Perché siamo antimilitaristi

È una sto­ria ormai mono­tona quella degli stati che per esi­stere, soprat­tutto all’interno del sistema eco­no­mico capi­ta­li­stico, hanno biso­gno di fare la guerra.
Ed è così che men­tre poli­tici e mili­tari par­lano di mis­sioni di pace e di difesa della demo­cra­zia ci tro­viamo in un per­ma­nente stato di guerra. Lo stato di guerra mette in moto risorse, inve­sti­menti ele­vati e tec­no­lo­gie sofi­sti­cate. Sicu­ra­mente la guerra non riguarda solo le terre al di là dei con­fini nazio­nali basti inol­tre pen­sare ai col­le­ga­menti tra gli inve­sti­menti ban­cari in azioni bel­li­che e i tratti auto­ri­tari e mili­ta­ri­sti nella società:

- le nume­ro­sis­sime basi mili­tari ita­liane (e sta­tu­ni­tensi sul ter­ri­to­rio ita­liano) dalle quali ormai vent’anni fa par­ti­vano cac­cia­bom­bar­dieri diretti a est, in ex-Jugoslavia, e fino all’altro giorno quelli diretti a sud, in Libia;

- le spese mili­tari dello stato ita­liano (soldi pro­ve­nienti dalle tasche di chi lavora) in forte e con­ti­nua cre­scita nono­stante la crisi e al con­tempo la man­canza di fondi pub­blici da desti­narsi al benes­sere della collettività;

- gli inve­sti­menti delle ban­che nel com­mer­cio di armi, le mag­giori “ban­che armate” sono BNP Pari­bas suc­cur­sale Ita­lia Deu­tsche Bank e Unicredit;

- le aziende ita­liane pro­dut­trici di armi, Fin­mec­ca­nica ad esem­pio, colosso sto­rico for­te­mente coin­volta nella costru­zione di F-35 a Cameri, vicino a Novara;

- l’esercito ita­liano impie­gato non solo in cosid­dette “mis­sioni di pace” all’estero, ma anche in ope­ra­zioni di pub­blica sicu­rezza per le strade delle nostre città;

- gli arma­menti in dota­zione alle forze dell’ordine (inclu­de­rei l’intero impianto giuridico-legale che ne legit­tima le azioni).
Ma l’antimilitarismo se non è una pra­tica quo­ti­diana, è quan­to­meno un pen­siero, un sen­ti­mento che tutti cono­sciamo, poi­ché ci coin­volge nelle scuole, nelle piazze come nei luo­ghi di lavoro, poi­ché tutti subiamo il mili­ta­ri­smo nelle sue diverse forme.
È vero che la cri­tica al com­plesso militare-industriale-politico può par­tire da innu­me­re­voli, diversi e/o par­ziali moti­va­zioni e punti di vista. Ma se ormai in tutto il mondo si sta allar­gando la mobi­li­ta­zione di chi non vuole più sot­to­stare a regole det­tate dalla finanza, che vedono il pro­fitto di pochi a fronte della mise­ria di molti, sup­por­tate dalle poli­ti­che di auste­rity, guer­ra­fon­daie e repres­sive dei governi nazio­nali, è con­se­guenza logica che “non pos­siamo che essere con­trari a uomini e donne in divisa isti­tuiti e istruiti a farci accet­tare le cose così come stanno.”
(E. Malatesta)

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