Bergamo2019: 825mila euro per la bocciatura ufficiale

Bergamo – Ieri, 15 novembre 2013, è finalmente uscito il verdetto. Bergamo non farà parte della short list delle candidate a Capitale Europea della Cultura 2019.

Dopo l’audizione dell’11 novembre con tutto il team di progetto capitanato dalla manager Federica Olivares, è stato deciso. Bergamo è fuori. Il Corriere della Sera dava ottime speranze alla candidatura di Bergamo2019. Non l’ha pensata cosi la giuria.

Ad oggi sono stati spesi 825 mila euro (di cui 334 mila circa in cachet di professionisti dei grandi eventi) e contemporaneamente il Comune disinveste nella cultura e subappalta la gestione degli avamposti culturali, come le bibliotece pubbliche e i centri culturali.

Come si è arrivati fin qui?

Difficile non essersi imbattuti almeno una volta nelle campagne di marketing che hanno riempito la città. Ma facciamo un po’ d’ordine e cerchiamo di soffermarci su alcuni dettagli.

Il titolo di «Capitale europea della cultura» (assieme al premio in denaro, che ammonta a 1, 5 milioni di euro) viene assegnato dal Consiglio dei Ministri dell’Unione europea, per la durata di un anno, alla città che abbia superato le articolate fasi di selezione previste dal bando. La selezione è seguita dalla Direzione generale Istruzione e cultura della Commissione Europea, e prevede due fasi. La prima, iniziata a fine settembre, è la fase di preselezione. Le città interessate al titolo hanno presentato un progetto di massima del programma dell’iniziativa. Il dossier di candidatura è stato segretato per motivi di riservatezza, leggiamo dal sito di Bergamo 2019 : Dopo il periodo di riservatezza sul Dossier – il Consiglio Direttivo ha scelto di mantenere riservato il programma della candidatura fino alla nomina della short list – ora, a giochi fatti, si scoprono le carte”. Se in precedenza Il comitato aveva segretato il dossier non senza polemiche -le altre candidate avevano puntato il dito contro Bergamo accusandola di poca trasparenza verso i propri cittadini e verso gli operatori della cultura- ora continua il sito   : “Tutti i bergamaschi, ma non solo, possono finalmente conoscere il progetto che il Comitato di candidatura ha consegnato lo scorso 20 settembre a Roma”  

 Chi valuta e come avviene la selezione

La candidatura è stata valutata da una giuria che seleziona le città idonee alla candidatura formando una short list di 6 città e rilascia pareri e raccomandazioni sui progetti presentati. Entro la prossima primavera si aprirà la vera e propria fase di selezione, nella quale le sei città inserite nella short list  dovranno ampliare e approfondire i propri progetti, che saranno di nuovo valutati dopo alcuni mesi dalla giuria di preselezione.

Bergamo aveva fatto  il primo passo

La commissione aveva infatti consegnato un dossier che, stando alla fama degli specialisti chiamati a redigerlo, avrebbe dovuto competere con qualsiasi altra città in gara. Ad elencare le bellezze e le peculiarità della nostra città ci ha infatti pensato un team di esperti internazionali (così richiede il bando) affiancati da un team di esperti bergamaschi. Ed è così che sono atterrati ad Orio i due Lord della Lord Communications, canadesi, che tutti dicono essere tra i migliori nell’organizzazione dei grandi eventi mondiali. E Federica Olivares che, nonostante il cognome internazionale, è milanese a tutti gli effetti, anche se internazionalmente conosciuta, tra le altre cose perchè è l’unico componente non americano del Council of the arts del prestigioso Mit di Boston. La Olivares insegna all’Università Cattolica, è proprietaria, azionista e dirigente di molte grandi imprese, tra l’editoria (ha creato e dirige le Edizioni Olivares) e la finanza. Assieme al marito gestisce e risulta consigliere o socia di parecchie aziende specializzate nella raccolta di fondi pubblici. Ma questo capitolo lo tratteremo nelle puntate successive. La Olivares adesso dirige anche lo staff di progetto di Bergamo 2019, oltre ad essere nel comitato dei saggi di EXPO2015.

Oltre agli esperti «internazionali» ci sono quelli bergamaschi: una squadra di «professionisti della cultura» coordinati da Luigi Giuliano Ceccarelli (direttore artistico del Teatro Donizetti) e Roberta Garibaldi delegata per il turismo dal comune di Bergamo.

Bergamo 2019, quanto ci è costata, chi paga?

Le spese per gli anni 2012-2013, a carico del Comune, previste dall’organizzatrice di eventi/ assessore alla cultura Sartirani, ammontano in totale a 2 milioni e 700 mila euro, tra segreteria organizzativa, trasferte, spostamenti e ospitalità, road show, promozione e comunicazione, eventi sul territorio, project management, consulenze e ufficio stampa. Le spese totali per il 2013 sono state presentate solo a ottobre (a progetto già consegnato), e ammontano a 825 mila euro, di cui 250 mila sono garantiti dal Comune di Bergamo, 200 mila rispettivamente da Provincia e Camera di Commercio e 50 mila euro a testa per Confindustria, Sacbo e Fondazione Banca Popolare. Si sperava che Bergamo passasse le selezioni, perché per i professionisti in questione è stata spesa la cifra di 302 mila euro (334 entro la fine dell’anno).
La Regione, pur essendo formalmente coinvolta nel Comitato Promotore, non ha fornito fondi per la candidatura di Bergamo. Anche se, per tranquillizzare i sindaci, Maroni ha assicurato di tifare affinché almeno una lombarda – Bergamo o Mantova- passi la prima selezione. Nessuno delle due c’e l’ha fatta. Si potrà consolare con EXPO 2015.

Ma c’è anche chi sostiene che la giunta Maroni si stia distinguendo per investimenti nella cultura, almeno lo crede Cristina Cappellini, assessore alle Culture, Identità e Autonomie di Regione Lombardia, che così si esprime alla presentazione alla stampa delle candidature di Bergamo e Mantova a capitale europea della cultura 2019  “La presentazione congiunta delle candidature è la dimostrazione ulteriore di quanto la Giunta Maroni investa sulla cultura e la promuova valorizzando le realtà territoriali”.

La Provincia inoltre ha garantito per la candidatura 200 mila euro, ma sindaci, assessori e consiglieri comunali hanno scritto una lettera al presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, denunciando che “la Provincia ha annunciato che dal 1 gennaio 2014 dismetterà completamente ogni servizio bibliotecario costringendo i Sistemi Bibliotecari e quindi noi Comuni, che ne siamo i principali finanziatori, ad assumere l’intero onere di gestione sia per quanto riguarda la catalogazione dei volumi che del prestito interbibliotecario. Noi sindaci non possiamo assistere alla disfatta dell’eccellenza culturale così come l’abbiamo faticosamente costruita in questi anni. Sentiamo il dovere di far sentire la nostra voce perché riteniamo che la scelta della Provincia di Bergamo (unica provincia in Lombardia ad aver deciso il taglio completo dei fondi al settore culturale) significhi bandire la cultura dalla nostra provincia costringendoci a riversarne i costi, ancora una volta sui nostri cittadini.” E’ infatti notizia di pochi giorni fa che la biblioteca di Sorisole sia dovuta ricorrrere ai volontari per tenere aperto al sabato.

Scelte razionali a fronti di tagli alla cultura

Le scelte fatte dalla Provincia di Bergamo in merito al finanziare la campagna di presentazione di BCC2019 possono apparire illogiche,da un lato si tagliano tutte le spese per la cultura dall’altro si investe in un grande evento, pardon…si è investito nella possibilità di partecipare ad un grande evento. Quindi la cultura interessa parecchio, soprattutto quella cultura in grado di produrre 8-10 euro di profitto per ogni euro speso, come gli esperti dicono che possa fare l’evento del 2019.

La candidatura non è apparsa molto sentita in Città.

Oltre all’appoggio di Atb, che ha messo a disposizione un autobus sul quale campeggia la campagna “Io voglio Bergamo 2019” è risultato poco partecipato anche l’incontro di settembre al Teatro Sociale per la presentazione del dossier di candidatura: si sono presentati una quindicina di sindaci e poco più di trenta assessori comunali dei paesi della Bergamasca. Di operatori della cultura neanche l’ombra, neppure semplici cittadini.

E’ di pochi giorni fa, inoltre, l’appoggio alla candidatura dato dal CAI: Nel giorno di Ognissanti infatti, sono state organizzate sette cordate di escursionisti che, sono salite contemporaneamente su altrettante cime delle Orobie (Canto Alto, Coca, Presolana, Resegone, Formico, Camino e Diavolo).

Pochi giorni fa sulla manica laterale della maglia dell’Atalanta è stato fissato il logo di BG2019 , che ha fatto la sua prima comparsa il 10 Novembre, giorno della vittoria contro il Bologna all’Atleti azzurri d’Italia.

Un patto per BG2019

Certo, se nella fase pre-selezione saranno importanti il clima di collaborazione tra cittadini e istituzioni (per ora molto scarso) e l’impressione che tutti gli schieramenti politici marcino compatti verso l’obiettivo (niente paura per questo, non ci sono opposizioni al progetto, e Bruni siede con la Sartirani al tavolo  del Consiglio direttivo), fondamentale è il dossier presentato a fine settembre e discusso dalla delegazione bergamasca a Roma lunedì scorso, 11 novembre. Regole ferree scandivano la redazione del progetto, e probabilmente hanno limitato la fantasia dei super-manager. Lo slogan scelto per la Candidatura è: “Bergamo oltre le Mura in un’Europa senza mura”. Anzi, per dirlo con le parole della Olivares, più internazionali, questo è “il concept”. Il programma di azione è stato sviluppato su dualismi forti: Città Alta e Bergamo bassa. La pianura e la montagna. Un idea originale costataci 825 mila euro, che potevano essere spesi per aumentare i servizi culturali locali.
Un investimento può andare male. Quando però è fatto con soldi pubblici, e onorari a cinque zeri per pochi singoli, ci sono responsabilità politiche che qualcuno deve assumersi. Al momento, purtroppo, questo si è solo tradotto in una puerile caccia agli alibi che rischia semplicemente di confermare l’inadeguatezza della città: “è stato punito il nord” secondo Belotti, capogruppo della Lega a palazzo Frizzoni, mentre Valerio Marabini, della lista Tentorio, aggiunge che la bocciatura “è stata evidentemente una scelta geopolitica”. Uno potrebbe chiedersi, in un contesto europeo, quanto senso abbia ancora parlare di nord.

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