Violenza sulle donne: Quante ancora?

Ormai sono più di cento. Tutte donne. Tutte ammaz­zate. Gli assas­sini, uomini. Uccise per­ché donne. Gli uomini che stu­prano, mole­stano, ammaz­zano sono di ogni colore, razza, reli­gione, etnia, ceto sociale, classe. La vio­lenza sulle donne non bada ai docu­menti né al red­dito. In Ita­lia le donne ven­gono uccise per­ché tali. Ric­che, povere, disoc­cu­pate, immi­grate, brutte, modelle, madri, sorelle, bam­bine.
Que­sto tipo di morti fem­mi­nili sono in media più di un cen­ti­naio1 all’anno e ana­liz­zando la situa­zione ita­liana in quanto a rap­porti fra sessi non pos­siamo vedere gli omi­cidi come sin­goli casi. I modelli di genere tra­di­zio­nali sono ben radi­cati nella men­ta­lità col­let­tiva e ven­gono ripro­po­sti costan­te­mente nella pub­bli­cità, nel pri­vato, nei pro­dotti cul­tu­rali, nella poli­tica. Le donne son ancora rap­pre­sen­tate spesso come deboli, prede, pas­sive, indi­fese, fra­gili, men­tre l’uomo è forte e pre­da­tore. Le impo­si­zioni di ruoli sono pre­senti soprat­tutto nell’ambito dome­stico e coniu­gale e non è un caso infatti che la mag­gior parte delle donne ven­gano uccise nel “pri­vato”: il 70% degli omi­cidi si con­suma a casa. Al di là dell’immagine di madre devota e della serva della casa le donne sono usate spesso come cestino di fru­stra­zioni, malu­mori, depo­sito non solo di com­piti fisici ma anche morali nell’ascoltare e farsi carico di pro­blemi altrui. Angelo del foco­lare, della morale, dei sen­ti­menti, dei biso­gni. Quando da que­ste situa­zioni di deni­gra­zioni, con­trollo e pri­va­zione si cerca di uscire ini­ziano le per­se­cu­zioni, lo stal­king, la vio­lenza. Sicu­ra­mente que­ste poche righe non sod­di­sfano un’analisi com­pleta sui fem­mi­ni­cidi, ma è neces­sa­rio tenere a mente il con­te­sto cul­tu­rale in cui muo­iono le donne per mano maschile, senza che ciò diventi una giu­sti­fi­ca­zione, ma un ele­mento da tenere in con­si­de­ra­zione per capire meglio tali omi­cidi.
Molto spesso gli assas­sini hanno già denunce per stal­king. Ciò dimo­stra come buro­cra­zia, poli­zia, car­ceri, magi­strati ecc.. non garan­ti­scono una reale sicu­rezza. A dirla tutta da quando è nato il reato di stal­king sono aumen­tati i delitti con­tro le donne e spesso den­tro que­sto reato vanno a con­fluire mole­stie più gravi come il ten­ta­tivo di omi­ci­dio, lo stu­pro, l’aggressione, la vio­la­zione di domi­ci­lio pri­vato, il seque­stro di per­sona, il rapi­mento di minore e varie altre cose2. Pro­ba­bil­mente le donne sono più utili al pac­chetto sicu­rezza che non il con­tra­rio. L’immagine della don­zella in dif­fi­coltà, della fan­ciulla che corre via dal bruto e della fra­gi­lità fem­mi­nile sono utili per creare nuovi mostri: infatti nel nostro bel paese ses­si­smo e raz­zi­smo sono una cop­pia agguer­rita. Com­plice di tutto ciò la poli­tica xeno­foba som­mi­ni­strata ben bene dalla stampa. Per ogni morte in cui è coin­volto anche solo mar­gi­nal­mente uno stra­niero, o si ha il vago dub­bio della col­pe­vo­lezza, i tele­gior­nali impaz­zi­scono con ser­vizi costruiti spe­ci­fi­ca­mente per creare il mito dell’extracomunitario che oltre a rubare il lavoro stu­pra “le nostre donne”. Per­ché quando ci si pre­oc­cupa di una vio­lenza lo si fa stru­men­tal­mente a fini xeno­fobi e in senso pater­na­li­stico: le donne ita­liane non pos­sono essere prese da qual­cun altro, biso­gna pro­teg­gerle, uno stra­niero le “nostre donne” non le tocca. Anche per gli omi­cidi che avven­gono in ambienti fami­liari, ma di altre cul­ture, non si rispar­miano i det­ta­gli par­lan­done per più giorni pos­si­bile, come se il maschi­li­smo fosse una pra­tica bar­bara di cul­ture altre, mondi inci­vili. Si dimen­tica che le donne in Ita­lia ven­gono uccise per lo più da ita­liani (il 76%). Ma il ruolo della stampa non si limita al sem­plice raz­zi­smo. Di donne uccise se ne parla sem­pre poco e male nono­stante la gra­vità dei numeri, gra­vità mag­giore se si pensa a tutte quelle donne, che riu­scendo a restar vive, non denun­ciano la vio­lenza e sono la mag­gior parte. Quando si arriva al peg­gio si dedica sem­pre molto tempo a par­lare dell’assassino e quando è ita­liano si cerca di ana­liz­zarlo, giu­sti­fi­carlo quasi com­pren­derlo. Ha perso il lavoro, era fru­strato, aveva pro­blemi. Oppure si parla di pas­sione, di gelo­sia. Si usano ter­mini come “rap­tus” e “fol­lia omi­cida” come se solo chi ha seri pro­blemi psi­chia­trici ucci­desse le donne. Ma negli ultimi 5 anni meno del 10% degli assas­sini sof­friva di pato­lo­gie psi­chia­tri­che. In più si parla spesso di depres­sione e si ali­menta un altro falso ste­reo­tipo per cui il depresso può diven­tare un folle omi­cida, dimen­ti­cando che sono pro­prio molte donne a sof­frire di que­sto disturbo e non per que­sto fanno stragi di mariti. Negli arti­coli e ser­vizi che riguar­dano le donne ammaz­zate, quando si dedica qual­che frase alle vit­time, se si trova qual­cosa di non con­sono alla morale comune come un amante o rela­zioni extra coniu­gali, non ci si limita nei det­ta­gli; oppure si rac­conta del rap­porto con l’omicida quasi a cer­care una qual­che causa o una colpa. Inol­tre la “gelo­sia” è fre­quen­te­mente pre­sen­tata come causa delle morti. Qui sta un dop­pio gioco di giu­sti­fi­ca­zione dell’assassino e di con­trollo fem­mi­nile, insomma dando la colpa alla gelo­sia si sta quasi ad indi­care alle donne di “far da brave”, di non avere com­por­ta­menti che pos­sano far sca­te­nare le ire del part­ner, come se le donne certe morti orri­bile se le cer­cano.
La vio­lenza sulle donne è visto come male oscuro, raro, rele­gato ai malati di mente, agli stra­nieri inci­vili, a chi ha pro­blemi, a situa­zioni par­ti­co­lari, fal­si­fi­cando dati e insab­biando la tra­sver­sa­lità di tali omi­cidi.
Poli­zia, magi­stra­tura, oscene cam­pa­gne con­tro lo stal­king non sono sicu­ra­mente dalla parte delle donne. Lo stato patriar­cale vive sulle discri­mi­na­zioni di genere e sullo sfrut­ta­mento delle donne. Per non par­lare poi delle imma­gini fem­mi­nili pro­pu­gnate dall’attuale governo che inol­tre, visti i tagli, costringe i cen­tri anti­vio­lenza a chiu­dere. Non è impresa facile l’analisi dei fem­mi­ni­cidi e del retro­scena cul­tu­rale in cui si com­piono tali delitti ma non si può esser indif­fe­renti al maschi­li­smo che accom­pa­gna la vita di tan­tis­sime. Comu­ni­care fra donne, rico­no­scere le stesse sof­fe­renze di cui mol­tis­sime sono vit­time e non vedersi più come pas­sive, impo­tenti o sole aiuta nella costru­zione di una rete soli­dale fra donne che è più potente di ogni forma di bru­ta­lità maschile.

Debs

Note a pié di pagina    (↵ returns to text)
  1.  La Casa delle Donne ha svolto un’indagine sul fem­mi­ci­dio in Ita­lia nel 2010 (tutti i dati citati sono presi da tale inda­gine).
  2.  www.femminismo-a-sud.noblogs.org e www.bollettinodiguerra.noblogs.org sono due siti che si occu­pano di donne e fem­mi­ni­smo e in par­ti­co­lar modo il secondo di fem­mi­ni­cidi.

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