All’assalto di Equitalia

Atti­lio Befera è sicu­ra­mente uno dei volti più rap­pre­sen­ta­tivi della inter­di­pen­denza fra capi­ta­li­smo finan­zia­rio e appa­rato buro­cra­tico dello stato. Pre­si­dente di Equi­ta­lia SPA, la società con­ces­sio­na­ria del ser­vi­zio di riscos­sione delle impo­ste, dopo aver speso una vita nei con­si­gli di ammi­ni­stra­zione delle c.d. ban­che d’affari (quelle che come clienti hanno solo le grandi imprese), è oggi per ruolo e per voca­zione la vera bestia nera dell’insolvente.
Da anni ormai ha reso il sistema di riscos­sione “effi­ciente”, nel senso che il fisco si abbatte senza pietà sul più povero — per il quale l’insolvenza è l’anticamera della mise­ria nera — ben prima che sui grandi capi­tali, gene­ra­liz­zando l’applicazione di regole uguali in con­te­sti asso­lu­ta­mente diversi.
Da que­sto metodo è infor­mata la ratio della riforma con­te­nuta nella “mano­vra cor­ret­tiva” di Luglio, in vigore dal 1° di Otto­bre.
Una riforma di gra­vità pari solo al silen­zio tom­bale in cui è pas­sata.
In sin­tesi. L’accertamento della pub­blica ammi­ni­stra­zione, cioè l’atto che dichiara l’insolvenza del con­tri­buente, diventa imme­dia­ta­mente ese­cu­tivo, affi­dando subito ad Equi­ta­lia la scelta sul come giu­sti­ziare la vit­tima: sfratto?ipoteca?pignoramento?
Viene abo­lito il pas­sag­gio ammi­ni­stra­tivo che richie­deva a seguito dell’accertamento l’ iscri­zione al ruolo dell’imposta non pagata, mec­ca­ni­smo che assi­cu­rava una certa garan­zia al con­tri­buente e ritar­dava l’esecuzione for­zata di alcuni mesi. E pro­prio que­sto è il punto tanto cen­trale quanto sot­tile della nuova legge: attuare l’esecuzione con la mede­sima cele­rità per chiun­que, fami­glia indi­gente come mul­ti­na­zio­nale, è atto di sopruso e sprezzo — l’ennesimo — che ci riporta senza appello ad una logica medie­vale di riscos­sione del tri­buto, quella del re e del sud­dito. E’ infatti evi­dente come il can­cel­lare l’iscrizione al ruolo, cioè il lasso tem­po­rale di diversi mesi inter­cor­rente fra accer­ta­mento ed ese­cu­zione, signi­fi­chi met­tere l’insolvente imme­dia­ta­mente sul lastrico senza “con­ce­der­gli” la pos­si­bi­lità di ripa­rare ad una con­di­zione vitale già pre­ca­ria.
Risulta però che Equi­ta­lia Socie­tà­Pe­rA­zioni non sia invin­ci­bile.
Comin­ciano a svi­lup­parsi espe­rienze che ci dimo­strano quanto la soli­da­rietà sia un’arma affi­lata, capace di met­tere in crisi il peg­giore dei nemici. Viene da un gruppo di donne sarde la prima vit­to­ria schiac­ciante. Con uno scio­pero della fame ini­ziato da alcune di loro a Cagliari davanti al palazzo della regione, e imme­dia­ta­mente seguito da cen­ti­naia di donne su tutto il ter­ri­to­rio insu­lare, sono riu­scite a sot­trarre dal cap­pio di Equi­ta­lia le loro case, le loro bot­te­ghe e il futuro dei loro figli. E’ la loro forza ad indi­care a tutto il movi­mento la strada giu­sta per la lotta: quella della deter­mi­na­zione e della solidarietà.

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