Mayday, mai così tanti tra musica e rabbia

giipri00010120090503.jpegPiù di centomila hanno sfilato a Milano per la nona edizione: confederali battuti 20 a 1

“Aspiranti veline offresi per posto fisso in parlamento. No contratti
co.co.de”. Così recitava uno striscione appeso al primo piano di uno
stabile all’inizio di Via Torino, una delle arterie centrali di Milano
dove è sfilata la grande parade dell’EuroMayDay009.

Un’ironia
che calza a pennello con lo spirito della MayDay. Quella di quest’anno
è stata la nona edizione, ma lo smalto, l’ironia, l’invettiva, la
rabbia, il desiderio di cambiare sono sempre quelle degli inizi. Con
una differenza: quest’anno hanno partecipato più di 100mila giovani. Una cifra che è il segno dei
tempi e della consapevolezza raggiunta dal lavoro precario. Nulla a
confronto delle migliaia che avevano sfilato nel 2001. E nulla al
confronto  dei 5mila che nella mattinata aveva seguito le bandiere di
Cgil, Cisl e Uil. MayDay batte il sindacato confederale 20 a 1.

Già poco dopo mezzogiorno in P.za XXIV maggio, cuore del  quartiere Ticinese, si raccolgono i primi carri che, dopo il paziente lavoro di preparazione, cominciano a sfilare poco dopo le 15.00, accompagnati dai colori e dalla vivacità della moltitudine precaria. Musica a tutto volume intervallata da proclami, proposte, narrazioni della quotidiana realtà precaria, che è anche e soprattutto precarietà di vita.

Il lungo serpentone colorato è stato aperto dal carro no-oil, a pedali, con la musica alimentata da pannelli solari, a indicare la necessità e la possibilità di un futuro eco-compatibile, attraversato dai colori pink delle Serpiche.

Seguivano i carri delle realtà migranti e precarie, rappresentanza e denuncia delle contraddizioni della metropoli e del lavoro milanese. I ragazzi di Rho (C.S. Fornace) erano caratterizzati da un’enorme piovra a indicare le politiche tentacolari di speculazione edilizia che Moratti & C. cercano di attuare con l’Expo 2015.

San Precario faceva bella mostra di sé davanti al carro dell’Intelligence Precaria e dell’Associazione Bios, nuova realtà di azione post-sindacale, già nota in città per gli interventi (con successo) nella telefonia (caso Omnia) e nei settori dei servizi di trasporto e distribuzione posta (caso TnT), gli operari sociali che hanno distribuito il kit, e gli autorganizzati della Scala a ritmo di Spazio Petardo e Oscar White  denunciavano la situazione di speculazione edilizia e malattie causate dalla  presenza di amianto nelle case white di Rogoredo, alle porte di Milano.

I precari della conoscenza (dall’università, agli studenti, ai giornalisti e redattori precari) oltre a distribuire il nuovo numero della free “free” press dei precari “City of Gods” presentavano e declamavano la carta dei diritti dei lavoratori della conoscenza.
La creatività e la capacità di rappresentazione scenica raggiungevano l’apice con il carro delle realtà metropolitane dell’hinterland milanese e di Monza, dove le problematiche della casa e del controllo sociale (telecamere, cancelli e via dicendo) venivano denunciate come due facce uguali delle politiche sicuritarie e repressive che oggi sono diventate normalità.

Il tutto condito da continui spostamenti dei manifestanti da un carro all’altro in un caos di musica e “speakeraggi” continui, a cui non potevano certo sottrarsi anche i carri delle realtà del sindacalismo di base. Cub e Sdl seguivano le realtà di movimento con interventi informativi soprattutto a sostegno dello sciopero generale di tutto il sindacalismo di base per il 15 maggio.

All’ingresso in P.za Duomo la Parade è passata tra due ali straripanti di folla, incuriosita e richiamata dalla musica pompata dalle casse montate sui carri. E’ stata l’occasione per comunicare con quella parte della città che almeno non si rifiuta di ascoltare. Milano sta facendo guerra all’intelligenza. Milano grida aiuto, MayDay, MayDay. Ma non si tratta di un urlo di disperazione, è piuttosto un urlo di potenza e creatività, che trae linfa dalla gioia di lottare, dalla gioia di essere visibili in una realtà sociale che sull’invisibilità e lo sfruttamento della precarietà basa la creazione della sua ricchezza.
Man mano che la Parade avanzava, nuove persone venivano irresistibilmente chiamate a partecipare. I microfoni dei carri passavano da mano in mano.
Interventi sulla crisi finanziaria (noi, sia chiaro, non la pagheremo), sullo scandalo dei 300 milioni di euro persi dal Comune di Milano per le speculazioni sui derivati (da usare invece per un welfare metropolitano), aperture di nuove vertenze, la condizione dei migranti, la difficoltà di arrivare a fine mese, la necessità di poter accedere a un reddito continuativo e garantito si rincorrevano nelle strade di Milano.
La partecipazione quest’anno è stata sicuramente più attiva rispetto ad altre edizioni. La MayDay è festa, ma festa arrabbiata e sicura delle proprie ragioni. Il serpentone colorato si è poi concluso in P.za Castello con una certezza: in quest’anno di crisi, la MayDay, più che mai, non è un punto di arrivo né d’approdo, ma solo un punto di partenza. Da oggi in poi Milano ne vedrà delle belle.

MayDay Milano

 

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