dal sito dell'Informatore Vigevanese
Thu 20 Jul 2006, 01:04:17 ALBONESE, sequestrata la DISCARICA
I rifiuti pericolosi diventavano regolari: in manette il direttore dell’impianto
ALBONESE - Dietro la loro attività di smaltimento di rifiuti, ne avevano messa in piedi un’altra. Ben più remunerativa: un traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi che, con un “rimaneggiamento” dei codici di identificazione, diventavano a un tratto “regolari”. I componenti dell’organizzazione illecita, invece, diventavano ricchi: secondo gli investigatori, il loro era un business da 50 milioni di euro.
All’alba di martedì sette responsabili di altrettante società lombarde, tra cui Giancarlo Saretto, 37 anni, direttore tecnico della discarica della «Sari Group» di Albonese (ora interamente posta sotto sequestro), sono finiti in carcere; altre dodici persone, tutte residenti fuori provincia, si trovano agli arresti domiciliari, mentre gli indagati a piede libero sono complessivamente 46. Il vasto traffico di rifiuti è stato scoperto dai carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) di Milano, guidati dal maggiore Stefano Bosi, al termine di un’operazione ribattezzata «Grisù» per la richiesta «di poter bruciare rifiuti» avanzata ripetutamente da uno degli indagati. L’attività illecita interessava otto province lombarde, compresa quella di Pavia; qui era in Lomellina, per la precisione nella sede dell’impianto di Albonese, che - sempre secondo gli inquirenti - si estendeva un ramo dell’organizzazione criminale: in qualità di responsabile della discarica, Giancarlo Saretto avrebbe consentito il conferimento presso la struttura lomellina di rifiuti speciali pericolosi, nella fattispecie «terre di spazzamento» (vale a dire scarti derivanti dalla pulizia delle strade) contenenti residui ferrosi, che giungevano dalla ditta «Puli-Eco Srl» di Ospedaletto Lodigiano (Lodi). Essendo classificato come rifiuto speciale, il materiale inviato dal Lodigiano non avrebbe potuto in alcun modo essere smaltito nella discarica di Albonese; per questo, secondo gli inquirenti, il direttore dell’impianto avrebbe chiuso un occhio di fronte alla contraffazione dei codici di identificazione dei rifiuti che venivano così accolti e smaltiti nella struttura senza alcun pre-trattamento.
Gli accertamenti dei carabinieri, partiti nel giugno dello scorso anno da un controllo sui rifiuti destinati al termovalorizzatore della società «Accam Spa» con sede legale a Busto Arsizio (Varese), hanno permesso di smantellare la vasta organizzazione dedita al traffico di rifiuti. Non solo: un altro filone di indagine relativo alla conduzione della gara d’appalto indetta dall’Accam per la gestione dei rifiuti prodotti dal termovalorizzatore, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati del sindaco di Gallarate, Nicola Mucci, e del segretario di Forza Italia della provincia di Varese, Nino Caianiello, entrambi accusati di turbativa d’asta. Martedì mattina i carabinieri del Noe hanno sottoposto a sequestro probatorio sia la Accam di Busto che la discarica della Sari Group di Albonese.
Operativo dal giugno del 2000, l’impianto nasceva per la selezione, il recupero e la valorizzazione di rifiuti speciali non pericolosi provenienti essenzialmente da attività industriali ed artigianali della provincia di Pavia ed era costituito da macchine e apparecchiature che insieme componevano la «struttura tecnologica» e da un bacino impermeabilizzato per lo «stoccaggio temporaneo» del prodotto. Intervistato dall’Informatore, l’allora sindaco di Albonese, Piero Polini confermava: «Qui non ci saranno nè vetro, nè plastica, nè alluminio, nè rifiuti tossico nocivi, nè pericolosi (vernici), nè rifiuti solidi urbani, nè edili o ferrosi.
Questo allontana alcune illazioni che spesso si fanno su impianti di questo tipo. Quello che uscirà sarà materiale indirizzato al recupero energetico (big bag) che sarà portato agli inceneritori oppure al recupero secondo le varie tipologie o in discariche autorizzate. Ad Albonese non rimarrà nulla». Chiuso in un edificio industriale di circa 5 mila metri quadri a lato della statale 211 della Lomellina, comprende un ponte sul torrente Arbogna che permette l’accesso all’area di circa 140 mila metri quadri attrezzata con uno svincolo stradale e una rete viabilistica interna.
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