Esselunga pronta al poker

Da
"L’eco di Bergamo", 7 dicembre 2006

 

Esselunga
pronta al poker – Ai tre negozi in città  e provincia il gruppo
intende aggiungerne un quarto in pianura entro due anni Il presidente
Caprotti: «Territorio molto interessante». Aperto ieri il
nuovo punto vendita di Curno

Esselunga
mostra sempre più interesse per Bergamo. Dopo aver aperto a
metà  degli anni Settanta a Curno, negli anni Novanta a
Bergamo-via Corridoni e l’anno scorso a Nembro (dove c’è
interesse per un futuro ampliamento), si prepara a far poker con un
quarto «superstore» in provincia.«La provincia di
Bergamo è molto interessante: pensiamo di fare qualcos’altro
in futuro – ha dichiarato il presidente del gruppo Bernardo Caprotti,
ieri a Curno per l’apertura della «nuova» Esselunga -.
Avevamo pensato a Clusone, ma abbiamo incontrato problemi logistici.
Noi puntiamo molto sul fresco, il 50% delle nostre vendite riguarda
questi prodotti, e la consegna giornaliera in valle risulterebbe
problematica. Faremo quindi qualcosa nella zona della pianura
nell’arco di due anni: la costruzione dovrebbe iniziare l’anno
prossimo».Per Caprotti l’esperienza di Curno è stata
molto positiva. «La prima volta che siamo venuti a Curno, nel
1972, qui non c’era niente: adesso, lo dimostra anche la strada, la
situazione è cambiata» – commenta -. Molto del resto è
cambiato e siamo felici di avere potuto compiere questa
trasformazione del punto vendita. Prima a Curno avevamo 1.500 metri
quadrati e un’impostazione ancora anni Settanta. Non male data
l’epoca, considerato che c’era anche il reparto gastronomia (il primo
«banco», innovazione del gruppo, è stato aperto
nel 1974 a Milano NdR). Adesso però con uno spazio di 3.900
metri quadrati possiamo dare una migliore risposta alla
clientela».Quella di Curno non è una nuova apertura,
perché contestualmente è stato chiuso il vecchio
negozio.

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“Odio il Natale all’iper per 450 euro al mese”

 

Da: "La stampa",
martedì 12 dicembre 2006

 

Graziana detesta il
Natale: «Tutto questa melassa sulle famiglie mi dà 
fastidio mentre io e mio marito non ci vediamo quasi più.
Stiamo sempre all’iper e alla fine siamo così stanchi e
frastornati che non abbiamo neanche voglia di comprarli i regali per
noi. E forse è anche meglio così perché tanto
soldi ce ne sono pochi». Ha trent’anni, uno stipendio di 450
euro al mese. E dice: «Il cognome no, perché non c’è
un bel clima nell’ipermercato dove lavoro, non ti devi mai
lamentare. Devi essere soddisfatta di quei pochi euro, di cambiare
gli orari quando gli fa comodo». E’ cassiera e ha un
contratto part-time da 16 ore alla settimana. Racconta: «Da me
ci sono anche gli studenti che hanno il tempo parziale verticale
tutto concentrato nei weekend, ma loro sono ragazzi, lo fanno solo
per guadagnare qualcosa. Ma noi, e siamo tante, così ci
dobbiamo campare». Graziana ha un marito che è anche un
collega: «Lui è di quelli che vanno all’iper all’alba,
alle cinque, per rifornire gli scaffali. Abitiamo lontano e si alza
alle quattro meno un quarto. Io a quell’ora dormo, non ci salutiamo
neppure». Poi il marito fa un secondo lavoro. «Per forza,
altrimenti non si mangia: così ai 400 euro dell’iper ne
somma altri 5-600. Al pomeriggio vende attrezzi sportivi in un
grandissimo negozio, sempre a mezzo tempo. Torna alle otto-otto e
mezza morto di stanchezza». Ma spesso Graziana non è in
casa perché fa il turno dalle 19 alle 22 e così «per
quel giorno tanti messaggini sul cellulare e arrivederci». Poi
arriva il Natale: «Per noi è la fine: scoprono
improvvisamente che sono fondamentale e mi fanno lavorare ogni
domenica. E anche durante la settimana il mio orario lievita e
cambia. I miei genitori erano operai e hanno sempre fatto i turni.
Però almeno sapevano quando entravano, quando uscivano, quale
settimana il primo turno, quale il secondo. Non era bello, però
potevano organizzarsi. Noi no». Graziana ha un pallino: «Mi
piacerebbe che chi compera, ha fretta e magari si lamenta perché
è in coda alla cassa, sapesse che noi facciamo una vita dura».
Adesso lei sta in cassa almeno sei ore al giorno, il marito allunga
l’orario, le domeniche «ci vengono prese e senza un euro in
più; io ho recuperato stando a casa mercoledì, Walter
invece il lunedì». E ha una certezza: «Sono quasi
dieci anni che va così, non credo che cambierà  mai. Il
prossimo Natale sarò ancora qua con le testa gonfia per il
rumore»

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«Siamo le sfruttate della domenica»

Da: "La stampa",
martedì 12 dicembre 2006

 

Domenica maledetta
domenica. Per i dipendenti del commercio, inchiodati dietro i banchi
o alle casse, il periodo natalizio è un delirio. La segretaria
della Filcams Cgil, Elena Ferro, che conosce i tanti problemi di una
categoria molto debole sul mercato del lavoro, polemizza: «Da
alcuni anni la tendenza è a tenere aperto il più
possibile. Passi il periodo natalizio, ma la legge Bersani ha
praticamente reso libere le aperture domenicali. Basti pensare che a
Piossasco, che si autodefinisce comune turistico, si può
aprire ogni domenica mentre a Torino sono concordate 14 aperture».
E aggiunge: «Per quale ragione la domenica non si può
andare alla posta e in banca, sono chiuse le sale operatorie e le
piscine, ma di deve poter comprare la toma o le calze?». Poi
racconta dei mille contratti della categoria: «Nella grande
distribuzione sopravvivono pochi contratti classici: 40 ore dal
lunedì al sabato, la domenica se si lavora si prende il doppio
o quanto contrattato negli integrativi. Ormai nei nuovi contratti è
previsto che si lavori da lunedì a domenica con un riposo
durante la settimana e la domenica pagata come ogni altro giorno. E
crescono i part time da 16, massimo 20 ore sparpagliate nel corso
della giornata a seconda delle esigenze. Le aziende preferiscono i
part time perchè un orario di 8 ore non può diminuire,
ma uno di 4 può aumentare a seconda delle esigenze; e costa
meno». Ferro dice che la situazione dovrà  essere
discussa nel rinnovo del contratto del commercio: «C’è
chi lavora un giorno due, un giorno quattro, un giorno 6 ore. Alcuni
cominciano alle 5 del mattino, alzandosi alle 4, per riempire gli
scaffali; finiscono alle 9 o alle 10. E ci sono quelli che invece
lavorano dalle 20 alle 22 o dalle 19 alle 22. Tutto questo per 400
euro medi al mese». Adesso il Natale con il suo shopping
compulsivo aumenta lo stress dei lavoratori: «I grandi
magazzini non si fermano mai e sono aperti anche il 24 e il 31. Poi
ci sarà  l’inventario, poi i saldi. Si faranno straordinari,
ma in molte aziende non verranno pagati, ma fatti recuperare qualdo
le vendite calano»

 

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l’università  chiude le porte al governo

In novembre il ministro Mussi aveva annunciato un emendamento alla finanziara che garantiva 110 milioni di euro in più all’università. ma  aun mese di distanza, si scatena la dura reazione della conferenza dei rettori contro una finaziaria che minaccia la stessa sopravvivenza delle università italiane. I più colpiti, come sostiene la stessa CRUI, saranno proprio gli studenti e i precari dell’università. e allora la conferenza dei rettori risponde sospendendo gli inviti ai ministri a manifestazioni organizzate dagli atenei italiani. Commenta Trombetti, il presidente della Crui: "Non avevamo chiesto l’impossibile, e più volte abbiamo ripetuto di essere coscienti del momento difficile per il Paese. Ma così, lo ripeto, si mette in discussione la sopravvivenza dell’università. Questa è la risposta di una comunità – unanime, voglio sottolinearlo – all’atteggiamento punitivo del governo". (da Repubblica, 14 dicembre)

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UNIVERSITà€: COSTA, PRESTO APRIRà€ AGENZIA AFFITTI A ROMA AL VIA TAVOLO REGIONALE SULLE RESIDENZE

da ANSA

Le residenze universitarie sono state al centro della prima riunione del tavolo promosso dall’assessorato all’Istruzione della Regione Lazio, alla quale hanno partecipato i rettori delle università  La Sapienza e Roma 3, Renato Guarini e Guido Fabiani,
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