Chi li ha fatti sparire?
Nessuna nuova informazione su Simona Pari, Simona Torretta, , Ra'ad Ali' Abdul-Aziz e Mahnaz Bassam. E in questo sistema in cui l'informazione diventa un mezzo capace di trasformare la realtà, anche il silenzio ha un significato.
Le ipotesi infatti si moltiplicano, ma in nessun caso viene data a loro la dignità di essere divulgate. E' sempre più chiaro invece il messaggio che invita in questo momento operatori sociali, e forse anche imprenditori che non appartengono alla schiera delle aziende approvate e protette dal governo americano, a lasciare il Paese. Senza intralci, gente da proteggere, o che potrebbe testimoniare sui metodi adottati, potrà infatti essere fatta piazza pulita delle ultime tracce dell'Iraq di un tempo, visti i metodi adottati dai protagonisti della scena e i comportamenti degli autori dei sequestri
Una contromossa basata sull'uso dei media la invece fatta Un ponte per..., decidendo di intervenire con un video in cui i rapiti presentano se stessi e il lavoro che stavano facendo in Iraq. In contrapposizione ai filmati delle ultime decapitazioni, video è stato trasmesso, in arabo,su Al Jazeera e Al Arabya.
Le due cooperanti italiane lavorano nella ONG "Un ponte per..." e
fanno parte di quel gruppo di Ong che, come Intersos in cui lavora
uno degli operatori locali sequestrati, portano avanti
progetti di
monitoraggio e promozione dei diritti della popolazione irachena nonche'
di ricostruzione, anche in tempo di guerra, molto spesso finanziati
dalle istituzioni pubbliche e privati. La loro organizzazione era stata a suo tempo tra le firmatarie
dell'appello contro
ogni compromissione tra ONG e governi di guerra.
Oltre a fare
cooperazione, le operatrici hanno poi trovato il tempo di fare informazione
indipendente, raccontando cio' che i giornalisti non sanno o
non vogliono raccontare (e qualcuno adesso lo ammette).
Dalla notizia del rapimento appelli,
iniziative
e commenti
vengono diffusi e organizzati dal mondo dell'associazionismo, del pacifismo, dalle comunita' islamiche e dalle donne musulmane. Media e politici istituzionali, invece, approfittano del
sequestro per continuare a giustificare l'intervento militare in Iraq: a sentire loro,
chi oggi critica la guerra si schiera automaticamente con i sequestratori, anche tra coloro che fino a ieri
sostenevano la priorita' del ritiro delle truppe.
Paradossalmente, oggi l'operato dei pacifisti in Iraq viene
esaltato senza vergogna anche da chi, come il governo
italiano, alle stesse ONG vuole tagliare
i fondi.
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