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:: LA GUERRA PROMESSA ::
by imc-info Friday, Mar. 04, 2005 at 5:48 PM mail:

L'allargamento del conflitto sul fronte Orientale e le conseguenti evoluzioni geopolitiche.

:: LA GUERRA PROMESS...
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I neo-cons paladini occidentali alle crociate.

:: Riduci le distanze consultando indy Beirut

:: dal web:
- I PIANI DEL COMITATO AMERICANO PER UN LIBANO LIBERO
- Ocalan, un rifugiato nell'isolamento di Imrali
- A Beirut tutti comprano armi [en]
- Altre violazioni israeliane dello spazio aereo libanese
- Protesta della Siria all'Iraq: commercianti di pellami spacciati per agenti dei servizi
- Usa preparano lista classificata di 25 paesi da invadere[en]
- Usa vs Siria: nemici o amici?
- "America violenta e razzista". In un dossier la vendetta cinese
- Nuove basi Usa in Afghanistan
- Sudan: la madre di tutte le bugie
- Fiction sul Libano
- L'artiglio U$A nel mondo
- Usa in contatto con l' opposizione siriana
- Libano: per il ministro della Difesa le forze armate non sono preparate
- Hezbollah e Hamas incontrano personalità vicine a Bush
- Bush: la Siria è uno stato canaglia. Ma non sempre
- Le relazioni USA-Cina a un vicino punto di rottura
- Manifestazione pro Bashar a Damasco
- [hezbollah] per il parlamento UE è solo terrorismo
- Iran, Birmania, Cuba, Corea, Bielorussia, Zimbabwe: perché questi 6 bersagli?
- Bush nomina ambasciatore all'Onu un falco sostenitore della guerra all'Iran
- Mullah Omar: "Primavera di sangue"
- Libano: scendono in piazza gli sciiti
- Libano: FOTO DELLA MANIFESTAZIONE FILO-SIRIANA A BEIRUT
- La più grande manifestazione popolare libanese contro l'ingerenza straniera
- Libano: almeno in un milione in piazza con gli Hezbollah
- Per evitare strafalcioni: il Libano e la sua storia
- AFGHANISTAN: UCCISO BRITANNICO CONSIGLIERE GOVERNO DI KABUL
- Trono, altare e terrorismo negli States. The Joshua tree
- Perchè la Siria è nel mirino
- Libano: i palestinesi del sud del non consegneranno le armi
- Attenti al cane!
- LIBANO: MINISTRO SIRIANO, RITIREREMO TUTTE LE TRUPPE
- Bashar al Assad: ritiro di tutte le forze siriane nella Valle della Bekaa
- LIBANO: blindati a Beirut
- Indonesia: Manifestazione a Jakarta in difesa dei diritti civili
- A BREVE ATTACCO ALL'IRAN?
- Fronte Orientale: perchè Israele incolpa la Siria?
- Iraq: truppe turche schierate a Nord
- Libano: cooperazione con l'occupante
- STATI UNITI: NUOVO STILE INTERNAZIONALE?
- Questi due articoli della SANA
- Novità sul caso HARIRI...
- IRAN: SE CI ATTACCANO, BLOCCHIAMO lo STRETTO di ORMUZ

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Libano: cooperazione con l'occupante
by by arabmonitor Friday, Mar. 04, 2005 at 6:48 PM mail:

Libano: cooperazione con l'occupante
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/743316.php

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Iraq: truppe turche schierate a Nord
by by al jazeera Friday, Mar. 04, 2005 at 8:00 PM mail:

Iraq: truppe turche schierate a Nord
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/743422.php

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fronte orientale-perchè Israele incolpa la Siria
by by controguerra Saturday, Mar. 05, 2005 at 1:46 AM mail:

fronte orientale-perchè Israele incolpa la Siria
http://italy.indymedia.org/news/2005/02/739367.php


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A BREVE ATTACCO ALL'IRAN?
by by info Saturday, Mar. 05, 2005 at 1:57 AM mail:

A BREVE ATTACCO ALL'IRAN?
http://italy.indymedia.org/news/2005/02/739275.php

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Indonesia: Manifestazione a Jakarta in difesa dei diritti civili
by by Corriere Saturday, Mar. 05, 2005 at 2:03 PM mail:

Foto: Manifestazione a Jakarta in difesa dei diritti civili
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/744185.php

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LIBANO: blindati a Beirut
by info Saturday, Mar. 05, 2005 at 7:44 PM mail:

LIBANO: blindati a Beirut
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/744306.php

mentre qui si discute dell'eroe del SISMi (come cazzo può essere eroe un assassino dei servizi segreti me lo spiegherete un altra volta)


blindati libanesi circondano la sede dei sevizi segreti siriani in Libano.

Pare imminente il ritiro siriano. Il governo israliano intanto gongola.

http://www.ansa.it/main/notizie/awnplus/mondo/news/2005-03-05_4253292.html

http://italy.peacelink.org/conflitti/articles/art_9680.html

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Bashar al Assad: ritiro di tutte le forze siriane nella Valle della Bekaa
by arabmonitor Sunday, Mar. 06, 2005 at 5:39 AM mail:

Bashar al Assad: ritiro di tutte le forze siriane nella Valle della Bekaa
http://www.arabmonitor.info/news/dettaglio.php?idnews=8956&lang=it

Damasco, 5 marzo - Il presidente siriano Bashar al Assad ha annunciato in serata che tutte le forze siriane presenti in Libano verranno ritirate nella valle della Bekaa, a ridosso del confine tra il Libano e la Siria, conformemente agli accordi di Taef. Il Supremo consiglio siro-libanese, istituito per le questioni relative alla sicurezza, si riunirà in settimana per definire i dettagli del ridispiegamento. Il presidente siriano, che è intervenuto al Parlamento di Damasco, ha concluso il suo discorso scherzando: "Sentirete degli attacchi al mio discorso non appena avrò terminato. Diranno: ma questo non è sufficiente. Tuttavia sappiate che se il popolo e il governo sono uniti, non dobbiamo temere nulla". Davanti all'Assemblea nazionale siriana si sono raccolte migliaia di persone con le bandiere nazionali in una manifestazione di appoggio popolare al governo.


Bashar al Assad ha spiegato nel suo intervento, durato un'ora e trasmesso significativamente in diretta anche dalla Cnn e dalla Bbc, che le relazioni tra la Siria e il Libano sono forti e che una nuova visione deve prevalere nei rapporti. Ha invitato i siriani a non sentirsi delusi dall'ingratitudine di alcuni ambienti libanesi, perchè si tratta solo di alcuni ambienti. Ha aggiunto che se si forma un consenso popolare in Libano che chiede il ritiro siriano, Damasco non intende rimanere un solo giorno in più nel Paese: "ma anche a ritiro ultimato la Siria avrà un ruolo in Libano". 


Il presidente siriano ha lamentato che quanto contenuto nella risoluzione 1559 si concilia male con la stabilità e la sovranità del Libano e con gli accordi Taef. Assad ha affermato che non è il ritiro siriano dal Paese che costituisce il problema, ma la sorte che spetta alla resistenza libanese (Hezbollah) e quella che attende i rifugiati (palestinesi). Si spiega così, ha osservato il leader siriano, perché sono stati uccisi prima Arafat e poi Hariri. 


Per il presidente Assad quanto previsto dalla 1559 è stato progettato dopo l'occupazione dell'Iraq. Ha respinto tutte le calunnie statunitensi rivolte alla Siria su una presunta interferenza siriana nelle vicende irachene. Alla richiesta di Damasco di provare le accuse con nomi e documenti, la Siria non ha mai ricevuto risposte. Ha ribadito che per la Siria sono tre le priorità relative all'Iraq: l'unità del Paese, la sua indipendenza e che la futura Costituzione abbia il sostegno di tutti, altrimenti si va alla disintegrazione dello Stato iracheno. Alle accuse Usa di non vigilare abbastanza sul confine siro-iracheno, il presidente ha replicato che il desiderio di cooperare è sempre stato forte, ma a volte mancano i mezzi per farlo. 


Sul processo di pace con Israele, Bashar al Assad ha rilevato che per il futuro immediato appare sospeso. Egli ha sottolineato come la Siria non abbia posto precondizioni per la ripresa del dialogo, ma che la restituzione dei Territori occupati è la chiave di ogni autentico processo di pace. Per Damasco la Conferenza di Madrid del 1991 rimane il punto di riferimento, perché è stata convocata sulla base delle risoluzioni Onu che hanno stabilito la restituzione dei Territori arabi sottratti con la forza.

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LIBANO: MINISTRO SIRIANO, RITIREREMO TUTTE LE TRUPPE
by dall'AGI Sunday, Mar. 06, 2005 at 1:36 PM mail:

Beirut, 5 mar. - Tutte le truppe siriane saranno ritirate dal Libano: e' quanto ha affermato stasera il ministro siriano per l'emigrazione, Bussaina Shaaban, in un'intervista trasmessa dall'emittente tv americana CNN, rispondendo ad una domanda dell'intervistatore che le aveva chiesto chiarimenti sull'annuncio di stasera del presidente Bashar al Assad. La domanda vereteva sulla portata dell'impegno di Assad a ritirare le truppe, se cio' volesse significare che le forze siriane avrebbero lasciato del tutto il territorio libaneses. La risposta e' stata: "Assolutamente, passeranno dalla parte siriana della frontiera".

http://www.agi.it/news.pl?doc=200503052127-1198-ROM-POL-A-EST&page=0&id=agionline.esteri

Gli USA pare abbiano vinto la partita. Si attendono nuovi sviluppi in Libano.

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Attenti al cane!
by di uri avnery Sunday, Mar. 06, 2005 at 2:57 PM mail:

La Siria è un obiettivo diverso dagli altri. A differenza di Iran e Iraq non ha risorse petrolifere, ma senza di essa l’impero americano perderebbe continuità e questo rappresenta un problema anche per Israele.Non è molto lusinghiero trovarsi nei panni di un Rottweiler al guinzaglio, con un padrone che minaccia di scatenarlo contro i nemici; ma questa ora è la nostra situazione.Qualche giorno fa il vice presidente Dick Cheney ha dichiarato che se l’Iran continuerà a sviluppare le proprie capacità nucleari, sarà attaccato da Israele.


Questa settimana, il presidente George Bush ha ripetuto la stessa intimidazione. Se fosse stato il capo del governo di Israele, ha detto, si sarebbe sentito minacciato dall’Iran. Ha ricordato, per chi fosse un po’ lento a capire, che gli Stati Uniti si sono impegnati a difendere Israele da eventuali pericoli per la sua sicurezza.
Tutto questo si somma in un chiaro avvertimento: se l’Iran non si sottometterà agli ordini degli Usa (e forse anche se lo farà) Israele lo attaccherà con l’aiuto dell’America, un po’ come ha fatto con i reattori nucleari iracheni circa 24 anni fa.

La stessa settimana è successo qualcosa di inaspettato: Ariel Sharon ha fatto fare le valigie al capo di stato maggiore, Moshe Ya’alon. A succedergli sarà probabilmente il generale Dan Halutz.

Halutz è un pilota e nel 1981 ha preso parte all’attacco al reattore iracheno. Se dovesse assumere la carica sarebbe la prima volta, negli annali delle Forze di Difesa di Israele, che un aviatore viene nominato Capo di Stato Maggiore. È un fatto abbastanza curioso. Infatti l’anno prossimo, l’esercito sarà chiamato a portare a termine un’operazione di terra molto difficile: l’evacuazione degli insediamenti sulla Striscia di Gaza. La nomina di un Generale dell’Aviazione come Capo di Stato Maggiore può suggerire che la Difesa stia pianificando qualcosa di ancora più importante via aria.

(Excursus: Nessuno piange per il licenziamento di Ya’alon. Come Capo di Stato Maggiore ha la responsabilità di tutte le cose terribili accadute nell’esercito negli ultimi tre anni, dalla “prova mortale” di una tredicenne, alla “pratica del vicino” – che consiste nel costringere un palestinese a marciare in testa ai soldati mentre vanno a uccidere un militante. Ma se Ya’alon viene sostituito da Halutz questo conferma il detto pessimistico secondo sui per ogni uomo malvagio rimosso ce n’è uno peggiore a succedergli.

Per quelli che lo abbiano dimenticato: Halutz (in ebraico “pioniero”) ha sollevato un polverone dopo che l’Aviazione ha lanciato una bomba di una tonnellata sulla casa di un leader di Hamas e lo ha ucciso insieme a quindici civili, tra cui nove bambini. Quando gli è stato chiesto che cosa sente nello sganciare bombe come quella, ha risposto: “un leggero sobbalzo” e ha aggiunto che dopo dorme benissimo. Nella stessa occasione ha diffamato Gush Shalom per le sue azioni contro i crimini di guerra e ha chiesto di processarlo per tradimento).
Torniamo a Bush, Cheney e il Rottweiler.

Quando Bush è andato al potere la prima volta, i Neo-Conservatori gli hanno messo davanti un piano coerente per l’estensione dell’impero americano nel Medio Oriente. Conteneva tre punti:
primo, conquistare l’Iraq per ottenere il controllo delle sue immense risorse petrolifere e stabilire un presidio americano sulla giuntura critica tra il petrolio del Mar Caspio e le risorse saudite;
secondo, spezzare il regime iraniano e riportare l’Iran nel blocco americano;
terzo, fare la stessa cosa con Siria e Libano. Non era ancora chiaro se l’Iran dovesse venire prima della Siria o viceversa.

Devono aver pensato che l’esperienza dell’avventura americana in Iraq avrebbe cancellato i capitoli seguenti. Il popolo iracheno non ha ricevuto l’esercito occupante con un lancio di fiori. Il pretesto per l’invasione – le armi di distruzione di massa di Saddam – si è rivelato una sfacciata bugia. L’insurrezione armata continua. Il futuro dell’Iraq è ancora in bilico, anche dopo le recenti elezioni. Il paese può ancora spaccarsi in tre parti, creando ondate di shock in tutto il Medio Oriente.

Molti ingenui credono che dopo tutto questo, Bush non azzarderà altre avventure del genere. Si sbagliano.

Primo perché una persona incivile e vanitosa come lui non ammette il fallimento. Quando una delle sue iniziative va a rotoli, lui sente solo l’impulso a intraprenderne di più ambiziose.
Secondo, il fatto che il fallimento costa effettivamente molto in vite umane e distrugge le infrastrutture della vita dell’Iraq non conta niente per chi ha pianificato l’operazione. Lo scopo principale – stabilire un presidio permanente nel paese – è stato raggiunto. Fuori dell’Iraq nessuno chiede che i soldati americani se ne vadano e, nonostante le azioni di sabotaggio, il petrolio dell’Iraq è controllato dagli Usa. I signori del petrolio, che sono i protettori della famiglia Bush, possono ritenersi ben soddisfatti.

Gli europei e i russi stanno cercando di fermare il cammino di Bush, il quale sta per fare una visita ufficiale all’Unione Europea e alla NATO, per cercare di convincerle con parole dolci e intimidazioni a cooperare con lui.

Quindi bisogna prendere sul serio le minacce di Bush e Cheney di slegare il Rottweiler: nel momento in cui penseranno che la via è libera faranno un cenno a Sharon. Questi farà il suo lavoro in cambio di un autorizzazione americana a trangugiare altri pezzi di territorio palestinese.

Le azioni militari riusciranno a far crollare il regime degli Ayatollah? Ne dubito. Si tratta davvero di un regime odioso, ma trovandosi a fronteggiare un attacco esterno, in particolare da parte di “Crociati e Sionisti”, il popolo iraniano si riunirà sotto di esso. Un popolo orgoglioso, con un passato glorioso, come quello Iraniano non si piegherà facilmente.

La Siria è un obbiettivo diverso. A differenza di Iran e Iraq non ha risorse petrolifere, ma senza di essa l’impero americano perderebbe continuità ed è un problema anche per Israele.

Nella guerra del 1967, il suo esercito ha conquistato le alture di Golan, che fino a quel momento erano conosciute come “le alture della Siria”. Al posto di dozzine di villaggi siriani, che sono stati spazzati via dalla faccia della terra, sono spuntati insediamenti israeliani. I siriani non hanno mai rinunciato al proposito di recuperare il loro territorio. Nel 1973 ci hanno provato con la guerra, ma sono stati sconfitti nonostante una rilevante vittoria iniziale. Da allora l’equilibrio del potere militare è cambiato ancora di più in favore di Israele. Dunque la Siria ha deciso di usare un nuovo metodo: bersagliare il nemico per procura, sostenendo gli Hezbollah e le organizzazioni palestinesi radicali, i cui leader risiedono a Damasco.

Allo scopo di rendere permanente il proprio controllo delle alture di Golan, il governo israeliano deve sconfiggere la Siria; il partito neo-conservatore di Washington – sorpresa, sorpresa – ha lo stesso obiettivo. Il pretesto: la presenza di soldati siriani il Libano.

Storicamente il Libano era parte della Siria. Damasco non si è mai rassegnata alla creazione di uno stato libanese separato da parte della colonizzazione francese nella prima metà del XX secolo. Al massimo lo avrebbe accettato come stato satellite.

L’esercito siriano è entrato in Libano nel 1976, all’apice della guerra civile che vi era scoppiata. I Musulmani e i Drusi, con l’aiuto dell’OLP, erano pronti a conquistare le aree cristiane. Sono stati i Cristiani (va ricordato!) ad invocare l’aiuto dei Siriani, che da allora sono rimasti. Molti Libanesi temono che la loro fuoriuscita riaprirebbe la guerra civile.

Nel 1982 Israele ha provato a farli sloggiare. Era l’obbiettivo principale dello stato maggiore dell’esercito (diversamente da quello dell’allora Ministro della Difesa Ariel Sharon, che era di far uscire i palestinesi). Ma l’invasione non ha avuto successo: alla fine gli Israeliani sono stati cacciati e i Siriani sono rimasti.

Questa settimana, il leader musulmano Farik al-Hariri, che recentemente si era unito all’opposizione, è stato assassinato a Beirut. Non è ancora chiaro chi sia stato. La grande macchina propagandistica americana, che comprende anche i media israeliani, ha puntato il dito contro i siriani. Se fossero davvero loro i colpevoli, l’attentato sarebbe stato un atto di pura follia, poiché è ovvio che gli americani lo useranno per fomentare l’opposizione libanese e sollevare una tempesta anti-siriana. È successo proprio al momento più giusto per chiunque fosse interessato a dare il via a una campagna contro questo paese, con lo slogan “Stop all’occupazione siriana”.

C’è qualcosa di ridicolo in questa richiesta, perché a farla sono due potenze occupanti: gli americani in Iraq e gli israeliani in Palestina. Ma i Rottweiler non sono famosi per il loro senso dell’umorismo, e neanche chi li porta al guinzaglio.

Fonte: http://www.countercurrents.org/pa-avnery220205.htm


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Libano: i palestinesi del sud del non consegneranno le armi
by voce della Palestina Monday, Mar. 07, 2005 at 1:47 PM mail:

Libano: i palestinesi del sud del non consegneranno le armi
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/745722.php
voce della Palestina

intervista rilasciata alla emittente radiofonica "voce della Palestina" da Sultan Abul Einein, segretario di Al Fatah in Libano.





I palestinesi in Libano non sono disposti a consegnare le armi - nel contesto della risoluzione 1559 delle Nazioni Unite - se prima non avranno ricevuto "adeguate garanzie politiche ed internazionali". Lo ha precisato oggi in una intervista a 'Voce della Palestinà il segretario generale di al-Fatah in Libano, Sultan Abul Einein.

"Abbiamo diritto ad invocare garanzie politiche - ha osservato il funzionario - anche perché nella memoria del nostro popolo restano impresse le stragi di Sabra e Shatila, in cui tremila palestinesi furono massacrati come pecore".

Secondo un rapporto di inchiesta israeliano, i massacri furono compiuti il 16 settembre 1982 da falangisti libanesi (all'indomani della uccisione in un attentato del loro leader Bashir Jemayel), mentre le forze armate di Israele presidiavano il centro della città.

Abul Einein ha detto che i palestinesi non desiderano prendere posizione nel dibattito politico che dopo la uccisione dell'ex premier libanese Rafic Hariri (il 14 febbraio scorso) divide i libanesi fra le forze pro-siriane e quelle che invocano un celere ritiro delle forze di Damasco dal territorio libanese.

"In tutta franchezza - ha comunque aggiunto il funzionario palestinese - pensiamo che la risoluzione 1559 sia stata concepita dagli americani e da Israele. Lo scopo di quella risoluzione è di disarmare tutti i gruppi della resistenza e rimuovere così dalla scena libanese qualsiasi ostacolo in vista di una nuova aggressione israeliana".

La questione delle armi dei palestinesi in Libano, ha sottolineato Abul Einein, "è una conseguenza della occupazione di 57 anni fa", ossia della costituzione dello stato di Israele (1948) da cui scaturì la questione dei profughi palestinesi.

La stessa legalità internazionale su cui si fonda la risoluzione 1559 deve - secondo il dirigente di al-Fatah - trovare una soluzione equa anche al problema dei profughi.

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Perchè la Siria è nel mirino
by controguerra Monday, Mar. 07, 2005 at 11:09 PM mail:

Perchè la Siria è nel mirino
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/745984.php

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Trono, altare e terrorismo negli States. The Joshua tree
by Franco Beroglio Tuesday, Mar. 08, 2005 at 7:37 PM mail:

Trono, altare e terrorismo negli States. The Joshua tree
http://www.warnews.it/index.php/content/view/1479/28/

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AFGHANISTAN: UCCISO BRITANNICO CONSIGLIERE GOVERNO DI KABUL
by Circo Barnum Tuesday, Mar. 08, 2005 at 7:38 PM mail:

AFGHANISTAN: UCCISO BRITANNICO CONSIGLIERE GOVERNO DI KABUL
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/746750.php

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Per evitare strafalcioni: il Libano e la sua storia
by saigon Tuesday, Mar. 08, 2005 at 7:38 PM mail:

Per evitare strafalcioni: il Libano e la sua storia
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/747123.php

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LIBANO: BEIRUT, ALMENO UN MILIONE IN PIAZZA CON HEZBOLLAH
by Aureliano Buendia Tuesday, Mar. 08, 2005 at 7:40 PM mail:

LIBANO: BEIRUT, ALMENO UN MILIONE IN PIAZZA CON HEZBOLLAH
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/747031.php

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La più grande manifestazione popolare libanese contro l'ingerenza straniera
by arabmonitor Tuesday, Mar. 08, 2005 at 7:41 PM mail:

La più grande manifestazione popolare libanese contro l'ingerenza straniera
http://www.arabmonitor.info/news/dettaglio.php?idnews=8977&lang=it

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Libano: FOTO DELLA MANIFESTAZIONE FILO-SIRIANA A BEIRUT
by mortimer Tuesday, Mar. 08, 2005 at 7:41 PM mail:

Libano: FOTO DELLA MANIFESTAZIONE FILO-SIRIANA A BEIRUT
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/747024.php

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Libano: scendono in piazza gli sciiti
by Sbancor Tuesday, Mar. 08, 2005 at 7:42 PM mail:

Libano: scendono in piazza gli sciiti
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/747091.php

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Mullah Omar: "Primavera di sangue"
by da reporterassociati Wednesday, Mar. 09, 2005 at 2:12 AM mail:

Mullah Omar: "Primavera di sangue"
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/747379.php

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digest links 9/10 marzo
by info Thursday, Mar. 10, 2005 at 8:40 PM mail:

Bush: la Siria è uno stato canaglia. Ma non sempre
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/748958.php
by uccialli

Le relazioni USA-Cina a un vicino punto di rottura
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/748944.php
by santerre

manifestazione pro bashar a Damasco
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/748808.php
by ziapat

[hezbollah] per il parlamento UE è solo terrorismo
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/748799.php
by falafel

Iran, Birmania, Cuba, Corea, Bielorussia, Zimbabwe: perché questi 6 bersagli?
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/748357.php
by Randolfo

Bush nomina ambasciatore all' Onu un falco sostenitore della guerra all' Iran
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/748019.php
by Aljazeera

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Hezbollah e Hamas incontrano personalità vicine a Bush
by aljazira.it Saturday, Mar. 26, 2005 at 2:39 PM mail:

Hezbollah e Hamas incontrano personalità vicine a Bush
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/759164.php

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Libano: per il ministro della Difesa le forze armate non sono preparate
by arabmonitor Saturday, Mar. 26, 2005 at 6:58 PM mail:

Libano: per il ministro della Difesa le forze armate non sono preparate
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/759576.php

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Usa in contatto con l' opposizione siriana
by Washington Post Saturday, Mar. 26, 2005 at 6:59 PM mail:

Usa in contatto con l' opposizione siriana
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/759581.php

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digest links 28 marzo / 1 aprile
by imc-info Friday, Apr. 01, 2005 at 4:54 PM mail:

I PIANI DEL COMITATO AMERICANO PER UN LIBANO LIBERO
http://italy.indymedia.org/news/2005/04/763197.php
by Reseau Voltaire

Ocalan, un rifugiato nell'isolamento di Imrali
http://italy.indymedia.org/news/2005/04/763191.php
by da anarcotico

A Beirut tutti comprano armi [en]
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/762235.php
Lucy Ashton

Altre violazioni israeliane dello spazio aereo libanese
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/762140.php
by arabmonitor

Protesta della Siria all'Iraq: commercianti di pellami spacciati per agenti dei servizi
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/761570.php
by arabmonitor

Usa preparano lista classificata di 25 paesi da invadere [en]
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/761564.php
by info

Usa vs Siria: nemici o amici?
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/761241.php
by mazzetta

"America violenta e razzista"In un dossier la vendetta cinese.
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/761179.php
by dan

Nuove basi Usa in Afghanistan
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/761078.php
info

Sudan: la madre di tutte le bugie
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/760878.php
by mazzetta

fiction sul Libano
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/760520.php
by mazzetta

l'artiglio U$A nel mondo
http://italy.indymedia.org/news/2005/03/760169.php
by agaragar

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[ANALISI] LA GUERRA DEL PETROLIO
by Battaglia Comunista Saturday, Oct. 08, 2005 at 11:49 AM mail:

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LA GUERRA DEI TRENT'ANNI, LA GUERRA DEL PETROLIO....

La guerra in Iraq ha tradito le aspettative della Casa Bianca: i marine caduti sono ormai più di mille contro le poche decine attese (le centinaia di migliaia di civili iracheni ovviamente non contano!);l'estrazione di petrolio, sulla cui appropriazione si faceva conto per finanziare l'occupazione militare ed eventualmente la ricostruzione del paese letteralmente distrutto dai bombardamenti è, a causa dei continui attentati, di gran lunga inferiore a quella precedente l'invasione; e la crescita della spesa militare ha costretto a continui tagli della spesa pubblica interna per i servizi sociali, la previdenza e l'assistenza. Da il Manifesto del 13 ottobre us (J. Halevi -- L'Iran nel mirino) apprendiamo che secondo un rapporto redatto dall'Istitute of Policy Studies di Washington intitolato "Una transizione fallimentare", perfino i fondi per le cure dei militari feriti hanno subito decurtazioni tanto che il bilancio dell'apposito programma medico presenta un buco di due miliardi e mezzo di dollari. Inoltre, poiché un terzo delle truppe di occupazione è formato dalla Guardia Nazionale, intere località e province sono rimaste prive, per mancanza di personale, dei servizi di emergenza che essa forniva. L'istituto rivela che molte famiglie dei soldati inviati in Iraq hanno dovuto pagare di tasca propria perfino i giubbotti antiproiettile.

Per quanto riguarda l'Iraq, invece, l'intervento armato, che avrebbe dovuto portare benessere e democrazia, ha generato il totale disfacimento del tessuto economico, sociale e civile del paese. La disoccupazione, che già prima dell'invasione era al 30 per cento, è raddoppiata. Più della metà delle scuole sono state distrutte dai bombardamenti e non sono state ricostruite per cui la maggioranza dei bambini è stata di fatto privata del diritto allo studio e trascorre la gran parte del proprio tempo per strada dove spesso incontra la morte. " Le condizioni sanitarie si sono drasticamente deteriorate perfino rispetto al periodo precedente l'invasione quando era in vigore l'embargo. Inoltre i bombardamenti hanno ulteriormente distrutto gli impianti di depurazione mentre l'inquinamento dei terreni e del Tigri è moltiplicato dalle 2.200 tonnellate di proiettili ad uranio impoverito che cospargono il territorio del paese" (art. cit.).

Secondo i sostenitori della "guerra preventiva" il fatto che finora la campagna d'Iraq presenti per gli Usa un bilancio in rosso costituirebbe la prova più evidente che a far muovere la loro grande armata non sarebbe stata la volontà di porre sotto controllo un paese che ha nel suo sottosuolo il 9,3% delle riserve petrolifere mondiali ed è collocato in posizione strategica nel cuore dell'area petrolifera più importante del pianeta, ma la necessità di dare risposta all'attacco alle Twin Towers dell'11 settembre 2001 in quanto parte del più generale "conflitto di civiltà" scatenato dall'integralismo islamico. In forza di questo ragionamento, perfino la maggiore parte di coloro che sono contrari all'occupazione, come per esempio i maggiori partiti della coalizione parlamentare dell'opposizione in Italia, avallano la tesi che la guerra sia scaturita da questa necessità e vi si oppongono solo perché non condividono il mezzo, cioè l'intervento militare ritenuto inefficace ad arginare il fenomeno del terrorismo. Secondo costoro, meglio sarebbe per disinnescare la mina, non tanto "esportare la democrazia" sulla punta dei cannoni e delle ogive dei missili, ma un'azione diplomatica mirata a coinvolgere nel processo il cosiddetto Islam moderato e a rimuovere le cause che alimenterebbero quello estremista e fondamen-talista oltre che i risentimenti che nell'area mediorientale -- e non solo in quella -- albergano contro "l'Occidente" a cominciare dal conflitto isarelo-palestinese.

La tesi della "guerra di civiltà", peraltro, è stata avanzata a posteriori, dopo che tutte le altre motivazioni addotte a giustificazione dell'attacco, quali il possesso da parte dell'Iraq di armi di distruzione di massa si sono dimostrate delle colossali fole, riprendendo quella formulata dallo storico statunitense Huntinghton secondo cui dopo il crollo dell'Unione sovietica gli unici conflitti possibili sarebbero stati appunto quelli fra civiltà e religioni diverse. Ma si tratta di una costruzione ideologica che mira a celare le vere ragioni del contendere e gli interessi materiali che lo hanno determinato e lo alimentano.

Se oltre ai fallimenti, dovuti probabilmente a errori di calcolo o al fatto che l'errore è sempre implicito nell'agire umano, si considerano infatti anche i vantaggi che le forze di occupazione e gli Usa in particolare ne hanno tratto, emerge con chiarezza che a al di là delle chiacchiere anche in questo caso c'est l'argent qui fais la guerre.


I profitti dell'industria bellica e delle compagnie petrolifere Usa
Cominciamo da quelli del famoso complesso militar-industriale, che tanto peso ha nelle scelte strategiche degli Usa e della loro vita economica, sociale e politica. Esaminando la trimestrale che le maggiori imprese degli armamenti hanno presentato alla fine dello scorso ottobre a Wall Street, balza subito agli occhi che: "Se gli indici della principale piazza finanziaria del mondo arrancano, i bilanci delle società implicate a vario titolo nella guerra infinita lanciata dall'amministrazione Bush splendono al di sopra delle più rosee aspettative... Analizzando quella di Locked Martin, si scopre come questa società dai tragici avvenimenti del 2001, abbia più che quadruplicato il valore delle proprie azioni. L'utile netto al 30 settembre (2004 n.d.r.) è [stato n.d.r. di 307 milioni di euro, ovvero 69 centesimi per azione, con una crescita del 41%rispetto ai 217 milioni dello stesso periodo del 2003. E le stime per il 2004 e il 2005 sono state riviste al rialzo: un utile netto per azione tra i 2,65 e i 2,75 dollari per quest'anno e tra i 3 e i 3,25 dollari l'anno prossimo, su un fatturato che si aggirerà tra i 34 e i 36 milioni di dollari" [1]. Lo stesso dicasi per la Northrup Grumman, per la General Electric e per tutte le altre compagnie coinvolte nella guerra che da quando Bush è alla Casa Bianca hanno praticamente raddoppiato il loro giro d'affari peraltro destinato a crescere anche nel prossimo anno visto che il Pentagono ha messo in preventivo per il 2005 "... una spesa in armamenti per un minimo di 420 miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti i costi per il mantenimento della presenza di truppe in Afghanistan e in Iraq, che prevede l'acquisto di parti di ricambio, di munizioni e la manutenzione (72 miliardi di dollari), e i costi per le commesse civili finalizzate alla sicurezza interna" [2]. Meglio di queste compagnie hanno fatto solo quelle petrolifere, anche esse ben rappresentate nel Comitato d'affari che governa la Casa bianca essendone lo stesso Bush un loro rappresentante. I loro profitti, che già a partire dal 2001 avevano fatto registrare una crescita media superiore al 100% grazie all'incremento del prezzo del petrolio passato dal gennaio di quest'anno a oggi da 34 a 50 dollari al barile, sono balzati alle stelle. Secondo l'ex ministro del petrolio saudita Zaki Yamani e attuale presidente del Center for Global Energy studies di Londra solo le tre principali compagnie petrolifere statunitensi nelle ultime settimane dello scorso agosto perciò "hanno incassato dieci miliardi di dollari" [3].

Inoltre, se si tiene conto che il famoso complesso industrial-militare e petrolifero costituiscono direttamente o indirettamente l'asse portante dell'intero apparato produttivo statunitense e che sono fra i pochi settori dell'industria americana che non subiscono la maggiore competitività estera, appare del tutto evidente che l'intervento in Iraq, sia perché ha contribuito al rialzo del prezzo del petrolio sia alla crescita della spesa militare, è stato come la manna dal cielo che ha consentito all'economia di tirare una boccata d'ossigeno nonostante la stretta in cui si dimena dopo l'esplosione della gigantesca bolla speculativa di Wall Street. Ma al di là dei vantaggi ottenuti dalle diverse compagnie e potentati economici, sono le relazioni macro economiche che intercorrono fra il processo di formazione del prezzo del petrolio e quello di formazione e appropriazione della rendita finanziaria su scala internazionale che dimostrano che anche la tesi della guerra di civiltà è un'enorme falsità.


I deficit gemelli e il prezzo del petrolio
Nel corso degli ultimi trenta anni, salvo brevi periodi, gli Usa hanno accumulato debiti senza sosta. Li ha accumulati lo stato per finanziare soprattutto la spesa militare; li hanno accumulati i privati per sostenere i consumi e le imprese per finanziare i processi di ristrutturazione, soprattutto di delocalizzazione degli impianti in aree con bassi salari e le attività speculative sui mercati valutari e azionari. Solo il debito delle famiglie, che venti anni fa era pari alla metà del Pil oggi ne rappresenta l'85%. Il debito aggregato, cioè l'insieme di queste tre componenti. invece è pari al 300 per cento del Pil. "Si tratta -- ci informa il banchiere d'affari milanese Giovanni Tamburi -- del più alto valore dell'intera storia americana. Agli inizi degli anni trenta era arrivato (in valore costante n.d.r.) a quota 270 per cento. Agli inizi degli anni Novanta era a quota 200" [4]. Ma non è finita qui. Insieme al debito è cresciuto anche il deficit della bilancia commerciale che ammonta a circa 600 miliardi di dollari. Tutto ciò significa -- continua il nostro banchiere -- "Molte cose e quasi nessuna bella. Intanto [...]che dietro questo boom americano recente c'è la più alta montagna di debiti della storia. E questo fa dell'economia americana (che è la più grande del mondo) un soggetto molto instabile" [5].

In verità, nessun paese al mondo potrebbe reggere il peso di un debito aggregato di queste dimensioni. Possono farlo gli Usa grazie al fatto che il dollaro gode tuttora del privilegio di essere il più diffuso mezzo di pagamento inter-nazionale. I prezzi del petrolio e di tutte le più importanti materie prime sono infatti denominati in dollari, per cui gli Usa, che detengono il controllo diretto o indiretto della maggior parte delle fonti di produzione sia del petrolio che delle materie prime e delle loro vie, possono interferire sul processo di formazione dei loro prezzi in modo che i loro movimenti risultino speculari a quelli del dollaro stesso, e fare in modo che a un rialzo del prezzo del petrolio corrisponda la svalutazione del dollaro e viceversa. Grazie a questo meccanismo, che si traduce nell'appropriazione di un'immensa rendita finanziaria, essi hanno potuto indebitarsi fino al collo a costi del tutto irrisori [6].

La relazione petrolio e denominazione del suo prezzo in dollari costituisce, dunque,il presupposto stesso della loro supremazia tanto che già nel 1945 -- ci ricorda lo storico F. Cardini -- il presidente Roosvelt "reduce dalla conferenza di Yalta riceveva re Saud sull'incrociatore Quincey. Su quella nave ci si accordò e si stabilì segretamente che il prezzo del petrolio sarebbe rimasto sempre e comunque ancorato al dollaro. Si gettavano così le fondamenta di una delle ragioni della straordinaria potenza americana negli ultimi cinquant'anni; e di una situazione politica, di un ordine internazionale, che solo nei nostri giorni sta giungendo a nuova svolta" [7].

Per molti paesi produttori, ivi compresa l'Arabia Saudita, da quando gli Usa hanno cessato di essere la prima potenza industriale del mondo e perduto il monopolio in molti settori produttivi, ha cominciato ad essere più conveniente importare dai paesi concorrenti quali quelli europei e il Giappone e sempre meno dipendere, per i loro pagamenti internazionali, dal dollaro. Con la nascita dell'euro, essendo la sua area di riferimento la maggiore importatrice di prodotti petroliferi oltre che la maggiore esportatrice di prodotti industriali, per molti paesi produttori dover vendere in dollari e acquistare in euro è divenuto oltremodo svantaggioso. La Russia, per esempio, denomina, ormai da più di un anno, le sue esportazioni verso l'Europa in euro e lo stesso aveva cominciato a fare Saddam Hussein prima che l'Iraq venisse invaso. Ma fortissime spinte in questa direzione sono presenti anche in Arabia saudita e nei paesi produttori sudamericani. Perfino la Cina, nonostante non esporti petrolio e abbia come principale mercato di riferimento per le sue esportazioni gli Usa, ha di recente annunciato di aver avviato la conversione di circa il 20 per cento delle sue riserve valutarie in euro.


Gli Usa sull'orlo dell'armageddon
Tradotto in cifre, tutto ciò ha significato un rallentamento del flusso dei capitali verso gli Usa, favorito anche dal fatto che nel frattempo per restituire una qualche competitività al sistema industriale americano e alleggerire la pressione del deficit commerciale e del debito, la Fed ha, per così dire, agevolato una consistente svalutazione del dollaro.

Ora, se si tiene conto che gli Usa necessitano, solo per finanziare il deficit delle partite correnti, di circa 2,6 miliardi di dollari al giorno, cioè qualcosa come l'80% del risparmio netto mondiale, è evidente che il rischio che questo flusso di capitali possa arrestarsi del tutto è altissimo salvo innalzare i tassi di interesse alle stelle. Ma in una situazione in cui si prevede che già "quest'anno... saranno più numerose le dichiarazioni di fallimento delle domande di divorzio o delle iscrizioni ai corsi di specializzazione universitaria o degli attacchi di cuore", [8] ciò potrebbe essere a sua volta esiziale. Addirittura, secondo il capoeconomista della Morgan Stanley, Stepfen Roach, gli Usa potrebbero andare incontro a una vera e propria armageddon cioè a una sorta di apocalisse economico -- finanziaria senza precedenti nella loro storia. Il giornalista Brett Arendes, che ha dato conto di una conferenza di questo banchiere in un articolo apparso sul Boston herald e la cui traduzione è stata pubblicata in Italia da Il Manifesto del 26 novembre u.s. scrive: " L'argomentazione di Roach è questa: il deficit commerciale record dell'America significa che il dollaro continuerà a cadere. Per convincere gli stranieri a comprare ancora i buoni del tesoro Usa e prevenire una crescita dell'inflazione, il presidente della Federal Reserve -- Alan Greenspan -- sarà forzato a far risalire i tassi di più e più rapidamente di quanto non voglia. Risultato di questo processo: i consumatori Usa, che sono pieni di debiti fino agli occhi saranno fatti a pezzi." Come uscire da questa terribile morsa? Afferma il banchiere Tamburi da noi già citato: "La strada, qualunque cosa dicano le autorità americane, è una sola: far pagare il debito...agli altri, cioè al resto del mondo. La strategia economica Usa in questo momento, è appunto quella di esportare il loro debito attraverso il dollaro. Quelli che ci consigliano, quindi, di imitare l'America (fare debiti per crescere, per consumare di più), trascurano questo piccolo particolare: gli americani possano farlo, con molti rischi, anche perché hanno il dollaro, uno strumento fantastico per esportare i debiti e farli pagare agli altri" [9].

E' necessario dunque che i prezzi del petrolio continuino a essere denominati in dollari e che il loro processo di formazione resti sotto il totale controllo degli Usa perché questa è la conditio sine qua non della loro sopravvivenza quale maggiore potenza imperialistica al mondo.

"Chi pensa che gli Stati Uniti siano disposti a perdere il petrolio del Medio Oriente -- ha dichiarato all'inizio della guerra contro l'Iraq l'ambasciatore americano in Italia, Mel Sembler -- è uno che non consoce l'America e gli americani" [10].

In realtà, non solo quella mediorientale, ma tutte le aree petrolifere del mondo non possono sfuggire a questo controllo pena il rischio della fine del cosiddetto secolo americano. E non è un caso che da un po' di anni a questa parte ovunque scorra una sola goccia di petrolio scorrono anche fiumi di sangue. Da una parte è schierato, con gli Usa in testa, chi ha interesse a mantenere intatta la supremazia del dollaro perché è da essa che trae i profitti più consistenti; e dall'altra, con in prima fila ampie frazioni della borghesia dei paesi produttori ed europea, chi, al contrario, ha l'interesse a soppiantarla, o quanto meno a limitarla, perché a causa di essa subisce una decurtazione dei propri profitti quando non del tutto il loro annullamento. Tutti dicono di combattere in nome di un dio e della libertà, ma in realtà in gioco c'è solo il portafogli e il dominio del mondo. Forse è per questo che sul dollaro c'è scritto in god we trust.

Per tutta la prima metà del Seicento (1618 -- 1648), salvo brevi periodi di pace, l'Europa fu messa a ferro e fuoco da una guerra, la guerra dei Trenta anni, alimentata dal conflitto fra cattolici e protestanti. Dalla Boemia si estese alla Germania e pose così i presupposti perché vi rimanessero coinvolte l'Inghilterra, la Spagna, le Province Unite, la Danimarca, la Svezia, l'Italia settentrionale e infine la Francia. Nessuna regione fu risparmiata dalla violenza devastatrice degli eserciti invasori, delle bande di soldati predatori e soprattutto dalla fame e dalla pestilenza. Finì con la pace di Westfalia che segnò la vittoria della Francia e della Svezia contro gli Asburgo d'Austria. Ancora oggi si parla della guerra dei trenta anni come di una guerra di religione nonostante che il trattato che ne sancì la fine lasci le cose del cielo come sono sempre state per occuparsi esclusivamente di una nuova spartizione dell'Europa.

Sarà così anche per la guerra in corso: essa finirà solo quando anche l'ultimo pozzo di petrolio sarà assegnato ai vincitori. Nel frattempo, però, violenza, fame e pestilenze dilagheranno in nome dell'Islam e dei valori dell'Occidente.

(B.C.) http://www.internazionalisti.it

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Libano: l'attenzione si concentra sui campi profughi palestinesi
by da arab monitor Sunday, Oct. 09, 2005 at 1:43 PM mail:

Beirut, 8 ottobre - E' atteso per oggi l'incontro tra il premier libanese Fouad Siniora e i rappresentanti dei gruppi palestinesi in Libano, dopo che nelle ultime 48 ore le forze armate libanesi hanno aumentato la propria presenza attorno ai dodici campi profughi palestinesi nel Paese. Come si ricorderà, la risoluzione 1559 dell'Onu chiedeva il disarmo delle cosiddette milizie, intendendo per tali le organizzazioni palestinesi e il movimento di resistenza libanese Hezbollah. I vari gruppi palestinesi, che sono organizzati all'interno dei campi, dispongono di un certo quantitativo di armi.

Siniora, che è il luogotenente di Saad Hariri, il quale si è rintanato da tempo a Parigi, persegue una sottile politica filoamericana, contrastato da numerose forze politiche libanesi. Anche sulla questione dell'eventuale disarmo dei palestinesi, la sua posizione è differente non solo dagli sciiti di Amal e Hezbollah, ma anche da quello dell'alleato druso Walid Joumblatt. Quest'ultimo negli ultimi mesi ha ricevuto i rappresentanti di quasi tutte le organizzazioni palestinesi presenti in Libano, assicurando a loro che mai avrebbe consentito che ai palestinesi le autorità libanesi imponessero alcunché seguendo ordini provenienti dall'estero.

http://www.arabmonitor.info/news/dettaglio.php?idnews=11516&lang=it

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