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Vedi tutti gli articoli senza commenti
- = FREE CAMENISCH = - 4 giugno 2004 - Presidio Nazionale
by Comitato Anarchico di Difesa e Solidarietà Thursday June 03, 2004 at 12:53 AM mail:  

Manifestazione Internazionale per Marco Camenisch

10 MAGGIO - 4 GIUGNO 2004

- = FREE CAMENISCH =...
firenze-040604.jpg, image/jpeg, 448x277

Il 4 GIUGNO, a Zurigo, si celebra l'atto finale del processo a Marco "Martino" Camenisch per l'uccisione di una guardia di frontiera e per il tentato omicidio di un secondino durante un'evasione.
Se questa farsa andasse a "buon" fine, Marco verrebbe murato vivo, in isolamento nelle carceri svizzere, per tutto il resto della sua vita.
Per volere della magistrato Claudia Wiederkehr, figlia del fu dirigente di una multinazionale (NOK) che subì un sabotaggio da parte di Marco, tutti i processi tenuti in passato contro Camenisch verranno nuovamente celebrati.
Il primo, che si è aperto con una dichiarazione di Marco, è il rifacimento del processo di Coira (1981).
[>>] leggi tutto

:: ULTIME notizie
     Il procuratore chiede l'ergastolo, la difesa il proscioglimento
     Venerdì 4 giugno il verdetto della Corte d'Assise
[01/06/2004]
:: Dichiarazione di Marco Camenisch alla Corte d'Assise [10/05/2004]
:: Intervento di Marco davanti al tribunale [24/05/2004]
:: Resoconti delle udienze
:: Mobilitazioni e iniziative di solidarietà:
      prossime
           [ 13/06/2004] - Zurigo - Presidio davanti al carcere in solidarietà con Marco Camenisch
           [ 04/06/2004] - Firenze

Non desistere dalla mobilitazione!
La solidarietà è un'arma. Usiamola!
Firenze - 4 giugno 2004 - presidio nazionale
CONTRO TUTTI I TRIBUNALI, CONTRO TUTTE LE GALERE


Avviso
I compagni svizzeri informano che l'ultima mobilitazione di rilievo prima della chiusura del processo a Marco è prevista per il 1 giugno e consigliano, a chi volesse raggiungere Zurigo per assistere alle restanti udienze, di farlo in quella data e non il 4 giugno, giorno della lettura della sentenza.
      recenti
           [ 01/06/2004] - Zurigo [1]
           [ 29/05/2004] - Palermo - Striscione di solidarietà
           [ 28-29/05/2004] - Varese  [1]
           [ 21/05/2004] - Genova [1]
           [ 11/05/2004] - Milano [1] [2]
           [ 8-10/05/2004] - Zurigo [comunicato]
                                                      [1] [2] [3] [4]
                                                      [5] [6] [7] [8]
           [ 07/05/2004] - Dijon [1]
           [ 07/05/2004] - Milano [mobilitazione nazionale]
       precedenti
:: Links:
     [Switzerland.Indymedia]
     [FreeCamenisch.net]
     [Anarcotico.net]
     [NoRep.net]
:: eBooks:
     Rassegnazione é Complicità - il Caso Marco Camenisch - AAVV - ed. l'AFFRANCHI
     Achtung Banditen! - Marco Camenisch e l'ecologismo radicale - a cura di Pietro Tognoli - ed. NAUTILUS

>> Rassegna Stampa su Marco Camenisch <<

______________________________________________________

[Dall'introduzione di ACHTUNG BANDITEN! - John Zerzan]
"Non ho mai incontrato Marco di persona, ma ho intrattenuto una corrispondenza con lui durante questi ultimi anni. Conosco la sua storia di guerriero per la Terra e per la vita e i principali aspetti della sua vita di prigioniero politico.
È stato un grande privilegio per me venire a contatto con il suo spirito e la sua energia formidabili – dall’altra parte del mondo! – e conoscere la profondità della sua visione e della sua critica.
Dietro tutto ciò, un quarto di secolo di appassionata attività ovunque sia stato. Il coinvolgimento di Marco nella lotta cominciò nella sua nativa Svizzera alla fine degli anni settanta, contro l’energia nucleare. All’inizio del 1980 fu arrestato assieme ad altri per aver danneggiato un traliccio e una centrale elettrica nel nord-est della Svizzera. La condanna relativamente severa inflittagli, dieci anni di reclusione, non rifletteva solo la sua resistenza all’autorità dello stato, ma anche la sua già profonda comprensione della posta in gioco. Per Marco, l’ecocidio attuato dall’industria energetica stessa, come parte della distruttività del più generale sistema di dominio, costituiva l’obiettivo legittimo della sua azione diretta.
Evase dal carcere svizzero insieme con altri cinque prigionieri nel dicembre 1981. Durante la fuga una guardia fu uccisa, ma non da Marco. Nel 1989 una guardia di confine fu uccisa a Brusio e le forze di polizia svizzere, sostenute dai media compiacenti, puntarono il dito contro Marco. Dopo aver trascorso quasi undici anni in clandestinità in Svizzera e in Italia, fu catturato (novembre 1992) in seguito a una sparatoria con i carabinieri in Toscana. Questa volta fu condannato a 12 anni di reclusione dalla giustizia italiana, ma fu poi estradato in Svizzera nella primavera del 2002, dopo aver scontato nove anni.
Anche di fronte all’imputazione più grave, l’intransigenza di Marco rimane quella di sempre: totale. Ha dovuto lottare per ottenere persino le più basilari condizioni in carcere e per poter mantenere contatti con famigliari e amici. Fortunatamente, ha potuto contare sul sostegno attivo degli anarchici di varia provenienza, che si sono mobilitati per proteggerlo contro gli abusi estremi dei sistemi carcerari di due paesi.
Marco intrattiene una corrispondenza molto vasta e traduce vari testi antiautoritari, nonostante le condizioni spesso estremamente restrittive della sua detenzione. È uno degli esempi più stimolanti del nuovo volto dell’anarchismo, di una teoria e pratica rinnovata, che non rinuncia a sollevare questioni fondamentali e a condurre battaglie in quest’epoca di crisi sempre più profonda ad ogni livello.
Giorno dopo giorno, diventa sempre più evidente che il cancro globale del capitale e della tecnologia divora sempre più vita in ogni sfera. Un numero crescente di specie, di culture radicate nel territorio e di ecosistemi subiscono attacchi ad ogni livello. Il cancro del formicaio produttivistico globale è sempre all’opera e consuma il suo ospite.
Considerato il suo straordinario impegno nella lotta contro la Megamacchina, in realtà non sorprende che la prospettiva di Marco sia di mettere in discussione la civiltà tecnologica. Per anni ha partecipato di una visione di un mondo che non solo non ha bisogno di essere gestito da un gruppo, da un’élite o da una burocrazia massificata, ma che può tornare ad essere libero e sano.
Ciò a cui vengono attribuiti vari nomi – anarchismo ecologico, anticivilizzazione, primitivismo – trova la massima espressione in una vita come quella di Marco Camenisch.
La logica dell’addomesticamento o del dominio della natura è insita nella civilizzazione stessa e continua a manifestarsi. In tandem con una sempre maggiore divisione del lavoro e una rapida tecnicizzazione della vita su ogni piano, l’egemonizzazione sembra continuare a trovare nuovi terreni di applicazione.
Forme di vita geneticamente modificate, vegetali e animali, sono la nuova frontiera del nuovo millennio per approdare al Mondo Nuovo. Tutto nella vita non è altro che un ammasso di materia da progettare, programmare, clonare per mezzo di scienze che non sono mai state così totalmente asservite al paradigma dominante.
Questo modello contamina la nostra stessa percezione della realtà. Una società di consulenza New Age pubblicizza la sua competenza professionale proclamando: “L’amore non è un mistero: è una tecnologia”. Tutto è acqua da tirare al mulino del pensiero strumentale, nulla è al sicuro dall’avanzata della macchina, dall’analogia con la macchina.
La clonazione umana è ormai vicina e quali strumenti esistono per impedirla? La vita diventa sempre più sterile: riprogrammazione con antidepressivi, pianificazione del futuro attraverso l’analisi e la correzione genetica. La natura è ciò che la tecnologia e il capitale decidono che sia, ovvero la fine di qualsiasi sfera non addomesticata. Le foreste naturali diventano arboricolture; le nostre emozioni, agonizzanti sul suolo arido, hanno bisogno di una regolare manipolazione chimica.
Il nemico non sono solo le grandi imprese multinazionali. È l’addomesticamento stesso. Il disastro chiamato agricoltura diventa sempre più visibile e comprensibile ogni giorno che passa, con ogni nuovo livello di penetrazione e controllo. La salute e la libertà ne esigono la fine.
Marco ha lottato per porre fine all’incubo industriale da cui dipende la modernità stessa. Ecco perché può contare sull’affetto e il sostegno di così tante persone. Sono estremamente felice che gli ottimi compagni di Nautilus abbiano dato a noi tutti la possibilità di condividere parte della sua vita.

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Requiem per un dissidente
by ker.null Monday June 14, 2004 at 01:53 PM mail:  

Requiem per un dissidente

Il 4 giugno il Tribunale di Zurigo ha resa nota la sentenza a carico di
"Martino" Marco Camenisch. Pur non accogliendo la tesi dell'accusa, che lo
voleva condannato all'ergastolo, ed oltretutto in assenza di prove decisive
(non è stato riconosciuto da alcuno con certezza, la pistola usata nello
scontro a Montignoso era diversa da quella che aveva ucciso la guardia di
confine, ecc.) la condanna emessa di 17 anni, tutti da scontare in quanto,
pare, non cumulabili con i 12 già scontati in Italia, ha il sapore della
vendetta di un apparato che non ammette la ribellione di un proprio suddito,
anche e soprattutto se dimostra di godere di un considerevole appoggio
popolare.
L'articolo che qui riportiamo di seguito è opera di uno scrittore svizzero,
ora residente in Francia. Oltre a vari altri romanzi, ha scritto "Sosia. Un
rapporto", inchiesta autobiografica sullo scandalo delle schedature di
polizia in Svizzera. Il libro è stato pubblicato in italiano dalle Edizioni
La Baronata di Lugano.
Alfonso Nicolazzi

È una delle valli abitate più alte e ricche della Svizzera, l'Engadina.
Quando si è lassù, nelle strade di St. Moritz, si vede appena giù in basso
dove abitano le persone meno ricche, lungo la frontiera italiana. Da un lato
la Val Bregaglia, dall'altro la valle di Poschiavo. Giacometti abitava nella
prima, Marco Camenisch nella seconda. L'uno e l'altro hanno conosciuto la
guerra fredda e il suo modello locale, la glaciazione svizzera. Giacometti è
partito per Parigi, Camenisch non è andato più in là di Zurigo. La
similitudine della loro storia non si ferma qui.
Ho visitato a Stampa il cimitero dove c'è la tomba di Giacometti. Ho preso
l'autopostale che scende dal passo del Maloja. Le grandi tombe sono di quelli
che hanno avuto successo, diventati professori alla nostra scuola politecnica
o banchieri.
Lungo il muro gli ammiratori di Giacometti che passano di là hanno preso
l'abitudine di aggiungere un piccolo sasso sulla modesta tomba di pietra. Un
semplice gesto al nostro scultore dissidente.
Sono andato a Brusio, sulla tomba del padre di Camenisch, che era doganiere.
La valle di Poschiavo è un po' più larga, il sole cala più tardi, il cimitero
è posto su un pendio, su più piani, ogni tomba esattamente identica alle
altre. Sulla tomba del doganiere, morto nel 1989, un mazzo di margherite
appassisce lentamente. È là che Marco è stato visto libero per l'ultima
volta. Era venuto due mesi dopo la sepoltura a raccogliersi sulla tomba del
padre. Aveva creduto che la sorveglianza dei poliziotti e dei doganieri
attorno al cimitero si fosse un po' allentata. Aveva seguito, dall'Italia su
per la montagna, il sentiero dei contrabbandieri. Come Farinet nel romanzo di
Ramuz. Ma un altro doganiere l'avrebbe riconosciuto e le cose sarebbero
andate per il verso sbagliato. Almeno questo è quanto la nostra giustizia
crede di aver capito.
Al tempo della guerra fredda in Svizzera, i comunisti erano scacciati
dall'università, come Bonnard, i traditori incarcerati, come Jeanmaire. Ma
cosa fare dei dissidenti, quelli che non volevano allinearsi né con Mosca né
con la Casa Bianca? Li si sorvegliava da vicino, li si lasciava partire per
Parigi, ma quando li si prendeva con le mani nel sacco, li si puniva in modo
esemplare.
È quanto è capitato al giovane Marco, che allora non aveva trent'anni.
Siccome aveva sistemato, nel 1979, alcuni petardi contro la lobby
dell'energia nucleare nei Grigioni, era stato condannato a dieci anni di
prigione. Nessuno se lo aspettava.
Persino la stampa zurighese si era indignata. Ciò che ovunque, negli Stati
Uniti come in Europa, costava agli antinucleari militanti multe simboliche e
condanne con la condizionale, a Marco è costato dieci anni di detenzione. Un
esempio.
In un campo deserto, aveva tentato di abbattere il pilone di una linea ad
alta tensione. Il pilone non era crollato. L'azione serviva solo per
accompagnare un comunicato molto pedagogico che spiegava i rischi che il
nucleare faceva correre agli abitanti del pianeta. All'epoca, non c'erano
stati né gli incidenti di Three Miles Island né di Cernobyl, la lobby
nucleare non aveva altra intenzione confessata che il bene dell'umanità. I
suoi nemici erano accusati di voler ritornare all'età della pietra. Il pilone
della NOK non era caduto, ma due anni più tardi esatti, il 12 novembre 1981,
quando Marco marcisce in prigione, altri antinucleari si erano incaricati di
abbattere quel pilone d'angolo recalcitrante. Applausi beffardi fin nelle
sale delle redazioni che avevano ricevuto un comunicato firmato: do it
yourself.
Il primo processo Camenisch resta una vergogna della nostra giustizia. Dieci
anni di galera quale esempio: tipico di questa Svizzera incapace di proporre
un altro futuro alla sua gioventù oltre la guerra fredda perpetua. A
Regensdorf, Camenisch è rinchiuso con la banda dell'Alfa rossa, esponenti del
grande banditismo internazionale. Nel dicembre 1981, ne approfitta per
seguirli nella loro evasione. Ma va molto male, una guardia resta sul
terreno. Marco è "libero", se così si può chiamare la clandestinità perpetua
alla quale è condannato. Vorrebbe rivedere i suoi, è impossibile, i
poliziotti sorvegliano in permanenza la casa dei genitori. I doganieri,
anche, perché appunto il villaggio è posto sulla frontiera italiana. Il
giorno del funerale, la polizia invade il cimitero e il giardino del pastore,
proprio accanto, io l'ho visto. Non si diffida mai abbastanza dei pastori!
Marco aspetta due mesi per visitare il piccolo cimitero a piani. Quel giorno
è stato veramente lui a sparare su colui che aveva sostituito suo padre per
custodire le nostre frontiere?
Due anni più tardi, in Italia, Marco è arrestato, accusato di essersela presa
ancora una volta con un pilone dell'alta tensione. Di nuovo in prigione,
pesante condanna, poi l'estradizione e questo ultimo processo in Svizzera. Il
tempo per Marco si è fermato nel mezzo della guerra fredda. Questa volta
contro di lui si richiede la reclusione a vita. Ma chi è dunque il giudice
d'istruzione che ha preparato questo processo con tanto accanimento? Niente
meno che la figlia di colui che rappresenta la lobby nucleare. La
Bezirksanwältin Claudia Wiederkehr non è forse la figlia di Peter Wiederkehr,
direttore generale della NOK dal 1993 al 2002, dopo essere stato membro del
governo zurighese dal 1975 al 1993? Nella tragedia greca, chi esegue una
vendetta agisce sempre per tradizione famigliare. Guai ai vinti! E già si
prepara la vendetta della vendetta: la settimana scorsa a Zurigo, gli amici
di Marco hanno devastato un trasmettitore televisivo. Un milione di danni.
Se un giorno, prima di morire di cancro ai reni, Marco uscirà di prigione,
andrà senza dubbio a vedere la tomba di suo padre, il doganiere, per deporre
un'altra margherita. Se avrà ancora un po' di forza, lo immagino sulla tomba
di Giacometti. Marco deporrà il sasso che aveva in tasca e con il quale
credeva di far tremare la lobby nucleare e un paese rimasto di ghiaccio.

Daniel de Roulet
(trad. di E. Z.; l'articolo originale è comparso su Largeur.com venerdì 4
giugno, il giorno della sentenza)

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