La mattina dello scorso giovedì, due enormi bulldozer scavarono la terra con energia, come hanno fatto negli ultimi mesi, in un wadi a nord di Ramallah. Nel corso degli ultimi due anni, con la graduale chiusura al traffico palestinese di tutte le strade nel West Bank, questo villaggio è diventato un centro di passaggio centrale ed importante attraversato a piedi quasi quotidianamente da centinaia o migliaia di persone sulle vie che collegano Ramallah ai villaggi limitrofi ed al campo rifugiati Jalazun. I tassì li lasciano da una parte del villaggio e loro scendono la collina tra massi per poi giungere all'altro capo del wadi, dove svariati tassì li aspettano. Questo, ovviamente, accade quando lì non ci sono soldati appostati con le loro armi, granate a gas e bombe asfissianti, i quali fermano quelle persone.
Lo scorso giovedì il passaggio era impossibilitato da una jeep della polizia e da una camionetta militare. Non c'erano molte persone, ad ogni modo, a causa del coprifuoco imposto su Ramallah (in vigore anche prima il rinnovato assedio al Muqata e prima della sua demolizione). Un'ambulanza che viaggiava sulla strada che taglia per il wadi - vietata ai palestinesi - fu fermata nei pressi della jeep della polizia e controllata.
Una donna anziana scese dall'ambulanza e, con l'aiuto di una donna giovane, iniziò a scalare le rocce del versante nord, fermandosi ogni tanto per riposarsi su una roccia. Una macchina arrivò in cima al pendio e una donna ed un uomo sulla trentina ne uscirono. Entrambi erano dottori, che erano stati chiamati con urgenza dal villaggio di Sinjal (a circa 10 chilometri a nord di Ramallah). Nottetempo gli era stato impossibile muoversi, e v'era un viaggio lungo e difficile ad attenderli, che iniziò con il sorpasso della jeep della polizia ed evitando gli occhi ed i fucili dei poliziotti.
Tutt'intorno vi erano scavatrici al lavoro. Una recinzione intorno alla strada avrebbe prevenuto il passaggio attraverso il wadi e lentamente completerebbe l'isolamento dell'enclave di Ramallah, che è stato già bloccato a sud da una recinzione.
Lunedì pomeriggio, un avvertimento dei servizi di intelligence provocò il blocco di tutte le strade per raggiungere il quartiere palestinese in Gerusalemme-nord. In un asilo grande del villaggio, con circa 250 studenti dai tre ai cinque anni, gli insegnanti decisero di sbrigarsi e di accompagnare i bambini all'incrocio tra Aram e Beit Hanina, dove vivono i genitori preoccupati in Gerusalemme-est. Nessuno sa per quanto tempo ci sarà questo coprifuoco ed è difficile mantenere così tanti bambini piccoli in condizioni di guerra. I maestri dell'asilo speravano di essere capaci di convincere la Polizia di Confine per lasciar passare i bambini, ma la polizia iniziò invece a lanciare loro gas lacrimogeni e bombe asfissianti - a distanza di pochi metri, secondo quanto testimonia uno dei membri dello staff. Alcuni di questi poliziotti tenevano cani di grande stazza abbastanza vicino ai bambini, che ovviamente aumentarono il panico. (La risposta del portavoce delle Forze di Difesa israeliano non ha raggiunto il giornale Ha'aretz in tempo)
Queste due scene di vita quotidiana non fanno più notizia, se mai lo sono state. Ciò non è dovuto agli attacchi terroristici a Tel Aviv ed Hebron, né alle nove persone uccise nelle schiere dell'esercito israeliano durante un attacco a Gaza. Questi eventi non fanno notizia in Israele perché accadono tutti i giorni. Non sono "notizie" perché nel catalogo spontaneo prodotto dalla società israeliana, e quindi anche nei media, sono solo storie "stancanti" sulle sofferenze palestinesi, per le quali i palestinesi stessi sono da condannare.
Nessuna sofferenza di popoli, palestinese o non che sia, è degna di far notizia. Dopo tutto, coloro che determinano l'agenda sono prevalentemente politici e l'elite. Solitamente, la "sofferenza" deve far rumore, se non essere violenta, se deve essere degna di notizia e per avere i media che non collaborano con le autorità nel mascherarla. Eppure l'errore tecnico è che queste vicende non sono le solite sofferenze, il cui obiettivo è quello di suscitare pietà nei cuori della gente. Può essere sofferenza palestinese oppure etiope oppure quella di bambini che vivono al di sotto della linea della povertà - la sofferenza rimane comunque una questione politica, nascosta al grande pubblico sebbene a lungo andare il grande pubblico ne sia condizionata.
Gas lacrimogeno lanciato dalla polizia a bambini piccoli e bloccare dottori, evitando che possano raggiungere i propri pazienti nei villaggi - queste azioni appartengono ad una politica decisa dall'alto, anche se il primo ministro Ariel Sharon sia ignaro di tutto ciò e non abbia firmato tutti gli ordini per ogni container di gas lacrimogeno ed ogni ostruzione di medico. Quanto meno si sa in Israele a riguardo di questa politica, minore sarà il numero di domande che verranno domandate a riguardo della sua efficacia a lungo andare. I dottori non poterono andare di notte al villaggio ed i bambini - per paura del gas lacrimogeno e dei cani - non sono tornati al loro asilo ieri. Però, la loro sofferenza e la loro rabbia incitano chiunque voglia vendicarsi e abbia già deciso di morire - molto di più di quanto non siano convinti dai richiami ufficiali per evitare che colpiscano altri civili israeliani. Nessuna recinzione, né posto di blocco, né gas lacrimogeno li scoraggerà.
Ha'aretz 25 settembre 2002
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