Cosa riserva il post-Expo per la città di Rho

 

Uno snodo strategico per i futuri assetti territoriali

Tra meno di un mese, appena Expo 2015 avrà chiuso i battenti, si tornerà a parlare del futuro delle aree adiacenti al polo fieristico di Rho-Pero. Proviamo a fare il punto della situazione.

La scelta della governance

Nel 2008 Expo viene assegnata alla città di Milano. Per un paio di anni la situazione subisce uno stallo dovuto a scontri tra cordate di poteri economici, che portarono in poco tempo a succedersi sulla poltrona di amministratore delegato di Expo Paolo Glisenti, Lucio Stanca, fino ad arrivare all’attuale Commissario unico, Giuseppe Sala.

La posizione dell’allora Sindaco di Milano, Letizia Moratti, prevedeva la concessione alla società Expo 2015 del comodato d’uso delle aree di proprietà di Fondazione Fiera Milano e del gruppo Cabassi che, successivamente al grande evento, sarebbero state restituite ai proprietari completamente infrastrutturate e rese edificabili, concedendo generose volumetrie.

La visione dell’allora Governatore della Lombardia, il ciellino Roberto Formigoni, invece, prevedeva l’acquisizione delle aree da parte di una newco di natura pubblica, che avrebbe poi selezionato, una volta terminato Expo, il soggetto promotore della trasformazione urbanistica di quell’area. Alla fine prevalse quest’ultima opzione.


La questione del conflitto di interessi

La questione del conflitto di interessi sulle aree di Expo nasce prima dell’assegnazione ufficiale a Milano. Quando si è scelto il terreno, in realtà era già pronto un piano per consentire un indice di edificazione molto forte su una area che non aveva nessuna propensione edilizia.

Nel 2006 si costituì il comitato promotore per Expo Milano 2015, ne facevano parte il Comune e la Provincia di Milano, Regione Lombardia, Camera di Commercio e Fondazione Fiera Milano.

L’area di un milione di metri quadrati di Fiera e Cabassi, in origine era un’area agricola del valore di una decina di milioni di euro.

Successivamente all’approvazione definitiva dell’accordo di programma Expo, l’area venne resa edificabile con un indice di utilizzazione territoriale di 0,52mq/mq. Un grosso regalo ai proprietari originari, che si videro valorizzare enormemente l’area. A questo punto, con un valore dei terreni più che decuplicati e, costituita la newco Arexpo S.p.A., con il compito di acquisire l’area, metterla a disposizione di Expo e, successivamente, metterla a disposizione del soggetto attuatore della trasformazione urbanistica, inizia la compravendita dei terreni.

Il costo dei terreni è di 260 milioni di euro, ai quali si aggiungono 55 milioni di opere di urbanizzazioni e costi accessori. L’operazione complessivamente pesa per ben 315 milioni di euro sul bilancio di Arexpo.

Le aree vengono acquistate da Arexpo dai proprietari originari Cabassi e Fondazione Fiera Milano. Quest’ultima conferisce parte dei suoi terreni al capitale sociale in modo da garantirsi la quota del 27% del capitale sociale di Arexpo. L’acquisto ha l’effetto di risanare i conti di Fiera Milano spa, la controllata di Fondazione Fiera Milano e con i conti in rosso.

Per sostenere l’intera operazione entra in gioco un pool di banche – Intesa Sanpaolo, Banca Popolare di Sondrio, Veneto Banca, Credito Bergamasco, Banca Popolare di Milano, Banca Imi – che concede un prestito da 160 milioni di euro.

A quanto pare nessuno pare fare caso al palese conflitto di interessi in cui versa Fondazione Fiera Milano che, grazie a questa speculazione, riesce a risollevare con soldi pubblici i propri bilanci. In pratica, Fiera Milano partecipa al comitato promotore che deve sostenere l’assegnazione di Expo alla città di Milano – da realizzare, evidentemente, sui propri terreni – ottiene l’edificabilità dei propri terreni da parte degli attori pubblici dell’operazione e, infine, vende i propri terreni alla ‘società veicolo’ Arexpo della quale fa parte.

In pratica, è stato realizzato un grande investimento pubblico su aree private senza averle prima espropriate o avere chiarito che nessun vantaggio derivante da quegli investimenti avrebbe favorito i proprietari.

Una speculazione edilizia annunciata

I soci pubblici di Arexpo hanno l’obbligo di rientrare dei costi sostenuti per l’acquisizione dell’area, perché pendono, sul capo enti locali che hanno fatto questa operazione, gli eventuali controlli della Corte dei Conti.

Avendo acquistato le aree sulla base di quelle potenzialità edificatorie e avendole pagate quella cifra, non possono rivendere ad una cifra più bassa, perché altrimenti si configurerebbe un danno erariale.

E, qui, arriviamo alla nota dolente. Nel novembre 2014 venne chiusa la gara per la vendita dei terreni. Il bando prevedeva la vendita in un lotto unico, la cui parte edificabile, sul totale degli oltre 100 ettari, non avrebbe dovuto superare i 479mila mq, mentre il 56% dei terreni doveva essere destinato al parco tematico. Nel bando di gara era prevista la possibilità di partecipare ai raggruppamenti di impresa. Questa scelta si spiega con la volontà di far partecipare insieme più imprese interessate a lotti diversi.

La gara, tuttavia, è andata deserta. D’altra parte, quale operatore immobiliare avrebbe acquistato un’area di quelle dimensioni dove almeno 440mila mq dovevano essere mantenute a parco pluritematico e, oltre al prezzo di acquisto, avrebbe dovuto versare 25 milioni di euro ad Expo 2015 spa, a titolo di extra onere? Sicuramente, per un operatore privato sarebbe stata più conveniente l’ipotesi di
spezzettare l’area in lotti più piccoli con la possibilità di ottenere le aree di maggior pregio e con minori oneri sociali. Infatti, ad Arexpo sono arrivate richieste per appezzamenti più piccoli tra i 20mila e i 50mila mq, respinte dal Comune di Milano, che non intende rinunciare all’obbligo, contenuto nel Masterplan, di destinare il 56% dell’area a verde pubblico. Tra l’altro, con la realizzazione della ‘piastra’ – l’infrastruttura di base su cui poggiano i padiglioni – l’area è cementificata per ben l’80%. Quindi, non si capisce di quale parco stiano parlando. Certamente, non quello votato dai cittadini
milanesi con i referendum del 2011.

La metamorfosi di Arexpo

La missione di Arexpo era quella di acquisire le aree, cederle in diritto di superficie ad Expo 2015 spa e, successivamente, individuare lo sviluppatore per il post Expo.

Secondo Luciano Pilotti, Presidente di Arexpo, “l’esito negativo della gara è dipeso da due fattori: la crisi del mercato e l’alto valore economico delle aree. Però, continuiamo a pensare che l’area abbia un suo potenziale. Serve ripensare il meccanismo messo a punto fino ad oggi, abbassando il livello di rischio. Occorre anche ribadire la scelta strategica del rapporto pubblico-privato, che prevede una forte regia da parte del pubblico, quale decisore finale e quale garanzia per il sistema bancario, che è l’altro soggetto importante dell’operazione”.

Un eventuale accordo con le banche, quindi potrebbe consentire ad Arexpo di trasformarsi in soggetto promotore e garantire l’operazione di sviluppo sull’area attraverso un’importante regia pubblica.

Come auspicato dal Governatore della Lombardia, Roberto Maroni, l’uscita di scena di Fondazione Fiera Milano dalla compagine sociale di Arexpo permetterebbe l’ingresso del Governo nell’operazione, magari tramite Cassa Depositi e Prestiti, l’unica struttura pubblica che ha la liquidità sufficiente per portare avanti la realizzazione della nuova Città Studi della Statale e fornire sufficienti garanzie alle banche.

Probabilmente, verranno riequilibrate le quote dei principali soci (Comune di Milano, Regione e Fiera), che scenderebbero al 25% del capitale sociale per per quanto riguarda i soci pubblici e al 20% per quanto riguarda Fiera, permettendo l’ingresso del Governo con una partecipazione azionaria allineata agli altri enti locali. In prospettiva, Fondazione Fiera Milano uscirebbe gradualmente di scena.

Per la riuscita dell’operazione, rimane, quindi, un’incognita: il cambiamento di governance all’interno di Arexpo che è necessario per consentire al Governo di entrare nell’operazione del post Expo.
L’ingresso del Governo o di Cassa Depositi Prestiti o di un altro attore statale, trasformerebbe Arexpo in una società pubblica, con l’uscita, eventuale, di Fondazione Fiera Milano.

Il post-Expo

Il cambiamento di governance all’interno di Arexpo si riflette anche sulla scelta di revocare il mandato all’advisor. Infatti, per la scelta del progetto di trasformazione da realizzare sull’area Expo era stato individuato un raggruppamento di imprese composto da Arcotecnica e F&M Ingegneria, che avrebbero dovuto individuare le funzioni pubbliche e private da localizzare, coordinare tra loro tutte le proposte emerse per il dopo Expo, ipotizzare un cronoprogramma e definire le scelte strategiche per la valorizzazione del patrimonio immobiliare di Arexpo.

Ora che si prospetta l’ingresso del Governo in Arexpo, le cose cambiano. Sul tavolo c’è il piano di Cassa Depositi e Prestiti e Agenzia del Demanio, già consegnato dal Governo a Comune e Regione. Circa un miliardo di euro per lo sviluppo di 450 mila metri quadrati, con il polo tecnologico e quello della ricerca, con i dipartimenti, con il ‘Crea’ per la ricerca agroalimentare, più l’area per i servizi pubblici.

La nuova Città Studi si estenderebbe per 250mila mq, il polo dell’Innovazione di Assolombarda per circa 100mila mq, altri 100mila mq saranno occupati dall’Agenzia del Demanio e, infine, 440mila mq saranno destinati a parco multitematico.

Arexpo dovrà avere un piano di fattibilità entro la fine di novembre da presentare ai soci. E, con questo, un piano di valorizzazione progettuale, per definirne l’avviamento entro il 31 dicembre 2015 anche per effetto degli accordi intercorsi con le banche finanziatrici.

La complicità della giunta Romano

Il Comune di Rho siede nel cda Arexpo. Può intervenire, ma non può votare. Una presenza del tutto irrilevante che ha l’effetto pratico di mettere a tacere qualsiasi dissenso attraverso una parvenza di partecipazione ai processi decisionali.

In tutti questi anni, le uniche parole critiche pronunciate dal Sindaco Romano a proposito della speculazione sull’area Expo, sono state espresse nel Consiglio comunale dell’ottobre 2011, nel quale si è votata l’adesione ad Arexpo. In quella sede Romano affermò che, trattandosi di opere pubbliche, sarebbe stato meglio espropriare le aree e, che l’indice di edificabilità concesso era troppo alto per un’area precedentemente agricola. Peccato che solo qualche mese prima, lo stesso Romano aveva votato in Consiglio comunale l’accordo di programma che introduceva quegli indici di edificabilità e, proprio mentre ribadiva la necessità di espropriare le aree necessarie per realizzare le opere di Expo, votava l’adesione del Comune di Rho alla società che avrebbe dovuto acquistare i terreni, permettendo la speculazione edilizia sull’area. Indubbiamente, una vistosa mancanza di coerenza, che tradisce la rassegnazione e la complicità
dell’attuale amministrazione con i poteri forti del territorio.

Tutta la volumetria che l’area Expo genererà verrà realizzata a ridosso del Comune di Rho. L’ambito del Comune di Milano sarà per il 56 per cento destinato a parco e verde pubblico, ma anche quell’area genererà delle volumetrie, che trasmigreranno sull’area di Rho.
Pertanto, il Piano Integrato di Intervento, la cui approvazione è previsto entro il 31 dicembre 2016, dovrà realizzare nel 44% del territorio il 100% delle volumetrie. In pratica, una colata di cemento, che comporterà la ‘cantierizzazione’ del nostro territorio per i prossimi anni, con tutti i disagi e l’inquinamento connessi al transito di mezzi pesanti, senza alcuna contropartita reale per chi vive sul territorio di Rho-Pero.

L’unica ‘arma’ che rimane al Comune di Rho per far sentire la sua voce è quella del passaggio in Consiglio comunale del Piano Integrato riguardante l’area Expo, che dovrà necessariamente essere approvato anche dalla nostra città per divenire efficace. Potendo esprimere l’ultima parola sul futuro dell’area Expo, la città di Rho ha modo di pesare realmente sulle decisioni che verranno prese, per non ritrovarsi ogni volta a gestire i problemi generati dalle grandi trasformazioni urbanistiche, ma per portare a casa qualcosa di utile per la popolazione di questo territorio.

Centro Sociale SOS Fornace
sosfornace.org

 

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