La Padania
Lo strapotere delle banche centrali sui destini dei popoli
Il fantasma del disavanzo pubblico
http://www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=54237,1,1
La Padania Lo strapotere delle banche centrali sui destini dei popoli Il fantasma del disavanzo pubblico http://www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=54237,1,1 Si pensa comunemente che le Banche di Emissione siano istituzioni pubbliche che hanno a cuore
gli interessi dei cittadini e che non siano quindi a scopo di lucro. In realtà non si tratta
affatto di enti statali ma di società private che generano utili colossali col “prestarci” il
nostro denaro, contro la consegna di titoli fruttiferi. Sembra un’assurdità, ma è così che si
genera il disavanzo dello Stato, quel famigerato debito pubblico che penalizza tutte le
azioni di governo e grava sulle spalle dei cittadini. Ecco come funziona. La banca - oggi la Banca Centrale Europea, una volta la Banca d’Italia -
stampa le banconote e iscrive al passivo nel proprio bilancio il loro ammontare, come se
fosse una somma di proprietà della Banca e conferita da questa allo Stato. Allo stesso tempo,
dal Ministero del Tesoro la Banca incamera titoli di Stato e iscrive il loro ammontare
all’attivo del proprio bilancio. A questo punto tali titoli vengono “piazzati” (leggi: “venduti“) presso le banche e gli
istituti di credito che, a loro volta, li vendono ai loro clienti. Con questa operazione, la
Banca centrale incassa subito sul mercato le somme che ha “prestato”allo Stato, il quale poi
questi stessi titoli li rimborserà alla scadenza. Dal canto suo lo Stato (contestualmente alla Banca centrale e per la medesima partita)
iscrive al passivo nel proprio bilancio le somme che la Banca gli ha “prestato“, quelle
banconote che in realtà appartengono ai cittadini e quindi dovrebbero essere iscritte
all’attivo del bilancio dello Stato. Così si attua la mostruosità contabile dell’iscrizione contestuale al passivo, da parte di
due contraenti, delle somme relative alla medesima transazione. E’ con queste operazioni che si produce il debito pubblico, che per effetto dell’erronea
iscrizione in bilancio diventa quindi pari al doppio delle somme transate. Ma come si è potuti arrivare ad accettare e istituzionalizzare una situazione di questo
genere? La storia comincia con l’abbandono del gold standard, quando nessuna moneta ebbe più
copertura aurea. Fu in seguito agli accordi di Bretton Woods e dopo la dichiarazione del 15
Agosto 1971 del presidente degli Stati Uniti d’America Richard Nixon, che a Camp David
dichiarò che il dollaro, che sino ad allora era stata l’unica valuta convertibile, non
sarebbe più stato cambiato col metallo prezioso. Ma era già dal tempo della fondazione della Banca d’Inghilterra che le banche centrali, le
quali battevano moneta per conto degli Stati, avevano cominciato a introdurre
progressivamente sui mercati le monete cartacee (il cosiddetto oro - carta) che di fatto non
erano più, come si voleva continuare a far credere, “fedi di deposito“, poichè nei forzieri
non esisteva più una quantità di oro corrispondente al denaro circolante. Si era così prodotto il fenomeno che consentiva agli enti di emissione di consegnare agli
Stati la carta moneta, come se invece di essere i cassieri degli Stati essi fossero i
proprietari della moneta. Fu così che le banche cominciarono a “prestare”non l’oro o un
titolo che rappresentava l’oro, ma della carta stampata, conferita a titolo di “prestito”su
cui vanno pagati gli interessi. La moneta cartacea è moneta fiduciaria, il cui valore cioè non deriva da chi la stampa (la
Banca Centrale) ma dalla collettività dei cittadini che l’accetta come mezzo di pagamento,
poichè prevede di usarla a sua volta come mezzo di pagamento. È chiaro che così la Banca centrale lucra indebitamente sia l’interesse sia il valore
intercorrente fra il valore facciale (o nominale) delle banconote in circolazione ed il costo
tipografico che ha sostenuto per produrle. Si tratta con ogni evidenza di una struttura iniqua e una prassi che penalizza e affama
l’intera società. Ogni emissione produce di per sè un indebitamento e di conseguenza genera
la paradossale situazione di deflazione del mezzo di scambio. E’ per questo che i vari
esecutivi non riescono mai ad escogitare nessuno stratagemma valido per uscire dalla
situazione debitoria endemica. Il “mercato”dimostra con evidenza le conseguenze: Il pesante affaticamento di tutte le
attività produttive e la costante rincorsa della spirale salari-prezzi (scarsi e non
remunerativi), che contrappone drammaticamente e spesso con esiti tragici le componenti della
compagine sociale (conflittualità sociale indotta). Viviamo così in una situazione di costante stagflazione, dove la perdita di potere d’acquisto
è contestuale alla scarsità monetaria, poichè la moneta emessa è sempre più insufficiente per
essere resa alla banca centrale aumentata degli interessi che la banca stessa pretende. Invano si studiano mezzi per favorire le famiglie e aiutare i giovani. Le stesse forme di
pagamento dilatorio concesse per l’acquisizione di beni primari come la casa sono fonte di
angoscia per via delle scadenze ineludibili. Si scoraggiano così le attività produttive e si
impinguano soltanto gli istituiti di credito. Questa appropriazione indebita, autorizzata dalle leggi dello Stato con un’operazione che si
può, a pieno titolo, definire masochistica, incide su tutte le classi sociali e massimamente
sulle più deboli ed indifese, producendo fenomeni esecrabili e tragici di usura e di
indigenza ai limiti della sopravvivenza. Lo vediamo ogni giorno di più dalla cronaca che pure
mostra solo la punta dell’ iceberg. E’ soprattutto questa situazione disperante che induce al
suicidio e alimenta la malavita organizzata e non. (Si sa, la fame è cattiva consigliera) È straordinario che di questa usura macroscopica nessuno parli. Anche quando si riesce ad
intavolare l’argomento con persone che, per titoli accademici o per professione, dovrebbero
conoscerlo a fondo, si scopre invariabilmente una incredibile ignoranza oppure una ostilità
che non oppone ragioni obiettive nè fatti significativi, oppure infine una reticenza e
sufficienza sospette e una neppure troppo mascherata intenzione di depistare o troncare
l’argomento. Mai ci è capitato che ad argomenti logici stringenti, si rispondesse con
obiezioni costruite logicamente o con fatti assodati e validi a controbattere. Tuttavia a tutto ciò il rimedio esiste ed è un rimedio che risponde a giustizia e a carità.
Si tratta di ristabilire il diritto delle collettività attraverso lo Stato, che può (et ergo,
debet) raddrizzare la situazione legiferando in modo da riappropriarsi, in nome e per conto
della collettività, della sovranità perduta. Sussistono, per altro, dei precedenti parziali a questo affrancamento. Lo Stato italiano ad
esempio alcuni decenni or sono stampava in proprio, attraverso i Poligrafici dello Stato, la
carta moneta nella pezzatura da 500 lire. Esse non recavano l’iscrizione “pagabili a vista al
portatore“, e infatti non incrementavano il debito pubblico, ma erano iscritte all’attivo nel
bilancio dello Stato. Erano biglietti di Stato. Anche attualmente le monete da 1 euro e da 2 euro, essendo metalliche e non cartacee, non
sono sottoposte al signoraggio della Bce, ma costituiscono un attivo per il bilancio dei vari
Stati membri della Comunità Europea soggette all’euro. Inoltre si sono già avute nel mondo alcune micro economie che, stampando da sè la propria
moneta, hanno risolto radicalmente i loro problemi economici. Tale è, per esempio, il caso
dell’Isola di Guernsey, la maggiore delle Isole Normanne. Dopo le guerre napoleoniche l’Isola
versava in condizioni disperate. Oggi invece è la plaga più prospera del Regno Unito, ad onta
delle panie frapposte dalla Banca d’Inghilterra, timorosa che il precedente possa far scuola
e sottrarle così quanto lucra dall’attuale situazione di signoraggio. E’ evidente che, data la mole enorme degli interessi in gioco, occorre una preparazione
culturale che informi le collettività affinchè prenda coscienza del giogo che grava sulle
spalle di tutti.
[Data pubblicazione: 21/01/2006]
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