FieraMilano, i “furbetti” del quartierino fieristico lasciano a casa i lavoratori con la scusa della crisi

 

“Fiera Milano: la più grande vetrina dell’economia italiana!” Così si definisce Fiera Milano s.p.a. sul suo sito per accreditarsi ai grandi espositori. Eppure a guardare lo spettacolo che sta dando in questi mesi verrebbe da arrossire imbarazzati.

A partire da giugno 2010 infatti l’azienda ha iniziato una serie di complesse manovre che sembrano portare in una sola direzione: spremere quanto più possibile i lavoratori e poi scaricarli. Innanzitutto convoca i lavoratori per comunicare che sono tempi difficili, e richiede una lista dei lavoratori “meno utili”, lamentando che ci sono lavoratori “contrattualmente troppo garantiti”. Dopo di che crea un reparto ad hoc, detto Direzione Back Office & Operational Support dove trasferisce i 58 “troppo garantiti”, che peraltro mantengono le loro mansioni presso i vecchi uffici. Poi finalmente decide di gettare la maschera e dichiara 150 esuberi. Tutto ciò a fronte di una relazione finanziaria semestrale al 30/06/2010 dalla quale si evince un risultato netto del semestre pari a 8,0 milioni di euro e l’acquisizione di un operatore fieristico nel mercato brasiliano per circa 16,1 milioni di euro. A questo punto entrano in campo altri attori, i tre sindacati; lo spettacolo però non cambia. Mentre ai lavoratori viene detto di stare buoni, che protestare non serve, e che l’azienda può fare quello che vuole, i sindacati raggiungono un accordo che prevede, ad oggi, 85 dipendenti in cassa integrazione per un anno, totale rinuncia al Contratto integrativo, modifica orari di lavoro, contributo economico dell’azienda per la cassa integrazione pari al 45% della differenza tra lo stipendio mensile lordo e la quota erogata da INPS.

Ma davanti a questa vetrina i lavoratori iniziano a reagire; non si capisce perché creare un nuovo reparto, l’unico motivo sembra quello di volersene liberare. E poi perché lasciare a casa dei lavoratori e far lavorare di più gli altri? Inoltre l’azienda non dà alcuna garanzia per il riassorbimento a fine cassa, né per il pagamento del contributo economico, che viene “promesso” a fine cassa. Lo stesso uso della cassa in deroga, peraltro richiesto solo fino al 31 dicembre 2010, sembra più un patto tra sindacati e azienda, un modo come un altro per fare uscire in sordina i lavoratori. Alcuni protestano, chiedono chiarimenti, ma i sindacati tacciono e mettono a tacere. Intanto, continua la politica del dividi et impera, e da settembre arrivano le prime mail per i cassaintegrati, poche al giorno, così che nessuno protesti.

Se per concertazione si intende l’accordo tra azienda e sindacati, sulla pelle dei lavoratori, i lavoratori non ci stanno, non sono disposti a fare la parte dei manichini, e faranno sentire la loro voce – anche impugnando l’illegittimità della cassa integrazione se necessario – per denunciare pubblicamente quello che si nasconde dietro la vetrina di fiera milano s.p.a.

 

Articoli Correlati:

  1. Solidarietà attiva ai lavoratori di Agile (ex-Eutelia) di Pregnana, contro le speculazioni e le crisi indotte da Expo
  2. Rho, aumentate le tariffe della metropolitana. Manca una politica dei trasporti.
  3. Incursione di Fornace e San Precario in Fiera in solidarietà coi lavoratori Best Union. Parte il countdown verso la Mayday 2010