Sono giorni storici per il Congo, ma la quiete per il paese africano è ancora un miraggio.
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E’ stata presentata in questi giorni la nuova costituzione, frutto di anni di mediazione e di pressioni internazionali, che dovrebbe essere votata entro giugno, salvo un rinvio già scontato di qualche mese. Il presidente Kabila jr. ha presentato orgoglioso al mondo quello che da Kofi Annan è stato definito semplicemente “Un buon passo”. La nuova costituzione prevede: l’istituzione di 25 province, un compromesso tra unionisti e federalisti; il riconoscimento di tutte le etnie presenti nel paese al momento dell’indipendenza del ’60, risolvendo la questione dei Tutsi nell’Est; ed una divisione del potere tra un primo ministro di nomina parlamentare e un presidente a nomina diretta. L’età minima per fare il presidente è stata abbassata da trentacinque a trenta anni, non in omaggio alla giovanissima età media del paese, ma con un occhio all’età di Kabila Jr., trentatreenne rimpiazzo del padre assassinato, e rappresentante diretto del potere reale nel paese. Non è un caso se i materiali per le elezioni saranno forniti dall’azienda belga Zetes Pass: 10.000 macchine fotografiche digitali, 10.000 macchine digitali per impronte, 10.000 cellulari ed altrettanti generatori; l’ennesima prova che gli interessi dei paesi dominanti fanno tornare a casa i fondi che in teoria vengono spesi per gli aiuti; il Belgio non è certo il Bengodi dell’elettronica di consumo. Nel frattempo la missione Onu nel paese è diventata la più numerosa al mondo, oltre 14.000 uomini principalmente da India, Pakistan, Bangladesh e Nepal, l’ultimo mix dopo le pessime prove di occidentali e nordafricani, troppo inclini ad approfittare della popolazione locale. In compenso gli asiatici si sono dimostrati pronti ad accettare battaglia nel distretto dell’Ituri, la zona vicina all’Uganda in mano a decine di bande di armati rimasti senza guerra. Il nuovo approccio, molto duro, comporta che i soldati dal basco azzurro stiano realmente combattendo e disarmando le bande; anche se sono stati riportati episodi di uso eccessivo della potenza bellica, le popolazioni locali sembrano gradire, a costo di pagare il prezzo di diverse vittime civili duranti le operazioni più cruente. L’azione dell’Onu, che in Ituri schiera carri armati ed elicotteri e usa tutta la sua potenza di fuoco, manca però nel Kivu, dove ex milizie alleate del Ruanda conducono stragi e stupri senza alcun contrasto; nella zona la Monuc resta nei tradizionali limiti di osservatore; le milizie in questione, oltre ad essere vicine al Ruanda che ha mire sulla zona, furono alleate del padre di Kabila nella sua conquista del potere. In Congo si sta provando, in silenzio, quel nuovo profilo di intervento internazionale -pesante- che da anni si reclama come necessario nei confronti delle crisi mondiali. Resta un intervento che non impedisce la conservazione al potere di un leader chiaramente imposto dall’esterno del paese, per ora giocato ipocritamente contro le resistenze militarmente meno significative, e perfettamente allineato alle esigenze dei tradizionali padroni del paese, che non sono certo i congolesi. Il Congo sembra destinato a rientrare definitivamente sotto la tradizionale influenza delle forze colonizzatrici, almeno per i prossimi anni, visto che non si vede chi potrebbe insidiare la rielezione di Kabila ed il potere dei suoi sostenitori, che saranno quindi padroni del paese per almeno altri sei anni. Tutto questo dopo aver perso almeno cinque milioni di abitanti negli ultimi dieci anni, avendo ancora un numero imprecisato di profughi dispersi dentro e fuori le frontiere. Un paese ricchissimo devastato dalla lotta infinita per impadronirsi delle sue incredibili risorse. Nonostante oltre un secolo e mezzo di dominazione , nonostante le uniche infrastrutture costruite dai generosi occupanti siano solo una ferrovia ed una diga; nonostante il Congo sia sempre stato un esportatore netto, il paese è tra i più indebitati dell’Africa, con un rapporto deficit/pil del 225%, 12 miliardi di dollari di debito, circa dodici volte il volume dell’export annuo. Forse la stranezza dipende dall’equità degli scambi imposti ai poveri congolesi dagli astuti mercanti e politici bianchi, se è vero che già Morton Stanley trattando con i due più grandi re della zona, ottenne per conto di re Leopoldo II il dominio assoluto sul paese al prezzo di :“un capo di buon vestiario al mese”; per ciascuno dei due re, poi trucidati. Chissà se ai congolesi hanno mai pagato qualcosa ad un prezzo onesto, nel paese che è considerato uno scandalo geologico e un paradiso minerario, ora anche saccheggiato nel legno delle foreste, a rischio di vedere cementato il corso del fiume Congo per un progetto internazionale dalle dimensioni triple di quello della diga delle Tre Gole in Cina; chiaramente per produrre energia che non serve ai congolesi, ma ai paesi vicini e alla vanità della Banca Mondiale. Hanno già Inga I e Inga II, questa sarebbe Grand Inga, un complesso sistema di dighe, che ha entusiasmato i paesi donatori. Il progredire della relativa pacificazione significa anche l’avvicinarsi di spettri come questo.
mazzetta@reporterassociati.org
i precedenti http://italy.indymedia.org/news/2005/03/741709.php http://italy.indymedia.org/news/2004/12/688765.php http://italy.indymedia.org/news/2004/07/585597.php
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