Rho:nel vuoto istituzionale cresce il dissenso ad Expo. Persi 950 giorni della lotta per le poltrone

 

L’ennesimo flop in consiglio comunale, saltato di nuovo per l’assenza di un buon numero di consiglieri della ex maggioranza di centrodestra, è il segnale che la crisi politica in cui è caduta l’amministrazione Zucchetti è irreversibile.
Ma al contrario in città c’è un notevole fermento, che è emerso in modo lampante nel workshop sull’accordo di programma dell’area Expo e la relativa variante urbanistica, organizzato dal Comune di Rho nella serata di ieri. Nel corso dell’incontro sono state numerosissime le critiche al progetto di Expo 2015 e all’impatto negativo che questo potrà avere sull’ambiente, sul tessuto sociale e produttivo del nostro territorio, tanto che i tecnici chiamati ad illustrare la variante, hanno pubblicamente ammesso di non essere in grado di dare risposta a quasi nessuna delle osservazioni espresse dal centro sociale Fornace, dal Comitato No Expo, dal Coordinamento per la difesa del territorio, dal comitato degli imprenditori di Mazzo e dai singoli cittadini che sono intervenuti.
Il motivo principale di tali imbarazzanti silenzi sta nel fatto che dal 31 marzo 2008, quando l’Esposizione universale è stata assegnata a Milano, ad oggi, si sono persi ben 950 giorni a discutere dell’occupazione delle poltrone del consiglio di amministrazione della società di Expo e degli affari dei proprietari dei terreni, ed ora si sconta un deficit nella progettazione, ancora molto vaga e approssimativa, mentre è cresciuta la consapevolezza tra i cittadini che la città vetrina confezionata ad arte da una campagna mediatica di stampo totalitario, nascondeva insidie che si stanno rivelando ancor più devastanti di quanto la nostra unica voce critica le dipingesse.
La cementificazione dell’area verde su cui si terrà Expo; la necessità di sospendere ogni evento fieristico durante i 6 mesi di esposizione universale per decongestionare il traffico nella zona; la necessità di non realizzare i mega parcheggi previsti nelle aree verdi circostanti l’area Expo; le problematiche delle aziende e dei lavoratori della zona industriale di Mazzo; la necessità di potere fare accedere al sito le merci su rotaia; la lotta al lavoro nero e alle infiltrazioni mafiose impedendo il sistema incontrollabile del subappalto; il destino dei lavoratori precari impiegati nei 6 mesi di Expo per il funzionamento dell’evento; la problematica dello smaltimento dei rifiuti che verranno prodotti; l’assenza di una verifica puntuale con carotaggi per valutare la necessità di una bonifica dei terreni; le lacune nella progettazione delle vie d’acqua; questi sono solo alcuni dei temi sollevati da noi e dagli altri comitati cittadini di fronte ai quali non si è ottenuta risposta né dal Sindaco né tantomeno dai tecnici preposti ad illustrare la variante urbanistica. Le osservazioni che saranno depositate nei prossimi giorni alla variante urbanistica saranno moltissime anche se in tutta probabilità verranno ignorate, privilegiando alla partecipazione la strada dell’emergenza e dei superpoteri che permettono di agire in deroga persino ai normali iter procedurali per realizzare le opere pubbliche.
E così, nel vuoto istituzionale che caratterizza la fase politica della città di Rho, appare oggi chiaro che l’unica via possibile per non lasciarsi schiacciare dal mostro Expo calato sulle nostre teste, è quello di organizzarsi in comitati che siano strumenti di vertenza e di auto rappresentanza dei cittadini e delle parti sociali attive del territorio.
Lo scenario che si sta delineando fa dunque pensare che nei prossimi mesi l’opposizione sociale all’Expo non potrà che crescere e il nostro territorio sarà sempre più simile a quelli in cui l’intera popolazione lotta per il diritto all’autodeterminazione contro la logica che vuole imporre grandi opere inutili a colpi di superpoteri e imposizioni dall’alto. Per questo alla manifestazione che si terrà a L’Aquila il 20 novembre, sarà presente anche la voce No Expo, con un pullman che partirà da Rho per portare solidarietà alle vittime del terremoto e della ricostruzione mancata, ma anche per stringere relazioni più strette con tutti i movimenti che da Terzigno alla Val Susa si oppongono alla devastazione del territorio.

 

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