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L'altra faccia della repressione
by maska Monday, Oct. 31, 2005 at 6:31 PM mail:

l'altra faccia della repressione

L'altra faccia della...
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Dopo il precedente post, ecco un aggiornamento del testo con uil contributo di tutti i compagn@ che sono intervenuti in quel tread, co la prospettiva di creare una feature [articolo centrale] dal Newswire.


E' ormai un trend in voga da un paio d'anni nelle istituzioni torinesi. Comune, Provincia e Regione, indipendentemente dal colore politico del loro governo sembrano fare a gara ad accaparrarsi il popolo giovane. Si tratta di campagne promozionali e piani triennali per i giovani, che, rispettivamente, Comune e Provincia di Torino hanno deciso di mettere in piedi per dare seguito alle richieste di spazi aggregativi e di socializzazione.
Prendono così vita nel 2003, spazi giovanili come El Barrio o l'Electronic Free Lab. Il Comune, tramite il Vicesindaco Calgaro, sentenzia che gli spazi in città non serve occuparli, ci sono già.
Parole pesanti, che come macigni si stanno concretizzando in questi mesi di pulizia pre-olimpica. E' infatti in un quadro complesso che vanno contestualizzate queste manovre istituzionali.
La creazione di spazi "autonomi" da parte del Comune presuppone un "farla finita" con i tradizionali luoghi di aggregazione, conflitto e resistenza controculturale come i centri sociali occupati o autogestiti. Creare spazi asettici dove i bravi giovani in nome della "par condicio" possano portare tutta la loro estasi creativa. Un'estasi che più non preoccupa, che più non pone in contraddizione il potere costituito.
Una manovra, questa, che pare essere ben più pericolosa della "forza bruta", che è visibile, condannabile ed alla quale ci si puo' contrapporre in modo organizzato. Un grimaldello che piano piano, in nome di un buonismo che puzza sempre più da tregua olimpica, sta entrando e devastando le controculture torinesi.
Accanto infatti alle iniziative dal chiaro contesto propagandistico, esistono esperimenti che, con il beneplacito bipartisan dell'arco istituzionale, prendo lentamente il largo o si confermano nella loro infamia.
E' il caso di Belleville e dell'Hiroshima.
Belleville è il frutto di un accordo tra il Comune di Torino e tre associazioni giovanili [Acmos, Non più da soli, Terra del Fuoco], cui è stato affidato un grande stabile industriale dismesso. Il progetto prevede la ristrutturazione del complesso in più anni a partire dal 2001, per ricavarne, sotto la direzione delle associazioni intestatarie, spazi ricreativo-culturali. Nasce così una delle strutture più ambigue e ruffiane del panorama torinese. Basta guardarne i bilanci. In una situazione di guerra sociale, tra sgomberi, repressione ed esercito nelle strade, Belleville riceve decine di migliaia di euro da Comune, Circoscrizione e Provincia. Ma non solo. Visto che "Pecunia non olet" e che comunque i soldi sempre fanno comodo, ecco che le sponsorizzazioni accettabili diventano anche quelle dell'ex Assessore regionale di Forza Italia, Giampiero Leo [si proprio lui, quello dei buoni scuola].
Ora, questa ruffianeria istituzionalizzata nella prassi non stupirebbe molto, se questi individui non giocassero a definirsi "di sinistra", "alternativi", talvolta persino "radicali" [ma non troppo, eh...]. E' il caso di quando si è tenuto, lo scorso inverno, il Party Neurogreen [1] - [2] - [3].
Oppure è il caso di quando si cominciano ad individuare le appartenenze. Stiamo parlando di una delle Associazioni che detengono l'appalto di Belleville, in via Caraglio: l'Associazione Terra del Fuoco.
Nata da una costola del Coordinamento Studentesco, di Radio Flash e dell'Hiroshima, e costituitasi ad Hoc per l'appalto di Via Caraglio, l'Associazione ha subito fatto bella mostra di sè e delle sue intenzioni: salari da fame per giovani precari [5 euro l'ora per il Progetto comunale Provaci ancora Sam], una politica imprenditoriale prestata al sociale, l'attribuzione pressochè egemonica di molti dei progetti messi in campo dai Comuni di Torino e Provincia [ad esempio Piossasco ed il suo festival musicale "Piossound"] e la messa in moto di un ampio giro di soldi e persone in un grande progetto di scambi internazionali tra Italia e Polonia, fino ad arrivare alla Carovana a Beslan.
Progetti che vengono condotti nella più amplia par condicio istituzionale, utilizzando i soldi delle stesse istituzioni in progetti che poco sanno di "sociale" e molto di campagne pubblicitarie, quando non meri progetti imprenditoriali, "per viverci". Oppure vengono utilizzate per organizzare campagne elettorali come "Adesso Bresso".
D'altronde dovremmo finire di stupirci e considerare una volta per tutte quale sia l'area di provenienza di questi individui.
Hiroshima Mon Amour e Radio Flash rappresentano ormai da molto tempo [se non da sempre] il modello di centro sociale istituzionale, che non da fastidio a nessuno ma che con l'istituzione ed il suo assetto di potere ci sguazza, ci fa affari, ci amoreggia. Un modello che ostina a darsi uno spolvero da "luogo di sinistra" e che invece ripropone lo stesso schema di potere, le stesse gerarchie. Quando non contribuisce a pubblicizzarne l'opera [leggere tutto il post, commenti compresi].

Un capitolo a parte meritano invece due interessanti questioni che coinvolgono due storiche realtà torinesi: Radio Blackout e El Paso.
Se si volesse condurre un'analisi superficiale della questione, si potrebbe affermare che anch'essi in realtà predicano bene e razzolano male.
Radio Blackout infatti da tempo utilizza lo spazio 211 (del circuito To&Tu) e El Paso ha avuto precedenti interessanti con Leo. Anche loro imprenditori sociali? Anche loro "venduti"? Se si analizzano queste situazioni dal punto di vista della complessità, effettivamente le cose cambiano.
Bisogna infatti operare una profonda e netta distinzione tra chi conduce questo tipo di attività facendone un lavoro e chi utilizza ANCHE queste possibilità per sopravvivere.
Come ben argomentato, un progetto comunitario come uno spazio sociale o una radio, si basano sopratutto su "tensione, interesse, ampia volontà di mettersi in gioco e dare sostegno". Ma soprattutto, direi io, la consapevolezza del mezzo che si sta utilizzando, la chiarezza rispetto al suo utilizzo e la non esclusività del suo utilizzo.
E' infatti evidente che l'ambiente nel quale si decide di muoversi è fondamentale per non risultare immersi nella macchina istituzional-mediatica. Se si prende l'ambiente istituzionale come unico stagno nel quale muoversi, è inevitabile rimanerne [volontariamente o meno] invischiati. L'Hiroshima, Belleville, Terra del Fuoco e compagnia bella, scelgono di muoversi in quell'ambiente perchè è lì che vogliono collocarsi ed è quello che vogliono come interlocutore. Lo dicono loro stessi:

dal sito di Acmos, una delle Associazioni intestatarie di Belleville:

Il POTERE : ogni società, in ogni tempo e ogni uomo,in ogni società si è misurata con questo problema fondamentale, spesso contraddittorio e destabilizzante, sicuramente motivo di rivalità, di frustrazione e di mediazione. Noi crediamo che la riflessione sul potere sia indispensabile per capire e per agire nella nostra società democratica: noi vogliamo essere individui e gruppo con potere, certo un potere non violento e in grado di trovare compromessi per non essere coercitivo.Noi vogliamo questo potere, vogliamo CONTARE. Vogliamo contare per poter prendere posizione e opporci apertamente al potere oscuro e intollerante della Mafia, per questo motivo il 21marzo 2006, la Giornata Nazionale della memoria e dell'impegno contro le Mafie si svolgerà a Torino. Ma affrontare il tema del potere, a Torino, nel 2006, non può prescindere dall'analisi della Macchina Olimpica, del Piano Strategico e dei reali poteri in gioco nella nostra città, ma neanche può tralasciare il piano nazionale della Riforma Costituzionale e quello internazionale di un'Europa zoppicante e dell'Est che ci guarda come garanti di pace e legalità.

E ancora, dal sito di Belleville:

"Il circo e la fabbrica" riassumono quell'infinità di mondi possibili presenti oggi a Torino, un paradosso che Belleville incarna perfettamente nella sua complessità, un festival che vince grazie al gioco di squadra delle tre giovani associazioni Acmos , Non più da soli , Terra del Fuoco , che da anni offrono un modello culturale per la città e le sue potenzialità creative. L'obiettivo è di ritagliare un ruolo centrale nel panorama internazionale: una proposta per leggere la contemporaneità attraverso le espressioni artistiche più varie, dal jazz d'avanguardia al rock indipendente, dalla musica balcanica alla canzone d'autore più raffinata, passando dal folk e dall'hip hop, indagando anche i rapporti con le altre discipline e la multimedialità, costruendo così un esempio innovativo nel fitto panorama festivaliero italiano all'interno di una struttura giovanile di ben 4000 mq. 48 giorni di programmazione - dal 13 giugno al 31 luglio - con oltre 12 concerti di rilevanza internazionale [...]

"Vogliamo contare", "ritagliarsi un ruolo centrale nel panorama internazionale", "12 concerti internazionali", "un festival che vince", "vogliamo essere individui e gruppo con potere", e via dicendo. Sono il sintomo di quanto si diceva prima. Gruppi giovanili che, divertendosi a fare gli imprenditori di un centro sociale, prendono come unico interlocutore l'alto, il grande, cio' che gli puo' garantire la sopravvivenza: il panorama istituzionale.
Nel caso di Radio Blackout o di El Paso, le collaborazioni o i contatti con l'istituzione rientrano in un panorama molto diverso e con identità assolutamente chiare. Si utilizza il 211 perchè mancano spesso altre possibilità. Si sono avuti rapporti con Leo, ma non li si è cercati, non lo si aveva come interlocutore. E soprattutto è storia molto chiara. Cosa che per il teatrino della giovane imprenditoria torinese non è affatto.
Si pensi, ad esempio, alla decina di spazi gestiti dall'Associazione Acmos. Oppure alla struttura - [1 - PDF] di tale Associazione. Fondi ed assegnazioni. Soldi e Potere.

Come fare a contrastare questo mondo di ruffiani, opportunisti ed "imprenditori sociali"?

Ovviamente una risposta univoca non esiste, ne voglio io mettermi a dare lezioni a nessuno/a. Penso che però esistano due soli antidoti al sistema malato dei centri sociali istituzional-bipartisan. Essendo infatti loro il frutto dell'ideologia del "tutto pulito" di Calgaro, Castellani [do you remember il primo maggio 1999?], Ghiglia e compagnia olimpica bella, non resta che rompergli le uova nel paniere. Non accontentarsi della veste "buona" con cui viene presentata la campagna istituzionale di recluta di nuove leve di boy scout laici votati all'opportunismo e liberi dalla critica: approfondire, leggere, scovare i dati e le informazioni che pure esistono.
Ma soprattutto continuare a rompergli le uova nel paniere, a produrre controculture, ad occupare, a creare autogestione libera dai poteri forti. Criticare, inventarsi e non rinunciare di fronte agli atteggiamenti militar-mediatici che da anni imperversano su Torino e Provincia. E ancora: ribadire e lottare per la propria autonomia. Capire che non esiste solo il livello della brutalità del potere, ma anche un processo di continui tentativi di sussunzione di pratiche e percorsi, che fa apparire ancor più pericolosa la repressione, in grado di mitigare creatività, radicalità, conflitto.

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