“So cosa fare se vengono”

 

Note sulla mobilitazione antifascista rhodense di sabato 20 gennaio 2018

So cosa fare se vengono” (Dante Di Nanni)

Interveniamo nel dibattito cittadino sulla mobilitazione antifascista rhodense di sabato 20 gennaio con questo nuovo e più pieno contributo.
Appena siamo venuti a conoscenza della presenza di CasaPound nella nostra città per un banchetto di raccolta firma elettorale, ci siamo affrettati, assieme alle altre realtà sociali, politiche e sindacali del territorio, a convocare nella stessa piazza San Vittore un presidio antifascista contro la presenza indesiderata a Rho di una formazione politica che ha l’infamia di chiamare i propri aderenti “fascisti del terzo millennio”. L’intento – citiamo dal comunicato di lancio del presidio – era quello di “impedire che organizzazioni neofasciste e xenofobe, già salite alla ribalta in diverse località del Paese per episodi di violenza nei confronti di persone ed istituzioni, possano avere spazi pubblici. Concedere loro visibilità rappresenta un pericoloso cedimento a cui non vogliamo e non possiamo sottostare”.
Non neghiamo che l’antifascismo possa avere svariate declinazioni, ma per noi essenzialmente vuol dire che “i fascisti vanno fermati e cacciati subito”, da Rho come da ogni altro luogo del Paese. Crediamo inoltre che “ostacolare politicamente e fisicamente” qualsiasi forma di agibilità e di spazio concesso a gruppi fascisti sia un dovere di ogni antifascista, senza se e senza ma. Nel 2018 il celebre “So cosa fare se vengono” dell’eroico gappista Dante Di Nanni – che pronunciò quelle parole prima di scatenare l’inferno sui nazifascisti e cadere martire – non può che voler dire mobilitarsi in prima persona con ogni mezzo affinché i fascisti non possano trovare alcuno spazio.
L’appello alla mobilitazione antifascista rhodense conteneva un preciso riferimento alle responsabilità che, dall’ambito locale fino a quello nazionale, concorrono nel far sì che, a Rho come in altre città, ai fascisti siano concessi spazi pubblici per la loro infame propaganda razzista.
In particolare, all’amministrazione di Rho si rimproverava un mancato accordo tra le parole e i fatti: se si esalta il sacrificio dei partigiani rhodensi, perché non si alza la voce contro la presenza dei nipoti politici dei loro aguzzini? Perché non si fa ogni cosa in proprio potere per opporsi alla presenza di gruppi fascisti e razzisti nei territori che si amministra?
Il Partito democratico di Rho, piccato per queste critiche, per prima cosa si è trincerato dietro al rispetto delle regole formali della democrazia: del resto, malgrado tutta una serie di disposizioni tutt’ora vigenti ma sempre disattese volte a colpire i rigurgiti fascisti, CasaPound non è un’organizzazione fuorilegge ed è dunque suo diritto raccogliere firme per presentare le proprie liste alle elezioni nazionali e regionali prossime. Questa è la linea del Pd cittadino. Che cosa ci sia di antifascista in questa condotta rimane un mistero. Di ottemperanza a meri “obblighi di legge” ha parlato anche il sindaco Romano, che pure ha avuto almeno la decenza di definire “sgradita” la presenza di CasaPound in città. Che cosa abbia fatto di concreto, lui e la sua amministrazione, per evitare questo sfregio alla città, non ci è dato di sapere.
Per depotenziare la partecipazione al presidio antifascista, Romano ha però tentato, per la verità abbastanza goffamente, di invitare i cittadini che intendevano protestare contro la presenza di CasaPound a una già prevista “Fiaccolata per la pace”, convocata su tutt’altre tematiche, evitando anche solo di nominare la mobilitazione antifascista della mattina.
Inoltre i sedicenti “democratici” hanno avuto buon gioco nel richiamare all’ordine i loro uomini all’interno dell’associazionismo partigiano, da sempre lottizzato: esempio ne sono le varie ANPI del territorio che, dopo una tirata d’orecchi da parte degli organismi provinciali a guida democratica, sono state costrette d’ufficio a ritirare la formale adesione al presidio pur partecipandovi personalmente.
Passa un giorno e il Pd schiera in sua difesa i pretoriani di Sinistra Italiana, già stampella dell’amministrazione nel governo della città. In un “comunicato di dissociazione” rispetto al presidio, Sinistra Italiana riesce vergognosamente a spendere più parole sulla Fornace che non sulla presenza di un gruppo fascista in città per poi, schizofrenicamente, esser presenti al presidio assieme all’ANPI di Rho. Contraddicendosi infinite volte, prima Sinistra Italiana esalta i “valori repubblicani” e dunque antifascisti, poi è invece la stessa Costituzione a venir utilizzata a scudo di cittadini che hanno libertà di “associarsi liberamente in Partiti” (come del resto fa la stessa CasaPound), riducendo l’antifascismo “all’interno della dialettica e degli strumenti della politica”.
Fatto sta che, mentre Sinistra Italiana dava aria alla bocca e batteva nervosamente e poco lucidamente le dita su una tastiera, il tam-tam sulla convocazione del presidio antifascista nella stessa piazza San Vittore dove avrebbe dovuto svolgersi il banchetto di CasaPound, costringe i fascisti, su indicazioni della Questura, a riorganizzarsi nell’adiacente piazza Visconti.
A sommo spregio della memoria cittadina, il banchetto fascista si svolge di fronte al palazzo comunale, a pochi metri dalla lapide che ricorda Agostino Casati, l’infaticabile militante comunista rhodense e irriducibile antifascista a cui gli squadristi assassinarono la moglie incinta e che, dopo esser stato combattente per la libertà in Spagna, diresse l’insurrezione a Rho divenendo “sindaco della Liberazione” su nomina del Cln.
Il resto è cronaca della giornata: dopo qualche ora di partecipato presidio, gli antifascisti – un centinaio – hanno sfilato in corteo per le vie della città tentando di raggiungere piazza Visconti, fermati solo in via Meda da uno schieramento di forze dell’ordine posto a difesa dei fascisti. Dopo qualche minuto di fronteggiamento, il corteo ha poi ripiegato tornando in piazza San Vittore dove tutti gli accessi verso piazza Visconti erano nuovamente chiusi dagli sbirri.
Dalla giornata di sabato, grazie alla mobilitazione delle antifasciste e degli antifascisti, è emerso in modo chiaro e inequivocabile che a Rho CasaPound non è la benvenuta e che le attività dei gruppi fascisti in città possono svolgersi solo se protette dalla polizia.
Polizia alla quale è giunto il plauso del Partito democratico di Rho per aver garantito la quiete dei cittadini evitando il contatto tra quelli che, più oltre nello stesso comunicato, vengono definiti “opposti estremismi”. Il PD di Rho equipara dunque fascisti e antifascisti, messi sullo stesso piano quasi fossero “bande rivali”. I democratici rhodensi rimproverano addirittura agli antifascisti di aver dato inutile visibilità al banchetto di CasaPound altrimenti destinato all’oblio, riproponendo – citiamo Wu Ming – “una fallacia logica […] per una linea di condotta nefasta”, “come i bimbi che si coprono gli occhi e credono che, così facendo, il mondo intorno scompaia”. Il comunicato del Pd cittadino recupera slancio sul finale facendo appello alla “vigilanza”, che ci immaginiamo comoda e immobile come quella dei militanti democratici sabato, che hanno osservato la mobilitazione antifascista da un banchetto elettorale posto a qualche decina di metri da piazza San Vittore come se niente stesse accadendo in città. Meglio invece tacere sulle supposte “credenziali antifasciste” del Pd: potremmo citare innumerevoli esempi in tutto il Paese di esponenti democratici che non solo concedono ai gruppi di estrema destra ogni tipo di spazio, ma coi fascisti ci vanno a braccetto e ricevono “tessere onorarie”, da Forza Nuova o CasaPound, per le proprie posizioni in linea coi gruppi neofascisti.
Allontanandoci dal teatrino della politica rhodense, rimangono comunque inevase le domande relative alle responsabilità di quanto avvenuto sabato: chi garantisce agibilità politica ai gruppi fascisti? Chi permette che a loro vengano concessi spazi pubblici? Ci pare persino ovvio richiamare ancora una volta in causa la catena di comando politica a ogni livello fino a quello nazionale, dove Minniti, lo “sbirro democratico”, concorre e anzi alimenta quello stesso clima fatto di razzismo, emergenzialità e repressione delle lotte sociali che non può che costituire l’habitat naturale dove i gruppi fascisti possono radicarsi e crescere. Al sindaco Romano diciamo che il silenzio, così come le risposte non all’altezza o peggio ancora gli squallidi tentativi di depotenziare la piazza antifascista, equivalgono a complicità.
Se il Partito democratico a livello nazionale partecipa della temperie generale che favorisce il prosperare di gruppi neofascisti, a livello locale alcuni provvedimenti come lo sgombero della Fornace – fortemente voluto da Pd, Sinistra Italiana e tutta l’amministrazione comunale – vanno nella stessa direzione, e cioè di fiaccare gli anticorpi democratici presenti sul territorio rispetto al risorgere dei fascismi.
Come ultima cosa, abbiamo appreso che tra un mese l’Anpi di Rho di concerto con l’amministrazione comunale onoreranno la memoria di Giovanni Pesce intitolando la corte rustica della Burba al leggendario comandante partigiano che nell’autunno del 1944 guidò la 106 Brigata Garibaldi dislocata nel Rhodense.
Siamo ovviamente contenti della cosa. Abbiamo conosciuto personalmente Giovanni Pesce proprio in Fornace e la sua biografia specchiata ci parla di un uomo che, diversamente da tanti rhodensi citati in questo contributo, alle parole fece sempre seguire coerentemente i fatti. Siamo perciò sicuri che Visone, il nostro Comandante, sarebbe stato incordonato con la sua Medaglia d’Oro appuntata sul petto assieme a noi, alle ragazze e ai ragazzi di Rho che sabato hanno sfidato i fascisti e chi li protegge, così come nel 1944 fu alla testa dei ragazzi di Rho che combatterono a viso aperto e armi in pugno il fascismo.

Su queste strade senza tempo, oggi come ieri, Rho ama e lotta per la libertà

SOS Fornace


 

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