Nella giornata internazionale per l’accesso
ai saperi in Italia hanno manifestato in 250mila.
250mila studenti sparsi su un centinaio di piazze, dice chi li ha contati. Napoli, Milano, Firenze, Roma, Torino e Bari le più affollate. E altri ancora alle prese con presìdi, sit-in, assemblee fuori e dentro le scuole. Alcuni hanno voluto sfilare da soli, ieri, altri hanno intrecciato la loro protesta con quella di ricercatori e docenti universitari oppure con i cortei dello sciopero generale del sindacalismo di base che hanno lambito i palazzi dei ministeri del lavoro e dell’economia o, a Bologna, hanno sfiorato l’abitazione del premier (blindata). Differenze di impostazione, tra una piazza e l’altra, non da poco ma un filo conduttore netto stabilito dall’abrogazione mancata delle cosiddette “riforme” Moratti e da una finanziaria che non piace né a chi non crede nei governi amici, né a chi credeva che questo esecutivo avrebbe segnato subito la sua discontinuità con chi l’aveva preceduto. E c’è chi giura sia solo l’inizio. «La finanziaria, infatti, non esprime un modello alternativo a quello ereditato da Moratti», segnala a Liberazione, Domenico Ragozzino, 24 anni, responsabile studenti e saperi per i Giovani comunisti. I Gc, ieri, hanno manifestato in continuità con la manifestazione di Stop precarietà di due settimane fa, «perché vogliamo - continua Ragozzino che ha preso parte al corteo napoletano - per rilanciare un nuovo movimento studentesco, la rete nazionale per i precari in formazione, a partire dalle parole d’ordine del reddito per i soggetti in formazione, di maggiori investimenti e di una riforma partecipata di scuola e università da lanciare attraverso stati generali e assemblee costituenti». Non lontano da Napoli, dove l’assemblea finale ha lanciato il “Laboratorio dei saperi” - per la sperimentazione di vertenze per la carta di cittadinanza di medi e universitari - un gruppo di Gc di Avellino s’è staccato dai duemila irpini arrivati in piazza della Libertà per un blitz nella sede del Cepu. L’occupazione, temporanea e pacifica, è servita a distribuire la “Precaricard”, prefigurazione di una forma di reddito per i soggetti in formazione, in un luogo che nega il carattere di bene comune che dovrebbe avere lo studio. A macchia di leopardo, in mezza Italia, la Precaricard è stata uno degli strumenti a caratterizzare - anche con iniziative davanti a musei, librerie e cinema, la presenza dei Gc nella giornata del 17 novembre, appuntamento internazionale lanciato dai fori sociali mondiale ed europeo. Una sorta di primo maggio studentesco, spiegano soprattutto i due sindacati del comparto, Uds e Udu. Una scadenza che in Italia si caratterizza per il contrasto al “processo di Bologna” che ha trasformato le università in vere e proprie fabbriche di precarietà. «In termini numerici, la risposta studentesca è simile a quella dell’anno scorso, quando c’era Berlusconi - dicono Mauro Casola e Giuseppe Di Molfetta, dell’esecutivo nazionale Uds - è evidente che un’inversione di tendenza la noti forse nel dialogo non certo nella finanziaria». Anche per il sindacato dei medi, l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni (non ancora a 18 come scritto nel programma), inserito nella manovra, è ambiguo perché non esclude che possa essere assolto anche nella formazione professionale. La cifra sull’edilizia scolastica, è vero, schizza da 0 a 250 milioni «ma se volessimo davvero applicare la 626 servirebbero 5 miliardi solo per la messa in sicurezza delle scuole», proseguono i due dell’Uds. Buon segno di discontinuità, invece, la direttiva ministeriale sulla partecipazione appena emanata che valorizza il protagonismo e la progettualità studentesca in contrasto con una circolare di Moratti che demonizzava il diritto d’assemblea costringendo a recuperare le ore “perdute”.
Più drastici, i collettivi dei tre atenei della Capitale, sparsi tra due cortei (almeno in 15mila), notano la «netta continuità» con la stagione Berlusconi: «L’attuale governo continua a finanziare la guerra e le scuole private, mentre taglia fondi alla spesa sociale e i tagli agli enti locali comportano ulteriore definanziamento dei servizi per il diritto allo studio (competenza regionale) e l’edilizia scolastica (competenza provinciale) ». Avrebbero voluto chiedere chiarimenti al quartier generale dell’Unione ma è stato loro negato il permesso di raggiungere Piazza Ss. Apostoli da uno sbarramento di forze dell’ordine. Poco prima, nella piazza romana del sindacalismo di base, Piazza Barberini, erano piovute manganellate contro pochi studenti a mani alzate che avrebbero proseguito verso Palazzo Chigi.
Fine di giornata a palazzo Valentini, a Roma, con la firma di una dichiarazione di intenti fra Uds e Sinistra giovanile e il ministro Fioroni che si impegna a lavorare per una legge quadro nazionale per diritto allo studio - «così da non avere venti differenti modelli regionali», spiegano ancora Casola e Di Molfetta - che preveda borse senza vincoli di spesa, una “student-card” per i consumi culturali extrascolastici di decine di migliaia di studenti che non riescono ad accedere a borse di studio, uno statuto per gli stagisti che altrimenti sarebbero solo manodopera gratis «una legge da inserire nel quadro - conclude l’Uds - dell’abrogazione di legge 30 e leggi Moratti».
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