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Venendo dall'autostrada, alla sinistra del semaforo si estende il lungo vialone che spacca Cinisi come una mela tagliata in due. E' la stessa strada dove abitavano Peppino Impastato e don Tano Badalamenti, con le sue case basse e gli infissi socchiusi sulla strada. Si estende per più di un chilometro, sempre retto, puntando verso le montagne che sovrastano l'aeroporto di Palermo. All'altro capo c'è la piazza, con la chiesa madre di Santa Fara da un lato e le mura bianche del municipio di fronte.
Il sole di questi giorni lo rende più western del solito: i marciapiedi poco frequentati, l'aria insonnolita degli avventori dei caffé, gli occhi dietro le finestre...
Per chi viene da Palermo o da Catania balza davanti un'anomalia. La Sicilia si prepara al voto regionale del 28 maggio e le città sono tapezzate di manifesti sorridenti o minacciosi in ogni centimetro quadro, dentro e soprattutto fuori dei riquadri per la propaganda elettorale. Totò Cuffaro dice dai muri di amare "la Sicilia che lavora" mentre la Borsellino, più discretamente, pone un dinstinguo e ci ricorda che la sua è "un'altra storia". E poi ci sono migliaia e migliaia di candidati al consiglio: belli, brutti, con la faccia da prete o da delinquente, con gli slogan scontati o a modo loro originali; chi sconfina nel ridicolo e chi nel patetico; e ci sono anche quelli azzeccati, quelli che fanno intuire del fior fiore di professionisti (grafici, creativi, comunicatori, ecc.) presi a noleggio per questo appuntamento irrinunciabile.
A Cinisi tutto questo non è neanche lontanamente immaginabile. In tutto il corso non si incontra un solo Cuffaro, né tanto meno una Borsellino. Ci sono solo un paio di balconi che issano il tricolore storpiato di Forza Italia a fare compagnia alla foto del candidato locale. C'è anche una qualche sede della sinistra (chissà cos'è? Non ci sono insegne e non si può chiedere perché è sempre chiusa) al piano bottega con un manifesto logoro dei Ds, uno di Rifondazione e uno dei Repubblicani europei, ma senza riferimenti alle imminenti elezioni. A fianco c'è la Margherita, sbarrata anch'essa e con due poster col fiore, senza altre indicazioni.
Abbiamo chiesto a Salvo Vitale, uno dei compagni di Peppino, se è stato revocato ai cinicensi il diritto di votare alle regionali. "No, no - risponde - è solo che qui non ne hanno bisogno. A che gli serve spendersi in propaganda quando sanno perfettamente come voterà la gente. Umberto, te lo ricordi il dottor Volpe?". "Certo - gli risponde Umberto Santino, direttore del Centro siciliano di Documentazione e grande studioso dei fatti di Cosa nostra - come no? Negli anni '60 il medico democristiano Volpe inventò il controllo scientifico del voto. Aveva uno schedario con settantamila elettori che gestiva personalmente lui e la moglie. Capito? Settantamila schede senza neanche un computer!".
Forse è una spiegazione incompleta. Potrebbe esserci qualcosa anche nel carattere di questa popolazione che considera il muro bianco qualcosa di sacro. Per esempio dopo il passaggio del corteo dell'anno scorso, su un muro tra Cinisi e Terrasini - il paese dove sorgeva la radio - si leggeva un'innocente "mafia=merda". Oggi c'è solo una macchia bianca, densa al punto da oscurare perfettamente la vernice sottostante.
E la pratica di ricoprire quello da cui si dissente per sottolineare la proprio estraneità non appartiene solo a certe aree culturali. Il candidato all'Assemblea regionale Francesco Cantafia, ha pensato di usare i propri manifesti per oscurare quelli con il programma del Forum sociale antimafia nella piazza di Cinisi. Cantafia è l'esponente di spicco in queste zone per i democratici di sinistra.
Ah già! C'è pure il Forum. Non che la gente se ne sia accorta. L'anno scorso non se ne potè fare a meno, visto che i Modena City Ramblers attrassero in una sera diecimila persone. Folle mai viste qui, che fecero sperare i commercianti locali di poter fare affari con il nascente turismo politico. Ma quest'anno non c'è la band di richiamo e di conseguenza le presenze si sono afflosciate. Gli esercenti non l'avevano previsto e hanno fatto scorte per affrontare la nuova invasione. Così hanno accatastato le provviste nei loro bar e supermercati, ma le masse non si sono fatte vedere, nonostante si siano dati una bella ripulita per l'occasione. Al Mickey Mouse, per esempio, il bar che fa angolo tra il vialone e la piazza, la storica foto del bandito Salvatore Giuliano viene coperta (dovrebbero esservi familiare 'sti modi, ormai) in queste giornate con quella di Peppino.
Qualcuno sospetta proprio del signor Renda, il proprietario del bar, come mandante del fattaccio di domenica sera. Cioè quando si è presentato il comandante dei vigili urbani a intimare ai ragazzi di Radio-Aut (l'associazione che ha raccolto l'eredità politica delle lotte anti-mafia della sinistra radicale di questa zona degli anni di Impastato) e della cooperativa biologica "Rotta indipendente" di non montare i loro banchetti. "Mancano le necessarie autorizzazioni per la somministrazione di cibo e bevande", è la ragione ufficiale. Ma al di là dei sospetti su questo o su quell'esercente, rimane il fatto che quest'anno il paese non riuscirà a digerire facilmente il cibo che è rimasto ancora là accatastato.
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