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[post dinamico] Sparata militare
by ((i)) Wednesday, May. 31, 2006 at 2:29 PM mail:

Post dedicato alla raccolta di informazioni, aggiornamenti, e approfondimenti sulla controparata del 2 giugno 2006

:: Leggi la feature "Sparata militare" ::

:: Post dinamici - How to ::

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Bologna: contestiamo la parata del 2 giugno
by fischia il vento della pace Thursday, Jun. 01, 2006 at 12:27 PM mail:



Nuovo appuntamento: ore 10.30 in piazza Maggiore, lato archiginnasio.

L'audio della conferenza stampa di oggi è disponibile qui:
http://italy.indymedia.org/news/2006/05/1082872.php

In coda la lista aggiornata delle adesioni

FISCHIA IL VENTO DELLA PACE
Torniamo in piazza, ma non per farci arruolare.

Venerdì 2 giugno una nuova parata militare celebrerà una festa della repubblica nella quale non ci riconosciamo: la repubblica delle forze armate.

Una celebrazione inutile reintrodotta in Italia contro lo spirito della ostituzione che di questa Repubblica dovrebbe essere ispirazione. La Costituzione nata dalla Resistenza e del ripudio della guerra.

Un celebrazione che riteniamo ancor più grave mentre l'esercito italiano è impegnato su diversi fronti di guerra.

Da quelli più sanguinosi in Iraq e Afghanistan, ad altri conflitti "dimenticati" che ci vedono, però, pienamente responsabili come in Kossovo.

Il prossimo 30 giugno parlamento deciderà se rifinanziarle, mentre le popolazioni in questi paesi lottano e respingono le forze occupanti.

Per questo crediamo che questa celebrazione sia grave e illeggittima e saremo in piazza per contestarla.

La contesteremo per denunciare l'inaccettabile militarizzazione della vita sociale ed economica del paese che passa anche da queste costose manifestazioni.

Manifestazioni che nel 2000 videro sfilare le truppe NATO che aggredirono i Balcani e negli ultimi due anni quelle italiane occupanti l'Iraq e l'Afghanistan.

Manifestazioni che lo stesso giorno, anche per questo, verranno contestate in molte altre città del paese da reti e movimenti per ribadire ancora una volta le ragioni del no alla guerra e del ritiro immediato ed unilaterale.

La contesteremo perché i nostri territori hanno dato un contributo importante a questo movimento negli anni passati, in termini di partecipazione e mobilitazione, mentre anche da questi territori è partito
uno dei contigenti dell'esercito di occupazione: La Brigata
Aereomobile "Friuli"

La contesteremo per riaffermare l'autonomia di questi movimenti e la loro capacità di prendere parola per denunciare la logica istituzionale che
non contesta il merito, ma il metodo. Che pensa che ci possano essere guerre giuste o sbagliate a seconda di chi le fa e di come le fa.

Le contesteremo perché crediamo che sia questo il sentimento prevalente del paese e che il movimento No War deve, oggi più che mai, far sentire la propria voce.

RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE
NO AL RIFINANZIAMENTO DELLE MISSIONI DI GUERRA

*** ATTENZIONE NUOVO APPUNTAMENTO ***
VENERDI 2 GIUGNO
ALLE ORE 10.30
PIAZZA MAGGIORE - LATO ARCHIGINNASIO
BOLOGNA
*** ATTENZIONE NUOVO APPUNTAMENTO ***


INVITIAMO TUTTI A PORTARE LE PROPRIE ARMI DI CONTESTAZIONE DI MASSA
(PENTOLE, COPERCHI, FISCHETTI ECC)

Adesioni aggiornate: Circolo Anarchico Berneri, Circolo Iqbal Masih, Cobas Bologna, CUB Bologna, Crash, FGCI (federazione giovanile comunistiitaliani), PRC- Giovani Comuniste/i, TPO, Rete Universitaria, Un ponte
per..., Vag61, XM24

Per aderire: fischiailventodellapace@hotmail.com

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Dopo la guerra umanitaria, è la volta della pulizia etnica
by zip Thursday, Jun. 01, 2006 at 12:28 PM mail:



Plaudiamo ai "risultati" dell'iniziativa della politica estera dell'on. D'Alema nei Balcani e specificatamente nel Kosovo.

I "RISULTATI INIZIALI"

KOSOVO, LA CULTURA DELL'IMPUNITA' 1/6/06
Nel Kosovo post-1999 non c’è ancora giustizia per le vittime di crimini di guerra e delle violenze a sfondo etnico. Dopo più di 7 anni di amministrazione Onu e Nato, e a due anni dalle nuove violenze antiserbe del marzo 2004, nella piccola regione l’impunità è ancora la regola. È la denuncia dell'ultimo rapporto di Human Rights Watch, dal titolo "Not on the Agenda: The continuing failure to adress accountability in post-march 2004 Kosovo", che lancia l’allarme sul pessimo stato della giustizia dalle parti di Pristina. Proprio ora che la piccola provincia serba a maggioranza albanese si avvia all'indipendenza, senza il consenso di Belgrado.

Lucia Sgueglia

Giovedi' 1 Giugno 2006
Nel Kosovo post-1999 non c’è ancora giustizia per le vittime di crimini di guerra e delle violenze a sfondo etnico. Dopo più di 7 anni di amministrazione Onu e Nato, e a due anni dalle nuove violenze antiserbe del marzo 2004, nella piccola regione l’impunità è ancora la regola. È la denuncia di Human Rights Watch, contenuta in un rapporto pubblicato ieri che lancia l’allarme sul pessimo stato della giustizia dalle parti di Pristina.
Proprio a fine marzo 2004, dopo le violenze che presero di mira una comunità serba sempre più ridotta all’osso sotto gli occhi di 30.000 militari della Kfor (distrutte in pochi giorni 800 abitazioni e chiese, 19 vittime tra serbi e albanesi, mille feriti e 4100 nuovi profughi), il capomissione UNmiK Holkeri promise solennemente: giustizia sarà fatta. Furono creati ad hoc due nuovi ministeri per la Giustizia e gli Affari Interni, e varata una speciale operazione di polizia internazionale per investigare sui fatti (“Operation Thor”). Per avviare l’urgente riforma del sistema giudiziario e penale locale, si cominciò col togliere potere alla polizia locale per consegnarlo nelle mani dei procuratori. Ma fino ad oggi davvero poco è cambiato: dei quasi 50.000 kosovari coinvolti a diverso titolo nelle violenze del 2004, solo 426 sono stati incriminati (la maggior parte per reati minori come il furto), e di questi solo metà hanno visto una sentenza finale. E le pene, nota Hrw, sono state spesso così lievi da andare contro qualsiasi standard giudiziario, anche per i casi gestiti da giudizi internazionali. Colpevole indulgenza, dunque, unita a una generale assenza di trasparenza, e alla scarsa collaborazione tra i diversi istituti giudiziari e penali e le forze dell’ordine. Queste ultime sarebbero anche corresponsabili delle violenze di marzo 2004, poiché mancarono di intervenire con prontezza: ma ad oggi nessuno è stato perseguito. I problemi nella gestione del Kosovo da parte dell’amministrazione provvisoria internazionale vengono così dolorosamente a galla. A pregiudicare l’efficienza del sistema giudiziario è – come in tutti gli altri campi della vita pubblica – l’esistenza di “istituzioni parallele” dove l’amministrazione Onu si affianca a quella locale, rendendo difficile il coordinamento tra i vari poteri (talvolta volutamente smarcato dai locali). La polizia locale - prosegue Hrw - si è rivelata particolarmente inefficiente nella gestione dei crimini di stampo etnico, omettendo in molti casi di contattare e di proteggere vittime e testimoni appartenenti alle minoranze (serbi, rom, ashkali, gorani). Una situazione che ha naturalmente un pessimo impatto sulle minoranze: sempre più diffusa, specie tra gli sfollati serbi che dovrebbero far ritorno nelle proprie case, la sfiducia nella giustizia e nella possibilità di vivere in sicurezza nella piccola regione.
L’impunità non è del resto una novità nel Kosovo post-99, e non riguarda solo i crimini commessi contro le minoranze: ancora alla macchia sono gli assassini di tre ragazzini serbi dell’enclave di Gorazdevac presi a fucilate nell’agosto 2003, ma anche i responsabili degli omicidi di albanesi ‘moderati’ nella guerra del ’99. Tra gli ex ufficiali dell’Uck accusati di crimini di guerra, molti siedono oggi sugli scranni più alti della politica kosovara, o lavorano nel corpo di protezione civile locale (Kps).
Per HRW anche l’amministrazione Onu è colpevole, per aver messo in secondo piano il ripristino dello Stato di Diritto nel processo di conseguimento dei cosiddetti “standard” che avrebbero dovuto precedere qualsiasi discorso sullo status. Ma nel Kosovo d’oggi che pare avviarsi a grandi passi verso l’indipendenza dalla Serbia col benestare della comunità internazionale, gli standard sono ormai un optional. Pochi giorni fa ai colloqui di Vienna Pristina ha rifiutato anche l’ultima proposta di Belgrado: un’autonomia estremamente allargata accompagnata da un’ampia autonomia interna per le enclave serbe sotto forma di nuove municipalità. Ma stavolta L’Onu, nell’imbarazzo, frena: il delegato Ahtisaari ha rinviato qualsiasi decisione al 2007.

I"RISULTATI FINALI":


31 mag 14:20
Kosovo: Onu studia strategie per eventuale esodo serbi
BELGRADO - Le Nazioni Unite starebbero studiando un piano di emergenza per gestire il probabile esodo di massa della minoranza serba nel Kosovo. Una tale eventualita' potrebbe verificarsi, qualora venisse decisa la totale indipendenza della regione. Lo scrive il quotidiano serbo "Politika", secondo il quale l'organizzazione internazionale starebbe provvedendo anche ad allestire campi profughi per accogliere le famiglie in viaggio verso la Serbia. Secondo l'Onu, si legge ancora su "Politika", sarebbero circa 57.000 i serbi che abbandonerebbero il Kosovo in caso di indipendenza. Potrebbero salire a 77.000 se nel processo di transizione si verificassero scontri violenti. (Agr)

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l'Inneffabile "corriere"
by gita fuori porta Thursday, Jun. 01, 2006 at 12:43 PM mail:


Per il "Corriere" i profughi non scappano, ma VIAGGIANO ...

""campi profughi per accogliere le famiglie in viaggio verso la Serbia.""





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2 giugno: la parata divide la sinistra
by repubblica.it Thursday, Jun. 01, 2006 at 12:44 PM mail:



Domani ai Fori Imperiali sfilano reparti militari e protezione civile Pdci: se Bertinotti va è incoerente. Verdi: nel 2007 l'aboliremo Due giugno, la parata divide la sinistra di CLAUDIA FUSANI

ROMA - In apertura le missioni internazionali, i reparti impegnati in Iraq e in Afghanistan a cui, soprattutto, è dedicato il titolo scelto per la parata: "W l'Italia". In chiusura le Frecce Tricolori, il carosello aereo sopra l'Altare della pace, lo spettacolo più bello.

Ridimensionata - ma non dimezzata come era stato detto - un po' più breve - un taglio di circa mezz'ora - la parata militare deve fare i conti nella vigilia con le polemiche e gli imbarazzi nella sinistra radicale e pacifista che è al governo. E che domani sarà divisa.

Una parte, a cominciare dal presidente della Camera Fausto Bertinotti, sarà in prima fila nella tribuna autorità a rendere gli onori ai reparti in armi e anche civili. Un'altra parte sarà sul Lungotevere per la contro-parata, quella pacifista appunto, a cui parteciperanno anche pezzetti di governo come il sottosegretario all'Economia e alle Finanze il verde Paolo Cento che promette "l'abolizione della parata nel 2007". Imbarazzato di andare alla contro-parata? "Lo sarei se dopo tanti anni di militanza pacifista non andassi alla marcia no-war che chiede il ritiro subito delle truppe dai teatri di guerra" ha spiegato qualche giorno fa. Alla marcia organizzata dal cartello "Sbilanciamoci" ci saranno le sigle pacifiste, dall'Arci ai Social forum, da Emergency alla Tavola della pace, Fiom e Cobas. I partiti come Rifondazione con il capogruppo al Senato Giovanni Russo Spena seguito da un plotoncino di parlamentari, i Comunisti italiani con l'onorevole Marco Rizzo, i Verdi e il correntone ds.

Volti della maggioranza che non condividono le scelte dei colleghi di partito al governo. Prima di tutto il modo "sbagliato" di celebrare il 2 giugno: "Con tutto il rispetto per le forze armate - si chiede Elettra Deiana (Rc) - perché dobbiamo festeggiare la festa della Repubblica con una marcia militare?". Rizzo denuncia "la mancanza di coerenza in chi, come Bertinotti, si è sempre battuto contro la guerra e contro la presenza dei militari italiani in Iraq e domani festeggia la Repubblica in una sfilata che cancella l'articolo 11 della Costituzione". Ma Bertinotti domani avrà un dovere e ruolo istituzionale. "Sarò il presidente di tutti gli italiani" disse nel suo discorso di insediamento. E lunedì ha ricevuto a Montecitorio Gino Strada, don Ciotti e don Tano dall'Olio di Pax Christi, firmatari di un appello per il ritiro delle truppe.

C'è anche la sinistra della "terza via", quella che, sempre in prima fila tra il popolo arcobaleno, questa volta è assente da tutto in nome di "precedenti impegni": i ministri Giovanna Melandri e Alfonso Pecoraro Scanio, il segretario del Pdci Oliviero Diliberto impegnato a Cagliari nella campagna elettorale. Anche un pacifista duro e puro del correntone ds come Famiano Crucianelli, ora sottosegretario agli Esteri, ha altri impegni. Idem per Alfonso Gianni (Rc), sottosegretario allo Sviluppo Economico. Rifondazione chiede alla provincia di Roma di boicottare la parata e "non inviare gli uomini della polizia provinciale".

Quirinale e il ministro della Difesa Arturo Parisi hanno fatto un visibile sforzo per rendere meno "marziale" e più civile. Lo dimostra anche la scelta del titolo: "W l'Italia". Per sottolineare, si spiega a palazzo Baracchini "il legame indiscutibile tra la Repubblica, le sue forze armate e gli italiani".

(1 giugno 2006)

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Brindisi 2 giugno regala un consiglere speciale a d'alema
by Osservatorio sui Balcani di Brindisi Thursday, Jun. 01, 2006 at 12:45 PM mail:



caro d'alema te lo diciamo noi come ritirare le truppe!!! Brindisi 2 giugno campionato giovanile di esperti ritiro truppe

UN BAMBINO PER ...CONSIGLIERE

BRINDISI DUE GIUGNO 2006
Campionato nazionale giovanile di esperti in ritiro truppe

Il due giugno a Brindisi durante l’iniziativa delle associazioni pacifiste, che si terrà nel pomeriggio all’incrocio dei corsi, tra le tante attività si svolgerà

IL PRIMO CAMPIONATO GIOVANILE DI ESPERTI RIENTRO TRUPPE

Regolamento:
1)Le iscrizioni per la partecipazione sono riservate esclusivamente ai minori di 16 anni.

2)La gara consiste nell’indovinare l’esatta sequenza del rientro delle nostre truppe( esempio:
rientrano prima i carri armati o gli aerei?)

3)Il bambino/ragazzo-a che indovinerà avrà diritto di

a)esser nominato sul campo consigliere speciale per il Ministro degli Esteri D’Alema
b)ricevere in regalo una busta di soldatini
c)dare il via alla cerimonia di inizio (virtuale) rientro delle nostre truppe che si terrà a Brindisi
durante l’iniziativa pacifista

Ragazzi e ragazze date anche voi una mano a D’Alema a far rientrare le truppe dall’IRAQ e dall’Afghanistan!!!

Caro d’Alema hai detto ultimamente che non sai come verranno ritirati i nostri soldati dall’Iraq poichè non sei un esperto e quindi ti affiderai alle decisioni dei generali, ma...

Se sono gli stessi generali che dissero nel 1999 che :
1) l’Uranio Impoverito è un signore che si chiama Uranio e che ha perso i risparmi in Borsa.
2) Gli americani non hanno mai sparato proiettili ad Uranio in Bosnia, Serbia e Kosovo
3) I soldati italiani che si ammalano di Uranio sono dei fannulloni simulatori.
4) I piloti americani colpevoli della strage del Cermiss erano degli amanti dello sci fuoripista.
5) Che nella Costituzione è scritto all’Articolo 1 – L’Italia è un paese a sovranità limitata...-

NON TI FIDARE!!!
TE LO DIAMO NOI UN ESPERTO CONSIGLIERE PER FAR RIENTRARE LE NOSTRE TRUPPE DA TUTTI I TEATRI DI GUERRA!!!

Bambini aiutate D’ALEMA e partecipate al nostro campionato!



Organizzazioni che sponsorizzano il campionato:Laboratorio diritti dei migranti, Rete Lilliput, Confederazione Cobas Brindisi

30 maggio 2006
S.i.p. Via Settimio Severo 59 Brindisi

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la (s)parata del 2 giugno
by Collettivo Agitprop di Foggia Thursday, Jun. 01, 2006 at 1:11 PM mail:



Contratto con gli italiani favorevoli alle guerre dei padroni del mondo e alla s(parata)del 2 Giugno

CONTRATTO CON GLI ITALIANI
proposto dagli onorevoli dissidenti dello Jacob

nel giorno della snaturata festa della Repubblica

sottotitolo: senza il nemico sfilate marziali



Italiani!

Dovete decidervi: basta ondeggiare, rimanere perplessi e farvi portare dal vento.

Volete la parata militare? Vi piace la parata militare (anche in giorni differenti dal 4 novembre)?
Vi emozionano tutti quei giovani volontari in armi, l’inno, la bandiera?

Siete convinti che tutti i soldati di questo Paese siano preparati a combattere?
Ne andate fieri? Vi specchiate in loro? Auspicate un futuro in divisa per i figli e i nipoti?
Siete per credere, obbedire e combattere?

Bene. Bravi.



Dunque sapete già che la scelta d’obbedienza a quella bandiera (e agli interessi di qualche multinazionale) impone la presenza in scenari dove accidentalmente c’è la guerra. E che l’ostentazione del nazionalismo comporta sempre la possibilità d’uccidere e di rimanere uccisi.



Allora, voi che potete, dite a Michele Cocuzza, a Cristina Parodi, a Bruno Vespa di andare a farsi un giro: perché quando i nostri “eroi” saltano in aria a noialtri – che schifiamo l’esercito che compie, nel nome della Repubblica, imprese coloniali, che violenta e organizza giri di prostituzione minorile in Kosovo, che detiene e tortura in Somalia, che estrae petrolio dalle raffinerie irachene, in combutta con gli assassini di Guantanamo e Abu-Ghraib - non ce ne frega niente e non ci va di conoscere mamme in lacrime e fidanzate distrutte.



Coerenza andiamo cercando: volete fare la guerra?

Fatevela e non rompeteci l’anima quando morite… Affare fatto?

O volete una guerra senza pagare un prezzo?

Impossibile: non si può partorire da vergini.

Sarebbe come attraversare un pantano senza sporcarsi di fango.



Siamo stufi di militi che quando sfilano sono massicci e incazzati e quando crepano son tutti bravi ragazzi. Basta ipocrisia: il 2 giugno 1946 l’Italia scelse la Repubblica e ripudiò la Monarchia. I nostri signori vogliono onorare questo appuntamento facendo quadrato attorno all’esercito e alle mire interventiste? Bene: il 2 novembre provate a far cantare l’inno nazionale ai defunti.



A ognuno le sue scelte.

Fuori dall’Iraq – O dentro una cassa.

Senza rimpianti.

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la sinistra e l'esercito
by Pdci Bologna Thursday, Jun. 01, 2006 at 1:14 PM mail:

La sinistra e l’esercito


Sul problema dell’esercito in Italia la sinistra ha sviluppato due perdenti soluzioni. Vi è la parte pacifista che rifiuta il problema militare e che, guidata da cecità politica, arriva a credere che essere contrari ad una cosa voglia dire farla sparire. Anzi, in determinate situazioni, questo atteggiamento ha favorito una deriva autoritaria nelle forze armate. Aver gioito per la fine della leva obbligatoria in Italia ha coinciso con il completo abbandono di qualsiasi controllo popolare sull’esercito italiano. Inoltre su un piano ineternazionale il pacifismo, molte volte, fa il gioco delle truppe d’occupazione. “La guerra è più necessaria al difensore che al conquistatore, poiché è la resistenza che l’invaso oppone all’invasore, il fatto che ha determinato la guerra. Il conquistatore, come ha sempre preteso Bonaparte, è sempre amico della pace, entrerebbe ben volentieri in casa vostra senza effusione di sangue. Siamo noi che dobbiamo volere la guerra e prepararci per impedirglielo” Von Clausewitz teorico militare prussiano (1780-1831). La resistenza in Irak, in Palestina, in Colombia sono lì a dimostrare questo.
Vi è poi una sinistra che è diventata progressivamente militarista, in nome della real-politk e della geopolitca imperialista ha fatto cadere ogni pregiudiziale: anch’essa parla di guerra umanitaria e copre le varie invasioni delle truppe occidentali nel mondo sotto il pretesto dell’esportazione della democrazia.
Oggi come comunisti dobbiamo uscire da questi due estremismi e riuscire a porre al centro, con forza, il concetto di controllo democratico e popolare delle forze militari, che contemporaneamente vuol dire rifiutare di partecipare alle politiche neocolonialiste occidentali. In Italia all’interno dello schieramento di centro sinistra il peso della sinistra è debole, dobbiamo riuscire a dare forza alla sinistra, spingendo per una maggiore partecipazione popolare e democratica alla vita sociale e politca del paese, rifuggendo dai vuoti ideologismi e dalle sirene del neo-colonialismo.


No alle politiche neo-colonialiste
Per la Repubblica Italiana fondata sul lavoro e sulla pace


Sezione P.Impastato-Partito dei Comunisti Italiani-Bologna

Gruppo di Bologna-FGCI
http://www.cento-passi.it
sezione_impastato@yahoo.it
fgcibo17@yahoo.it

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Iraq: uccise due donne irachene da soldati USA
by grtcorriere Thursday, Jun. 01, 2006 at 1:40 PM mail:

IRAQ:UCCISE DUE DONNE IRACHENE DA SOLDATI USA
(AGENZIA GRT).Due donne irachene, di cui una incinta, sono state uccise ieri da fuoco americano a un posto di blocco a Samarra. Lo riferisce l'esercito Usa in un comunicato. Le donne viaggiavano su un auto in una zona interdetta al traffico. Un tiratore scelto ha cosi' aperto il fuoco. Ora e' stata aperta un'inchiesta per accertare le cause dell'incidente

aggiornamento: una era incinta

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liberiamoci!
by tarlo Thursday, Jun. 01, 2006 at 1:40 PM mail:

Quando ci libereremo di concetti queli Patria, Bandiere, Eserciti, Inni Patriottici ecc..?
Possibile che anche un Presidente comunista o ex-comunista, abbia dovuto far appello al patriottismo e alla sua triste retorica?
Quando capiremo che le parate e le sfilate non sono altro che spettacolo buono per distrarci e nasconderci la verità?
Quando capiremo che dietro quelle divise, quelle marce, quegli inni c'è solo retorica, sfruttamento e morte?

Viva la libertà!

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Verso il 2 giugno, senza se e senza ma
by criticalmass Thursday, Jun. 01, 2006 at 1:41 PM mail:

Appello al MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA

Un mondo senza guerre non è un mondo che va a petrolio..



Sabato 27 Roma è stata invasa da migliaia di biciclette in occasione della terza Critical Mass Inteplanetaria. E' stata una richiesta di massa di diritti locali e globali, a partire dall'aria, pericolosamente messa in pericolo dal quotidiano uso del petrolio..



Venerdi 2 giugno Roma sarà invasa da carri armati, bombe e soldati in parata..il movimento contro la guerra ha già annunciato le sue contestazioni..



Ogni giorno noi ciclisti incontriamo però parate altrettanto dannose e guerrafondaie..sono le file e gli ingorghi delle città..ogni giorno, al benzinaio, le nostre macchine finanziano quelle guerre che da tanti anni proviamo a fermare..le guerre del petrolio..



Se la "seconda superpotenza mondiale", quella dell'opinione pubblica contraria alla guerra, scendesse dall'auto, proabilmente correrebbe il rischio di fermarla davvero..



A partire da quella che si combatte ogni giorno nelle strade intasate e stressate, nella competizione e nell'odio nel traffico, quella dei morti sull'asfalto, dell'aria annichilita, dei bambini senza più un angolo di strada (per non dire di prato) dove giocare , dei proiettili vaganti targati e assicurati, delle terre cementificate per una nuova strada da intasare ..in questa guerra si entra salendo in macchina, isolandosi dagli altri, preferendo l'autoghettizzazione alla socialità e all'incontro con gli altri..



La guerra è anche quella del controllo con la scusante dell'antiterrorismo..
Invece di appiccicare un numero di identificazione sulla macchina e il motorino, noi ciclisti targiamo le nostre bici con la scritta "no oil" e svicoliamo nel traffico da chi prova a chiederci un documento..



Ci hanno convinto con tante pubblicità che la macchina è necessaria..è per lei che buttiamo la metà dello stipendio, del tempo e della tranquillità..è per lei che abbiamo perso le capacità motorie di base, costretti poi a pagare palestre globalizzate e medicine monopolizzate..



Contro la guerra noi ciclisti pedaliamo ogni giorno, fuori dalle file, dai ritmi frenetici...non consumiamo con il sorriso, lottiamo con le gambe ed il fiato..sussurrando "aria, acqua, terra e libertà!".



Chiediamo che il movimento contro la guerra compia un gesto di responsabilità, ripensando all'uso indiscriminato (costoso e dannoso per tutti) dell'automobile e scenda in piazza in sella ad una bici per dire ancora una volta no alla guerra..

Questa volta davvero senza se e senza ma..


Boicotta la guerra! Spegni(ne) il motore!

http://WWW.CRITICALMASS.IT

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Bari: comitato cittadino contro tutte le guerre
by comunicato stampa Thursday, Jun. 01, 2006 at 2:04 PM mail:

Comunicato Stampa
Il 24 maggio nell'Aula consiliare del Comune di Bari si è costituito il Comitato Cittadino "CONTRO TUTTE LE GUERRE", che ha istituito come propria sede il Comune stesso. Il Comitato aderisce, come unica piattaforma, all'appello nazionale:
"LA POLITICA PRENDA IL POSTO DELLE ARMI. BASTA CON LA PARATA MILITARE, BASTA CON LE MISSIONI MILITARI" E L' "APPELLO AL NUOVO PARLAMENTO"
che porta come primi firmatari Luigi Ciotti, Tonio Dell'Olio, Gino Strada, Alex Zanotelli.
Gli obiettivi del Comitato sono:
* Riappropriazione del reale significato della Festa della Repubblica del 2 giugno che diede vita alla Costituzione, nata dalla resistenza e momento di Unità Nazionale che individuò come principi fondanti: il diritto al LAVORO ( art. 1: L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro.) e il ripudio della GUERRA ( art. 11 L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; )
* Sostegno a tutte le iniziative in difesa della Carta Costituzionale in occasione del referendum del 25 e 26 giugno che rappresenta l'occasione per dire un NO forte e convinto a quella riforma, a quell'idea di devolution, a quell'idea di divisione fra poteri che fuoriesce dai principi fissati dalla Costituzione, frutto della lotta di Resistenza e segno della riconquistata libertà dell'Italia.
* Invito alle istituzioni cittadine, ai consiglieri regionali, alla giunta regionale, al presidente della Regione Puglia Nichi Vendola a dichiarare pubblicamente la propria adesione all'appello nazionale, a mezzo stampa - con o.d.g., e a tutti i parlamentari pugliesi ad esprimere il loro no al rifinaziamento delle missioni militari.


Pertanto si impegna a:
1. Presentare nel consiglio comunale del 1 giugno un O.d.g. di adesione all'appello di Luigi Ciotti, Tonio Dell'Olio, Gino Strada, Alex Zanotelli e ad impegnare il Comune, nella figura dell'Assessorato con delega alla Pace del prof. Pasquale Martino, ad attivarsi per la mobilitazione di fine giugno a Roma.
2. Promuovere iniziative per il giorno 2 giugno, in varie piazze di Bari, rivolte a tutti i cittadini/e per sensibilizzare e promuovere la cultura della pace.
3. Organizzare un dibattito sul referendum e sulle missioni militari che abbia, fra gli altri, l'obiettivo di proposte alternative concrete sul riutilizzo delle spese militari per scopi di Pace. L'iniziativa avrà luogo venerdì 2 giugno alle ore 18:30 nell'Arena Polivalente Airiciclotteri via Massimi Losacco 4 Bari uscita s. Fara 10/a, dove ci sarà la proiezione di vari documentari sulla nostra storia locale, sulle lotte studentesche e operaie degli anni '70.
4. Organizzare la presenza e la partecipazione alla manifestazione nazionale verso il 30 giugno a Roma (in occasione della votazione sul rifinanziamento delle missioni militari all'estero).
5. Monitorare il voto dei parlamentari pugliesi diffondendo a mezzo stampa - rete il voto espresso effettivamente in parlamento.

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Iraq: ritiro o imbroglio?
by comitati iraq libero Thursday, Jun. 01, 2006 at 2:10 PM mail:

Come in un disco rotto d'altri tempi sentiamo ogni giorno il ripetersi di questa formuletta: il ritiro avverrà nei tempi tecnici necessari.

“Tempi Tecnici”, cosa vorrà dire?

Una persona che annuncia di voler andare da Roma a Milano sa che per effettuare questo trasferimento sono necessari dei tempi tecnici, ma - consultati gli orari di treni ed aerei - potrà calcolarli nell'arco di pochi minuti. Se quella stessa persona intendesse però cambiare casa, il trasloco richiederebbe altre operazioni ed altri mezzi; in ogni caso saprebbe calcolare i famosi “tempi tecnici” al massimo in alcuni giorni.

Fin qui una semplice persona, costretta ad utilizzare mezzi pubblici o quelli presenti sul mercato.

Ora abbiamo invece il caso di uno Stato, la settima potenza industriale del pianeta, il cui governo - insediatosi nei giorni scorsi - ci annuncia due cose: 1) che ha scoperto l'acqua calda, cioè che il ritiro dall'Iraq ha dei “tempi tecnici”, 2) che esaurite le capacità tecnico-scientifiche nella scoperta di cui sopra non sa dire a quanto (giorni, settimane, mesi?) ammontano.

Ci sarebbe veramente da ridere, ma è evidente che dietro a questo farsesco trincerarsi dietro ad imprecisabili “tempi tecnici” è in corso la preparazione dell'ennesimo imbroglio. Un altro imbroglio bipartisan.

Non lo diciamo noi, lo ha detto a chiare lettere in parlamento il nuovo capo del governo, Romano Prodi. Alla destra che lo contestava sull'Iraq, ha così risposto: "Vorrei capire la differenza fra ciò che dico e quello che diceva il precedente Governo con il ritiro entro la fine del 2006".

Continuità assoluta dunque, come ha ribadito nella sua ultima visita a Nassyria il ministro della difesa uscente, Antonio Martino, che nell'occasione non ha rinunciato a dettare la linea: “l'Italia non se ne va dall'Iraq, cambierà soltanto la natura della missione, fino ad oggi prevalentemente militare, dall'anno prossimo prevalentemente civile”.

Imbroglio bipartisan, appunto, come emerge dalle parole di D'Alema: “L'Italia non scappa. Ritira le forze armate in un quadro di collaborazione civile”.

La verità è semplice: l'Italia, già con il governo Berlusconi, ha deciso di ridimensionare il suo impegno militare, ma senza venir meno al suo impegno politico all'interno della coalizione occupante a guida americana. Non a caso tempi e modi di questa operazione sono già stati concordati da tempo con Washington.

Il (parziale) ritiro non sarà dunque figlio delle elezioni del 9 aprile (anche se così qualcuno vorrà presentarcelo), ma la conseguenza della forza della Resistenza e della tenuta del movimento contro la guerra nel nostro paese.

Obbligati al (parziale) ritiro, sia il governo uscente che quello entrante hanno voluto e vogliono però salvare la loro linea di supporto servile alle esigenze americane.

Mutate le caratteristiche della presenza italiana, non muterà affatto il ruolo politico dell'Italia nella vicenda irachena.

Il Corriere della Sera del 21 maggio riporta alcune frasi della telefonata che Coondoleezza Rice ha voluto fare a D'Alema. Riportiamo testualmente: “Qui a Washington ci ricordiamo tutti della grande credibilità sua, presidente, ai tempi del Kosovo”. “Abbiamo grande stima per il suo comportamento di allora e siamo certi che potremo sempre collaborare, come a quei tempi, e che lei non cambierà comportamento rispetto ad allora”.

Ovviamente, e significativamente, gli addetti stampa del nuovo ministro degli esteri hanno tenuto a far circolare proprio queste frasi, segno di quanto ben riposta sia la fiducia della Rice.

Come verrà confezionato l'imbroglio?

Semplice, la fantasia non manca mai quando si trappa di turlupinare il popolo. Intanto la missione “Antica Babilonia” si trasformerà in “Nuova Babilonia”. Missione, si dirà, prevalentemente civile, volta alla “ricostruzione” (ma non era così anche per “Antica Babilonia”? - vedi il pezzo che segue). Ribadito che gli italiani sono “brava gente” si disporrà (visto che in Iraq tira ancora un'ariaccia per gli occupanti) la permanenza di un contingente militare di 600 uomini (carabinieri?) a tutela della sicurezza dei “ricostruttori”. E' questo esattamente lo schema che aveva già prefigurato l'informato Fassino qualche tempo fa (vedi bollettino di Iraq Libero del 9 marzo). Ma si prevede anche che rimarranno in Iraq i militari italiani dislocati presso il Comando Britannico a Bassora, quelli distaccati al Comando Multinazionale a Bagdad, quelli impegnati al Centro di addestramento Nato sempre nella capitale irachena: in tutto altri 200 uomini circa.

Ora, siccome il ritiro è essenzialmente un fatto politico prima ancora che militare, chiunque può valutare quale imbroglio sia in preparazione.

Altro che "tempi tecnici"!

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Cento milioni alla guerra, 1 agli aiuti
by L'Espresso Thursday, Jun. 01, 2006 at 2:32 PM mail:



Cento milioni di spese militari per ogni milione di aiuti. Fondi record al Sismi e alla Croce rossa. Risultato: la missione in Iraq ha inghiottito oltre un miliardo e mezzo di euro

Abbiamo speso più per gli 007 che per gli aiuti. È il paradosso più grande della missione italiana in Iraq, una spedizione nata per favorire la ricostruzione del Paese dopo gli anni della dittatura di Saddam Hussein e soprattutto per dare sollievo alla popolazione stremata da embargo e combattimenti. Doveva essere una missione umanitaria: invece a Nassiriya l'Italia ha investito più negli agenti segreti che nel sostegno agli iracheni. Nei primi sei mesi del 2006 il bilancio approvato dal governo per l'operazione Antica Babilonia prevede 4 milioni di euro di aiuti e ben 7 milioni "per le attività di informazioni e sicurezza della presidenza del Consiglio dei ministri", ossia per gli inviati del Sismi. E la stessa cosa è avvenuta sin dall'inizio: in tre anni l'intelligence ha ottenuto circa 30 milioni di euro mentre per "le esigenze di prima necessità della popolazione locale" ne sono stati stanziati 16. Un divario inspiegabile, che sembra mostrare l'Italia più interessata allo spionaggio che al soccorso di quei bambini per i quali era stata decisa la partenza di un contingente senza precedenti: oltre 3.500 militari con mille veicoli.

Ma a leggere i dati contenuti nella monumentale relazione pubblicata sul sito dello Stato maggiore della Difesa, tutta l'operazione Antica Babilonia appare come una voragine, che inghiotte finanziamenti record distribuendo pochissimi aiuti. O meglio, i conti mettono a nudo la realtà che si vive a Nassiriya: non è una missione di pace, ma una spedizione in zona di guerra. Finora infatti sono stati stanziati 1.534 milioni di euro, poco meno di 3 mila miliardi di vecchie lire, per consegnare alla popolazione della provincia di Dhi-Qar poco più 16 milioni di materiale finanziato dal governo: un rapporto di cento a uno tra il costo del dispositivo militare e i beni distribuiti. In realtà, però, la spesa totale per le forze armate italiane a Nassiriya è addirittura superiore a questa cifra: tra stipendi, mezzi distrutti ed equipaggiamenti logorati dal deserto la cifra globale calcolata da 'L'espresso', consultando alcuni esperti del settore, si avvicina ai 1.900 milioni di euro.

Intelligence a go-go Su tutte le pagine del rapporto dello Stato maggiore Difesa, disponibile sul sito web, è stampata la dicitura: 'Il presente documento può circolare senza restrizioni'. Solo nelle ultime 20 pagine questo timbro non compare. Ed è proprio nella nota finale sugli aspetti finanziari di Antica Babilonia che compaiono le notizie più delicate. A partire dalla voce: 'Attività di informazioni e sicurezza della PCM', ossia della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta dei fondi extra consegnati agli agenti del Sismi che operano in Iraq: non si sa se lo Stato maggiore li abbia indicati per voto di trasparenza, per errore o per una piccola mossa perfida. Di fatto, finora le disponibilità degli 007 erano un mistero, oggetto di grandi illazioni soprattutto per quanto riguarda la gestione dei sequestri di persona. Da anni si discute delle riserve usate dalla nostra intelligence per comprare informatori o per eventuali riscatti pagati durante i rapimenti. Adesso queste cifre permettono di farsi qualche idea del costo dei nostri 007 in azione. Per i primi sei mesi del 2003, purtroppo, lo Stato maggiore non è illuminante: la provvista è mescolata assieme alle spese di telecomunicazioni, quelle dei materiali per la guerra chimica e quella per il trasloco delle truppe. In totale poco meno di 35 milioni. Facendo il confronto con i bilanci dei semestri successivi, si potrebbe ipotizzare che al Sismi siano andati circa 4 milioni di euro. In ogni caso, gli stanziamenti diventano poi espliciti: 9 milioni nel 2004, 10 milioni nel 2005, 7 milioni già disponibili per i primi sei mesi di quest'anno. Una somma compresa tra i 50 e i 60 miliardi di vecchie lire, destinata soltanto a coprire i sovrapprezzi delle missioni top secret in territorio iracheno, a ricompensare gli informatori e, verosimilmente, alla gestione dei sequestri di persona. Quelle operazioni che hanno determinato il ritorno a casa di sei ostaggi, grazie anche al sacrificio del dirigente del Sismi Nicola Calipari. Un ultimo dato: dalla stessa relazione dello Stato maggiore apprendiamo che il Sismi ha avuto altri 23 milioni e mezzo per la missione in Afghanistan. Anche in questo caso, la dote degli 007 supera di gran lunga il valore dei beni distribuiti alla popolazione.

La lontananza è cara Le voci trasporti e telecomunicazioni della spedizione hanno importi choc. Per i viaggi avanti e indietro dei reparti, dei rifornimenti e degli equipaggiamenti, sono stati spesi finora 125 milioni di euro. Ogni quattro mesi infatti le brigate impegnate a Nassiriya vengono sostituite: devono tornare in Italia con le loro dotazioni di materiali e armi leggere. Veicoli e scorte invece restano sempre in Iraq, salvo quando il logoramento impone di rimpiazzarli. Sorprendente anche la 'bolletta del telefono': 11 milioni in 18 mesi. Non si tratta delle chiamate a casa dei soldati o dei carabinieri, ma del flusso di telecomunicazioni via satellite per l'attività dei militari: i contatti con l'Italia, quelli con i comandi alleati e molte delle trasmissioni radio sul campo. Pesante pure il capitolo 'Croce rossa italiana': si tratta di oltre 32 milioni di euro. E riguardano il solo ospedale di Nassiriya, quello che fornisce assistenza medica ai nostri militari. Questa struttura ha soltanto come scopo secondario l'attività in favore della popolazione locale: 450 ricoveri in tre anni. Nel 2003 la Croce rossa aveva a Nassiriya 85 persone, poi scese a 70: dall'inizio della missione si tratta di una spesa media per ogni operatore sanitario di oltre 400 mila euro. Perché? La risposta ufficiale chiama in causa le indennità straordinarie e le difficoltà di trasferire medicinali e apparecchiature. L'ospedale da campo creato a Baghdad nel 2003, invece, era finanziato con i fondi del ministero degli Esteri: il costo era ancora più alto, ma i pazienti erano tutti iracheni.

Farnesina tecnologica La quota più consistente dei fondi destinati alla rinascita dell'Iraq viene gestita dalla Farnesina: 103 milioni di euro. La fetta maggiore è stata inghiottita dall'ospedale di Baghdad e dalla difesa dell'ambasciata. Ci sono poi numerose iniziative ad alta tecnologia, tutte realizzate in Italia e alcune di discutibile utilità: 5 milioni per la rete telematica Govnet che dovrebbe connettere i ministeri di Bagdad; 800 mila euro per la ricostruzione virtuale in 3D del museo di Bagdad. I programmi di formazione invece prevedono che il personale iracheno frequenti dei corsi in Italia: una procedura sensata quando si tratta di lezioni per dirigenti o tecnici di alto livello, forse meno quando comporta il trasferimento a Roma di 30 orfani destinati a imparare il mestiere di falegname, barbiere o sarto. Più concreti gli interventi gestiti dal Ministero attraverso la Cooperazione per la ricostruzione dell'agricoltura, del sistema scolastico e di quello ospedaliero: ma nei primi 18 mesi nella regione di Nassiriya erano stati realizzati progetti per soli 3,7 milioni.

Armata ad alto costo Tra aiuti diretti consegnati dai militari e progetti, concreti o virtuali, della Farnesina in tutto sono stati stanziati 119 milioni di euro. Secondo lo Stato maggiore, per il contingente armato finora sono stati messi a disposizione 1.418 milioni di euro. Ma è un stima parziale: non tiene conto del costo degli stipendi, del logoramento dei mezzi, di molte delle parti di ricambio. Non tiene conto dell'elicottero distrutto in missione, dei dieci veicoli Vm90 annientati negli attacchi, delle munizioni esplose, della base dei carabinieri cancellata dall'attentato del 2003. Non tiene conto del terribile bilancio di vite umane: 22 tra carabinieri e soldati caduti e 61 feriti in azione, altri sette morti e sette feriti in incidenti. In più un civile ammazzato nella strage del 12 novembre 2003 e un altro ferito. Un sacrificio giustificato dai risultati? Di sicuro, non si può chiamarla una missione di pace. Nei quattro mesi 'più tranquilli' i parà della Folgore hanno distribuito beni o avviato progetti pari a 4 milioni di euro, finanziati dal governo o da istituzioni e aziende italiane: in più hanno vigilato sulla nascita di iniziative internazionali per altri 6 milioni di dollari. Nella fase di crisi della battaglia dei ponti, invece la brigata Pozzuolo del Friuli si è fermata a meno di 4 milioni di dollari tra attività portate a termine o soltanto avviate. Ormai è difficile anche controllare a che punto sono i lavori nei cantieri: ogni sortita è pericolosa. Per questo il comando di Nassiriya ha ipotizzato di usare gli aerei-spia senza pilota, i Predator, che con le telecamere all'infrarosso possono verificare se i macchinari sono accesi o se i manovali ingaggiati dalla Cooperazione stanno perdendo tempo. Certo, si potrebbe affidare la sorveglianza alle autorità irachene: grazie a un programma della Nato abbiamo addestrato 2.600 soldati e 12 mila poliziotti locali. Eppure tanti uomini in divisa non sono bastati a impedire che un'imboscata venisse messa a segno a pochi metri dal commissariato più importante.

Aiuti oltre i limiti Soldati e carabinieri escono ancora dalla loro base per sostenere la popolazione. Prima della strage del 2003 lo facevano molto di più: fino a quel momento la brigata Sassari aveva percorso un milione e 900 mila chilometri; dopo di loro i bersaglieri della Pozzuolo del Friuli ne hanno macinati solo 460 mila. C'è un dato che fotografa la situazione meglio di ogni altra analisi: poco meno di 2 milioni di chilometri totalizzati dalle colonne dell'Esercito in quattro mesi prima dell'attentato, altrettanti percorsi nei 24 mesi successivi. Eppure, nonostante i rischi altissimi testimoniati dall'attacco costato la vita a due carabinieri e un capitano dell'Esercito, i nostri militari non rinunciano a condurre le attività umanitarie. Cercano di costruire scuole e ambulatori, forniscono macchine ai laboratori artigianali e all'unica raffineria. Per evitare imboscate, lo fanno di sorpresa: arrivano nei villaggi all'improvviso, scaricano doni e materiali, poi ripartono. Se invece c'è qualche cerimonia ufficiale, tutta l'area viene presidiata in anticipo con cecchini e blindati. Insomma: una situazione di guerra. Ma nessuno si sottrae ai pericoli. Anzi, tutti i reparti fanno più del necessario. Prima di partire per l'Iraq, c'è una sorta di questua tra istituzioni locali e aziende della zona dove ha sede la brigata per raccogliere aiuti da distribuire: spesso i reparti mettono insieme una quantità di merci superiore ai fondi governativi. Inoltre in occasioni particolari, ci sono collette tra i soldati per acquistare riso o medicinali. O iniziative straordinarie, come quella della famiglia del maresciallo Coletta, una delle vittime del la strage del novembre 2003, che ha mandato un container di farmaci per un ospedale pediatrico. Ma a tre anni dalla caduta di Saddam ha ancora senso rischiare la vita di 20 militari per consegnare un camion di riso e medicine?

Com'è piccola la Farnesina
di Lucio Caracciolo


Tutti parlano di globalizzazione. Pochi in Italia si interessano del globo. Soprattutto nella classe politica. Qualsiasi governo della cosiddetta Seconda Repubblica parte con questo notevole svantaggio quando si tratta di delineare una strategia di politica estera, che infatti non è oggetto di dibattito né a destra né a sinistra, salvo l'esiguo drappello degli addetti ai lavori.

La priorità di politica estera del governo di centro-sinistra sarà quindi di ridarle quella centralità che le spetta per quanto conta nella vita del paese e di ciascuno di noi. A meno di non immaginare un'Italietta autarchica, sigillata contro ogni influenza esterna, che non è e non può essere. Quando si denuncia la perdita di competitività del nostro paese su scala europea e mondiale, si ammette implicitamente un deficit non solo economico, ma anche politico. Perché l'Italia non ha mai contato di meno al mondo da quando esiste come Stato unitario. Non ha voce nei luoghi dove si decide, né dispone di un sistema di lobby per incidere sulle scelte altrui. Se la politica e la diplomazia vogliono servire i nostri interessi e ridurre il gap competitivo che ci divide da paesi di dimensioni demografiche ed economiche simili alle nostre, di qui converrà ricominciare.

L'altra premessa indispensabile a riacquistare influenza nel mondo è la ricerca di un approccio bipartisan alle grandi scelte internazionali, specie quando si tratta di pace o di guerra. Non per nascondere le divergenze, ma per evitare che sui temi strategici, che investono frontalmente gli interessi fondamentali della nazione, la politique politicienne prevalga su ogni altra considerazione. Producendo una cacofonia devastante per la nostra stessa credibilità. Nel concreto, la politica estera del governo Prodi si qualificherà previdibilmente su due scacchiere: Europa e Medio Oriente. Vediamo come.

Il centro-sinistra e Prodi personalmente esibiscono un pedigree europeista. Oggi che l'europeismo è in crisi profonda, se non terminale, sarà comunque inevitabile rivedere il nostro modo di stare in Europa. Non perché l'Italia debba rinunciare all'obiettivo dell'unità europea. Al contrario, perché lo deve perseguire. E nel contesto attuale questo significa invertire la rotta attuale in seno all'Unione europea riassumibile nel motto ognuno per sé e nessuno per tutti.

Se vogliamo che il global player europeo su cui ha sempre insistito Prodi diventi realtà, dobbiamo renderci protagonisti di una nuova iniziativa che miri a questo scopo, insieme ai nostri partner più stretti, a cominciare da Germania e Francia. Altrimenti l'alternativa sarà tra la progressiva disintegrazione e un Euronucleo senza di noi.
Questa è fra l'altro la via maestra per pesare di più nei rapporti con l'America. Contrariamente a ciò che pensa Berlusconi, la diplomazia personale serve a poco. Soprattutto se non esprime una strategia nazionale. Continuando a presentarci a Washington in ordine sparso, noi europei non abbiamo poi alcuna possibilità di dare corpo a un effettivo rapporto transatlantico, essendosi ormai consumato quello fondato per quasi mezzo secolo sulla paura di Mosca.

Più immediate le scelte sullo scacchiere mediorientale. Qui le emergenze sono tre: Iraq, Iran e Palestina. Tre facce dello stesso problema, ossia che cosa fare della regione dopo che la campagna americana contro Saddam ne ha definitivamente minato gli equilibri. Qui ci scontriamo con un doppio limite: la storica ininfluenza dell'Europa, malgrado i soldi investiti in programmi più o meno commendevoli; e la più recente mancanza di una strategia americana, particolarmente grave in un paese leader che ha deciso di reagire all'11 settembre rovesciando i regimi nemici o comunque infidi nel mondo islamico. Ma senza sapere bene come sostituirli con regimi più democratici e contemporaneamente più filoamericani.

Sull'Iraq esiste un consenso di fondo fra gli schieramenti politici sulla necessità di riportare a casa i soldati entro l'anno. Non è di per sé una strategia, ma almeno è una scelta. Ma il diavolo sta nel dettaglio. Sarà solo un cambio di cappello fra una missione militare e una civile, con una copertura militare comunque non indifferente? Quando toccherà esaminare questo capitolo, probabilmente le differenze in seno al centro-sinistra riesploderanno. Sarebbe utile prevenire una simile crisi, definendo pubblicamente che cosa esattamente stiamo a fare in Iraq e con quali mezzi - anche finanziari - intendiamo sostenere i nostri obiettivi.

Quanto all'Iran, siamo brillantemente riusciti ad autoescluderci dalla pattuglia europea abilitata a trattare con Teheran. Per un paese che intrattiene notevoli, storici rapporti energetici e commerciali con i persiani, è un autogol. Oggi potremmo usare la nostra residua influenza in Europa e in America per spingere a favore di negoziati diretti irano-americani, sola alternativa praticabile e forse efficace all'avventura bellica.

Infine la Palestina. La demonizzazione del nuovo governo palestinese, dopo che abbiamo giustamente insistito sulla necessità di lasciar esprimere quel popolo alle urne, è particolarmente miope. Perché la vittoria di Hamas è soprattutto la sconfitta di una vecchia, corrotta nomenklatura - quella arafattiana - che non poteva in nessun modo essere un interlocutore negoziale perché non rappresentava davvero il suo popolo. Se eviteremo di metterlo all'angolo, scopriremo che il governo attuale è molto meno radicale e molto più pragmatico di quanto non appaia a una lettura superficiale del voto palestinese, espresso fra l'altro da quelle stesse persone che l'anno prima avevano scelto Abu Mazen.

Dopo l'esperienza piuttosto deprimente degli ultimi anni forse è troppo ottimistico sperare che l'Italia si riprofili nella competizione internazionale in modo così netto e autorevole. Ma il tempo lavora contro di noi. Perché recuperare una credibilità perduta sarà forse l'opera di due o tre generazioni. E qualcuno dovrà pur cominciare.

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La Spezia: presidio 2 giugno
by GC La Spezia Thursday, Jun. 01, 2006 at 2:32 PM mail:

BASTA CON LA PARATA MILITARE
BASTA CON LE MISSIONI MILITARI.

LA POLITICA PRENDAIL POSTO DELLE ARMI

Il 2 giugno l’Italia festeggia la Repubblica, nata dalla Resistenza e fondata sulla Costituzione. Proprio in richiamo a questi valori,

SIAMO TUTTI CHIAMATI A RESPINGERE GLI ATTACCHI COMPIUTI ALLA COSTITUZIONE VOTANDO NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE DEL 25/26 GIUGNO.

Inoltre entro il 30 Giugno il nuovo parlamento dovrà votare sul finanziamento delle missioni all’estero, decidendo così se continuare a coinvolgere l’Italia in una corsa agli armamenti che sperpera le risorse e aumenta la povertà in un mondo segnato continuamente da guerre e violenze che generano ogni giorno vittime e sofferenze.
Quello che noi chiediamo al nuovo Governo e al nuovo Parlamento è di iniziare la legislatura dando un forte segnale di inversione a questa militarizzazione della società e della politica, abbandonando il ruolo della potenza impegnata in operazione di guerra e occupazione mascherata da intenti umanitari e di pace.

PER QUESTO CHE CHIEDIAMO IL RITIRO IMMEDIATO DI TUTTE LE NOSTRE TRUPPE IMPEGNATE ALL’ESTERO

PRESIDIO CONTRO
LA CULTURA DELLA GUERRA
A FAVORE DI UNA CULTURA DI PACE

Venerdì 2 Giugno ore 17:30
sotto la Prefettura della Spezia.
GIOVANI COMUNISTI/E LA SPEZIA.

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Rizzo: la parata va sospesa fino al ritiro dall'Iraq
by peaceparade Thursday, Jun. 01, 2006 at 5:46 PM mail:

Roma, 17:04

2 GIUGNO: RIZZO, PARATA VA SOSPESA FINO A RITIRO DA IRAQ
Marco Rizzo, presidente della delegazione dei Comunisti italiani al Parlamento Europeo, partecipera' domani all'iniziativa di ponte Castel Sant'Angelo, alle 10, mantenendo la posizione secondo la quale la parata del 2 giugno va sospesa fino al ritiro delle truppe dall'Iraq. "Non siamo contro le forze armate - afferma Rizzo - ma fino che l'Italia sara' presente con le proprie truppe in Iraq, crediamo opportuno sospendere la parata in occasione del 2 giugno. La Costituzione prevede si' l'uso della forza, ma quando essa serve per la difesa del territorio nazionale, cosi' come, all'articolo 11, prevede la contrarieta' all'uso della forza per risolvere controversie internazionali".

http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/rep_nazionale_n_1563779.html?ref=hprepnews

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2 giugno - Peace Parade a Roma
http://italy.indymedia.org/news/2006/05/1079916.php

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ma avete visto quanto costa la guerra?
by matteo Thursday, Jun. 01, 2006 at 6:15 PM mail:

questo governo k si preokkupa del risparmio e dei soldi k nn ci sono nn si preokkupa mica di togliere le spese militari k sono superiori a qualsiasi altra cosa(senza contarte le wite imane...).


guardate i dati clamorosi wu http://www.disinformazione.it

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2 giugno parata di guerra
by anarcotico Thursday, Jun. 01, 2006 at 6:59 PM mail:

2 giugno: festa della Repubblica, festa delle forze armate
Antimilitarismo
Nelle principali città di Italia sfila l’esercito e tutto il suo arredo di divise, gradi, gerarchia e autoritarismo. Sfilano mitragliatori e carri armati, camionette e carabinieri, capelli ben rasati, stellette e bersaglieri, tutto condito da tricolori e inno nazionale. La retorica patria che da sempre fa quotidianamente il suo lavoro di imbarbarimento del pensiero è oggi ancora più subdola. La guerra non è più solo guerra, ma si vorrebbe che assumesse qualche aggettivo: umanitaria, preventiva o che cambiasse proprio nome. La guerra così diventa missione di pace, di peacekeeping o addirittura di ricostruzione. Le truppe occupanti diventano cooperanti e così via. Il potere maschera, nasconde, manipola la realtà e usa le parole a proprio piacimento: terrorista chi resiste, democratico chi occupa. La guerre in Irak e in Afghanistan rappresentano e simboleggiano le guerre nel mondo. Vengono tenute nascoste, ma le poche notizie che passano sono segno evidente di una violenza degli occupanti senza precedenti a cui la resistenza non può che opporre a sua volta violenza.

29 maggio, Kabul, scene trasmesse dalla BBC: automezzi militari USA provocano un incidente stradale uccidendo alcuni civili; la gente scende in strada comincia ad insultare le truppe, vola qualche sasso: i militari sparano sulla folla disarmata e fanno decine di morti. Questa è la guerra, ogni tanto non riescono proprio a nasconderlo. L’esercito italiano è dentro a tutto ciò, in Irak come in Afghanistan; l’esercito italiano, al pari di tutti gli occupanti, spara, uccide, terrorizza. Questa è la realtà: a meno che non si voglia credere ancora agli “italiani brava gente”…

La guerra è la storia di tre ragazzi pakistani che vivono a Londra. Nell’ottobre 2001 decidono di tornare in Pakistan, uno di questi si deve sposare: arrivati a Kandahar in anticipo, decidono di visitare l’Afganistan: il paese è sotto i bombardamenti, ci sarà bisogno di aiuto si dicono. Dopo pochi giorni che sono a Kabul vengono arrestati, ammassati su un camion e deportati in Pakistan: i pochi sopravvissuti al viaggio vengono consegnati dalle autorità pakistane agli americani, salgono su un aereo e finiscono a Guantanamo. Vengono liberati nel 2005 dopo più di tre anni di prigionia incatenati dentro una gabbia metallica, dopo essere stati sottoposti alle torture più inumane: ma non avevano niente da rivelare, né su Al Queda, né su Bin Laden. A 20 anni avevano deciso di fare un viaggio, ma hanno avuto la sfortuna di incontrare i “democratici” (Questa storia vera è documentata nel film The road to Guantanamo di M. Winterbottom, UK, 2006).
La guerra, è anche Guantanamo (dove si sta svolgendo uno sciopero della fame in questi giorni) e le tante Guantanamo sparse per il mondo. L’Italia partecipa a tutto ciò: al pari degli USA è occupante nei teatri di guerra; come gli USA rinchiudono persone colpevoli di essere pakistani a Guantanamo, così L’Italia rinchiude i migranti nei CPT. Nella guerra mondiale oggi in campo l’Italia vuole essere in prima linea, i morti che provoca, i prigionieri che fa ne sono i segni più evidenti.

Noi non vogliano vivere nella realtà della guerra permanente, non vogliamo nessun finanziamento alle spese militari, non vogliamo parate militari, carri armati, generali, caserme, prigioni né CPT. Vogliamo il ritiro delle truppe da tutti i luoghi di occupazione, lo smantellamento dell’esercito e di tutti gli eserciti. Non siamo pacifisti: sappiamo che fino a che ci sarà un esercito ci sarà una guerra. Siamo antimilitaristi perché di divise non ne vorremmo più vedere.

CONTRO TUTTE LE GUERRE CONTRO TUTTI GLI ESERCITI

Un antimilitarista-libertario

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godo!
by ddt85 Thursday, Jun. 01, 2006 at 6:59 PM mail:

sucate una domanda: quando le parate le facevano i soldatini con falce e martello e stella rossa a 5 punte sul berretto andavano bene?quando le facevano nella Piazza Rossa? Quando le facevano nelle piazze di Praga e di Budapest?perchè si sa...a loro ogni tanto piaceva andare in vacanza all'estero...ultimamente invece preferiscono la Cecenia, si sa...
...e io godo...

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Iraq: un mese particolarmente sanguinoso
by swissinfo Thursday, Jun. 01, 2006 at 7:23 PM mail:



Ancora una volta la maggior parte dei colpiti sono civili: 932 uccisi e 1.273 feriti a maggio, contro i 686 e 965 del mese prima. Hanno perso la vita anche 95 agenti della polizia e 28 soldati durante gli attacchi, contro 54 e 22 in aprile. Per quanto riguarda gli insorti, secondo il Ministero degli interni e della difesa, 345 sono stati uccisi a maggio rispetto a aprile, quando erano stati in 180 a perdere la vita. E anche un aumento negli arresti degli indiziati: 1.630 a maggio contro 692 a aprile. Infine, continuano a pesare le accuse contro un'unità di marine presumibilmente colpevole di aver ammazzato 24 civili a sangue freddo a Haditha, 260km a nord di Baghdad. Il Presidente americano George W. Bush ha affermato: " se la legge è stata infranta, coloro che l'hanno infranta verranno puniti."

BAGHDAD - Come dimostrano i bilanci del ministero dell'interno, della difesa e della sanità iracheni, maggio si è rivelato un mese particolarmente segnato dalle violenze, per il paese già in tumulto: senza contare gli insorti, sono stati 1.055 i morti e 1.423 i feriti. I morti sono aumentati del 38% rispetto a aprile, nel corso del quale le vittime erano state 762 e 1.088 i feriti.

Ancora una volta la maggior parte dei colpiti sono civili: 932 uccisi e 1.273 feriti a maggio, contro i 686 e 965 del mese prima. Hanno perso la vita anche 95 agenti della polizia e 28 soldati durante gli attacchi, contro 54 e 22 in aprile. Per quanto riguarda gli insorti, secondo il Ministero degli interni e della difesa, 345 sono stati uccisi a maggio rispetto a aprile, quando erano stati in 180 a perdere la vita. E anche un aumento negli arresti degli indiziati: 1.630 a maggio contro 692 a aprile. Infine, continuano a pesare le accuse contro un'unità di marine presumibilmente colpevole di aver ammazzato 24 civili a sangue freddo a Haditha, 260km a nord di Baghdad. Il Presidente americano George W. Bush ha affermato: " se la legge è stata infranta, coloro che l'hanno infranta verranno puniti."

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ECCO COME MUORE UN ITALIANO!
by STOP GLOBAL WAR! Friday, Jun. 02, 2006 at 8:48 AM mail: Genova




Nella notte a Genova sanzionata dal basso la sede dell' I.B.S.A (investigazioni bonifiche ambientali servizi alla sicurezza)...agenzia per la quale lavoravano Quattrocchi,Agliana,Stefio e Supertino... segue volantino affisso in piu' copie sulla sede



2 GIUGNO : NE ESERCITO DI STATO,NE ESERCITO PRIVATO!




ECCO COME MUORE UN ITALIANO…


…Muore di freddo nelle case popolari a Cremona perché la sua misera pensione d'invalidità sul lavoro (360 euro) non gli permette di pagare il gas e la luce e loro bloccano immediatamente la fornitura.

…Muore come carne da macello perché ha inalato amianto senza le minime protezioni, nonostante fin dal 1911 esistessero esami sulla sua nocività (Breda, fucine di Sesto san giovanni, Monfalcone…).

…Muore tra atroci tormenti per pvc a Marghera, muore a causa dell'uranio impoverito (militari in Kosovo) perché non è informato e non ha le adeguate protezioni troppo costose.

…Muore lentamente con i suoi lavori precari, sottopagati (500 euro al mese rinnovabili ogni 3 mesi) perché la malattia non è pagata e allora è difficile fermarsi e curarsi.

…Muore in una calda giornata di luglio ammazzato da un carabiniere in piazza Alimonda.


NE’ ESERCITO DI STATO,
NE’ ESERCITO PRIVATO

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Corrispondenze di Radio Onda Rossa dal corteo
by ror Friday, Jun. 02, 2006 at 1:46 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084376.php
http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084431.php

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A Venezia sgomberata manifestazione pacifica
by dal newswire Friday, Jun. 02, 2006 at 1:47 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084397.php

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Ferrando e Pdci contestano la presenza di Bertinotti
by ansa Friday, Jun. 02, 2006 at 3:23 PM mail:



(ANSA) - ROMA, 2 GIU - Fausto Bertinotti spiega la sua presenza alla parata militare di Roma indicando la spilla con i colori della pace che porta su bavero.

Bertinotti: parata con colori pace


"Sono qui per rappresentare le istituzioni -spiega-. Io vestirei la parata con i colori della pace".
Per il presidente della Camera in tempi di pace non serve esibire le armi "che possono essere rispettate anche senza esibizioni".
Ma non mancano le polemiche: posizione non coerente, dice Rizzo (Pdci); tradimento dei nostri valori, lamenta l'ex Prc Ferrando.

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intervento di Fosco Giannini alla contromanifestazione:
by marco pi. Friday, Jun. 02, 2006 at 3:33 PM mail:


di Fosco Giannini

su http://www.lernesto.it del 02/06/2006


Fosco Giannini, senatore e membro della commissione Difesa, è intervenuto questa mattina dal Ponte Sant’Angelo in apertura della manifestazione di Roma contro la parata militare a nome dei deputati del Partito della Rifondazione Comunista.

Ecco un estratto del suo intervento: “ Abbiamo lottato a lungo contro il governo Berlusconi, il governo più guerrafondaio, anti-operaio ed anti-sociale della storia della Repubblica. Il governo più subordinato alle pulsioni di guerra degli Stati Uniti e della Nato della nostra storia repubblicana. Lo abbiamo fatto nell’intento di costruire un governo di alternativa vera, in grado di porre al centro della sua agenda politica i diritti dei lavoratori e, in primo luogo, la riconquista della pace. La pace passa oggi attraverso il no al rifinanziamento delle missioni militari in Iraq ed in Afghanistan e per il ritiro delle truppe italiane dai teatri di guerra. Il movimento per la pace ci chiede pubblicamente, anche oggi, in questa piazza, un impegno in questa direzione: diciamo a chiare lettere che il nostro impegno non mancherà, sia per il no al rifinanziamento sia per il ritiro delle truppe.

Per quanto riguarda l’Iraq si è ormai consolidato un senso comune diffuso che ha compreso il senso profondo dell’imperialismo americano, volto al dominio geopolitico dell’area e alla rapina delle risorse. Purtroppo questa consapevolezza non è ancora maturata per l’Afghanistan, la cui situazione è, se possibile, ancora più tragica e drammatica. Ai due moventi se ne aggiunge un terzo: l’allargamento della Nato nel cuore dell’Asia, con l’obiettivo di contrastare la poderosa crescita della Cina.

Su questo punto, la nostra intransigente condanna delle guerre e il nostro impegno per il ritiro dei militari e il no al rifinanziamento, non possono esserci ambiguità: per questo esprimiamo una profonda contrarietà al tentativo di barattare il ritiro dall’Iraq con il rafforzamento della presenza militare in Afghanistan, come proprio oggi Blair sta chiedendo a Prodi e D’Alema. Noi siamo con il popolo della pace oggi in piazza, ancora una volta senza se e senza ma”.

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foto corteo
by da edoneo.org Friday, Jun. 02, 2006 at 4:01 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084550.php

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audio dal corteo
by ror Friday, Jun. 02, 2006 at 4:04 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084376.php
http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084431.php

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Milano, tensione in piazza Duomo
by dal newswire Friday, Jun. 02, 2006 at 4:21 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084530.php

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direi........
by a Fosco Giannini Friday, Jun. 02, 2006 at 4:45 PM mail:

Di non mettere la testa sotto la sabbia.....
....perche' cosi' faccendo non fa un gran servizio alla
causa della Pace.

Bisogna essere onesti fino in fondo:
Il governo piu' guerrafondaio e' stato quello di D'Alema
che ha bombardato senza nessun avvallo dell'Onu l'intera Yugoslavia per appoggiare bande di narecotrafficanti secessionisti dell'UCK e anche il piu' anti-operaio perche' ha bombardato tutte le fabbriche autogestite della
Yugoslavia mandando in strada a fare la fame 200.000 operai
che ci lavoravano.
Altrocche' Berlusconi - vuoi mettere l'intervento "operetta" di Berlusconi con i 2500 morti civili della NATO e l'immondezzaio radiattivo che hanno sparpagliato nei Balcani gli "amici" di D'Alema, Blair e Clinton ???
Senza considerare la "patata bollente" del Kosovo che ci ha lasciato D'Alema in eredita'????

Sei patetico.

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confusione / provocazione
by marco pi. Friday, Jun. 02, 2006 at 5:28 PM mail:

Il governo D'Alema si è reso corresponsabile della politica NATO nei Balcani ed ha dato un (piccolo?) contributo alla distruzione della Jugoslavia, all'inserimento degli USA e dei settori più imperialisti dell'UE in una zona nevralgica del mondo, al rinfocolarsi del peggior nazionalismo nella zona.
Da qui a dire però che in confronto il governo Berlusconi ha fatto una politica militare (in Afghanistan e soprattutto in Iraq) da operetta mi pare che ce ne passi.
A meno che non si voglia appunto sostenere che il governo di centrodestra era composto da buontemponi, da "italiani brava gente" e non dagli interpreti della politica (interna ed estera) più pericolosa di tutto il dopoguerra.
Sono convinto che chi ha scritto il commento sia uno di destra (ormai su questo sito sono protagonisti non certo secondari); se così non fosse sarebbe grave: sarebbe la politica, che tanti danni ha fatto, del "sinistra, pur borghese, o destra pari sono" o addirittura del "la sinistra, pur borghese, è più pericolosa della destra".

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bah
by x marco Friday, Jun. 02, 2006 at 5:56 PM mail:

Le soliti elucubrazioni da sinistra affamata di potere.

Ecco un paragone facile:
In Iraq

Le "truppe Berlusconiane" hanno subito delle perdite
che sono maggiori di quelle inflitte.
Ad occhio e croce una trentina di morti contro una decina.

Gli USA sono morti in 2000 e hanno ammazzatto 40.000

Le "truppe Dalemiane" hanno assassinato 2500 civili e
hanno avuto perdite - zero.

Forse sta qui' il "successo" della guerra alla Yugoslavia??
e l'insuccesso di quella in Iraq ???




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Napolitano e Bertinotti alla sparata
by Dre(a)d (A) Dre(A)d Friday, Jun. 02, 2006 at 5:59 PM mail:

Napoitano...un ciuccio vecchio, degno compare Di Violante, Berlinguer e un'orda di repressori a difesa dello Stato capitalsta negli anni '70. Un "servo" dello Stato: un SERVO!

Napolitano...Me lo ricordo benissimo sin dagli anni "antichi" in cui iniziai ad appassionarmi alla "Politica", quella che già allora ed ora più di prima merita di essere chiamata, quando vien praticata da Partiti, organizzazioni filo-partitiche, associazioni di moncherini di sinistra, cattolicume e pacifistume vario, col termine "politiKa" con la K del miserabile sign. Kossiga, che insieme a Napolitano e a tutto il PCI di allora scelse la strada(ovvia per chi già conosceva il passato del PCI precedente ancora, risalendo sempre alll’indietro fino a Togliatti e compagnia Stalinista filo-russa) dell’appiattimento totale sullo Stato, in un periodo in cui il Sistema veniva messo sul serio radicalmente in discussione dalle lotte di milioni di uomini e donne che di "pacifismo" se ne intendevano poco, direi niente, meglio: ce l’avevano in odio.
Napolitano era un ultra-destro del PCI degli anni ’70, una vera schifezza politica e umana, uno dei dirigenti del PCI che si schierò in pieno con la legittimità di uno Stato carogna(gli Stati, in realtà, son sempre "carogna") che veniva combattuto con l’idea, ingenua probabilmente e comunque avventatamente "anticipatoria" della Rivoluzione.
Ci credevamo, non giocavamo ed eravamo giovanissimi. Ognuno di noi, a partire da un certo momento, scelse con quale "forma" combattere lo Stato. C’è chi decise di combatterlo sul piano della "lotta di massa", radicale, con una scarsissima propensione al compromesso(non che non ce ne fossero proprio... e anche peggio del "compromesso" fu il "pentitismo") ma ci fu e non furon pochi, chi scelse di combattere il Sistema con la lotta armata(ribadisco che si chiama così: LOTTA ARMATA e non TERRORISMO).
NELLA GRAN PARTE ERAN COMPAGNI GENEROSI, CHE MISERO TOTALMENTE IN GIOCO LE LORO VITE E NON CERTO IN CAMBIO DI UN POSTO IN PARLAMENTO, MA PER IL cOMUNISMO E L’ANARCHIA(a seconda dei casi) ATTRAVERSO LA PRATICA ATTIVA DELLA RIVOLUZIONE.
Non vuol dire che eran tutte rose e fiori, ci furono organizzazioni, la più importante di tutte soprattutto e cioè le BR, che mi trovavano in fortissimo disaccordo, sia per la loro fissazione del Partito Comunista M-L che "guida" le masse e non si integra affatto in esse e quindi DECIDE PER LE MASSE, vecchia ricetta già propinataci dall’orrore del PCUS In Russia e abbaim visto dopo come è andata a finire(non si sa se peggio o meglio di prima, a dire il vero, visti gli orrori del Capitalismo proprio in Russia) e sia per una propensione fortemente "anticipatrice" e basata pesantemente sul "militarismo", sulla potenza di fuoco e sull’imposizione agli altri gruppi che praticavano la lotta armata(per non parlare del MOVIMENTO DI MASSA che veniva considerato quasi alla stregua di vigliacchi che non sapevano "decidersi") della loro line "egemonica" anche a suon di carognate, isolamento dei compagni che non erano sulla loro linea Stalinista ed altro, soprattutto sui compagni che erano in carcere e lì le BR erano veramente egemoniche.

Ma nella gran parte erano veramente compagni GENEROSI, compresi i BR con tutte le loro allucinazioni, che mettevano in gioco tutto per vedere, più presto possibile, "il sol dell’avvenir" finalmente realizzato.

Il PCI seppe schierarsi subito, dalla parte dello Stato e per la REPRESSIONE PIU’ SELVAGGIA DI TUTTO LO SCHIERAMENTO ANTICAPITALISTA dell’epoca. Lo fece con particolare dovizia, più della DC e più del PSI(il quale, pensate un pò, era l’ala "morbida" dello schieramento statale; all’uopo voglio ricordare che Pertini si distinse, del tutto negativamente, in quanto facente parte anche lui dell’area DELLA REPRESSIONE SELVAGGIA in nome dello Stato...W PERTINI! AH, AH, AH...).

Napolitano è uno dei tanti "Politici di Professione" di tutti i Partiti che si distinse, lui più di altri, per essere NEMICO GIURATO DEL CAMBIAMENTO VERO, L’UNICO CHE ESISTA: LA RIVOLUZIONE.
Era un repressore scatenato, come Cossutta, Il loschissimo Berlinguer, Violante già da allora un vero "poliziotto"(continua imperterrito attualmente ad esserlo), il "Ministro degli Interni" del PCi di allora, l’infame Pecchioli e altri buggeratori e sporchi individui.

Napolitano è uno "che crede nello Stato" veramente! Napolitano è uno che lavora da sempre per la "stasi", per l’eliminazione secca, dei singoli uomini e donne, al pensiero e all’azione "autonomi" dai Partiti che devon sempre esser delegati, nell’ottica loro, ai Partiti stessi di questa DEMOCRAZIA COLR MARRONCINO CHIARO(LA "SCIOLTA").
E in quanto difensore strenuo della stasi nel capitalismo, Napolitano fa tutto ciò che deve esser fatto da un buon servo(la parola che gli si adegua meglio: SERVO!) DELLO STATO COLOR MARRONCINO-SCIOLTA. Indi: FA LE PARATE...E’ NORMALE, NON C’E’ PROPRIO NIENTE DI CUI IO MI STIA STUPENDO, IN REALTA’: FA IL SUO DOVERE DI SERVO.

E l’Italia continuerà ad essere, anche per merito di Napolitano, una delle Regioni degli USA e del loro modello di Capitalismo(ma io non amo nessun modello di Capitalismo, sia chiaro).

Siamo in guerra: BISOGNA FARE LE PARATE e Napolitano non si tira indietro. Non stupitevi più, per favore. E’ il momento che si prenda atto di che pasta son fatti tutti i politici che gestiscono lo Stato: tutti indistintamente per LA DIFESA STRENUA DEL CAPITALISMO CON QUALUNQUE MEZZO POSSIBILE E IN QUESTO MOMENTO IL MODO PIU’ PRATICO PER LORO E’ LA GUERRA.

L’Italia andrà in guerra tutte le volte che servirà agli interessi del Capitalismo, LA DEMOCRAZIA E’ UNA BALLA CHE ORMAI VA RACCONTATA AI BAMBINI(MA AVVISANDOLI CHE E’ UNA BALLA, DA SEMPRE), LA COSTITUZIONE, DICIAMOCELO CHIARO, E’ UN’ALTRA BALLA DA RACCONTARE AI BAMBINI PERCHE’ GIA’ ORA NON VIENE AFFATTO APPLICATA(L’Iraq non ci ha aggrediti, per la Costituzione solo in caso di aggressione straniera è lecito entrare in guerra ed esplicitamente le guerre di aggressione vengono ripudiate; ma chi la fece sapeva già che era una balla da raccntare ai bambini ed allora c’erano molti bambini impreparati...erano gli inizi della Democrazia, era lecito sperare...MA ORA NO! ORA SAPPIAMO TUTTO DELLA DEMOCRAZIA E DELLA SUA ESTENSIONE LURIDA CHE SONO I PARTITI TUTTI E LE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE:MAGISTRATURA, FORZE ARMATE, POLIZIE VARIE, ECC.).

E ORA SAPPIAMO TUTTO PURE DI NAPOLITANO!

FUOCO AL SISTEMA


Dre(a)d (A) Dre(A)d

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A torino presidio contro le adunate militari
by infonowar Friday, Jun. 02, 2006 at 6:00 PM mail:

A torino con un presidio di circa 200 manifestanti ha voluto dimostrare la sua contrarietà alle celebrazioni militari, e per riaffermare il ritiro delle truppe dall'iraq, presenti verdi, rifondazione e comunisti Italiani di Torino.
Nessun momento di tensione, ma solo una giornata informativa con manifesti e volantini, e per ribadire il No alla guerra e al militarismo.

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altre foto
by usc4p&j Friday, Jun. 02, 2006 at 11:55 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2006/06/1084900.php

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Bologna: Fischi, slogan e pomodori sul 2 giugno
by il domani Saturday, Jun. 03, 2006 at 8:16 PM mail:

Contestazioni in Piazza Maggiore

Pomodori sulla festa del 2 Giugno, anniversario della proclamazione delle Repubblica, alcuni dei quali finiti sul vigile che reggeva il Gonfalone del Comune di Bologna.

Ieri Piazza Maggiore si è divisa equamente tra la parata delle Forze armate e la contestazione dei centri sociali, dei collettivi, di Rifondazione comunista e di una parte dei Verdi che hanno dato vita ad un tappeto sonoro fatto di pentole e cucchiai battuti contro le transenne di metallo, fischietti e trombette da stadio, urla al megafono e cori di protesta contro tutte le guerre ed, in particolare, quelle in Iraq e Afghanistan.

Già alle 10, un’ora prima del via alla manifestazione, Piazza Maggiore si presenta blindata, con cordoni di polizia schierati in assetto anti-sommossa e doppie file di barriere sul lato del Pavaglione. Poco dopo le 10 arrivano alla spicciolata i contestatori: attivisti di Crash, il collettivo protagonista di alcune delle recenti occupazioni, i Disobbedienti che il giorno prima avevano fatto un blitz nel cortile di Palazzo D’Accursio, gli studenti di Rete Universitaria, il gruppo del Livello 57 e quello del Tpo.

Ma non solo. Passano pochi minuti e arriva lo stato maggiore di Rifondazione con il segretario cittadino Tiziano Loreti e i consiglieri comunali Valerio Monteventi e Roberto Sconciaforni; con loro anche il consigliere dei Verdi Roberto Panzacchi.

«È una scelta personale - dice - arrivo ora dal consiglio comunale dove si è tenuta la celebrazione del 2 Giugno, ma penso che la parata armata sia qualcosa di diverso. Sinceramente, ritengo giusto non partecipare ad una sfilata di armi».

Si alzano anche i primi striscioni, tra di essi quelli “storici” del movimento anti-militarista del 2003, lenzuoli con slogan come “Contro tutti gli eserciti e contro tutte le guerre” e il disegno di un pugno che schiaccia un carro armato; o come quello della Federazione Giovani Comunisti che dice “Merita la libertà solo colui che la conquista giorno dopo giorno”. Tra i tanti c’è anche quello arcobaleno di Rifondazione con la scritta “No alla guerra del petrolio”.

«Siamo qui a chiedere - spiega Sconciaforni - il ritiro delle truppe dall’Iraq e per dire no alla parata militare nel giorno della Festa della Repubblica e il nostro impegno a votare “no” al referendum costituzionale del 25 giugno. Solo per questo. Spero che sia una manifestazione bella colorata e rumorosa».

Quando intorno alle 10.30 cominciano le celebrazioni ufficiali e le istituzioni e le divise fanno il loro ingresso in piazza, la protesta cresce d’intensità, le grida e i fischi si fanno sempre più forti. Un cordone di poliziotti e carabinieri si avvicina alle transenne, con loro c’è anche il Questore Francesco Cirillo che seguirà quasi tutta la manifestazione da questa prospettiva.

“Vergogna, vergogna” e “buffoni, buffoni” sono i cori più gettonati. Alle 10.45 dalle retrovie partono i pomodori che colpiscono una vigilessa e il gonfalone del Comune di Bologna. Una quindicina di poliziotti oltrepassa le transenne e si schiera minacciosamente faccia a faccia con i contestatori. Qualche attimo di esitazione, basterebbe un gesto sopra le righe per scatenare una reazione a catena, ma tutto si placa e dopo pochi secondi gli agenti ritornano negli spazi riservati alla cerimonia.

Arriva la pioggia, ognuno si ripara come può, ma il copione non cambia. Nel momento dell’alzabandiera, ma soprattutto ogni qualvolta risuona l’inno di Mameli, la protesta si leva più forte e insistita. Alle 11.30 le celebrazioni si concludono, ma la partita delle reazioni politiche e delle polemiche deve ancora cominciare.

E inizierà di lì a poco, quando ancora dalla piazza si attardano alcuni dei contestatori. Il primo a parlare è il sindaco Sergio Cofferati che, subito dopo la cerimonia, si è recato a solidarizzare con l’agente di polizia municipale colpita dal lancio di pomodori. «L’espressione di opinioni differenti - scandisce - deve avvenire sempre con i necessari tratti di compostezza e civiltà, poi ognuno si assume la responsabilità di quello che fa e di come esercita questo diritto esponendosi al giudizio dei cittadini».

Il riferimento, nemmeno troppo velato, è proprio al Prc che stava al di là delle transenne con fischietti e sonagli. «La valutazione vale per tutti - riprende rincarando la dose - La libertà e la democrazia sono importanti in qualsiasi circostanza. La libertà comporta anche il diritto ad esprimere opinioni diverse, ma quello che conta è che il sostegno e il ricordo di un avvenimento avvengano con civiltà. I cittadini sanno vedere e valutare quando la compostezza e la civiltà ci sono e quando vengono meno».
Ma se il primo cittadino non mostra più di un certo fastidio, nell’Altrasinistra il capogruppo degli occhettiani Serafino D’Onofrio prende decisamente le distanze dai fischi. «Accettiamo le libere manifestazioni antimilitariste, ma quando in piazza entrano le insegne dei partigiani non si fischia; contro il gonfalone del Comune di Bologna, ma contro chiunque, non si tirano pomodori; i militari italiani non sono assassini e crediamo che gli eccessi di questa mattina siano dannosi».

Sinistra divisa, dunque. Una frattura in cui si incunea il centrodestra: il consigliere regionale di Forza Italia, Ubaldo Salomoni, ricorre all’ironia. «Quest’oggi il centrosinistra bolognese ha offerto un’altra splendida prova di compattezza e di dignità di fronte ai cittadini.

La grottesca gazzarra inscenata da Disobbedienti e Rifondazione comunista sarebbe da accogliere con una fragorosa risata, se non andasse a sfregiare il giorno dedicato alla nostra patria». Duro è anche il collega di partito Daniele Carella: «Il Prc esprime il presidente della Camera e sta con chi fischia il 2 Giugno...».

Più pragmatico l’onorevole Gianluca Galletti dell’Udc che chiede iniziative, affinchè non si ripetano più simili episodi. «È grave che tra i dimostranti vi fossero, inequivocabilmente visibili, partiti ed espressioni politiche, parte integrante di questo governo: nella città del Presidente Romano Prodi, esplode l’incongruenza di una maggioranza parlamentare in cui la sinistra moderata è ostaggio di estremisti e no global».

Condanne ai fischi e al lancio di pomodori anche dai Ds. «Quando si tirano oggetti verso persone e cose e si arriva a fischiare la bandiera, i gonfaloni e i partigiani, la condanna deve essere decisa e ferma», spiega Maurizio Cevenini, dirigente della Quercia e presidente del consiglio provinciale. Duro anche William Lino Michelini, presidente dell’Anpi, che ha condannato i fischi.

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2 giugno
by carla passeri ancona Monday, Jun. 05, 2006 at 6:22 PM mail:

ma quando ve ne andrete dall'Italia? potreste andare in cina, cuba, corea del nord, cambogia, afganistan, iran, iraq, palestina o anche all'inferno, con la speranza che esista. se non ci avessero liberati gli ALLEATI (si gli odiati AMERICANI!) forse avreste potuto passare le vacanze nei canpi di concentramento tedeschi o nei gulag russi o nei laogai cinesi, ma non è certo che avreste capito per cosa vale veramente lottare.
non se ne può più della vostra ipocrisia, falsità, idiozia (vedi boicotta cocacola), violenza (vedi la pacifica manifestazione di Milano).
fareste immensamente felici tanti, che dico tanti, milioni di italiani. dimenticavo: portate con voi anche genitori e parenti.

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