Albino – Era fissato per oggi, presso la sede della Provincia, l’incontro per discutere del futuro del Cotonificio Honegger di Albino. Un incontro fortemente sollecitato dalle parti sociali, intorno ad una vicenda che si protrae ormai da circa quattro anni e pare nelle ultime due settimane essere giunta ad una fase critica. Nel mese di novembre del 2008 l’azienda aveva presentato un piano di riorganizzazione che prevedeva un ridimensionamento drastico della produzione, con una contrazione del personale da 453 a 213 unità. Per i dipendenti del cotonificio si era aperta così la strada della cassa integrazione speciale a rotazione, seguita poi, per i 378 dipendenti rimasti, dalla cassa integrazione in deroga.
La risolutezza dell’azienda ad abbandonare il territorio sembrerebbe comunque un dato acquisito e non sono mancati i tentativi di forzare sulle tempistiche: solo quattro mesi dopo l’introduzione della cassa integrazione speciale, il Cotonificio Honegger escludeva dalla rotazione 50 dipendenti, prospettando per essi la cassa integrazione a zero ore (provvedimento contrario alle disposizioni di legge e già impugnato con successo dall’ufficio vertenze della CGIL). L’ultimo atto risale alla settimana scorsa, quando i dipendenti si sono visti recapitare una lettera della proprietà, in cui si comunica il passaggio alla cassa integrazione a zero ore per tutti e tutte, senza scadenza. Un atto che ha il sapore dell’epilogo e che ha prodotto l’immediata convocazione di uno sciopero di 8 ore nella giornata di lunedì.
La corsa dell’azienda verso la dismissione del cotonificio e del suo indotto è stata accompagnata da una serie di proposte sulla ricollocazione funzionale dell’area, nel quadro di un dibattito serrato tra Provincia, Regione, proprietà e parti sociali circa le inevitabili ricadute insostenibili su un territorio fortemente provato dalla crisi economica. Già nella prima metà del mese di novembre 2008, su impulso del consigliere regionale della Lega Nord Giosuè Frosio, la proprietà del Cotonificio Honegger era invitata in audizione presso la Commissione regionale Attività Produttive, dove emergeva da subito la possibilità di un recupero di parte dell’area del cotonificio da destinare ad attività commerciale. Una proposta che nel corso dello stesso mese acquisiva concretezza secondo tempistiche sorprendenti: meno di tre settimane dopo l’annunciata riorganizzazione aziendale e solo 5 giorni dopo l’intervento del vice-presidente del Consiglio regionale Carlo Saffiotti in favore dell’ipotesi emersa in Commissione Attività Produttive, il 21 novembre il Gruppo Lombardini, colosso bergamasco della grande distribuzione, manifestava a mezzo stampa la disponibilità a realizzare un nuovo centro commerciale presso l’area del Cotonificio Honegger. Il piano di rilancio prendeva forma nei mesi seguenti, concretizzandosi in un accordo di programma avvallato da Regione, Provincia e comuni coinvolti e prefigurando una riallocazione funzionale del polo Honegger con 30000 metri quadri destinati al cotonificio riorganizzato, 17000 ad un supermercato Pellicano e 5000 ad attività terziarie.
Il nuovo centro commerciale doveva condurre alla creazione di 150 posti di lavoro, così da compensare parzialmente la riduzione del personale del Cotonificio Honegger. Eppure la soluzione non mancava di destare polemiche. Innanzitutto da parte di Confesercenti, che a più riprese manifestava serie preoccupazioni circa le ricadute negative del proliferare di centri commerciali e snodi della grande distribuzione sul settore del piccolo commercio, e in seconda battuta da parte del circolo di Albino di Sinistra Ecologia e Libertà, che senza mezzi termini denunciava la natura speculativa del progetto. In effetti, 150 posti di lavoro sono ben poca cosa rispetto ai benefici in termini di rivalutazione fondiaria che la riconversione funzionale dell’area del cotonificio comporterebbe. A maggior ragione perchè la crisi del settore tessile in Val Seriana restituisce l’immagine desolante di un territorio piegato dalle trasformazioni economiche degli ultimi trent’anni, con scarse opportunità di risollevarsi. Le parole con cui Tito Lombardini, all’inizio del 2012, decide a sopresa di venire meno agli impegni presi sono in questo senso più che eloquenti: «la disponibilità economica del bacino della Valle Seriana ha registrato un calo di circa il 30-40 per cento. Molte fabbriche si sono fermate, si vedono ad ogni angolo capannoni chiusi e tanti cartelli “affittasi”. Il mercato che avevamo previsto per il riassorbimento di 150 lavoratori ex Honegger in un supermercato Pellicano da realizzare nell’area industriale non c’è più e non credo tornerà».
Malgrado la cordata con Lombardini sia venuta meno, non sembra essere tramontata l’ipotesi del centro commerciale: a farsi avanti ora è il Gruppo Rossetto. Se l’ipotesi si concretizzasse sarebbe il secondo realizzato ad Albino in poco tempo, dopo l’apertura del centro commerciale “Il Gigante” presso il Centro Honegger. Per un comune di 18000 abitanti, due strutture commerciali di queste dimensioni paiono davvero sproporzionate, anche soltanto in termini di gestione della mobilità. Sul fronte del cotonificio, l’opzione che viene ora paventata riguarderebbe invece una nuova società, NewCo s.r.l., che assorbirebbe 130 dipendenti e per la quale mancherebbero però i finanziamenti necessari. Nonostante la proprietà abbia effettivamente incontrato alcuni istituti di credito, di fatto non vi sono certezze e sembrerebbero mancare all’appello 10 milioni di euro circa. Se gli operai e le operaie del cotonificio continuano a ripetere che gli ordini non sono mai venuti meno e che lo stabilimento funziona, il Gruppo Zambaiti resta però orientato al disimpegno dal territorio, su cui ora sembra contare solo per le prospettive di rendita fondiaria delle aree in suo possesso. In questo senso, la storia del cotonificio è paradigmatica: il Gruppo Zambiati ha internazionalizzato negli ultimi anni la propria produzione e oggi possiede anche uno stabilimento in Cina. Ironia della sorte, in un recentissimo passato C.E.S.V.I. ha insignito il Cotonificio Honegger s.p.a. del “Premio Takunda – Vincere con la Solidarietà”, per l’investimento in uno stabilimento in crisi in Eritrea.
Se la crisi del settore tessile mette oggi in ginocchio la popolazione della Val Seriana, il territorio non sembra però aver perduto la propria attrattività per investimenti di natura immobiliare. Il moltiplicarsi dei centri commerciali, con l’impiego precario e a basso reddito che essi offrono, fa il paio con il proliferare di complessi residenziali destinati alla villeggiatura lungo tutta la media e alta valle. Difficile far combaciare la retorica abusata dello sviluppo turistico con il modello economico che tali investimenti prefigurano. L’espansione del mercato immobiliare produrrà anche ricadute positive nell’immediato, attraverso gli oneri di urbanizzazione a vantaggio di piccoli comuni montani mai accarezzati prima d’ora da tanta fortuna, ma non producono benessere diffuso, anzi. La speculazione fondiaria produce reddito solo per gli attori economici in grado di investire, che in questo caso sono gli stessi soggetti che sulla popolazione della valle hanno costruito la propria ricchezza, Gruppo Honegger in testa. L’assenza (compiacente?) della politica fa il resto, spianando la strada a questi attori economici nella direzione dell’investimento più redditizio. Il destino del territorio allora è affidato al mercato, e gli effetti del suo governo sono destinati a produrre ricadute irreversibili.
Intervista ad un lavoratore e al sindaco di Albino: