1° Maggio, discriminazioni e lavoro domestico: sfruttate due volte, doppia rabbia

“La parità di retri­bu­zione e’ un nostro diritto, ma la nostra oppres­sione e’ un’altra cosa. Ci basta la parità sala­riale quando abbiamo già sulle spalle ore di lavoro dome­stico?“
Rivolta Fem­mi­nile, 1970.

Primo mag­gio, festa dei lavo­ra­tori, ma molte lavo­ra­trici non cono­scono feste o ferie. Le donne che ancora hanno il far­dello del lavoro dome­stico non rice­vono nes­suna ade­guata atten­zione. Il lavoro di cura non è un retag­gio del pas­sato ma, insieme alla par­ti­co­la­rità di tutto l’ambito lavo­ra­tivo fem­mi­nile, richiede un’adeguata ana­lisi che rivela discri­mi­na­zioni taciute.
Negli ultimi anni le gravi diva­ri­ca­zioni sala­riali tra donne e uomini — secondo i dati Istat del 2008 all’incirca del 21% — per­si­stono senza miglio­ra­menti, accom­pa­gnate da un gene­rale sco­rag­gia­mento che porta una donna su due a non avere un’occupazione e nep­pure a cer­carla (Istat, 2009).
La let­tura dei dati si fa ancor più dram­ma­tica quando si tratta di donne spo­sate e con figli: in un periodo di crisi in cui il pre­ca­riato è la nor­ma­lità, la scelta della mater­nità risulta quasi incon­ci­lia­bile con un’occupazione senza sicu­rezze. Spesso uno dei motivi prin­ci­pali per cui le donne lasciano il lavoro, o sono licen­ziate, sono i figli. I nuovi con­tratti a sca­denza men­sile non hanno nes­suna atten­zione per la mater­nità. Inol­tre la fami­glia o la pos­si­bi­lità di averla ven­gono sem­pre visti come una minac­cia per la pro­du­zione.
Nono­stante le dif­fi­coltà nel con­ci­liare vita fami­liare e lavo­ra­tiva molte donne con­ti­nuano a lavo­rare dop­pia­mente sop­por­tando dop­pia fatica, dop­pio stress, dop­pie riper­cus­sioni sulla salute ma senza aver in cam­bio alcun rico­no­sci­mento o aiuto. Più della metà delle donne ha ancora il carico del lavoro dome­stico anche se ha un impiego: il 76,2% del lavoro fami­liare delle cop­pie è ancora a carico delle donne ( Istat, 2009). Oltre alle clas­si­che ‘fac­cende dome­sti­che’ che lasciano poco tempo libero e occu­pano tante ore gior­na­liere e not­turne, non va dimen­ti­cato che l’assistenza ai malati e agli anziani è affi­data alle donne della fami­glia. Con­ti­nuare a par­lare di lavoro dome­stico è ancora oggi impor­tante e utile per spez­zare il silen­zio delle pri­gioni fami­liari.
Il dop­pio sfrut­ta­mento fem­mi­nile ha alla base seco­lari pre­giu­dizi che vedono la donna come pre­di­spo­sta prin­ci­pal­mente alla cura e alla ripro­du­zione, un lavoro che si pensa non fati­coso ma che dia sod­di­sfa­zione. Non sono quindi ancora morti quei luo­ghi comuni che vogliono le donne madri, cro­ce­ros­sine, instan­ca­bili, accon­di­scen­denti e pos­si­bil­mente sor­ri­denti. Tutti modelli ancora pre­senti nell’educazione delle bam­bine, nelle pub­bli­cità e nei pro­dotti cul­tu­rali.
Oltre alle dise­gua­glianze di tipo mate­riale biso­gna ricor­dare le mole­stie ses­suali e psi­co­lo­gi­che (come per esem­pio tele­fo­nate oscene, pedi­na­menti e in alcuni casi vere e pro­prio aggres­sioni) a cui sono sot­to­po­ste le lavo­ra­trici. Secondo i dati Istat nel 2010 sono state 842 mila le donne a subire trat­ta­menti di que­sto tipo. A tali vio­lenze è dif­fi­cile ribel­larsi, sotto il pres­sante ricatto della per­dita del lavoro. In più nel periodo di crisi nei luo­ghi di lavoro il clima diventa più oppres­sivo e ricat­ta­to­rio, così come i tagli ai ser­vizi sociali giu­sti­fi­cati dalla crisi si tra­du­cono in un aumento del lavoro di cura. Le vio­lenze inol­tre si riscon­trano soprat­tutto nell’ambito dome­stico in cui le donne della fami­glia oltre a lavo­rare senza limiti sono minac­ciate dagli abusi da parte degli uomini quasi sem­pre parenti o cono­scenti della vit­tima.
La salute delle donne è minac­ciata anche dalla gene­rale insi­cu­rezza dei luo­ghi di lavoro, sem­pre più luo­ghi di morte. Ultimo dram­ma­tico epi­so­dio è quello che riguarda una lavo­ra­trice della pro­vin­cia di Lecco, rima­sta uccisa da un mac­chi­na­rio del salu­mi­fi­cio Beretta. Le morti bian­che occu­pano sem­pre meno spa­zio sui gior­nali e mai si tratta degli inci­denti che riguar­dano le lavo­ra­trici, nono­stante secondo l’Inail sono circa un terzo le vit­time fem­mi­nili del lavoro. Tale dato deve essere letto in con­si­de­ra­zione alla mag­gior disoc­cu­pa­zione fem­mi­nile rispetto a quella maschile, non esi­ste di certo una par­ti­co­lare atten­zione al lavoro delle donne. Negli infor­tuni in iti­nere, invece, la quota rap­pre­sen­tata dalle lavo­ra­trici, è rile­vante e pari pre­ci­sa­mente al 46,1%. Que­sto dato è da leg­gere insieme a tutto quello stress accu­mu­lato dalle donne durante il lavoro dome­stico. Tan­tis­sime lavo­ra­trici prima di uscire per recarsi sul posto di lavoro hanno speso ore e fatica in puli­zie, cucina, cura dei figli o del marito, e altri com­piti legati alla fami­glia. Rispetto ad un lavo­ra­tore, una donna si riposa anche meno non tro­vando nella casa un luogo di pace in cui sfrut­ta­mento e fatica ter­mi­nano. Inol­tre è dove­roso porre l’attenzione su quei danni alla salute di cui ancor meno si parla, come la depres­sione, creati spesso da un dop­pio lavoro scon­tato e invi­si­bile.
Riforme o goffi aiuti sta­tali non aiu­tano di certo la posi­zione delle donne in ambito lavo­ra­tivo e fami­liare. Anzi, spesso atte­nuano la rab­bia e raf­for­zano i modelli maschi­li­sti. È neces­sa­ria una riva­lu­ta­zione costante dei rap­porti fra generi che parta in primo luogo dalle donne che da sem­pre subi­scono un’oppressione che, pur essendo nei secoli cam­biata nelle moda­lità del suo mani­fe­starsi, non accenna ad estin­guersi. Per­ciò si ripre­senta come asso­lu­ta­mente neces­sa­ria una rifles­sione delle donne, sulle donne, che non ter­mini con la sem­plice nega­zione di un modello patriar­cale, ma che apra invece la strada ad una lotta che com­batta con­tro ogni sfrut­ta­mento.
Solo le donne insieme pos­sono dar vita a una rivolta che non le veda più schiave e sfrut­tate, inse­rite in una società che per eman­ci­pa­zione intende lo scim­miot­ta­mento di ruoli maschili. Rico­no­scersi e con­fron­tarsi fra donne è impor­tante per sman­tel­lare un sistema che pre­fe­ri­sce ancora le donne a casa e per costruire un momento col­let­tivo che dimo­stri la sua forza in ogni sin­gola rea­zione con­tro le discri­mi­na­zioni di genere.

Debo­rah

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