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Diaz- "Blue Sky"
by lucignolo Tuesday, Dec. 07, 2004 at 1:13 AM mail:  

Chi non ha memoria del passato e' costretto a ripeterlo.

Alla Diaz quella notte non ci fu alcuna resistenza e violenza a pubblico ufficiale, lesioni personali ai danni dei poliziotti ne' detenzione di oggetti atti a offendere. La «brutale e gratuita violenza della polizia» fu del tutto immotivata. Smentita la versione dei fatti contenuta nei verbali di polizia il giudice decidera' l'archiviazione del procedimento contro i 93 no global che furono arrestati durante l'irruzione alla scuola la notte del 21 luglio del 2001 durante il G8.

La decisione verra presa dal Gip (giudice per le indagini preliminari) Anna Ivaldi (maggio 2003) che nel suo provvedimento scrive:
"La sola ricostruzione possibile sulla base degli atti di questo procedimento di quanto accadde alla Diaz nella notte 21-22.7.01 è quella che di fatto esclude che gli indagati abbiano posto in essere atti di resistenza", perché "quanto dagli stessi dichiarato non ha trovato smentita"

«Un'importante conferma della versione degli indagati proviene proprio dalle dichiarazioni di molti operatori di polizia. A tale proposito bisogna premettere che esse, pur non consistendo in vere e proprie ammissioni, hanno però un particolare valore, in quanto chi le ha rese ha in sostanza smentito la versione dei fatti contenuta nei verbali; è quindi arduo ipotizzare che la scelta di rendere tali dichiarazioni sia stata ispirata da altro che dal rispetto della verità»

"Dei funzionari di polizia sentiti i soli a riferire di atti di resistenza sono alcuni appartenenti al reparto mobile ma, a fronte di tali dichiarazioni, vi sono quelle di altri poliziotti dello stesso reparto che li negano mentre affermano di avere, invece, constatato che molti di coloro che poi vennero arrestati presentavano lesioni"

"i funzionari interrogati hanno reso versioni discordanti circa l'ingresso nella scuola, tutti attribuendo ad altri di esservi entrati per primi"

Il castello di denunce costruito contro i manifestanti, massacrati di botte ed arrestati nel corso del famigerato blitz alla Diaz, crolla in maniera definitiva e si ritorce su una piccola parte dei poliziotti che nel luglio 2001 picchiarono, imprigionarono e sottoscrissero verbali falsi. (
"le firme sono illeggibili" - "la circostanza che siano emersi elementi che hanno indotto il pm a ipotizzare il reato di falso in relazione ai verbali...esclude che da tali verbali possa desumersi alcuna certezza circa l'effettivo svolgimento dei fatti" )

Il tredici Dicembre 2004 il gup Daniela faraggi deciderà se accogliere - e in che termini - la richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Genova, che vuole processare 29 tra superpoliziotti, funzionari e alcuni dirigenti dell'antiterrorismo, imputati per reati di falso, calunnia e lesioni gravi in concorso.

Preveggenza
Una comunicazione (
Acquisita agli atti dalla Procura) partita quella sera dalla questura al servizio di emergenza medica «118», dimostra la preveggenza della polizia che prima ancora di sfondare alla Diaz già chiedeva di inviare in via Cesare Battisti «diverse» ambulanze.


"Blue sky"

I pm l'hanno ribattezzato "Blue sky". E' un filmato (
di Primocanale, una rete televisiva genovese) che sbugiarda in maniera clamorosa i vertici della Polizia di Stato e sottolinea un dato di fatto: il falso e la calunnia, almeno nella redazione del verbale di arresto dei 93 no-global e di sequestro delle fantomatiche armi, ci sono stati.
Nel filmato si vede un capannello di poliziotti : sulla sinistra si riconosce il braccio destro di La Barbera, Giovanni Luperi che regge un sacchetto celeste (da cui fu coniato il termine blue sky per il filmato) che sta parlando con Spartaco Mortola, l’ex capo della DIGOS genovese.

Qualcuno che regge un casco con l'altra mano apre il sacchetto, i presenti guardano all'interno. Luperi parla al cellulare, sembra quasi chiedere consiglio al suo interlocutore.

Luperi risponde a una telefonata del suo superiore, il prefetto Arnaldo La Barbera (terza conversazione tra i due dopo quelle delle 00.33 e 00.38), l'unica contestuale a quella effettuata da un altro funzionario ripreso dalla telecamera, ore 00.38, durata dieci minuti.

Il telefonista del film e' Giovanni Luperi
ex vice Ucigos poi dirigente della polizia di prevenzione, oggi alla guida della task-force antiterrorismo dell’Unione europea", da indagato ( interrogatorio del 12 giugno del 2002) riferisce: «Ho visto due molotov conservate in un sacchetto di plastica, non ricordo chi avesse in mano il sacchetto e non so dove le avessero trovate». Il 25 luglio si avvale della facoltà di non rispondere.

Il sacchetto, che contiene le false bottiglie molotov gira di mano in mano, tra molti dirigenti presenti sul posto. «Io mi ricordo:vengo chiamato al telefono e mi rimane in mano questo sacchetto di bottiglie. Sono rimasto abbastanza inopportunamente con il sacchetto in mano». A chi consegnarle? «Quando ho finito la telefonata mi sono reso conto che ero rimasto solo con questo sacchetto, perché il gruppo che era lì si era dissolto e allora ho cercato qualcuno».
(La persona cui vengono consegnate le molotov è la dottoressa Mengoni della Digos di Firenze.)


«Stupidamente forse ho voluto verificare questo sacchetto e me lo sono trovato in mano».
«Voglio fare una premessa: io sono andato lì e non volevo andarci, solo perché c'è andato il prefetto La Barbera». «La Barbera sparisce e io rimango senza macchina. Beh, dico, mi porteranno indietro quelli della Digos, ma Mortola (l'ex capo della Digos genovese, ndr) sparisce e io rimango senza macchina, a quel punto senza nemmeno l'ausilio delle Digos».

«Le ho viste, queste due bottiglie molotov, stese su uno striscione. Ritengo che fosse un qualche suggerimento ad uso stampa. Qualcuno aveva intenzione di far riprendere le immagini fotografiche del materiale sequestrato all'interno della Diaz».


«Se ho commesso un errore è di non essermi reso conto di quello che era successo lì dentro, se ho una cosa di cui mi devo rammaricare è proprio questa»

«Mi sono assunto alcune responsabilità che a mio avviso non mi competevano, cercare di dare un minimo di organizzazione nel bailamme in cui nessuno capiva più nulla; poi ho raggiunto il mio referente (La Barbera) e da quel momento ho smesso di interessarmi a tutta la vicenda»

Il pm Zucca suggerisce: «Lei parla degli "equipaggi misti"( per rastrellare le strade della città), i cosiddetti pattuglioni». Luperi: «Furono costituiti la sera del 21». Da chi? Luperi: «Gratteri mi disse che si era messo d'accordo con la Barbera». Zucca: «La Barbera quale ruolo avrebbe avuto in questo?». Luperi: «Non lo so, così mi disse Gratteri ».

Francesco Gratteri, allora dirigente Sco, uno dei dirigenti indagati,( "Secolo XIX"31 settembre) "La cosa che mi stupì- ha riferito ai pm - fu, a distanza di brevissimo tempo dal mio arrivo, l' arrivo delle telecamere e dei fotografi. Tant' è che mi arrabbiai con qualcuno, non tanto per la presenza delle telecamere, quanto per il fatto che la loro presenza richiamava i ragazzi che stavano sopra, come se stimolasse, la presenza delle telecamere, quei ragazzi a protestare vivacemente".

la scena delle false molotov

Così argomenta Francesco Gratteri, capo dell'Antiterrorismo, uno dei poliziotti più noti e potenti, l'uomo che ha arrestato le nuove Brigate Rosse ma anche quello che rappresentava il Ministero dell'Interno nella notte della Diaz.

Di fronte ai sospetti di essere in qualche modo coinvolto nei falsi, Gratteri s'infuria ancora: «La persona che ha sfondato il quadro di Bagarella contro la parete l'ho m andata a casa, dopo che non dormiva da tre giorni e da tre notti, perciò io non le faccio queste cose e non le fanno quelli che stanno con me». «Se delle persone volutamente e secondo un progetto hanno sistemato delle bottiglie molotov o degli altri strumenti di reato, o strumenti con cui sono stati commessi reati, sotto i miei occhi questo non è accaduto. Però condivido: certe cose dovevano essere sicuramente fatte meglio. Non riesco a controllare tutto contemporaneamente. Non riesco a controllare quello della squadra mobile, del reparto mobile o dello Sco che piglia le bottiglie e le porta là, questo è il problema »

L'attuale numero uno dell'antiterrorismo osserva il filmato che riprende la scena: «Non ho assolutamente ricordo». Il pm: «E' il momento più significativo del rinvenimento di queste bottiglie». Gratteri: «Guardi, io questo non lo ricordo ». «Io questa scena non la ricordo, guardi». «Probabilmente sono passate in mano a tutti, voglio dire che possono essere passate pure in mano a me, dico io».

Franco Gratteri, uomo di punta della lotta alla mafia e pupillo di De Gennaro, fa la figura di quello che c'era ma forse dormiva: tutta colpa dei celerini, dice Gratteri, perdendo tempo solo a spiegare della squadretta da lui mandata "per errore" al Media center della scuola di fronte (computer distrutti, hard disk trafugati...) e a correggersi come può dopo la visione del filmato che lo inquadra a pochi metri da Gilberto Caldarozzi (suo vice) che confabula con Luperi con la busta in mano (manifesto del
7 gennaio 2003)

Gratteri non sa indicare chi abbia ritrovato le molotov. Quando ammette che nessuno ha cercato, in quel frangente, di capirlo. Il magistrato: «Non è possibile, non è possibile. Consultati tutti i funzionari, praticamente li abbiamo interrogati tutti, nessuno è in grado di dirci chi ha trovato e che cosa». Gratteri: «Posso essere d'accordo sul fatto che questo non sia decoroso».

«Ricordo che quella sera ho fatto un paio di telefonate a Manganelli (vicecapo della polizia), una per riferire su quanto stava accadendo e sulla presenza dei feriti, una per riferire della presenza delle molotov (...) Troiani l'ho
riconosciuto sul giornale e davo per scontato il ritrovamento durante la perquisizione (...) (interrog. 30 luglio 2002)


Qualcosa di anomalo e' successo

....ci sono episodi già denunciati di comportamenti anomali?
«A me personalmente non risulta. E’ ovvio che qualcosa di anomalo è successo, ma si sta indagando. Da quel che mi hanno detto anche la resistenza è stata lunga, organizzata e accanita. Non credo che sia possibile, come dice qualcuno dei ragazzi, che dentro la scuola dormissero tutti quando è stata fatta l’irruzione. E’ stato tale il frastuono fatto per superare la resistenza fuori, fra lanci di bottiglie, pietre e cancelli sbarrati, che la gente si è svegliata anche nei condomini di fronte».

«L’intervento è stato sicuramente troppo energico. E degli eccessi probabilmente ci sono stati. Qualcuno, a livello singolo, può aver fatto delle fesserie o essersi abbandonato a episodi di esagerazione gratuita. Ma di sicuro non si può parlare di un’azione di massa né si può dire che è stata richiesta dal vertice».

Notizie ne' vere ne' false, verosimili...

<>


Verosimilmente gli antefatti dell' irruzione

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Nell'occasione, il personale notò la presenza di numerose persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti black bloc. Rientrato in questura - ed è stato fatto rientrare da me -, il funzionario mi riferì l'episodio che in quel momento poteva connotarsi anche per aspetti di ordine pubblico e, nel rispetto delle competenze che ho già precisato, provvidi ad accompagnare il dottor Di Bernardini perché riferisse l'episodio al questore di Genova.

Nella stanza del questore di Genova si trovavano anche altri dirigenti, tra i quali il prefetto Andreassi, il prefetto La Barbera, il collega Luperi, il dottor Murgolo ed altri funzionari. Il questore, sentito il racconto del dottor Di Bernardini, attivò il dirigente della DIGOS, dottor Mortola, che, a seguito di un suo personale sopralluogo, appena rientrato in ufficio riferì di avere constatato la presenza in via Battisti di persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti black bloc. Lo stesso dottor Mortola in merito riferì di aver avuto un contatto telefonico con un rappresentante del Genoa social forum, che permise di acquisire ulteriore contezza che presso la scuola era possibile una infiltrazione di elementi non conosciuti al Genoa social forum, anche per la confusione conseguente alla partenza di migliaia di manifestanti, dopo la conclusione del corteo del pomeriggio.


Nella circostanza si decise, con il questore e con gli altri dirigenti citati, di procedere ad una perquisizione a norma dell'articolo 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, per la ricerca di armi che, com'è noto, furono poi rinvenute: mazze di ferro, coltelli, bottiglie molotov. Si stabilirono pertanto le modalità di intervento perché all'operazione prendessero parte il reparto mobile di Roma, il personale della DIGOS e della squadra mobile di Genova, nonché del reparto prevenzione e crimine dei carabinieri. Hanno concorso all'atto di polizia giudiziaria anche 60 dei 482 uomini a mia disposizione, dei quali soltanto sette appartenenti al Servizio centrale operativo, guidati da sei funzionari.

Con il dottor Caldarozzi e una aliquota del personale del Servizio centrale operativo che ho già detto, sono giunto in via Battisti quando già i reparti avevano fatto ingresso nella scuola e non ho pertanto cognizione diretta delle fasi della irruzione. Il personale del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili ha cooperato all'attività di perquisizione e di individuazione delle persone presenti. Il verbale di perquisizione e di arresto è stato quindi trasmesso, con la sottoscrizione degli operanti, all'autorità giudiziaria di Genova dalla squadra mobile e dalla DIGOS di quella questura. >>

Per sbaglio, casualmente....

Da diversi rapporti -trasmessi da Canterini-risulta anche che già alle 21,30 erano stati tutti allertati per un'operazione da compiere intorno alle 22,45-23. Lei dice che intorno alle 21,30, casualmente, si è verificato questo fatto che poi ha dato luogo, al ritorno del dottor Di Bernardini in questura, ad una serie di riunioni, e così via. Vi è incongruenza tra questi tempi, perché se il fatto è avvenuto alle 21,30, non è possibile che alla stessa ora già fosse stato previsto. Addirittura, i giornalisti affermano di essere stati preavvisati alcune ore prima che sarebbe successo qualcosa del genere. (componente commissione parlamentare sul G8)

<
Gratteri ha poi ribadito che la polizia è entrata per sbaglio nel Media Center del Genoa Social Forum (dentro la scuola Pascoli, di fronte alla Diaz) … e appena Gratteri saputo dell' irruzione lì, aveva ordinato ai suoi uomini di ritirarsi. Non ha spiegato, però, come mai nello 'sbaglio di irruzione' i solerti agenti hanno provveduto a distruggere gli hard disk dei computer del Genoa Legal Forum, dove guarda caso cominciavano ad essere registrate le denuncie e i racconti delle violenze subite dai manifestanti in quei giorni.

Se dovessi impostare un'indagine su quanto accaduto alla Diaz partirei dal dato che a provocare il caos dentro la scuola potrebbe essere stato qualcuno del reparto mobile o di altri reparti, così come l'episodio dell'accoltellamento simulato (...) Penso anche che l'episodio delle bottiglie sia stato montato per giustificare quanto accaduto dentro la
Diaz. (...) sarebbe importante determinare chi abbia comandato a Troiani di venire alla Diaz».( Gratteri interrog. 30 luglio 2002)

"Oggi forse non ripeterei quello che ora forse ritengo un errore, e cioè essermi recato là"

Qualcuno ha esagerato

«Io penso che l'episodio dell'accoltellamento simulato sia stato determinato dal fatto che qualcuno ha esagerato... Che l'episodio dell'accoltellamento potesse in qualche maniera parare, giustificare, coprire l'eccesso di violenza usato»


"Ma chi c'era alla scuola?" "Chi c'era?",
risponde il poliziotto con un sorriso ironico, "c'erano Minnie, Pippo e Topolino"

e anche Gilberto Calderozzi, capo e vice capo dello Sco, insieme con una dozzina dei loro uomini, si trovavano nel bel mezzo dell'azione...
"Verso le 22 una macchina della polizia viene bersagliata da un lancio di oggetti provenienti dalla scuola. Uno degli agenti a bordo chiama subito un suo amico che si trova in via Trento, la via cioè che passa proprio dietro alla sede del Gsf. L'amico in questione è Gilberto Caldarozzi che, in quel momento, sta effettuando dei "controlli" insieme a sette/otto agenti dello Sco. Questo fatto viene confermato da Lalla. Ma che ci faccia Caldarozzi in via Trento resta ancora un mistero: lo Sco, secondo il piano di sicurezza, doveva occuparsi della zona rossa e non del pattugliamento
delle strade" (da il manifesto del 3 agosto 2001)

Mezza ammissione

"Devo anche ammettere, per onor di verità, una cosa che è stata detta in quest'aula. Dal momento che allo SCO era stato demandato di verificare all'interno della zona rossa eventuali disservizi, come mai lo SCO stava al di fuori di essa? Una delle domande che mi ha fatto l'ispettore Micalizio è stata la seguente: tu sapevi che lo SCO stava al di fuori? Io ho risposto di no; egli ha detto che il questore avrebbe dovuto saperlo ed io ho accettato il rilievo " (Francesco Colucci questore - Audizione )


Alle ore 22.20 circa del 21 luglio venivo informato che

Parla il questore Francesco Colucci

"Alle ore 22.20 circa del 21 luglio venivo informato che, mentre transitavano in via Cesare Battisti al comando di un funzionario della squadra mobile di Roma, alcune pattuglie miste della «mobile» e DIGOS (Divisione investigazioni generali e operazioni speciali) erano state oggetto di una aggressione con lanci di pietre e bottiglie nonché a mezzo di calci inferti alle auto, un'aggressione messa in atto da più di cento persone, molte delle quali vestite di nero. Nella circostanza nel mio ufficio erano presenti, tra gli altri, il vicecapo vicario della polizia, prefetto Andreassi, il direttore centrale della polizia di prevenzione, prefetto La Barbera, il dirigente superiore Luperi, il dirigente superiore Gratteri, direttore del servizio centrale operativo.
Il dirigente della DIGOS fece subito presente che in via Cesare Battisti vi erano degli studi scolastici concessi al Genoa social forum da comune e provincia per insediarvi il centro stampa: nella circostanza si ritenne utile incaricarlo di compiere un attento sopralluogo.(...)


come di consueto, la raccomandazione impartita a pagina 179

"Alle ore 23 circa, all'interno della sala riunioni della questura, si svolse una riunione operativa cui presenziai insieme al prefetto La Barbera e nella quale ebbi modo di ribadire a tutti, come di consueto, la raccomandazione impartita a pagina 179 della mia ordinanza del 12 luglio di improntare l'attività alla massima moderazione, cautela e prudenza. Preciso di aver lasciato la riunione prima che fosse terminata la discussione sulle modalità operative dell'attività. Alle ore 23,30 l'operazione aveva inizio secondo modalità sulle quali ritengo non poter al momento fornire valutazione alcuna, trattandosi, come già sostenuto, di materia oggetto di approfondita indagine giudiziaria. "

Aggiungo che circa un'ora dopo - a fronte delle notizie che si ricevevano dai funzionari sul posto tramite comunicazioni telefoniche e che riferivano di una situazione assai delicata per l'ordine e la sicurezza pubblica all'esterno dell'edificio scolastico - disponevo l'invio di ulteriori contingenti dell'Arma dei carabinieri, sotto la direzione del vicequestore vicario dottor Calesini, allo scopo di fronteggiare eventuali intemperanze verso il personale impegnato nell'operazione di polizia giudiziaria da parte di una folla di persone che si andava radunando sulla strada. "

Credo che vi fosse una linea di comando....

"FRANCESCO COLUCCI, Questore. Si sono recati diversi funzionari alla scuola Diaz, circa venti, venticinque. Io sto parlando dei due funzionari della questura di Genova, il dirigente della squadra mobile ed il dirigente della DIGOS. Per quanto riguarda la squadra mobile sono andati il dottor Gratteri, direttore dello SCO, il dottor Caldarozzi ed altri funzionari che erano a Genova aggregati alla squadra mobile. Io volevo mandare anche il dottor Lapi come funzionario mio referente diretto, ma in quella riunione mi venne ricordato che il dottor Lapi era stato ferito durante la manifestazione; va a suo merito che egli, nonostante fosse ferito, sia tornato nuovamente in servizio. È stato allora inviato il dottor Murgolo - ciò risulta anche nella mia ordinanza - che mi doveva affiancare per tutto quanto riguardava l'ordine pubblico. Lui si è offerto, e si è recato sul posto. A questo punto vi erano sia la linea di comando sia l'organizzazione. Successivamente si sono recati sul posto altri due funzionari che dirigevano i
due reparti della polizia e dei carabinieri e che dovevano essere di riserva in questura; li ho mandati lì per fronteggiare una minaccia all'ordine pubblico.
Io non sto dicendo la mia verità ma la verità oggettiva, con la coscienza tranquilla e serena. Ripeto che questo servizio è stato condiviso da me per primo, non mi sto tirando fuori. Credo che vi fosse una linea di comando anche se poi, durante l'esecuzione, quella confusione per la quale il magistrato sta svolgendo la sua attività giudiziaria; vi è stata ben venga quest'ultima se ciò servirà a fare maggiore chiarezza. D'altra parte anche alcuni funzionari, come il dirigente della DIGOS ed il dirigente della squadra mobile, trovandosi alla presenza di altri referenti ministeriali, chiaramente hanno avuto un minimo di perplessità su come si doveva svolgere l'intera operazione.

Una decisione contestuale

"Con riferimento alla perquisizione della Diaz in base all'articolo 4 del Testo unico, ricordo che l'attività prevista da tale articolo è di polizia giudiziaria. Con riferimento alla firma degli atti, ricordo altresì che sono stati firmati dal dirigente della mobile e dal dirigente della DIGOS di Genova. Ripeto ancora che si è trattato di una decisione contestuale, condivisa da tutti. (Commenti del senatore Bobbio), anche da ufficiali di polizia giudiziaria dello SCO presenti. "


FRANCESCO COLUCCI, Questore. Ho affermato nella mia relazione che nel mio ufficio la sera famosa perquisizione erano presenti oltre al questore - il dirigente della DIGOS mi fa un appunto -il vicecapo vicario della Polizia, prefetto Andreassi, e il suo segretario dottor Costantino, il direttore della direzione centrale polizia di prevenzione, il prefetto La Barbera, il primo dirigente Giovanni Fiorentino, il dirigente superiore Giovanni Luperi, il dottor Gratteri, direttore dello SCO, il dottor Gilberto Caldarozzi, dirigente dello SCO, il dottor di Bernardini e il dottor Murgolo, vicequestore vicario di Bologna. Il dottor di Bernardini è il funzionario che ha subito un'aggressione. Quando il dottor di Bernardino e il dottor Caldarozzi ci raccontano dell'aggressione subita, dopo esserci tutti consultati, si decide di procedere all'intervento ai sensi dell'articolo 41. Dico «si decide» perché sarebbe stato minimale affermare che l'intervento era stato deciso dal questore, vista la presenza nella stanza di altri esponenti qualificati del dipartimento."

E' stata un' idea condivisa....

"È stata una idea condivisa. Ripeto pertanto che si è trattato di un'idea condivisa da tutti, me compreso. Devo inoltre dire - la mia coscienza mi impone di farlo - che il prefetto La Barbera mi ha sollecitato - io non vi avevo nemmeno pensato, data la situazione di grande stanchezza - per fare intervenire sia l'elicottero sia i Vigili del fuoco con le fotocellule ed il gruppo elettrogeno.
Con questo voglio dire che mi assumo le mie responsabilità decisionali e non mi nascondo dietro un dito: la linea è stata condivisa. Non ricordo che ci sia stata qualche indicazione diversa, ma se il prefetto La Barbera, il direttore dello SCO o il vicecapo della Polizia mi avessero chiesto cosa fare avremmo riflettuto ancora di più.



Per quanto riguarda le scuole Pertini-Diaz lei parla di scelte operative. È vero: ho assistito, nella sala delle riunioni, al briefing tenutosi sul modo in cui intervenire, dato che il luogo non era facilmente raggiungibile. Dopo essermi preoccupato di fornire il supporto di un reparto inquadrato e di ribadire, così come ho detto nella mia relazione, la necessità di procedere con massima cautela e prudenza (e mentre dicevo questo era vicino a me - e l'ha sentito benissimo - anche il prefetto La Barbera), ho lasciato la riunione (anzi, se vogliamo essere più precisi, sono sceso giù per vedere il momento della partenza). Del resto, essendo questore di Genova, ho anche altri compiti ed altri incarichi.


Dal momento che si trattava esclusivamente di un'azione di polizia giudiziaria, una volta curato un certo aspetto con i miei referenti sul posto qualunque altra mia parola sarebbe stata di confusione in quel contesto.
Infine, non è esatto - mi consenta - quello che lei ha detto in riferimento al cancello, che è stato aperto con un mezzo nostro e non con quello di un privato (Commenti del senatore Tomassini)... Non è vero, è stato un mezzo del reparto mobile a sfondare il cancello.

FRANCESCO COLUCCI, Questore. Occorrerebbe fare una disquisizione giuridica in merito ai poteri del capo della Polizia sul questore di Genova: la legge parla chiaro e si riferisce all'autorità nazionale di pubblica sicurezza, che è il ministro, il quale dà gli input politici al prefetto ed altri input tecnici al direttore generale del dipartimento, il quale li trasferisce in capo al questore. Forse, ci si dimentica che il direttore generale del dipartimento è anche capo della Polizia. Quindi c'è una sorta di rapporto gerarchico tra capo della Polizia e questore. È un discorso un po' complesso che andrebbe, a mio giudizio, approfondito in altra sede; qui io mi permetto solamente di socchiudere una finestra. Non sta a me dare altri giudizi ed altre giustificazioni. Il capo della Polizia mi è sempre stato molto vicino per quanto riguarda questa attività. Non poteva fare altrimenti, è giusto così e lo ringrazio anche per questo. Sarebbe da sciocchi pensare che un evento straordinario possa essere delegato al questore senza alcuna preoccupazione: oltre al supporto logistico, materiale, affettuoso ed umano, vi è qualcosa di più. Ecco perché ribadisco il mio ringraziamento al capo della Polizia ed al dipartimento, perché mi sono stati veramente molto vicini. "

si pente il prefetto

Arnaldo La Barbera, l'uomo della stagione d'oro dell'antimafia, il poliziotto tutto d'un pezzo caduto in disgrazia dopo il G8 di Genova muore a Verona dopo una lunga malattia
( il 12 settembre 2002). Allora capo dell'antiterrorismo (Ucigos), quando viene sentito dai magistrati nel giugno del 2002 dichiara:

"L'errore che è stato fatto è stato quello di passare là...come versare benzina sul fuoco"

Ma quel sabato 21 luglio 2001 il Di Bernardini riparla con Gratteri e Caldarozzi dei fatti (la finta sassaiola di via Battisti) e quindi c'è la prima riunione, poco dopo le 22, nell'ufficio del Questore a cui partecipano anche il prefetto Ansoino Andreassi allora numero due della polizia, il prefetto La Barbera, Gratteri, Caldarozzi, Nando Dominici (ex capo della Mobile di Genova), Spartaco Mortola (ex capo della Digos di Genova) insomma i vertici della polizia italiana presenti a Genova. Nasce l'operazione Diaz in base all'articolo 41 del Tulps (la ricerca di armi):

"L'idea forse partì da La Barbera, ma tutti furono d'accordo, senza eccezione", dice Lorenzo Murgolo, vice questore vicario della Questura di Bologna, il 22 giugno dell'anno scorso in Procura.


Qualche forzatura giuridica

Spartaco Mortola, ex capo della Digos di Genova,
oggi responsabile dell’ufficio tecnico-logistico della questura di genova, al terzo interrogatorio, il primo da indagato, riferisce: «Ho visto per la prima volta le bottiglie dentro la scuola, a piano terra, dove mi trovavo (...) Ho dato disposizione di metterle con gli altri reperti sul telone»

Sulle modalità del ritrovamento Mortola dice : «Effettivamente ho fatto un po' di confusione, sono emotivamente
scosso (...) Prendo atto che gli elementi evidenziati nell'arresto e perquisizione non sono stati sufficienti per attribuire i reati ai singoli arrestati (...) A posteriori posso dire che c'è stata qualche forzatura giuridica, ma abbiamo pensato che contestando il reato associativo fosse superabile il problema dell'attribuzione dei singoli fatti (...)». Il 30
luglio(2002) ancora Mortola: «Ricordo che le bottiglie mi vennero portate in sacchetto chiaro, sgualcito, all'interno della scuola, da due agenti del reparto mobile».

Spartaco Mortola riconosce che quella notte arrestare i manifestanti fu probabilmente "una forzatura giuridica".

Il sopralluogo

Mortola, il capo della Digos genovese, viene mandato a fare un sopralluogo in piazza Merani, sopra la Diaz.
Al termine della ricognizione che precede l'assalto - dopo che quattro auto, dichiara il vicequestore Di Bernardini sono state prese a pietrate - «A seguito dell'episodio,ipotizzando la presenza dei responsabili degli incidenti di piazza, lo scrivente si recava sul luogo al fine di svolgere una opportuna ricognizione. Giunto in piazza Merani avevo modo di accertare che sulla stessa, con funzioni di ;vedette', intenti a bere birra sostavano alcuni giovani. La stessa situazione veniva rilevata nelle strade circostanti l'edificio scolastico Diaz. Davanti a questo, inoltre, sostavano circa 150 persone, nella quasi totalità vestite di nero, che erano in possesso di un consistente numero di bottiglie di vetro contenente birra».

Mortola poi telefona a un referente del Gsf , Stefano Kovac, che lo avrebbe informato che la situazione non era del tutto sotto controllo. Secondo Mortola avrebbe anche detto che potevano esserci soggetti non graditi,
degli infiltrati, probabilmenteanche dei black bloc, ma Stefano Kovac, responsabile logistica del Genoa Social Forum durante i giorni del G8, sentito come teste dal pm Enrico Zucca, smentisce tutto e ribadisce che il giorno del blitz notturno della polizia alla scuola Diaz, aveva pregato Spartaco Mortola, dirigente della Digos, di non alzare la tensione perchè la situazione era sotto controllo.

Mortola aveva avvistato «un centinaio di tute nere». Nessuno dei tanti capi, critica Micalizio (superispettore del governo), «ebbe dubbi su quella segnalazione».

Mortola il 27 ottobre 2001, ‘’Era comunque stato previste e altamente probabile che ci sarebbe stata una reazione di resistenza da parte degli occupanti dell’edificio scolastico, come era desumibile dagli episodi ai danni delle pattuglie’’.

Belinate

Nell' interrogatorio di fronte al pm Enrico Zucca il 23 luglio 2002
l'ex capo della digos di Genova dichiara a proposito delle false Molotov, che un altro poliziotto, il capo della Mobile di La Spezia, Filippo Ferri, non sapendo dove «collocarle», avrebbe chiesto consigli al pm di turno: Pinto. E Pinto, avrebbe consigliato di collocarle nell'atrio: un luogo accessibile a tutti e tale da permettere di accollare il possesso dei due ordigni a tutti e 93 gli ospiti della Diaz.

Mortola incalzato da Zucca smentisce poco dopo le sue affermazioni che in seguito liquiderà come «belinate»; Ferri, interrogato sull'argomento, ha smentito di avere mai parlato con Pinto la notte del blitz.

«La Diaz è ancora una pagina oscura di questa seconda Repubblica - ha dichiarato Pinto - in cui sono rimasto coinvolto in maniera oggettiva. La stranezza è che io risulto coinvolto da parte di soggetti che si dicono all'oscuro di tutto».

Turlupinato

Gli avvocati di Mortola insistono: «II nostro cliente ribadisce con veemenza, nel caso in cui qualche falsità sia stata perpetrata, di essere stato turlupinato». Spartaco Mortola le molotov: le vede per la prima volta al piano terra della scuola, gliele mostrano due agenti del reparto mobile ("Guardate cosa abbiamo trovato"). Con lui ci sono due colleghi che non ricorda bene: forse La Barbera, Gratteri. Dice di aver visto dentro la Diaz "circa 50 persone a piano terra, tranquille e apparentemente non ferite", spiega gli errori nell'attribuzione delle prove a carico dei manifestanti sostenendo che "si era creata confusione". E quando gli si chiede del perché dell'arresto dei 93, risponde: "Posso solo dire, a posteriori, che c'è stata

Piu' o meno verso le 23.00 o giu' di li'...

Sono più o meno le 23.00 e dalla questura partono due colonne di mezzi capeggiate da Spartaco Mortola che arrivano alla scuola, trovano il cancello chiuso, lo sfondano con una camionetta ed entrano.

Silvio Romanelli, legale del capo del reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini, ha presentato al procuratore aggiunto Francesco Lalla, coordinatore del pool di pm che conducono le inchieste sui fatti del G8, una memoria in cui si riassumono i compiti e le responsabilità di un dirigente come Canterini.In sostanza, secondo il documento, il capo di un reparto mobile mette a disposizione i suoi uomini per i diversi servizi in vari posti. Ma gli
agenti sono sotto la direzione dei comandi provinciali, quindi della questura e dei funzionari della questura stessa. Secondo Romanelli, durante la perquisizione alla scuola Diaz c'erano due battaglioni di 40 uomini l'uno, uno dei quali era sotto la dirigenza della questura e l'altro delcapo della Digos Spartaco Mortola. Canterini, sempre secondo l'avvocato, era stato convocato in questura a Genova alle 22:30 dove gli era stato detto che i suoi uomini sarebbero
dovuti intervenire alla scuola Diaz alle 23:30. All'istituto scolastico, Canterini è stato presente in quanto c'erano i suoi uomini ma non in veste di dirigente.

Per sentito dire

Massimiliano Di Bernardini uomini della Digos di Genova, del reparto prevenzione crimine e del reparto mobile sono in azione di perlustrazione. «Alle ore 22,30 circa - relaziona Di Bernardini -, con l’unità operativa mi avvicinavo in via Trento transitando per via Battisti, ove nei pressi dell’Istituto scolastico "Diaz" eravamo costretti a rallentare notevolmente la marcia poiché la strada era impegnata da diverse autovetture che procedevano a passo d’uomo. Nella circostanza notavo che l’Istituto e i marciapiedi adiacenti erano occupati da un nutrito gruppo, circa 200 persone, molti dei quali indossanti capi di abbigliamento di color nero, simile a quello tipicamente usato dai gruppi definiti "Black bloc"».

Sempre secondo Di Bernardini: «A causa della ridotta ampiezza della carreggiata, le quattro vetture in dotazione, di cui le ultime due recanti i colori d’Istituto, si trovavano a stretto contatto con gli astanti che, accortisi del ridotto numero dei mezzi, iniziavano un folto lancio di oggetti e pietre contro il contingente, cercando di assaltare le autovetture. Nella circostanza si udiva chiaramente gridare: "Sono solo quattro, sono solo quattro". A tal punto, per altro inseguiti dalla folla, riuscivamo, azionando anche i segnali di emergenza, a guadagnare una via di fuga, sempre sotto il tiro di oggetti contundenti».
(la Stampa, 30 luglio 2001)

«Nel corso delle indagini, ha spiegato il magistrato(Zucca) - e` emerso che nessun poliziotto ha scritto esattamente cosa era successo davanti alla Diaz, anzi tutti hanno dato versioni contrapposte o per sentito dire».
Questo episodio pero` non risulta dai verbali dei superiori, tra cui il funzionario romano Massimiliano Di Bernardini, che scrisse solo di una fitta sassaiola, specificando in seguito, davanti ai pm, che gli era stata riferita, come anche il lancio di un bullone. Di Bernardini scrisse pero` di aver visto di persona lanciare una bottiglia di birra sopra una delle quattro auto civetta della polizia e un manifestante che si aggrappava allo specchietto retrovisore di una vettura.

Di Bernardini poi sosterra' di aver riportato «fatti riferiti da altri».

"Eravamo in grande tensione per il pericolo scampato", dirà Di Bernardini ai pm del suo arrivo al bar, "Circa il lancio di oggetti che io non posso testimoniare direttamente, ho sentito che un agente del Reparto Mobile di Roma che era a bordo del Magnum che chiudeva la fila della nostra pattuglia, appena sceso dalla vettura mi ha detto le testuali parole : "dottore, ci hanno tirato addosso di tutto, bottiglie, pietre". E' l'unica fonte da cui ho tratto l'informazione su quanto è successo." (17 giugno 2002).

Il pm Zucca rivela che tre nuovi agenti sono stati indagati perche', in una relazione tardiva, hanno riferito di un grosso sasso che aveva sfondato un vetro blindato del loro furgone, tanto che il mezzo venne poi portato in una officina della polizia.

Il difensore di Di Bernardini, Massimo Lauro, ha commentato: «Il mio assistito riferi` ai magistrati di aver saputo da un agente del reparto mobile di un sasso che aveva sfondato la camionetta. Mi pare dunque che non ci sia niente di nuovo sotto il sole».
(La Repubblica maggio 2003)

Un folto lancio di oggetti e colleghi scomparsi

«Alle ore 2 Iniziava un folto lancio di oggetti e pietre contro il contingente. Gridavano: "Sono solo quattro". Inseguiti dalla folla, azionando i segnali di emergenza, guadagnavamo la via di fuga». Secondo il verbale sono le 22.30. Un’ora dopo inizia la perquisizione alla Diaz.

L’ispettore Massimiliano Di Bernardini stende in prima persona il rapporto sulla fitta sassaiola, poi ammette di non essere stato presente e di aver raccolto testimonianze di colleghi. Colleghi non si riescono a individuare, né si trova traccia di auto danneggiate.

E' vero ma io non c'entro


Il commissario Massimiliano Di Bernardini, disse di avere visto Piero Troiani alla Diaz con le due bottiglie molotov in mano mentre si dirigeva verso il vice capo del Servizio centrale operativo, Gilberto Caldarozzi

I pm gli contestano i ricordi di almeno due funzionari presenti quella notte in via Battisti: "Le due molotov erano nelle mani del vicequestore che per primo aveva segnalato la sassaiola alla Diaz, Di Bernardini".

Se dunque lui conferma, il cerchio è chiuso. Ma Di Bernardini fa qualcosa di diverso, che reingarbuglia la matassa: "E' vero - dice - le molotov le avevo in mano io, ma mi vennero consegnate da Troiani".

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"blu sky" 2 lucignolo Tuesday, Dec. 07, 2004 at 1:24 AM
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