Guerra e imperialismo
Bologna - Vandalizzata lapide caduti Nassirya
fonte: il resto del carlino
BOLOGNA AL PARCO DELLA MONTAGNOLA
Divelta la targa per i caduti di Nassiriya
La procura apre un fascicolo d'indagine
L’autore del gesto, per ora non considerato premeditato, l’ha asportata dal cippo eretto in ricordo dei 19 caduti nell’attentato in Iraq del novembre 2003 e poi ha cercato di darla alle fiamme con delle foglie secche
Bologna, 14 settembre 2009 - Il pm di Bologna, Valter Giovannini, ha aperto un fascicolo sul danneggiamento della lapide ai caduti di Nassiriya scoperto ieri mattina nel parco della Montagnola. L’ipotesi di reato, al momento a carico di ignoti, è di danneggiamento aggravato. L’autore del gesto, per ora non considerato premeditato, l’ha asportata dal cippo eretto in ricordo dei 19 caduti nell’attentato in Iraq del novembre 2003 e poi ha cercato di darla alle fiamme con delle foglie secche.
Ad accorgersi del gesto vandalico è stato il custode del parco che poi ha avvertito la pattuglia dei carabinieri in servizio nella zona. Il magistrato ha anche disposto di rilevare le impronte digitali lasciate sulla lapide e il controllo delle telecamere di sicurezza installate nel parco. Non è la prima volta che la lapide finisce nel mirino dei vandali.
Per alcuni episodi nel 2005 è stato condannato a un anno e sei mesi l’ex custode del parco. L’uomo non sapeva dell’occhio elettronico che vigilava il monumento che lo riprese mentre verso la mezzanotte dell’11 settembre 2004, terzo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle, distruggeva la lapide con una mazza da baseball. Ma quello era solo
l’ultimo degli atti vandalici. L’ex custode, infatti, era accusato anche dei danneggiamenti del 15 febbraio 2004 (tre giorni dopo l’inaugurazione ufficiale), del 23 febbraio, del 16 e 26 marzo e del 25 giugno.
Trento e Rovereto – Né retate né Alpini
Un fine settimana piuttosto movimentato.
Sabato sera, attorno alle 18,00, una trentina di compagni ha occupato – smurando e aprendo l’ingresso principale – la Palazzina Liberty, una villa all’interno del parco di fronte alla stazione dei treni di Trento. Per quell’ora era stato pubblicizzato un concerto contro il controllo sociale in un altro parco della città, dove alcuni compagni comunicavano che l’iniziativa si sarebbe svolta alla Liberty occupata e autogestita per quella sera.
Piazzato l’impianto sulla terrazza della palazzina, gli anarchici hanno spiegato le ragioni dell’occupazione: riaprire uno spazio già occupato da altri e sgomberato cinque anni fa e allo stesso tempo creare un momento di lotta e di confronto contro il delirio securitario e contro le continue retate ai danni degli immigrati che avvengono proprio in quella piazza, che da anni autorità e benpensanti vorrebbero normalizzare. Gli interventi in italiano e in francese sui CIE, le espulsioni, il controllo poliziesco, la limitazione della libertà di tutti hanno fatto avvicinare e discutere diversi immigrati. All’interno della palazzina si è poi svolto un concerto hip-hop e hard-core. La sala si è riempita (soprattutto di ragazzi ma anche di meno giovani), a dimostrazione di come sia sentita in città l’esigenza di aprire spazi di libertà.
Domenica mattina, a Rovereto, si è svolta la parata degli Alpini per commemorare l’80° anniversario della sezione locale dell’ANA. Ma non è stata una festa. Ignoti avevano vergato durante la notte parecchie scritte sui muri contro la presenza degli Alpini in Afghanistan e nelle città italiane, contro la militarizzazione dei territori. Coperte in fretta e furia le scritte all’alba, le penne nere si sono viste costrette a celebrare l’adunata con alzabandiera e frecce tricolori davanti al loro monumento (eretto nel 1940, per la cronaca) che ancora grondava vernice rossa. Raggiunto il corso principale della città, i circa duecento vecchi e giovani guerrafondai hanno trovato prima tre compagni che hanno lanciato fumogeni e calato uno striscione da una torretta, poi, duecento metri più in là, una quindicina di altri anarchici con striscioni, fumogeni, petardi, trombe e megafono su un tetto della centralissima piazza Rosmini. Visibilmente nervosi, hanno sfilato mentre al megafono veniva spiegato che qualche giorno prima gli Alpini avevano pestato alcuni immigrati nel lager di corso Brunelleschi a Torino con la complicità della Croce Rossa (anch’essa presente alla sfilata). Dall’Afghanistan alle città italiane – questo il ragionamento fatto – il ruolo degli Alpini è difendere gli interessi dei padroni, preparandosi sempre di più alla guerra anche “in patria” (oggi contro poveri e clandestini, domani contro intere popolazioni in rivolta). Non poteva mancare, ovviamente, un riferimento alla base militare di Mattarello.
Polizia, carabinieri, vigili urbani e finanzieri hanno brigato non poco prima di identificare la ventina di compagni. Un quotidiano titolava oggi “Agguato anarchico agli Alpini” (esagerati), parlando di circa venti denunce (scontate).
compagni di Trento e Rovereto
Firenze - Al duomo volantini e striscione contro i militari
riceviamo e pubblichiamo
Stamattina 11 agosto, mentre le autorità locali celebravano a Palazzo Vecchio il 65°anniversario della Liberazione di Firenze, alcuni anarchici\e calavano dal Campanile di Giotto lo striscione VI(A) I MILITARI e lanciavano volantini nella piazza gremita di turisti e passanti. Gli stessi che celebrano la liberazione di Firenze dall'occupazione nazifascista mettono i militari in strada! In allegato i volantini lanciati
Due note veloci su “Miseria dell’antimperialismo”
Non credo alle cosiddette “crisi strutturali” del capitalismo che ne hanno già fin troppe volte decretato la fine prossima ventura. L’esistenza di dinamiche oggettive – legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, contraddizione insanabile tra sviluppo delle forze produttive e rapporti sociali, ecc. – che lavorano al posto nostro mi sembra la solita favola determinista. L’unica “crisi strutturale” del capitalismo è lo scontro rivoluzionario, scontro in cui elementi materiali, immaginazione, irriducibilità umana, salti imprevedibili della “temperatura morale” si mescolano in maniera enigmatica e non riconducibile a tendenze progressive.
Contro l'aereoporto militare di Quirra - Salviamo le grotte di Is Ingutridoxus
DOPO PIÙ DI CINQUANT’ANNI DI OCCUPAZIONI MILITARI È IL MOMENTO DI DIRE BASTA
SALVIAMO LE GROTTE DI IS INGUTIDROXUS
NON PERMETTIAMO LA REALIZZAZIONE DELL’AEROPORTO MILITARE ALL’INTERNO DEL POLIGONO DI QUIRRA
L’altopiano del Salto di Quirra, già martoriato e reso irriconoscibile dalle devastanti e inquinanti esercitazioni militari, sta per perdere un altro stupendo paradiso naturale: LE GROTTE DI IS INGUTIDROXUS, un sistema di grotte
carsiche che si sviluppa per circa 12 km all’interno del PISQ, nella zona dell’altopiano. Proprio sopra le grotte dovrebbe sorgere la cosiddetta striscia tattica richiesta dal Ministero della difesa per la “modernizzazione” del
poligono.
Si tratta di un aeroporto militare dotato di una pista d’atterraggio di 2,3 km, pensata appositamente per la sperimentazione dei droni, aerei da guerra senza pilota sempre più utilizzati nei conflitti per massacrare senza rischi; li usa Israele e li usiamo in Afghanistan. Ciò comporterà un ulteriore gravissimo inquinamento ambientale, in particolar modo ai danni delle grotte.
I diserbanti utilizzati per controllare la vegetazione nell’ampia fascia di protezione e rispetto della pista e il kerosene rilasciato dagli aerei, trascinati dall’acqua, penetreranno inevitabilmente nel suolo carsico, contaminando in modo permanente un’importante riserva di acque sotterranee. Un inquinamento letale per la fauna unica che popola queste bellissime grotte, dove si possono ancora incontrare l’euprocto e il geotritone sardo, specie sopravvissute all’età terziaria, ora in via d’estinzione e per questo protette. Ma tutto questo sembra non interessare i militari e tanto meno il Ministero della Difesa, che ha in mente ben altri progetti.
Dobbiamo assolutamente opporci alla costruzione dello aeroporto militare per evitare l’ennesima distruzione del nostro territorio, così come è già accaduto ad uno degli ultimi sistemi di dune naturali del Mediterraneo, nel poligono di Capo Teulada, e all’Arcipelago della Maddalena, le cui acque risultano contaminate in maniera irreversibile dalle sostanze altamente radioattive rilasciate dai sottomarini USA.
MOSTRA FOTOGRAFICA
Il 28 e il 29 luglio 2009 in via Lanusei 19, sede socialforum
Il 30 e 31 luglio 2009 in piazzetta Dettori, ex Liceo artistico
Il 31 a fine serata si svolger svolgerà un un’assemblea per decidere insieme prossime iniziative e azioni di lotta
Miseria dell’antimperialismo
Miseria dell’antimperialismo
La nazionalità dell’operaio non è serba, albanese o greca;
essa è il lavoro, la libera schiavitù, il mercanteggiamento di sé.
Il suo governo non è serbo, albanese o greco; esso è il capitale.
L’aria della patria non è per lui quella serba, albanese o greca;
ma è l’atmosfera irrespirabile dell’officina sociale.
(Karl Marx)
Imperialismo e capitalismo non sono in alcun modo distinguibili. È a partire da questo dato che ci schieriamo contro tutti gli imperialismi: non solo quello targato USA, ma anche quello europeo, russo, cinese, iraniano, indiano, ugandese etc. Ogni stato capitalista è, per sua stessa natura, imperialista; in quale misura esso riesca a mettere in atto questa vocazione, dipende soltanto dalla posizione che occupa nel mercato mondiale e dalla potenza militare che può dispiegare. Non esiste né può esistere un capitalismo pacifico o “umanitario”, e neppure si tratta di una questione di buona volontà, giacché l’alternanza guerra/pace è strettamente funzione dell’accumulazione del capitale e della sua dinamica inerziale.
La presente organizzazione sociale, per conservarsi, deve produrre miseria, distruzione e morte. Si mettano il cuore in pace le anime belle che esultarono dopo l’elezione alla presidenza degli States del progressista Obama (il quale, per altro, ha già dato un saggio di ciò che andiamo sostenendo con l’invio di un ulteriore contingente di 30.000 soldati nel deserto afghano): a dispetto di tutti gli orpelli mediatici, quello che si estende davanti all’umanità è un orizzonte quanto mai cupo. D’altra parte, il gattopardismo del capitale, lo spettacolo stantio dei falsi antagonismi che esso mette in scena affinché nulla di ciò che è essenziale venga rimesso in questione, ormai mostra la corda. Solo pochi ingenui, per lo più militanti sinistrorsi obnubilati da anni di cretinismo parlamentare inoculato in dosi massicce, continuano a credere alla menzogna elettorale e a entusiasmarsi per un banale cambio di governo. Nondimeno, negli altri, i disincantati, prevale lo scoramento, l’impotenza, il cinismo, l’individualismo.
La guerra non è che la manifestazione estrema del dominio totalitario dell’Economia, di un sistema di sfruttamento alla cui base è la negazione della vita. Quest’ultima prende forma nelle bombe esportatrici di democrazia come nella morte somministrata a piccole dosi – anche e soprattutto nei paradisi mercantili d’occidente – di una vita senza senso, fatta di isolamento, alienazione, noia: morte relazionale e affettiva.
Ci schieriamo quindi contro tutti i nazionalismi, gli eserciti, le guerre di “liberazione nazionale”, le patrie piccole e grandi, le identità etniche e religiose; insomma, contro tutti gli Stati, presenti, passati e futuri, democratici, dittatoriali e persino “operai”. Consapevoli che è, questo, soltanto un degli aspetti di una totalità sociale che deve essere distrutta dalle fondamenta.
Tutto ciò non può non implicare una radicale inimicizia nei confronti dell’ideologia “antimperialista”; ideologia reazionaria che, mentre con una mano brucia la bandiera statunitense e israeliana, con l'altra innalza i vessilli delle borghesie palestinese, basca o irachena – e, sotto sotto, quello dell’imperialismo europeo... E finge di dimenticare che a ogni conflitto militare si accompagna, sul fronte interno, la guerra contro i proletari, l’attacco alle loro condizioni di esistenza, in Palestina come in Israele, a Los Angeles come a Baghdad.
Laddove la crisi strutturale che attanaglia il capitalismo mondiale da oltre un trentennio inizia a manifestarsi in tutta la sua virulenza, apparecchiando nuovi e inquietanti scenari di guerra, è di fondamentale importanza ribadire con forza e coerenza la posizione internazionalista che da sempre è patrimonio delle minoranze radicali. Così come è necessario affermare che i futuri movimenti sociali, che si auspica si svilupperanno in opposizione alle sempre più numerose e sanguinose guerre del capitale, dovranno essere in primo luogo capaci di sabotare materialmente il dispositivo bellico all’interno dei rispettivi “territori”, pena l’essere relegati, ancora una volta, in un ruolo di impotente e spettacolare testimonianza. Si tratta, in certo modo, di riallacciarsi alle lotte antimilitariste delle generazioni proletarie passate, le cui forme certamente richiedono di essere aggiornate, ma che ebbero il pregio di andare sempre ben oltre, quanto a determinazione ed efficacia, le sfilate belanti dei pacifisti d’ogni risma.
Negli anni tra le due guerre mondiali, le socialdemocrazie occidentali, di concerto con i gestori del capitale di stato sovietico e le loro appendici – i partiti sedicenti comunisti – riuscirono a fare pressoché tabula rasa della tradizione internazionalista del proletariato. Anche l’anarchismo “ufficiale”, già a partire dal 1914, con l’adesione di alcuni suoi esponenti alla causa dell’Intesa, e soprattutto negli anni Trenta, con la partecipazione di fatto ai fronti antifascisti, diede il proprio nefasto contributo. A partire dagli anni Cinquanta, il pacifismo e l’antimperialismo nostrani furono poco più di una cortina fumogena dietro la quale si celava la politica estera filosovietica del Pci (che, d’altronde, faceva il paio con la totale subordinazione, sul piano interno, agli interessi del capitale nazionale): “imperialismo” era sempre e soltanto quello americano!
Il gauchisme degli anni Settanta e i suoi degni eredi (ancora, ahinoi!, in circolazione) si sono collocati – non c’era da dubitarne – nello stesso solco. Così, ogni qual volta due opposte frazioni del capitale mondiale entrano in conflitto, questi “attivisti”, sempre in cerca di una causa per cui militare, si sentono in dovere di schierarsi come bravi soldatini con l’uno o con l’altro campo, sia in nome dell’antifascismo, dell’antiamericanismo o dell’autodeterminazione dei popoli. “Viva l’eroica Resistenza del popolo iracheno!”. “Viva la Libertà del popolo palestinese!”. “Abbasso il tiranno imperialista americano!”. E giù con gli slogan truculenti e le bandiere nazionali! (A proposito del concetto di “popolo”, vero e proprio pilastro dell’ideologia nazional-borghese, vale la pena ricordare che già 150 anni fa il vecchio Marx, polemizzando con Bakunin, lo aveva definito testualmente un’“asineria”!). Questo tipo di atteggiamento, e l’ideologia che lo sostiene, devono essere criticati senza tregua e senza compromessi.
Quanto a noi, siamo convinti che soltanto il ritorno dei proletari alla loro vocazione internazionalista e a un coerente disfattismo rivoluzionario, potrà fermare i massacri che in misura crescente insanguineranno il pianeta. E porre ancora una volta l’alternativa secca: guerra o rivoluzione sociale, distruzione della specie o comunità umana.
Les Mauvais Jours Finiront - http://mondosenzagalere.blogspot.com/
Una proposta contro la militarizzazione de L'Aquila
CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DEI CAMPI DE L’AQUILA.
UNA PROPOSTA
Durante il campeggio antimilitarista a Trento è emersa la proposta, per il 10 o 11 luglio (a seconda delle disponibilità dei compagni), di organizzare delle iniziative nella varie città contro la militarizzazione dei territori e in particolare contro il ruolo della Protezione Civile nella gestione concentrazionaria dei campi de L’Aquila. La questione de L’Aquila è davvero emblematica di come la condizione di sfollati di guerra possa varcare le frontiere della democrazia e di come le “emergenze” siano un’ottima occasione per assuefare la popolazione alla presenza dell’esercito. I terremotati sono infantilizzati e resi passivi per impedire ogni forma di autorganizzazione, ma già si vedono i primi segni di insofferenza e di rabbia. Spezzare il silenzio su questa ignobile situazione ci sembra una forma di solidarietà. Starà ai compagni nelle varie realtà collegare questa solidarietà con le lotte che stanno portando avanti.
Il campeggio antimilitarista contro la base di Mattarello - Resoconto e spunti di riflessioni
IL CAMPEGGIO ANTIMILITARISTA
CONTRO LA BASE DI MATTARELLO
Resoconto e spunti di riflessioni
Dal 25 al 28 giugno si è svolto, a Trento, il primo campeggio antimilitarista contro la base militare di Mattarello.
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