Debiti

Senzanome

Otto Euro, non un soldo in più, non un soldo di meno. Ecco quanto valgono ventiquattro ore da torturati nelle carceri italiane.
In quanti, qui in sezione, han passato gli ultimi due mesi con il naso all’insù e gli occhi sgranati sul televisore, tra un titolo di un telegiornale e una diretta dal parlamento? E in quanti, capendo poco o nulla dei dibattiti romani, si son buttai periodicamente nei corridoi giurando che sì, che l’indulto era dietro l’angolo e l’amnistia cosa oramai sicura e che ben presto saremmo usciti (quasi) tutti?
Ma a stare con le mani in mano e a bocca aperta di fronte ad un televisore non si guadagna nulla, se non illusioni e prese in giro.
Ed è una bella presa in giro, anche macabra e insultante, quella che ci arriva da questi due mesi di discussione nelle stanze del governo e poi nelle aule del parlamento. Ci pagheranno otto euro per ogni giorno che ci hanno mantenuti stipati in tre o in quattro in celle progettate per un detenuto solo, costretti a passare le giornate sopra al letto e a mangiare con il piatto in mano, obbligati a chiedere “permesso?”- se ce ne avanza la pazienza – ad ogni movimento .
E qui ad Asti, tutto sommato, ci è andata bene; l’Italia è piena di prigioni con celle molto più piccole delle nostre, dove è davvero difficile scendere dal letto senza mettere il piede sulla faccia al nostro concellino.
Otto euro, sempre che non ci scalino il mantenimento. Chi di noi, avendone la scelta accetterebbe oggi di essere pagato otto euro per vivere in quella maniera, per passare una giornata così?
E chi li accetterebbe, tra la gente fuori? Nessuno, ovviamente.
Ma noi di scelte non ne abbiamo molte: il “risarcimento” c’è, ed è giusto prenderselo, che siano gli otto euro o il giorno su dieci di sconto.
Ma che nessuno pensi di essere stato risarcito fino in fondo, sempre che un risarcimento sia possibile: il debito dell’Amministrazione e dello Stato nei nostri confronti c’è ancora, ed è ancora molto alto.

L’8 gennaio 2013, la corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) condannava lo stato italiano a risarcire con 99’600 euro sette detenuti che avevano denunciato di essere reclusi condizioni inferiori agli agli standard minimi di vivibilità stabiliti dalle convenzioni internazionali: celle inferiori ai 7 metri quadri per recluso singolo più 4 metri quadri aggiuntivi per ogni ulteriore detenuto, lunghi periodi senza acqua calda, ventilazione e luce insufficienti.
Con la stessa sentenza la Corte imponeva all’Italia di adeguare le proprie strutture carcerarie agli standard europei.
Dopo più di un anno, per evitare di pagare altri salati risarcimenti ai reclusi ed essere multato dall’Europa, il Governo italiano ha aggiunto alla legge 354 del 1975 che regolamenta l’ordinamento penitenziario l’articolo 35ter.
Questo articolo dispone, per chi è stato recluso in condizioni inferiori agli standard internazionali:
un risarcimento in denaro di 8euro al giorno ( contro i 20 ipotizzati inizialmente dal Governo e quelli ben più sostanziosi disposti dalla CEDU) per chi è a piede libero e per chi, ancora detenuto, deve farsi risarcire meno di 15 giorni di detenzione inappropriate.
un risarcimento tramite una riduzione di pena di un giorno ogni dieci patiti in condizioni inappropriate.
I risarcimenti per chi è in stato di detenzione verranno disposti, su istanza, dal magistrato di sorveglianza. Quelli per chi è a piede libero dal tribunale ordinario, sempre su istanza.

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