Resoconto dell'ultima udienza del processo a Luisa, Matteo e Massimo. Maggiori informazioni su Indymedia Sardegna: http://sardegna.indymedia.it
Il 20 Novembre si è chiuso il processo di primo grado a Luisa, Massimo
e Matteo per i disordini e le cariche del 22 Ottobre 2003.
L'udienza si è aperta con le arringhe finali degli avvocati della
difesa (Canessa e Serci), i quali hanno sottolineato tutte le
incongruenze nelle testimonianze di accusa. Riassumo alcune di esse
(per maggiori dettagli, vedete i resoconti
precedenti).
I manifestanti si sarebbero ribellati ad un ordine di
identificazione. Eppure si trattava di una trentina di persone in
tutto, molte delle quali già note: per l'identificazione sarebbero
bastati foto e
filmati girati durante il corteo da Fadda e Curreli (della
Scientifica). Peccato che questo materiale non risulti agli atti,
nonostante la sua esistenza sia stata confermata dall'avventurosa
testimonianza di Camalleri.
Tutti i testimoni dell'accusa hanno cercato di negare la carica da
parte delle forze dell'ordine - eppure Ginesu,
maresciallo dei carabinieri con una certa esperienza, sul suo
verbale ha scritto chiaro e tondo: "Era in corso una carica della
polizia".
Massimo e Luisa sono accusati di aver aggredito Arangino (allora
capo della Squadra Mobile). Dalle testimonianze degli stessi testi
dell'accusa è emerso che entrambi erano intervenuti per difendere
Fabrizio (la cui posizione è stata stralciata dal processo), il quale,
dopo essere stato fermato da Arangino, era finito sotto le
manganellate di alcuni poliziotti. L'intervento di Massimo e Luisa era
necessario: Fabrizio ha subito un grave incidente da
bambino, e le manganellate potevano essergli fatali (dopo il pestaggio finirà in ospedale per le lesioni).
Il momento del fermo di Fabrizio appare contraddittorio nelle
deposizioni di Arangino, di Congiu, di Farre, e di Camalleri. Luisa
avrebbe "aggredito" Arangino per difendere Fabrizio, ma questa
"aggressione" emerge dalla testimonianza del capo della mobile solo
dopo una lunga serie di domande insistenti dell'accusa. Forse Arangino
aveva momentaneamente acquisito una coscienza, ed era reticente ad
accusare Luisa di colpe inesistenti?
Arangino ha accusato con più convinzione Massimo. Ma dalla sua
ricostruzione dei fatti pare che Massimo abbia fatto ricorso a qualche
superpotere: avrebbe percorso 10/20 metri in direzione di Arangino,
anticipando tutti i poliziotti del suo gruppo (che stavano a soli 3
metri). Per fortuna è intervenuto Vargiu, che vedendo Arangino in difficoltà ha
percorso 20 metri di strada trafficatissima per bloccare Massimo -
anche lui anticipando i poliziotti a 3 metri da Arangino. Come è
stato possibile? Semplice: secondo Vargiu gli altri poliziotti non
stavano a 3, ma a 30 (!) metri dal capo della polizia...
C'è poi il "caso" del vice-questore Gargiulo. Dopo l'ordine di
identificazione che nessuno ha sentito, Gargiulo sarebbe stato
aggredito da Matteo. Dai verbali non si capisce perchè Matteo avrebbe
dovuto scagliarsi contro di lui (vista anche la notevole differenza di
stazza). La lesione al ginocchio riportata negli scontri da Gargiulo è
poi stranamente frequente nei calciatori... e guarda caso il nostro
Vice è capitano di una squadra di calcio: la Mitsubishi Motors Under
40. Pochi giorni prima del 22 Ottobre aveva saltato una partita finale
di un torneo, perchè infortunato. Coincidenze?
La difesa ha concluso sottolineando come la contradditorietà delle
testimonianze dell'accusa possa essere spiegata solo dalla palese
intenzione di mentire. La carica del 22 Ottobre è stata premeditata: i
manifestanti sono stati accerchiati diverse volte, fino agli scontri
culminati con la cattura degli imputati. Gargiulo, in quanto vice
questore, aveva evidentemente subito pressioni politiche, che
l'avevano indotto a colpire duramente alcuni degli anarchici
politicamente più attivi a Cagliari. Per fare davvero giustizia, il
giudice avrebbe dovuto mettere in dubbio l'intoccabilità e la
sincerità delle forze dell'ordine: questo tabù era già caduto nei
processi di Genova, diventava ora necessario farlo cadere anche al
tribunale di Cagliari.
La difesa ha quindi chiesto l'assoluzione di tutti gli imputati da
tutti i capi di accusa, se non altro per la mancanza di prove e
testimonianze di accusa coerenti, e per l'evidente diritto alla
legittima difesa nel mezzo di una carica della polizia.
Subito dopo le arringhe, il giudice monocratico Casula ha passato
qualche minuto a scrivere in silenzio, senza neppure ritirarsi in
camera di consiglio. Visto l'andamento del processo e delle arringhe,
il pubblico presente nell'aula era abbastanza ottimista... ma
quando Casula ha letto la sentenza, è sceso il gelo.
Tutti gli imputati sono stati giudicati colpevoli di aggressione e
resistenza aggravata. Sono state accolte praticamente tutte le
richieste dell'accusa: 10 mesi di carcere per Massimo, 8 per Matteo, 6
mesi e 15 giorni per Luisa, con pagamento di tutte le spese
processuali. Sono invece stati "graziati" dal pagamento di 10.000
Euro di danni per le presunte lesioni ad Arangino, e dal reato di
danneggiamento, per il quale non esiste alcuna prova ne' testimonianza
a loro carico. Sono state riconosciute le attenuanti, con la
sospensione condizionale della pena per 5 anni.
Questa sentenza era stata probabilmente scritta da tempo. Questo
spiegherebbe la velocità nella decisione del giudice. Questo
spiegherebbe il coraggio con cui vari "giornalisti" hanno scritto
articoli pieni di menzogne sullo svolgimento delle udienze:
evidentemente non temevano che una assoluzione avrebbe sbugiardato il
loro "lavoro".
È anche possibile che, in nome del quieto vivere, il giudice Casula
non se la sia sentita di porre sotto accusa il Vice Gargiulo e le
forze dell'ordine - un fatto praticamente inevitabile con
l'assoluzione degli imputati. La sentenza finale pare perfetta per
questo scopo: non è "troppo" dura con i condannati (che non vanno in
prigione), e permette di passare la patata bollente al processo
d'appello.
L'avvocato Canessa ha già dichiarato che ricorrerà in appello,
non appena verranno rese note le motivazioni della sentenza.
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