I confini regionali uccidono
Le terapie intensive di Liguria, Marche e Lombardia non hanno un posto libero. Si tratta di uno dei pochi dati pubblici su questa emergenza di cui ci si possa fidare. E se alcune regioni vivono oggi una drammatica congestione del sistema sanitario (che inevitabilmente si misura in perdite di vite umane che potrebbero essere salvate altrimenti), è lo stesso dato a suggerire che altre regioni sono ancora nella condizione di ricevere pazienti e che dunque coordinamento e collaborazione regionale assurgano ora a un fatto vitale e non rinviabile. Il grido che arriva da Bergamo e Brescia chiede di fare bene e soprattutto fare in fretta. Eppure, questa collaborazione interregionale non sembra funzionare come dovrebbe, ed è di assoluta urgenza comprenderne il motivo. Si tratta di salvare vite umane. Il Veneto e il Friuli Venezia Giulia sono due regioni leghiste e vicine alla Lombardia, stanno facendo la loro parte? Per quale motivo Fontana non chiede aiuto ai suoi colleghi di partito?
Ma andiamo con ordine. È da giorni che dalla Lombardia partono pazienti in gravi condizioni verso altre regioni e altri paesi perché il sistema sanitario nazionale non è in grado di fornire loro il supporto necessario. Il 14 marzo due pazienti vengono trasferiti da Bergamo all’Ospedale Civico di Palermo in prognosi riservata. Il 17 marzo tre pazienti in gravi condizioni vengono trasferiti da Bergamo con un volo militare in Puglia per essere accolti negli ospedali di Bari e Lecce. Uno dei tre pazienti all’ospedale Vito Fazi di Lecce non ci arriverà mai, il covid19 lo stronca durante il viaggio.Il 20 marzo all’ospedale Miulli di Bari viene trasferito un paziente ricoverato all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Il 28 marzo 6 pazienti vengono trasferiti con una aereo militare tedesco a Colonia, verranno ricoverati negli ospedali della regione. Per i prossimi giorni è previsto lo spostamento di altri quattro pazienti verso la Germania. Insomma, la situazione è gravissima.
Questi sono alcuni dei casi concreti in cui la sanità di altre regioni o stati ha tentato di alleviare il peso sulle strutture sanitarie di Bergamo, travolte dalla quantità di malati gravi da Covid-19. Ma quello che balza subito all’occhio è la distanza delle destinazioni di questi pazienti. Verrebbe spontaneo chiedersi perché i pazienti necessitanti di cure in terapia intensiva non vengano trasportati verso le strutture più vicine dal punto di vista geografico. Bergamo e Brescia sono falcidiate dal virus, le strutture sanitarie delle province confinanti come Verona potrebbero offrire una chance a pazienti che stanno morendo nelle proprie dimore in bergamasca e nel bresciano, perché i sistemi sanitari locali non riescono a fornire loro le cure necessarie per mancanza di posti letto e mezzi. Perché allora spostare persone in pericolo di vita, con voli aerei in emergenza e attraverso viaggi estenuanti e pericolosi, quando Verona è a meno di 40 minuti di auto e potrebbe garantire le migliori cure possibili rischi e dispendio di tempo prezioso?
Il Commissario della Protezione civile Borrelli già l’8 marzo aveva annunciato il trasferimento in corso di 13 pazienti in terapia intensiva verso le regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Liguria, ma in totale sarebbero dovuti essere 73 i malati da spostare. Gli spostamenti tra Regioni sono ridotti o addirittura nulli.Lo scrivono senza mezzi termini i primari di anestesia e rianimazione afferenti al coordinamento delle terapie intensive di Regione Lombardia, che il 27 marzo lanciano un appello a Mattarella,Conte, Speranza e Fontana per “considerare prioritari i criteri di vicinanza geografica superando i confini fra regioni per il ricovero dei pazienti COVID, nello spirito di un’emergenza sanitaria nazionale. Consapevoli che la solidarietà non traccia confini e, soprattutto, che è parte fondamentale della nostra professione di medici, confidiamo che la nostra richiesta d’aiuto possa ricevere da voi una risposta pronta ed efficace“. COVID19 Appello Primari AR Lombardia
Perché chi ha ancora centinaia di posti liberi nelle terapie intensive non collabora con le Regioni più in difficoltà? Il Veneto al momento sta gestendo in maniera efficace l’impatto del Coronavirus, in ragione probabilmente anche della tempestiva scelta di istituire la zona rossa a Vò Euganeo e del massiccio utilizzo dei tamponi. Quanti pazienti cui non possono essere fornite cure nei congestionati reparti di terapia intensiva delle regioni di residenza sono stati accolti fino ad ora in Veneto? Se l’appello del coordinamento delle terapie intensive lombarde allude ad una mancanza di solidarietà tra regioni, è lecito dunque domandarsi l’attendibilità e la concretezza degli appelli all’unità nazionale, alla comunità e all’orgoglio di popolo, e soprattutto la consistenza della narrazione che ha preso quota in queste settimane di una Italia abbandonata dal resto d’Europa e costretta a fare da sé. Già, perché se emergessero opportunismi e egoismi regionalistici lo spaccato sarebbe ben diverso.Per questo, si tratta di una questione che invoca chiarificazioni immediate; in gioco ci sono vite umane, affetti e speranze di migliaia di persone.
Se confermata, poi, la mancata solidarietà tra Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia (ha accolto cinque pazienti lombardi in terapia intensiva di cui uni Covid-19) metterebbe sotto una luce del tutto diversa le accuse che Salvini muove da settimane al Governo Conte, accusato di non conferire alle regioni del nord le risorse necessarie a gestire l’emergenza e salvare vite. Con che coerenza la Lega accuserebbe il governo, se le stesse tre regioni da essa governate si rivelassero indisponibili ad unire gli sforzi di fronte a una tragedia come questa? Certamente sarebbe la conferma di asimmetrie territoriali intollerabili generate dalla regionalizzazione della sanità nell’accesso di tutti e tutte al diritto alla salute, persino quando in gioco c’è la vita stessa.Se l’Unione Europea è a tutti gli effetti la grande assente della tragedia che i nostri territori stanno conoscendo, è altrettanto vero però che in Italia stanno arrivando medici albanesi, cubani, cinesi, russi e venezuelani a sostenere la lotta senza sosta del personale medico su cui al momento grava il peso di un sistema sanitario, pesantemente compromesso da anni di tagli alla spesa pubblica. Possibile che la solidarietà si manifesti a livello internazionale e venga meno tra le stesse regioni governate dalla Lega? Dai balconi si canta l’inno di Mameli, eppure, a quanto pare, quello tra Brescia e Verona rimane un confine invalicabile.