VODAFONE: ALTRO GIRO ALTRO REGALO?


Volantino distribuito sabato 22 settembre davanti al negozio di vodafone di via orefici a Milano in solidarietà ai lavoratori Vodafone.


[volantino Lavoratori del call center Milano]
[volantino RSU Vodafone Milano]

Innanzitutto diamo senso alle parole.
Esternalizzare: voce del verbo precarizzare. In termini legali si
chiama cessione di ramo d’azienda, ed il più bel regalo alle
imprese contenuto nella legge trenta.
Punto San Precario Evolution

In questo caso permette alla Vodafone
di "cedere" ad altra azienda 914 dipendenti, come pacchi
postali, in equilibrio precario sulle sponde del licenziamento. Ad
Ivrea, a Padova, a Milano, a Roma, a Napoli. Che sia chiaro, il
meccanismo è più sottile. Prima i lavoratori che si
trasferiscono mantengono tutti i diritti, dopo diciamo un paio d’anni
i diritti cominciano a svanire, il lavoro a peggiorare, e la
precarizzazione si mostra per quello che è: competizione,
ricatto, peggioramento delle condizioni e dei salari. Risultato? In
sei anni pochi dei 914 lavoratori/lavoratrici Vodafone rimarranno
tali.

O almeno questo è ciò
che si aspettano Vodafone e la “acquirente” Comdata. Perchè?!
Perchè ad ogni azione corrisponde una reazione e non è
detto che le cose vadano sempre come previsto.

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Sistema assistenziale come sistema di controllo

In questo breve studio vi è un capitolo estremamente esplicativo di ciò
che intendiamo per “precarizzazione assoluta”. Per quanto selvaggia,
oggi la precarietà è un prodotto del mercato del lavoro. Certo, i
governi l’hanno favorita e legiferata ma in questo momento il lavoratore
ha come controparte l’azienda o l’amministrazione, come nel pubblico
impiego. Una riforma come quella che il ministro Damiano sta studiando
invece introduce una forma di precarizzazione mista, prodotta dal
mercato e controllata dallo stato o dagli enti locali. Un sistema di
questo tipo non avrebbe rivali sociali. Leggere e ricordare per credere.


2 capitoli tratti da

Sergio Bologna

ed. Manifesto Libri

Dicevamo, per riprendere il discorso sul Partito comunista e per cercare
di capire le sue difficoltà, anche nel momento dei suoi maggiori
successi elettorali, che il suo potere virtuale nella società gli
derivava dall’ essere la maggiore organizzazione politica presente tra
la massa dei disoccupati; questo significa che la vera controparte
istituzionale della base comunista era l’amministrazione del Ministero
del Lavoro addetta alla gestione dei sussidi di disoccupazione, cioè un
apparato complesso e capillare, una delle colonne dello Stato
weimariano; il Partito comunista doveva dimostrare la sua abilità nell’
organizzare e gestire i conflitti sociali non sui luoghi di lavoro ma
sui luoghi dell’ assistenza.

Perciò è di fondamentale importanza, per
capire la crisi di Weimar e il passaggio al nazismo, conoscere a fondo i
meccanismi di controllo, di selezione e di disciplinamento di cui
l’apparato assistenziale poteva disporre. L’aumento vertiginoso della
disoccupazione conferì a questo apparato poteri larghissimi nella
fasefinale della Repubblica. potremmo dire che lo Stato, agli occhi del
cittadino, non aveva altro volto identificabile se non quello dell’
apparato assistenziale. I poteri discrezionali di questo apparato
aumentarono man mano, la sua funzione di "sportello di sussidi" fu
gradualmente sostituita dalla funzione di "raccolta d’informazioni sulla
persona".

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Comunicato sullo “scandalo welfare”

E alla fine la montagna partorisce il solito topolino, che assomiglia a uno scarrafone.
L’italia è un paese dal welfare schizofrenico, costoso e disarticolato. Il principio con cui era stato creato e poi cresciuto è chiaro: esso vuol essere un immenso tappabuchi.
I buchi sono le mille falle che il sistema italia di volta in volta ha generato. La questione meridionale, le ristruttutrazioni del sistema produttivo, le emergenze di ogni tipo sono state affrontate così, senza visione d’insieme. Tappa qua, tappa là e domani chi lo sà!
Ci siamo arrovellati sulla necessità/possibilità di scrivere un comunicato:
sdegnato ? incazzato ? analitico ?
Ci siamo resi conto però che sarebbe stato un’inutile esercizio di stile.
E’ evidente a tutti che un pacchetto del genere non intacca la precarietà e non riforma il welfare.
Ci soffermeremo quindi su poche e veloci valutazioni
Questo parto del tavolo sul welfare fa schifo, rientra nella piena tradizione italiota del tappabuchi e dimostra anche una preoccupante continuità con il pacco dei pacchi Treu. Siamo oramai convinti che nessuno abbia compreso la precarietà meglio del centro sinistra. Gli interventi parolai, minuscoli e parziali dimostrano la volontà di continuare, perseverare ed insistere. Lo pensano profondamente: la precarietà è necessaria e fa bene alle aziende.
Ogni scarrafone è bello a mamma sua.
Per quanto riguarda la sinistra radicale invece siamo convinti che costoro della precarietà non abbiamo capito un cazzo.
A forza di girovagare fra i meandri del movimento, un giorno, e nei corridoi dei palazzi quelli successivi, hanno smarrito nei mille tatticismi una qualsiasi idea di insieme. Solo così si spiega un risultato come questo: l’influenza percepibile della sinistra sedicente radicale sui pacchi Damiani è nulla. Non esistono correzioni ad un abominio simile che va contro a tutte le indicazioni, visioni, speranze che seppur nella diversità i movimenti contro la precarizzazione avevano indicato.

E’ chiaro che non bisogna tentennare. E’ necessario riprendere l’iniziativa al più presto possibile.
Ma bisogna avere più coraggio. Vi è un ritardo cronico, quasi resistenziale, nell’accettare le profonde conseguenzea cui la precarizzazione ci conduce.
Il precariato non può essere abolito, ma deve essere attraversato, agitato e servono strumenti nuovi e strategie differenti proprio perchè la precarietà ( il mondo precario) è il frutto di una sconfitta storica del modo di pensare e d’agire a sinistra.
Crediamo anche che la questione del reddito, ovvero l’ affermazione di un welfare realmente incisivo ed adeguato meritino un impegno ed una riflessione meno declamatoria e occasionale.
Ovvero: parlare di reddito oggi significa saldare una continuità fra un’ idea di welfare, un insieme di diritti, dentro e oltre il lavoro, e una nuova civiltà del conflitto.
Ci rivolgiamo quindi a chi, (precari e precarie, realtà lavorative, sindacati di base, centri sociali, reti e movimenti) in questi anni  ha animato una sana avversione ai meccanismi di precarizzazione.
Pensiamo che la cosa peggiore sia quella di organizzare lo sdegno in un corteo, simile a quello novembrino ( 4/11) dell’anno passato. Corteo che (ri)uscirebbe partecipatissimo ma poco efficace. A noi piacerebbe intraprendere una mobilitazione differente, che sappia sedimentare continuità, capace di indicare misure concrete e un piano di attuabilità,
con declinazioni locali e nazionali. Un punto di vista di precari/e, lavoratori, migranti.
Su questo e per questo ci impegneremo.

 

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Protocollo del governo su welfare e competitività  del lavoro


Logica straordinaria
La prima chicca riguarda gli straordinari. Attualmente, le aziende con più  di 15 dipendenti che superano le 40 ore di lavoro devono pagare un  contributo che aumenta al crescere degli straordinari. Miracolosamente, grazie al protocollo, i contributi aggiuntivi vengono azzerati. Tradotto: lo straordinario costerà meno. Non è difficile dedurre che tale strumento verrà utilizzato in maniera più massiccia. Davvero una bella pensata: l’orario medio in Italia supera le 1800  ore all’anno ed è tra i più alti in Europa (dati Ocse, 2007)!
IL SAGGIO DICE: la precarizzazione ha eroso prima i diritti e poi il  potere di acquisto dei lavoratori? Ha reso le imprese strapotenti e strafottenti?
Fatalità! Se non si vive  più con lo stipendio normale, stare al lavoro una dozzina di ore al giorno, è buono e giusto. Domani, se  necessario, potremmo pure fornire le aziende di una zona dormitorio con lettini pieghevoli.

La matematica non è un’opinione (per cogliere appieno gli importanti risvolti di questo secondo provvedimento bisogna aver sostenuto un esame: metafisica dell’analisi matematica 3 – prego astenersi incompetenti ). Qui si parla di competitività del lavoro e di accordi aziendali (quelli che si siglano solo nelle grandi imprese). Da un lato, gli sgravi contributivi a carico dei lavoratori aumentano dal 3% al 5% (pazzesco!!!), dall’altro, le imprese avranno uno sgravio di ben il 25% (cioè, 5 volte di più dei lavoratori).
Tradotto: se la contrattazione integrativa permette 100 euro lordi di aumento salariale -di cui 50 netti in busta paga- sui restanti 50, 2,5 euro (rispetto agli attuali 1,5) andranno in tasca al lavoratore, mentre le imprese risparmieranno, per ogni lavoratore,12,5 euro.
IL SAGGIO DICE: su questo secondo punto il saggio non ha un cazzo da dire.
Ma veniamo al clou, alla parte pregnante, attinente i contratti precari. Se quello che avete letto fino a questo punto vi sembra una presa in giro, non allarmatevi: ciò che segue è anche peggio.

Lavoratori terminali
Per i contratti a termine si prevede un tetto massimo di 36 mesi (che può essere diluito nel tempo) al termine del quale scatta l’assunzione a tempo indeterminato. Ma (c’è sempre un "ma" o un "se"), il passaggio non è automatico. Se l’impresa, con l’avvallo del sindacato o del singolo lavoratore (in assenza del sindacato), dichiara, presso la Direzione Provinciale del Lavoro, che ha bisogno di prolungare il contratto di lavoro temporaneo, il limite dei 36 mesi può essere bellamente ignorato. Ve lo immaginate il povero lavoratore che dopo tre anni di lavoro temporaneo dichiara di non essere d’accordo con il  prolungamento del tempo determinato? Senza contare che l’impresa può dismettere tranquillamente il lavoratore prima della scadenza dei 36 mesi e magari riassumerlo come interinale.
IL SAGGIO DICE: sbaglia chi pensa di scorgere un provvedimento contro la  precarietà partendo dal punto di vista del lavoratore a termine. Per lui poco cambia. Ma il sindacato, la direzione provinciale del lavoro, magari il tribunale e gli ispettori del lavoro avranno un bel daffare nel verificare, stipulare, analizzare l’eventuale continuità del lavoro a termine (decine di assunzioni negli ambiti  interessati?). Per sostenere il costo di tutta questa baracca si potrebbe trattenere qualcosa dalla busta paga del Terminale

Incentivazioni e rottamazioni
Il governo vuole abolire la piaga del precariato e quindi è disposto a dare incentivi per favorire l’assunzione di donne, giovani fino ai 29-30 anni ed ex lavoratori di età superiore ai 50. A tal fine si valorizza il contratto d’inserimento (ve lo ricordate i Cpe, il contratto di primo impiego francese?) Ovviamente, gli incentivi vanno alle aziende!
IL SAGGIO DICE: se si incentivasse il lavoratore giovane, la lavoratrice, il lavoratore over 50 a mandare a cagare le aziende, le loro sottoretribuzioni, i loro ricatti -la precarietà-, queste sarebbero costrette ad avere un atteggiamento ben più attento e meno vessatorio. La  scelta è questione di possibilità. Un welfare che cerca di incidere sul  mondo precario dovrebbe fornire scelta, possibilità e opportunità ai lavoratori e ai precari e non alle aziende.

Due pesi, due misure, un’unica presa per il culo
Il governo è sinceramente intenzionato a ridurre la precarietà e, con sommo gaudio, annuncia l’abolizione del lavoro a chiamata e dello staff leasing, cioè l’affitto di manodopera anche a tempo indeterminato. Questi provvedimenti riguarderanno lo 0,01%  dei lavoratori. Bene. Nel frattempo i MILIONI di co.co.pro rimangono in vigore. Anzi, per loro è previsto un aumento di un punto percentuale delle  aliquote contributive nei prossimi tre anni, dal 23,5% attuale al 26,5% del 2010.
L’intenzione è quello di rendere più caro per le imprese il ricorso al lavoro precario. In realtà, tale incremento viene quasi sempre scaricato sui redditi dei lavoratori. Attenzione! Il giochetto è semplice: se,  per esempio, un’ora di lavoro costa alle imprese, diciamo, 10 euro, di cui 3 in contributi e 7 in tasca al collaboratore, con l’aumento degli
oneri sociali avviene che i contributi passano da 3 a 4, il salario del lavoratore diminuisce, in proporzione, da 7 a 6 euro e l’impresa – beata – paga sempre 10 euro.
IL SAGGIO DICE: Ma che te lo dico affà?

Ammortizzare l’ammortizzabile!
Vi domanderete. Ma dove stanno i fantomatici provvedimenti di welfare? Non ci sono, ma arriveranno, niente paura. Ci sarà la riforma degli ammortizzatori sociali, cioè aumento del sussidio di disoccupazione e l’estensione della casa integrazione alle piccole imprese. Peccato, che oggi poco più di un quarto di quelli che sono di fatto disoccupati riescono a rientrare nei parametri giusti per accedere al sussidio di disoccupazione. E ci si guarda bene dal toccare tali parametri.
IL SAGGIO DICE: è comunque questione di quarti, quartini e quartetti. Per i quarti, fra i più famosi, c’è il quarto di bue, il quarto trimestre  e così via. Per i quartini, c’è quello di vino e quello che mi da il pusher quando sbiello e lo imbarazzo davanti alla gente per bene. Per i quartetti ricordiamo il quartetto Cetra, quello d’archi e i quattro dell’Ave Maria. In pratica tutto sta nel farsi trovare al posto giusto nel momento giusto (si fa prima ad emigrare).

La Confindustria plaude, i sindacati, Cisl e Uil, approvano. La Cgil, come al solito, si lamenta ma si appresta a firmare. I precari e le precarie si incazzano e sempre più comprendono che solo la loro autonomia li potrà riscattare.

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Report su precarietà  e reddito.

Torchiera Senz’acqua 15 luglio 2007

Nonostante la calura e soprattutto grazie ad un refrigerante
ventilatore si è svolto nel pomeriggio del 15 luglio in una Milano
deserta ma non per questa meno cospirativa la seconda giornata del
workshop cospir/attivo dell’Intelligence Precaria.

Tra i temi, quello
del rapporto tra precarietà e reddito. La partecipazione è stata un
poco inferiore a quella del sabato pomeriggio, un po’ per il periodo,
un po’ perché l’argomento reddito è ancora difficile da digerire.
Tuttavia, discutere di una nuova politica di welfare che si fondi sulla
continuità di reddito e salario minimo è oramai imprescindibile, che
piaccia o meno!

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