Resoconto sulla manifestazione di Parma del 25 maggio contro carcere e repressione, contro il 41 bis e l’isolamento e a sostegno delle lotte dei prigionieri.
Sotto una pioggia, a tratti battente, qualche centinaia di persone provenienti da quasi tutta Italia (Sardegna compresa), e di diversa collocazione politica, hanno sfilato per le vie di Parma e tenuto un presidio al carcere sotto un tendone e dei gazebo montati all’istante. Un esempio della necessità e possibilità di lottare uniti, quando si viene colpiti dagli attacchi repressivi e si intende sviluppare la lotta e la solidarietà di classe contro il carcere e la società che lo crea.
Forte la risposta da dietro le sbarre dei prigionieri.
In testa al corteo gli striscioni:
“Carceri sicure da morire - D.A.P. covo di assassini” “Contro carcere differenziazione, 41 bis, solidarietà ai prigionieri in lotta - abbattiamo il capitalismo” dell’assemblea di lotta “Uniti contro la repressione”
Lungo tutto il corteo, e di fronte al carcere di Via Burla, dall’impianto si sono succeduti interventi sia sulle condizioni di vita in carcere sia sulla repressione all’esterno subita, nella crisi, da un numero sempre maggiore di proletari, lavoratori, disoccupati, studenti, immigrati e compagni che non subiscono passivamente le misure di lacrime e sangue che i padroni vorrebbero imporre con la forza. In particolare è stata denunciata l’incredibile militarizzazione della città, avallata dalla giunta grillina, con enorme dispendio di denaro pubblico (e la spending review?). Sono state anche lette più lettere giunte da diverse carceri italiane in occasione della mobilitazione, importanti quelle dal carcere Buoncammino di Cagliari, seguita da 301 firme, e da Viterbo che comunicavano l’inizio di forme di lotta collettive (rispettivamente sciopero del carrello e della fame).
Allucinante il clima creato ad arte nella città, per isolare e criminalizzare la mobilitazione, con il chiaro obiettivo di non far parlare i compagni tra la gente di carcere e di articolo 41 bis, simbolo dell’ultra legalità, baluardo della sinistra borghese, ma sul quale l’intera classe politica al governo si trova unita. È stata creata una zona rossa al rovescio attorno a tutto il percorso del corteo, in modo che gli abitanti di Parma non vi potessero accedere, con tanto di campagna mediatica cominciata le giornate precedenti dal tono “Arriveranno i criminali, gli anarchici...distruggeranno tutto...”, e per l’occasione sono state addirittura chiuse le scuole in anticipo, evento eccezionale che non ha precedenti. Parma completamente blindata, circa 500 sbirri schierati tra poliziotti, carabinieri e finanzieri, istituito il divieto di parcheggio anche per i residenti – biciclette comprese, eliminati i cassonetti e piombati i tombini, addirittura le squadre dell’Unità Artificieri e un elicottero costantemente sopra il corteo con il palese scopo di disturbare gli interventi, le letture dal furgone e i tentativi di dialogo con i pochi passanti rimasti in giro. Il finale della giornata forse è stato ancora più surreale del suo inizio, con decine di blindati davanti e in coda a circa 200 compagni che avevano deciso di ritornare assieme al pullman e alle auto. Un’immagine che rievoca il passato, quando le truppe nazifasciste scortavano i partigiani per la città, in modo che la gente potesse vedere e prendere paura. Un enorme disagio per i cittadini esasperati di fronte al blocco di circolazione imposto che ha finito per suscitare la loro protesta.
Questa giornata, è stata per lo stato dei padroni l’occasione di una vera e propria esercitazione per possibili scenari d’intervento repressivo nelle città, che sta diventando sempre più una tendenza anche nella "civile" Europa: basti vedere cosa è accaduto nei giorni scorsi in Svezia, con interi quartieri tenuti sotto assedio dalle forze dell'ordine.
Per i compagni, oltre che una giornata di lotta e di solidarietà un’occasione per riflettere sulla situazione attuale e su come continuare e rilanciare la lotta sia contro la repressione che contro le condizioni di vita in continuo peggioramento legate indissolubilmente l’una all’altra e sull’impellente necessità di rompere l’accerchiamento.
È chiaro che il mostrare i muscoli della demokrazia blindata è stato rivolto non solo ai manifestanti, ma a tutti coloro che oggi, nella drastica situazione in cui la crisi del sistema economico li ha cacciati, possono rispondere alzando la testa. Quella che abbiamo visto è l’altra faccia dell’aumento della coercizione che è vissuta dentro le galere, dentro i Cie, dentro tutte le istituzioni totali e va di pari passo con l’aumento del controllo del territorio e delle politiche di guerra sempre più aggressive. Allo stesso tempo è anche una dimostrazione della debolezza e della paura della classe dominante, la loro demokrazia blindata fa acqua da tutte le parti, basta vedere le ultime percentuali dei votanti alle elezioni.
Così si smaschera da sola la “protezione civile” della democrazia, come si autodefiniscono i grillini. Il PD attaccava e attacca le mobilitazioni dando dei terroristi e infiltrati nei movimenti sociali ai manifestanti, ora i
grillini li appellano mafiosi. Non ci offendiamo, le bugie hanno sempre le gambe corte, durante il fascismo i partigiani venivano chiamati “banditen”.
Importante di questo corteo è non solo la giornata del 25, ma anche e soprattutto la miriade di iniziative concrete e dibattiti pubblici avvenuti in diverse parti d’Italia, dal nord al sud, la ripresa della mobilitazione da parte dei compagni di Parma e il fatto che questa iniziativa abbia dato forza ai detenuti per l’inizio di nuove lotte.
L’assemblea di bilancio collettivo dell’iniziativa si svolgerà il 22 giugno, nel frattempo la lotta e la mobilitazione continuano!
Assemblea di lotta “Uniti contro la repressione”