Vai in carcere e poi muori!
Di carcere si muore e in quello di Livorno si muore anche di piu'.
Un'altra vittima, il cileno Carlos Riquelme, si aggiunge alle tante gia' raccolte in un elenco
troppo lungo e sin troppo frequente per essere spiegato solo con la
causa di un probabile o improbabile suicidio.
La scena e' quasi sempre la stessa: una impiccagione con una
cordicella di fortuna, che ha il dono di reggere il peso di un uomo
senza spezzarsi mai, o con altre varianti simili, alle sbarre della
finestra della cella.
Anche Marcello Lonzi e' morto nel carcere delle Sughere di Livorno nel 12 luglio 2003.
Stesso posto con diverse modalita' tutte da accertare. Per il pm Roberto Pennisi, che ha chiesto l'archiviazione del caso, non c'e' nulla da capire: la causa della morte sarebbe un semplice arresto cardiaco.
Contro tale richiesta il 10 luglio e' stato indetto un presidio sotto il carcere e il 15 luglio un altro appuntamento si e' svolto sotto il tribunale. Le reali cause della morte di Marcello appaiono invece tanto piu' chiare a chi si oppone all'archiviazione. "Tredici le foto che inequivocabilmente mostrano 20 segni di vergate (presumibilmente prodotte con manganelli) dislocate dal collo alle ginocchia.
Lacerazioni e tumefazioni verosimilmente prodottesi durante una violenta colluttazione, che la presenza di oggetti rotti e sparsi nella cella tenderebbe ad avvalorare.
A riprova dell’esistenza di emorragie interne non segnalate dal medico legale, la foto n°4 mostra che il lenzuolo disposto sotto il corpo di Marcello era completamente sporco di sangue.
La morte del giovane sarebbe piuttosto stata provocata da un colpo molto profondo ricevuto al cranio." [Approfondimenti]
Nel giugno scorso Giuseppe Mazzantini e' morto, tra gli altri, nel
carcere di Sollicciano a Firenze. Cause? Non accertate: sembrava si sentisse poco bene. Khaled, sempre in giugno, sarebbe morto invece di suicidio. Solo pochi mesi prima il gruppo *ladri di biciclette* aveva indetto un Presidio in solidarieta' con i detenuti e le detenute
tenutosi dinanzi lo stesso carcere.
La morte dei due detenuti a Sollicciano e' avvenuta
dopo la restrizione delle misure di sicurezza in conseguenza ad una evasione realizzata nel marzo scorso.
Sono state rinforzate le sbarre di cemento, sigillate le finestre e la sezione dei detenuti di
nazionalità albanese, gia' sottoposti a gravi limitazioni perche' della stessa nazionalita' degli evasi, e' quella che ha subito maggiormente tali restrizioni.
Essi vivono ora da murati vivi: niente lavoro, aria a turno, scuola e attività sospese, vigilanza accentuata.
Un morto in galera nel mondo della stampa ufficiale merita solo un
trafiletto in fondo alla decima pagina. E' solo un delinquente in
meno, che diventa oggetto di attenzioni e di inchieste roboanti solo
in occasione di visite di delegazioni ufficial-istituzionali.
Per la Regione Toscana invece il problema si risolve finanziando corsi di formazione, come quello che vorrebbe portare i
detenuti e le detenute: Oltre il carcere (per) Migliorare la
consapevolezza di se'.
I
dati ufficiali rivelano che gli istituti penitenziari in Toscana,
regione che - dice l'apposito osservatorio - vanta il primato della
piu' alta concentrazione carceraria in Italia, sono diciotto e
avrebbero una capienza regolare di 2.900 posti. Nel 2003 le persone in
stato di detenzione erano piu' di 4000.
La maggior parte delle persone incarcerate sono tossicodipendenti,
stranieri, bollati come aventi problemi psichiatrici, senza fissa
dimora (vale a dire senza casa).
Rimuovere dunque il disagio per non risolverlo con effettive politiche
di integrazione, prevenzione, cura, di assegnazione spazi abitativi a
chi la casa non ce l'ha. Sara' forse questo il modo che la Regione ha
scelto per risolvere la "situazione allarmante" che tanto ha sconvolto
l'assessore alle politiche sociali Angelo Passaleva?
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