Autoritarismo (mediatico) all'aria
Sabato 25 di ottobre si è votato in Colombia per un referendum populista
propagandato dal presidente neoliberale Alvaro Uribe Velez . Lanciato come tentativo per frenare polemiche politiche e corruzione, era in realtà uno strumento che avrebbe facilitato
l'applicazione delle rigide esigenze del FMI, per concentrare il potere
nelle mani dell'esecutivo. Indirettamente Uribe cercava anche di ottenere il
consenso per un'altra modifica costituzionale di largo respiro: la
possibilità di farsi rieleggere alla fine del suo mandato nel 2006.
L'l'imponente
propaganda finanziata dai principali potentati economici del paese e
canalizzata da un regime mediatico che non risparmia sondaggi bulgari
(75% di approvazione) per appoggiare il presidente, si è scontrata
con una realtà differente: più del 75% si è "astenuta" dal dare al presidente carta bianca per la sua politica di Seguridad Democratica finanziata con il denaro (ed il sangue) delle classi meno abbienti.
Non solo, con i risultati del referendum in sospeso e in odor di frode ( 1, 2 ) domenica 26 si è votato per le elezioni amministrative
locali e Lucho Garzon, ex sindacalista lanciatosi con il neonato Polo
Democratico Indipendente (figlio meticcio
del "movimentista" FSP e del "correntone sinistrorso" di Piedad Cordoba
del tradizionale Partido Liberal) è risultato eletto (primo sindaco
di sinistra di Bogotà) contro il candidato uribista Juan Lozano.
Anche in tutte le altre principali città e regioni del paese i candidati del
regime sono stati sconfitti da candidati indipendenti della sinistra (o a
tinte sociali) più o meno critici verso il modello neoliberale del governo.
Per il momento la sensazione è che si sia aperto un inusuale spiraglio
democratico e che i colombiani abbiano voluto inviare un chiaro messaggio al
presidente Uribe: le politiche di austerità e militarizzazione che sono al
momento i capisaldi della sua presidenza, sono state bocciate. È un
messaggio che dovrebbe essere recepito anche a Washington, che sponsorizza,
finanzia e arma (attraverso il Plan
Colombia) l'escalation militare voluta da Uribe.
La doppia sconfitta e la conseguente lezione di umiltà hanno colto di sorpresa il presidente che oggi,
martedì, ancora non ha accettato di commentare il risultato. Ma la classe
politica colombiana è in fermento: da una parte stanno studiando un piano alternativo
per fronteggiare la crisi fiscale generata dall'insaziabile debito pubblico
aggravato dalle continue spese militari (e rendere conto all'inviato FMI
atteso per il 4 di novembre), mentre dall'altra parte si sta preparando un nuovo
equilibrio politico cercando un utile capro espiatorio.
La tendenza sembrerebbe quella di giocare la carta dell'opposizione di
sinistra al governo di Bogotà per rompere una volta per tutte con la
negativa immagine internazionale di un regime autoritario, sacrificare la
testa del più controverso dei collaboratori di Uribe, il superministro degli
Interni e Giustizia Fernando Londoño Hoyos (il Previti colombiano), e
imporre al proprio presidente politiche di compromesso per fare passare il
pesante pacchetto fiscale nel congresso dove la vera elite, da sempre al
potere, sembra incominciare a pensare che il "nuovo arrivato" Uribe è troppo
fragile e "virtuale" e potrebbe essere necessario scendere in campo direttamente nel 2006..
Ma a quel punto la Colombia, come il resto del continente, non sarà più la
stessa...
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