Diario dai Campi Profughi – Agosto 2015


Giordania_dati_geo_amm_TABIn questa pagina seguiremo, quotidianamente, le tappe che i nostri compagni faranno durante la missione  – Per non dimenticare il diritto al ritorno dei profughi palestinesi
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Programma Amman (Giordania) dal 15/8/2015 al 23/8/2015.

1° Giorno | Sabato 15 Agosto

Incontro con il direttivo dell’unione delle donne giordane (The Jordanian Women’s Union).

Sono Antonio, militante del Centro Sociale Jan Assen (ex Asilo Politico) di Salerno, componente della delegazione “Per non dimenticare il diritto al ritorno” presente in Giordania. Il primo incontro è con l’UDG che ha collaborato anche alla pianificazione di questo viaggio. Un associazione privata con 16 filiali che opera dal 1945 contro le discriminazioni e il rispetto dei diritti umani. Più volte sospesa dal governo Giordano per motivi politici (1957 e 1981) dal 1990, con la democratizzazione della Giordania, riprende la sua importante opera sociale. Il riferimento del loro intervento non poteva che condurre a quanto sta avvenendo nel mondo arabo e in particolare sul pericolo ISIS (DAESH in arabo), un islam diverso da quello che noi conosciamo, il cui risultato sarà in primo pagato dalle donne arabe.

La responsabile ha sottolineato che la “Questione Palestinese” rimane primaria e che il pericolo di quanto sta avvenendo ha come obiettivo fondamentale dividere ulteriormente il mondo arabo, creare nuove entità etniche e religiose e ridisegnare i rapporti di forza imponendo sotto il controllo americano tutta questa importante area geopolitica.

2° Giorno | Domenica 16 Agosto

Incontri con i Partiti Politici:  Hashd – Partito Democratico del Popolo – Partito Comunista.

Incontro con il PARTITO DEMOCRATICO DEL POPOLO

… Il nostro secondo giorno in Giordania inizia con l’incontro del “PARTITO DEMOCRATICO DEL POPOLO”. L’impatto iniziale con la presidentessa del partito ABLA ABU ELBE  è molto forte perché inizia il dibattito cosi “Impossibile risolvere tutti i problemi legati alla Palestina. I Palestinesi hanno bisogno del nostro aiuto, solo che anno dopo anno diventa sempre più complicato. I Palestinesi presenti in Giordania sono più degli altri paesi, qui troviamo 7 campi profughi autorizzati e 3 non autorizzati. Il numero esatto non possiamo saperlo però contiamo circa 4 milioni di Palestinesi presenti qui, tra cui circa 500 mila non ancora regolarizzati con passaporto Giordano, come quelli provenienti da Gaza. Per cui non possono usufruire dei diritti, il restante ha gli stessi diritti dei giordani. Solo nel campo profughi di JERASH sono presenti più di 30 mila Palestinesi senza passaporto, altri sono presenti nel campo JUFC e per la maggior parte sono quelli provenienti dal valico in Egitto dopo il 1967. Il governo Giordano solo oggi inizia a capire la vera problematica, perché essendo molto poveri si può creare un pericolo sociale di tale situazione. In Giordania esiste una legge (N°149) che prevede il diritto al ritorno di tutti i profughi palestinesi. Una legge che secondo loro, non influirà sul ricordo e la volontà di questo popolo di voler tornare in Palestina. So che è impossibile che ritornino nel loro paese però è importante far capire loro che il diritto al ritorno è un dovere, quindi un motivo in più per aiutarli a non dimenticare e contemporaneamente far pressione affinché non siano dimenticati. In questo periodo un altro problema grave è il taglio dei fondi degli Stati nei confronti dell’ UNRWA che ha già minacciato di chiudere le scuole. Con la chiusura delle scuole si avvierebbe un grave problema sociale perché più 120 mila bambini finirebbero per strada compreso gli oltre 7 mila operatori che lavorano nella scuola. Esiste poi il problema degli altri immigrati provenienti dalla Siria e dall’ Iraq che ha e sta creando grossi problemi di gestione e convivenza. I primi sul lavoro, costano meno dei palestinesi diversamente dagli Iracheni che sono più ricchi. Anche se questi hanno provocato fenomeni speculativi e l’innalzamento degli affitti e dei beni di prima necessità.

Incontro con il PARTITO COMUNISTA GIORDANO JCP

… Il nostro secondo appuntamento della giornata è al Partito Comunista Giordano. Il JCP nasce nel 1951, fondato dai Giordani Marxisti Leninisti e dai molti Palestinesi che si recarono in Giordania dopo gli avvenimenti 1948. In quel quadrante geografico la posizione dei comunisti sugli avvenimenti 1948, quando iniziò la guerra con la sottrazione delle terre ai Palestinesi, fu di riconoscere che i paesi Arabi non avevano sufficienti forze a disposizione per vincere contro il movimento sionista, e quindi accettarono i nuovi aspetti geopolitici. I comunisti palestinesi che rimasero in quella che d’allora si chiamò Israele, prese il nome di partito comunista d’Israele. Nel 1957 il governo provò a sciogliere il partito, attuando una politica repressiva, con l’arresto di molti dirigenti e militanti, che per i successivi 25 anni conobbero il carcere. Ancora oggi continua questa politica repressiva nei confronti del partito comunista e degli altri partiti di sinistra. Lattuale programma del JCP in relazione alla questione palestinese è sintetizzabile in 3 punti:
1 – Esercitare pressione politiche contro l’attuale governo affinché ponga ai paesi arabi, ma anche agli USA e all’UE, i finanziamenti all’UNRWA;
2 – Evidenziare che a determinare la situazione attuale di crisi economica dell’UNRWA non è una questione economica ma una precisa scelta politica contro il popolo palestinese;
3 – Rafforzare il movimento di resistenza popolare contro l’UNRWA attraverso manifestazioni fuori e dentro i campi profughi.
Il loro lavoro contemporaneamente con altri comitati per i palestinesi nei campi profughi, è di non far dimenticare il diritto al ritorno soprattutto alle nuove generazioni. Nella politica internazionale identificano il ruolo dell’ISIS come un prodotto degli USA, ritengono che l’obbiettivo dello stato islamico sia la divisione dei paesi arabi in tanti stati all’interno degli stessi stati, rompendo ed annientando le sovranità nazionali, cosi come già accaduto alla Libia di Gheddafi. Giudicano poi il recente accordo nucleare con l’IRAN, una sostanziale resa degli americani e un tentativo di rafforzare la propria presenza nell’area in una fase in cui vedono il pericolo di un’avanzamento della Cina e dei BRICS.
Un’altra osservazione riguardante questo accordo e che sia Israele che Arabia Saudita non sono d’accordo, solo per paura che il mondo inizia a intravedere il nucleare che possiede lo stato d’Israele, quindi a questo proposito Israele pur di contrastare l’Iran è disposto a cedere il nucleare all’Arabia Saudita.

3° Giorno | Lunedì 17 Agosto

Incontro con Il Partito dell’Unità.

Incontro con il PARTITO DELL’UNITÀ POPOLARE DEMOCRATICO GIORDANO.

… Il nostro terzo giorno inizia con l’incontro alla sede del PARTITO DELL’UNITÀ POPOLARE DEMOCRATICO GIORDANO.
Nato nel 1990 con la volontà di far riconoscere i diritti dei Palestinesi in Giordania. Nel loro programma i punti fondamentali sono due :
1 – riconoscere a tutti i palestinesi presenti in GIORDANIA gli stessi diritti.
2 – riuscire a rendere la Giordania un paese democratico.
Per loro è un’ errore l’intromissione del Governo negli ultimi interventi  internazionali, e contemporaneamente ritengono che senza la distruzione del progetto sionista e la soluzione della questione Palestinese, il medio oriente non si stabilizzerà. Entrambi le risoluzioni non saranno possibile senza una lotta armata. Uno dei loro obiettivi e di creare unità tra i Giordani e i Palestinesi. Il paese sta subendo una pericolosa trasformazione, causata dalla politica sbagliata degli anni passati, un esempio sono gli accordi presi con multinazionali estere per i diritti d’ estrazione sui fosfati, potassio, acqua e cemento. Il debito della Giordania è molto alto, si aggira intorno al miliardo e 800 milioni. Una delle cause che fa crescere sempre di più il divario fra i ricchi e i poveri è la riduzione delle tasse applicate a banche e ricchi immigrati iracheni, e leggi che favoriscono sempre di più le classi ricche del paese. A causa di questo divario sempre più alto fra le classi sociale, causa l’aumento di violenza nei quartieri più poveri del paese. Per loro gli accordi non ancora definitivi con Israele per l’importazione del gas risulta essere una perdita sempre più elevata della democrazia e con il rischio di un controllo sionista sul paese sempre più forte. Un esempio lampante è la riduzione dei partiti presenti in parlamento che aumenta sempre di più il sistema nepotista e clientelare. Private sono l’istruzione e la sanità. Nel primo caso troviamo classi formate da 60 studenti, con strutture appariscenti e poco gestibili. A livello universitario (30 università private) le tasse sono molto elevate per gli studenti che vengono ammessi con voti inferiori, invece per chi appartiene alle classi sociali borghesi non ha questi problemi. Nel campo della sanità le classi sociali più povere non hanno la possibilità di ad un’assistenza sanitaria dignitosa; un altro problema per gli stipendi bassi e che molti medici emigrano verso l’Arabia Saudita . ”Il problema palestinese è grande”. La differenza con gli altri campi profughi in altri paesi come il Libano e la Siria e che in Giordania i palestinesi possono avere il passaporto, ma per risolvere il problema del sovraffollamento nei 13 campi (10 riconosciuti e 3 non riconosciuti) bisogna innanzitutto:

1 –  Risolvere il problema dei profughi  e del loro diritto al ritorno.

2 – Organizzare i campi in modo dignitoso garantendo loro assistenza e formazione.

3 – Il problema dei mancati finanziamenti versati all’UNRWA.

Bisogna lavorare sensibilizzando le nuove generazioni a mantenere la cultura palestinese, e non dimenticare il diritto al ritorno. Un’altro episodio gravissimo è dopo l’ispezione di alcuni responsabili dell’UNRWA nelle scuole, al cambiamento di tutti i testi scolastici perché giudicati troppo a difesa dei palestinesi e contro Israele. Per la mancanza dei fondi dell’UNRWA e la scadenza del bando d’affitto a Gaza oltre diecimila famiglie rischiano di rimanere senza una casa.

4° e 5° Giorno |  Martedì 18 Agosto – Mercoledì 19 Agosto

Visita ai campo di Hittin, Wehdat e Husun.

LA SITUAZIONE NEI CAMPI PALESTINESI IN GIORDANIA

… Il nostro quarto giorno in Giordania inizia con la visita nei tre campi profughi di Wehdat, Hittin, Husun, abbiamo avuto numerosi riscontri oggettivi al drammatico scenario delineato negli incontri istituzionali.
Nel primo campo, in cui vivono oltre 50 mila profughi siriani, palestinesi ed iracheni, abbiamo incontrato un associazione che opera contro la violenza sulle donne, mettendo a disposizione, un servizio di prima accoglienza, due avvocatesse e una psicologa. Successivamente ad un primo tentativo di mediazione, accompagnano la donna nella procedura legale e non avendo a disposizione appartamenti protetti, la sostengono nel rientro nella famiglia dei genitori. Alle donne che si trovano in tale situazione di difficoltà, vengono messi a disposizione corsi di formazione professionale, corsi di autodifesa e un sostegno psicologico su come reagire alla violenza in genere dell’uomo. Purtroppo la percentuale di donne che subiscono violenza nei campi profughi è elevata e la donna è culturalmente “abituata” a subire.
All’interno del campo, c’è un alto tasso di disoccupazione innalzatosi con l’arrivo dei profughi siriani che offrono la loro manodopera ad un costo inferiore.
Le controversie anche violente tra le abitanti del campo, vedono l’intervento della polizia giordana solo nei casi in cui si riscontrino episodi di particolare gravità (omicidi). In tutte le altre situazioni esiste una sorta di autogestione dei livelli di conflittualità espressi.
Non è stato possibile visitare il campo a piedi, pur se accompagnati da esponenti operanti all’interno, perché ritenuto pericoloso per la nostra incolumità fisica. Soprattutto per le donne del nostro gruppo. Ci siamo limitati ad attraversarlo a bordo di un pulmino. All’interno dello stesso campo, abbiamo inoltre visitato un centro per disabili in cui 11 maestre lavorano con 157 alunni affetti da diverse patologie. Tale istituzione è sotto giurisdizione dell’UNRWA che non contribuisce in nessun modo, economicamente lasciando così il finanziamento a discrezione di lasciti privati. In questo campo oltre alle problematiche sopra descritte, si somma la periodica mancanza d’acqua e di elettricità.
Nel campo di Hittin vivono 90 mila profughi. Il 40 % proviene da GazaAbbiamo visitato un centro per bambini in condizione di particolare disagio socio economico gestito da maestre volontarie: il governo giordano ha messo a disposizione solo i locali in cui sono svolte le diverse attività ludico educative. Siamo stati successivamente accolti in un’abitazione in cui vive una famiglia composta da 13 persone che ha messo a disposizione la propria casa perché potessimo renderci conto della drammatica realtà che vivono quotidianamente.
Nei nostri incontri ci è stato ripetutamente chiesto di fare pressioni sul nostro governo perchè queste drammatiche situazioni possano cambiare. A tutti abbiamo spiegato che l’origine di questa barbarie risiede nell’occupazione israeliana e che il nostro governo è uno dei principali partner d’Israele, con il quale commercia impunemente armi e collabora in campo di ricerca e sviluppo. Abbiamo specificato che la nostra è un organizzazione di opposizione alle politiche del governo.
Nel campo di Husun siamo stati accolti dall’Associazione Sanabel, un associazione benefica costituita nel 2000, da un gruppo di giovani che si occupa di: aiuto economico alle famiglie bisognose, assistenza sanitaria, assistenza scolastica, progettazione educativa rivolta ai giovani contro l’uso di droga e alcool, tener viva la memoria delle tradizioni culturali palestinesi e propagandare il diritto al ritorno. Successivamente abbiamo assistito ad uno spettacolo teatrale di bambini frequentanti uno dei centri estivi del campo e abbiamo avuto la possibilità di visitare una delle associazioni per donne siriane all’interno della quale vengono svolti corsi professionali di sartoria e cucina. In ultimo, siamo stati ricevuti dall’ associazione benefica finanziata direttamente dalla famiglia reale di giordana che hanno dichiarato apertamente di impegnarsi per la causa palestinese. Non potendo esistere organizzazioni politiche palestinesi all’interno dei campi profughi giordani, questi sono lasciati in balia di se stessi sia per quanto riguarda gli aspetti organizzativi che per la sicurezza interna. Questa caratteristica li rende unici rispetto a quelli esistenti in altri paesi.

6° Giorno | Giovedì 20 Agosto

Incontro con i responsabili della campagna per l’annullamento dell’accordo del gas – Incontro con Giordania boicotta.

Incontro con i responsabili della campagna per l’annullamento dell’accordo del Gas .

… Nel nostro sesto giorno di permanenza in Giordania, abbiamo incontrato uno dei responsabili dell “CAMPAGNA PER L’ANNULLAMENTO DELL’ACCORDO DEL GAS CON ISRAELE IN GIORDANIA”. Uno dei coordinatore HECHAM BUSTANI, ci ha illustrato le linee guida e i pericoli del possibile accordo per la fornitura del gas con Israele. Uno dei problemi principali in medio oriente è dovuto al sionismo, e in contrapposizione ad essi esiste un movimento che fin dagli anni 70, si oppone alla normalizzazione in chiave sionista nei territori arabi, questo accordo è un’ennesimo tentativo di Israele di controllare il paese. Il gas estratto da Aqaba oltre che a soddisfare il fabbisogno della Giordania, viene anche esportato in Egitto. Una delle possibili soluzioni potrebbe essere l’utilizzo di risorse naturali per produrre energie rinnovabili, come il sole e il vento, oltre ad un minerale da cui è possibile estrarre olio combustibile. Questo accordo presentato nel 2014, fornirebbe gas israeliano per la produzione di energia elettrica in Giordania, dove finirebbero nelle casse israeliane oltre 15 miliardi di dollari. Sembrerebbe solo un accordo commerciale, ma il significato politico è estremamente pericoloso per l’autonomia della Giordania. Nonostante l’appoggio e la collaborazione al boicottaggio del Re e le oligarchie e molti partiti d’opposizione, la contrarietà di 110 parlamentari su 140, il Re e le oligarchie locali possano decidere di proseguire senza nessun indugio sulla firma. Con l’avvenuta firma di questo accordo, porterebbe la Giordania ad una totale dipendenza elettrica da Israele, col rischio di esporsi ad un ricatto Israeliano nell’eventualità di una sua politica espansiva. “Ogni volta che un Giordano che accenderà la luce “dice Hecham,” darà soldi ad Israele”. Inoltre da questo accordo il governo d’Israele incasserà ben 8,4 miliardi di dollari che gli consentirebbero di poter attuale nuovi attacchi su Gaza, visto che per l’ultimo attacco dell’estate scorsa i soldi spesi sono stati di 2.8 miliardi di dollari. Invece 3.8 miliardi di dollari finirebbero nelle tasche delle società israeliane coinvolte nelle operazioni d’estrazioni del gas. Con il gas estratto da Haifa e quello rubato nei territori occupati, sarà venduto anche a Cipro, Palestina (obbligata) ed Egitto. Secondo l’opinione dei boicottatori, questi soldi per l’acquisto del gas, potrebbero essere investiti per ridurre la povertà del popolo Giordano sempre più in crescita. In passato multinazionali americane con la partecipazione d’Israele, avevano già provato a chiudere degli accordi, per fortunata falliti, anche grazie al malcontento del popolo Giordano. Un esempio è l’importazione della frutta da Israele, che per fornirla nei market sono costretti a nascondere la provenienza, perché i Giordani non vogliono versare nulla nelle casse sioniste. Sperano molto in questo, per creare una grande mobilizzazione del popolo, anche se il governo vorrà chiudere l’accordo, userà il solito metodo repressivo, colpendo i dirigenti e militanti organizzatori del movimento, con arresti e percosse. Lo stesso Hecham, dichiara di essere stato arrestato più volte. Purtroppo in questo affare, compaiono anche società spagnole, inglesi ed europee che da sempre non pongono limiti ai loro guadagni. Il 9 Settembre proveranno comunque ad andare in tribunale per cercare, anche in questo modo, di fermare l’accordo o almeno di renderlo pubblico. Vedremo cosa succederà.

Incontro con Giordania boicotta.

La campagna del BDS in Giordania, nasce solo nel 2014, dopo l’ultimo attacco a Gaza, e c’è lo illustra la rappresentante RANIA SABAH. Inizia parlando della nascita del BDS nel 2005, con il popolo palestinese che lancia il boicottaggio delle merci israeliane. 

In Giordania la campania I 3 obbiettivi della campagna sono:
1 . Mandare fuori gli israeliani dai territori occupati dal 1967
2 . Il diritto al ritorno dei palestinesi del 1948
3. Difendere tutti i palestinesi

Il BDS giordano utilizza 4 tipi di boicottaggio:
1. ECONOMICO
2. ACCADEMICO
3. CULTURALE
4. DISINVESTIMENTI

Sono riusciti ad avere qualche risultato, anche se solo dal 2015, bloccando l’esportazioni del 46% d’Israele nei paesi paesi arabi. Grazie alle pressioni del BDS, molte associazioni che aiutavano Israele hanno smesso di inviargli aiuti, grazie anche a quello che sta succedendo ai prigionieri palestinesi. Culturalmente il boicottaggio avviene con gli annullamenti dell’interscambio fra le università. Proprio ieri davanti all’ambasciata americana in Giordania, c’è stata una manifestazione per dichiarare che la popolazione Giordana non vuole Israele. Sono 66 le associazioni e i partiti che hanno firmato la campania di boicottaggio. Per controllare le merci provenienti da Israele, visto che la maggior parte non hanno la provenienza, loro hanno un gruppo di ricercatori per analizzare la provenienza dei prodotti di importazione israeliana. Tutti i prodotti senza la provenienza, vengono etichettati e certificati, anche se per legge non è obbligatorio che i prodotti abbiano lo stato di provenienza. Un’altro gruppo è quello  che si occupa dell’accordo del gas,  attualmente sono state raccolte 8000 firme per il boicottaggio di questo accordo. Un’altro gruppo si occupa d’informare telematicamente la popolazione, con siti, pagine facebook e di promuovere le manifestazioni. I gruppi di lavoro sono formati da giordani e dai palestinesi nei campi profughi. Le due campagne di boicottaggio sono partite di pari passo. I parlamentari che aiutano la campagna di boicottaggio sono 70. A differenza dell’Europa i BDS giordani non sono mai stati accusati di essere razzisti e antisemiti.

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