Come pure
non si escluse l’ipotesi che i
moti reggini avviati il 14 luglio
del 1970 rappresentassero
un’azione scaturita
dall’alleanza tra la ‘ndrangheta
e l’eversione nera.
Dal 1993 in poi la collaborazione
di numerosi pentiti
consentì di ricostruire i
contatti intercorsi nel 1970
ad Archi tra i potentissimi
De Stefano e il principe Borghese
o la copertura offerta
a Franco Freda da alcuni
esponenti di spicco della
‘ndrangheta reggina. I segreti
di certi incontri si disse
che erano custoditi tra le
mura di palazzo Zerbi a
Reggio Calabria.
‘Ndrangheta, Avanguardia
nazionale e Ordine nuovo,
in particolare, rappresentavano
in quel periodo i
soggetti di un patto che
però vide protagoniste anche
altre forze occulte della
società italiana, la massoneria
e i servizi deviati. Ci sarebbe
stata un’occasione, riferita
dal noto pentito Giuseppe
Albanese, in cui tutti i
poteri occulti si sarebbero
incontrati, attraverso i loro
rappresentanti, in una tenuta
di proprietà di Borghese
lungo la Costa degli dei,
laddove peraltro, durante la
seconda metà degli anni
’70, si riscontrò la presenza
di alcuni campi paramilitari
per l’addestramento alla
guerriglia. I collaboratori
indicarono villa “La Spagnola”.
L’unica che portava
questo appellativo in quel
periodo era una sontuosa
villa situata nel comune
Parghelia, dove oggi praticamente
sorge un maestoso
complesso turistico. Questa
non rientrò mai nei patrimoni
di Borghese. All’epoca
risultava di proprietà di
Renzo Di Piramo, amministratore
delegato della Philco.
Limitrofa a questa struttura
era situata la villa di
Bruno Tassan Din, braccio
destro di Angelo Rizzoli,
editore del Corriere della Sera,
iscritto negli elenchi della
P2 e implicato in alcune
delle vicende più misteriose
della storia italiana. Alla
riunione, che si sarebbe tenuta
alla Spagnola, secondo
le segnalazioni dei collaboratori
di giustizia, avrebbero
preso parte il gran maestro
del Grande Oriente d’Italia
dal 1970 e 1979 e uomo
di fiducia di Licio Gelli,
Lino Salvini; il marchese
Felice Genovese Zerbi detto
Fefé, assieme al fratello Carmelo
iscritto alla P2; i generali
con tessera P2 Gianadelio
Maletti e Vito Miceli;
l’ammiraglio Gino Birindelli;
Edgardo Sogno. Al summit
sarebbe stato presente
anche il fondatore di Avanguardia
nazionale Stefano
Delle Chiaie, il cui nome collegava
l’eversione nera alla
massoneria, e importanti figure
del panorama politico
calabrese e italiano.
Cosa significava la presenza
di alcuni alti ufficiali delle
forze armate iscritti alla
P2, degli avanguardisti e
della mala? Di questo incontro
si fa menzione anche nei
fascicoli nel primo troncone
dell’operazione Olimpia, ma
non si riuscì mai a trovare
un riscontro concreto. Certa
rimane la presenza di numerosi
personaggi che, in
Calabria, e in particolare all’altezza
del crocevia massonico
costituito dal Vibonese,
rappresentavano l’espressione
diretta del grande
maestro Licio Gelli. Per la
cronaca in Calabria erano
numerosi uomini che in seguito
risulteranno far parte
della loggia P2: Carmelo
Cortese di Catanzaro; Paolo
Bruno, Antonio Cangiano,
Antonio Messina, Italo
Aloia, Domenico Fiamengo
di Cosenza;, Domenico De
Giorgio, Franco Morelli,
Carlo Satira, Giuseppe Strati,
Aurelio Tripepi, Umberto
Giunta, Giuseppe Arcadi di
Reggio Calabria. Bisogna
tenere presente che, al di là
di luoghi di residenza, erano
presenti in Calabria ufficiali
delle forze dell’ordine
iscritti alla P2 che prestavano
servizio in alcuni dei
punti nevralgici della regione.
E’ il caso, ad esempio, di
un capitano dei carabinieri,
che a cavallo tra gli anni ’60
e ’70 prestava servizio tenendo
d’occhio i movimenti
a Vibo Valentia. Una piazza
che ha registrato l’assidua
presenza non solo di Stefano
Delle Chiaie, ma anche
del gran maestro del Goi, vicino
a Licio Gelli, Lino Salvini.
Esiste anche una testimonianza,
quella del vigile
urbano Bruno Villone, che
denunciò il forte legame tra
il potere politico e quello
massonico nella provincia
di Vibo Valentia, e affermò
di fronte ai magistrati di
aver "personalmente notato,
dall’agosto dell’89 in poi,
Gelli recarsi di frequente a
Vibo Valentia, assieme a
Delle Chiaie. E Gelli in particolare,
frequentare fino al
1993 la sede di una loggia
massonica locale". Siamo
un po’ più avanti negli anni,
ma questo particolare potrebbe
risultare utile per verificare
come la P2 in questa
fetta di territorio fosse
fortemente radicata. Tra
l’altro fu proprio questo vigile
urbano, ex finanziere, a
segnalare verso la fine degli
anni ’70 al capo della Squadra
Mobile di Catanzaro Stefano
Di Tocco una serie di
movimenti sospetti lungo la
costa tirrenica calabrese
che portarono all’individuazione
di alcuni campi paramilitari
per l’addestramento
alla guerriglia.
Tutto questo rientrava forse
in un grande disegno che
i giovani anarchici morti a
Ferentino il 26 settembre
del 1970 avevano scoperto,
o perlomeno, negli anni dei
misteri e dei silenzi, loro,
giovani che sognavano un
mondo migliore, avevano
iniziato a capirci qualcosa.
E questo qualcuno non poteva
permetterlo.
Da "Il Quotidiano"
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