Già prima dell’autunno, a Bologna

Durante le prime set­ti­mane di set­tem­bre a due com­pa­gni bolo­gnesi è stato noti­fi­cato il foglio di via obbli­ga­to­rio da Bolo­gna, cor­re­lato da diverse denunce per i fatti più ridi­coli volte a raf­for­zare la vali­dità della misura pre­ven­tiva.
Que­sto prov­ve­di­mento è carat­te­riz­zato da un’ampia discre­zio­na­lità, essendo appli­cato diret­ta­mente dal que­store senza il pas­sag­gio davanti a un giu­dice, che sulla base di com­por­ta­menti rite­nuti peri­co­losi per l’ordine e la sicu­rezza pub­blici può pre­di­sporre l’allontanamento del sog­getto in que­stione dal ter­ri­to­rio comu­nale per un periodo mas­simo di tre anni.
La dici­tura “com­por­ta­menti” è cen­trale nella com­pren­sione del testo di legge, auto­rizza, infatti, l’allontanamento coatto dal pro­prio comune di domi­ci­lio o addi­rit­tura di resi­denza (come nel caso della com­pa­gna cui è stato noti­fi­cato la scorsa set­ti­mana) non sulla base di denunce né tan­to­meno di con­danne, bensì sulla base di con­dotte, atteg­gia­menti, addi­rit­tura fre­quen­ta­zioni e ami­ci­zie che di per sé non costi­tui­scono alcun tipo di reato, anzi, man­cando dei chiari rife­ri­menti legi­sla­tivi che deter­mi­nino distin­ta­mente cosa costi­tui­sce sud­detta “peri­co­lo­sità” è lasciato alle auto­rità uno spa­zio ope­ra­tivo deci­sa­mente amplio.
Non è dif­fi­cile capire come tale prov­ve­di­mento sia facil­mente uti­liz­za­bile come stru­mento di con­trollo sociale a scopo pura­mente repres­sivo.
Alcune delle moti­va­zioni addotte dalla que­stura per giu­sti­fi­care la misura pre­ven­tiva ai danni dei due com­pa­gni mostrano chia­ra­mente l’intento dei tutori dell’ordine costi­tuito: la par­te­ci­pa­zione alle mani­fe­sta­zioni di pro­te­sta nell’ambito del movi­mento no Gel­mini e con­tro l’apertura della nuova sede di casa Pound a Bolo­gna, la pre­senza attiva all’interno dell’ “aula c auto­ge­stita”, la fre­quen­ta­zione del cir­colo di docu­men­ta­zione anar­chico “Fuo­ri­luogo”, rien­trano tra le con­dotte rite­nute peri­co­lose, in grado di giu­sti­fi­care un prov­ve­di­mento di natura for­te­mente restrit­tiva e delle con­se­guenze imme­diate e dra­sti­che sulla vita e la libertà dei sin­goli.
Nell’ultimo anno l’aumento di que­sto tipo di misure pre­ven­tive è stato espo­nen­ziale così come la cre­scita della con­flit­tua­lità sociale legata agli effetti della crisi eco­no­mica, sociale e poli­tica che sta inve­stendo il mondo che cono­sciamo, costruito sui modelli del capi­ta­li­smo e dello sta­ta­li­smo, inve­stito con­ti­nua­mente da sol­le­va­zioni e rivolte.
Il ritor­nello è cono­sciuto, ripe­tuto con ogni mezzo e in ogni forma: obbli­gare a un deter­mi­nato modello di com­por­ta­mento, atteg­gia­mento, con­sumo; mili­ta­riz­zare strade, piazze, valli; eli­mi­nare il dis­senso e prima e oltre il dis­senso, il dif­forme, l’estraneo, il diverso.
E se tutti gli sforzi ancora non bastano repri­mere, repri­mere, repri­mere.
Iso­lare, esi­liare, rin­chiu­dere le lotte, le idee, gli affetti.
L’intento è chiaro: col­pire tutte quelle per­sone attive nell’opposizione a un esi­stente squal­lido e pre­ca­rio nello ste­rile ten­ta­tivo di pla­care la tem­pe­sta che si sta abbat­tendo sul loro modello di pro­gresso fatto di bom­bar­da­menti e repres­sione, basato sulla distru­zione delle per­sone e dell’ambiente, quel modello che si è già abbon­dan­te­mente dimo­strato auto­di­strut­tivo e fallimentare.

Petir­rojo

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