In relazione al progetto di messa in sicurezza del Fiume Topino, predisposto dal Consorzio della Bonificazione Umbra, corre l’obbligo di sottolineare il notevole livello di impatto che questo comporta sia per la città e che per il fiume. Se da una parte grande preoccupazione desta l’abbattimento di due ponti storici della Città, che oramai ne rappresentano l’immagine stessa, dall’altra non bisogna sottovalutare in grave impatto ai fini della vita del fiume, che vedrebbe scomparire definitivamente il flusso d’acqua già magro per buona parte dell’anno. Se da una parte mettere in sicurezza il fiume contro il rischio di esondazione, salvaguardando la vita dei cittadini e della città, è un compito assolutamente imprescindibile, dall’altra, rinunciare all’immagine consolidata della Città e distruggere definitivamente il fiume dal punto di vista delle funzioni ecologiche non può essere il giusto prezzo da pagare. Viste le implicazioni anzidette, sicuramente la redazione del progetto avrebbe richiesto un approccio più sensibile alle problematiche complessive, in grado di rispondere si alle esigenze di messa in sicurezza, ma tenendo conto delle altre componenti ambientali (valore culturale, storico, sociale dei ponti e valore delle funzioni ecologiche del corso d’acqua). In questa direzione i dubbi che emergono sono tantissimi. Per esempio, poteva il progetto tenere insieme tutte le cose (sicurezza della città, incolumità dei ponti, salute del fiume)? Certamente non l’ha fatto. Infatti mentre dagli elaborati progettuali sembra emergere che le possibili soluzioni andassero ricercate a monte di Foligno, come per esempio anche la Provincia di Perugia suggeriva in un suo parere, tutto l’intervento è stato concentrato nel tratto urbano e nel tratto a valle della Città; un po’ il contrario di quanto si va sempre più accreditando per i lavori di ingegneria idraulica. Intervenire a monte di un tratto a rischio mediante laminazione delle piene, significa implicitamente ridurre a valle tale rischio. Proprio per questo la leggerezza con cui si sono trattate le indicazioni di realizzare un intervento equilibrato, partendo dalle aree a monte di Foligno, non depone certo verso il senso di fiducia nel progetto redatto. Infatti, se è vero che per la piena con tempi di ritorno duecentennali tutti i soggetti coinvolti nell’iter amministrativo concordano in un intervento di laminazione delle piene da eseguire nel tratto a monte di Foligno (badiamo bene: in TUTTO il tratto a monte di Foligno), è altrettanto vero che una laminazione a monte della nostra città (esondazione controllata in vasche di espansione) sicuramente sottrae acqua anche alla piena che passerà in città, e che quindi passerà anche a Cannara, Bettona, ecc.). Quindi ogni metro cubo di piena sottratto in vasche di esondazione controllata a monte di Foligno è un metro cubo in meno che passa a Foligno, Cannara, Bettona ecc. ecc.. Allora perché la sensibilità del progettista e, ancor di più, del Committente (Bonificazione Umbra) non ha permesso di incentrare la progettazione intorno a questo circolo virtuoso, che sicuramente avrebbe consentito di ridurre la portata degli interventi nel tratto cittadino e (magari) rendere non più utile l’abbattimento dei ponti e l’abnorme allargamento del fiume. In merito ai ponti poi (senza considerare il circolo virtuoso anzidetto che avrebbe ridotto la potenziale onda di piena a Foligno) la cosa su cui sorgono dubbi è la ragione per la quale il ponte della ferrovia, che è il vero collo di bottiglia del fiume trova soluzioni più o meno compatibili senza giungere al suo abbattimento, mentre per gli altri due la sorte è opposta, pur avendo luci di passaggio più ampie del primo. Al riguardo della Valutazione di Impatto Ambientale, va sottolineato che un intervento così drastico avrebbe richiesto un approccio complessivo al problema e che solo la procedura di VIA avrebbe potuto garantire. E anche qui i dubbi che la procedura dovrebbe essere obbligatoria sorgono, infatti, per esempio per la messa in sicurezza del Fosso Renaro attualmente all’analisi in corso di iter di approvazione è richiesta la procedura di Valutazione di impatto ambientale, e si tratta come tutti possono osservare di un lavoro assolutamente di più modesto impatto. In ultimo, è sicuro che operando una regimazione idraulica con vasche di laminazione diffuse lungo tutto il corso a monte di Foligno, l’intervento nel tratto urbano avrebbe comunque richiesto l’abbattimento dei ponti e l’abnorme allargamento del letto del fiume, e la costruzione di due vasche di un chilometro quadrato ciascuna vicino a Budino? Consultando gli elaborati progettuali questo dubbio diventa una quasi certezza. Ci sono precise indicazioni di sostituire ad una certa Fase 2 (vale a dire i pesanti interventi nel tratto urbano compreso l’abbattimento dei ponti) con una certa Fase 3 (lavori di regimazione idraulica nel tratto di reticolo idrografico a monte della città di Foligno). Inoltre, per esempio, una laminazione delle piene del fiume Menotre (affluente di sinistra del Topino poco a monte di Foligno), quanto avrebbe inciso sulla portata complessiva in città? Parecchio! Infatti oltre alla vasca di laminazione già esistenti sul Menotre (Leggiana), ci sarebbero gli spazi per realizzarne molte altre, fino a ridurre l’apporto di pena del Menotre di diverse decine di metri cubi al secondo. Partendo infatti da una piena prevista in città di circa 300 metri cubi al secondo, ipotizzando di ridurre gli apporti in maniera diffusa sul territorio (filosofia oggi accreditata e seguita dai principali paesi europei, ai quali il nostro non sembra appartenere), ovvero: 10-20 mc/sec in meno dal Menotre, 20-30 mc/sec in meno dal Caldognola, 20-30 mc/sec in meno lungo il tratto Foligno Nocera scalo, si potrebbe ipotizzare che una piena cinquantennale (quella che pare ci farebbe abbattere i ponti) potrebbe passare agevolmente in città senza deturparne l’aspetto, magari con modesti lavori di consolidamento degli argini o interventi similari.
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